L’origine storica dell’insediamento in Italia dei profughi albanesi in Italia rimonta agli anni dell’unione del concilio di Firenze (1439) tra Giovanni VIII Paleologo, imperatore bizantino (1425-1448), ed Eugenio IV. Tale concilio, che arrecò notevoli vantaggi ai profughi albanesi, venne poi ripudiato dagli ortodossi nel sinodo di Costantinopoli (1484). In questo contesto storico gli italo-albanesi, storicamente, non sono da considerarsi «uniati» ma «figli» rimasti sempre fedeli all’unione di Firenze. Gli albanesi, bene accolti in Italia dopo la morte di Skanderbeg (1468), dipendevano dal metropolita ortodosso di Ocrida, la cui giurisdizione si estendeva anche in Italia. Questa situazione di comunione tra due diverse tradizioni ecclesiali durò fino al concilio di Trento (1563), quando le comunità italo-albanesi vennero sottoposte alla giurisdizione dei vescovi latini. Papa Clemente XII nel 1732 con la bolla Inter multiplices fondò il collegio Corsini a San Benedetto Ullano-San Demetrio Corone. I vescovi ordinanti e presidenti del collegio sono stati F. S.Rodotà (1735- 1740); N.De Marchis (1742-1756); G. Archiopoli (1757-1789); F.Bugliari (1792- 1806); D. Bellusci (1808-1833); G. De Marchis (1834-1858); A. Franco (1858-1875); G. Bugliari (1875-1888); G. Schirò (1889-1896); G. Barcia (1902-1912). L’eparchia greca di Lungro è stata costituita da papa Benedetto XV con la bolla Catholici Fideles (1919). Essa comprende alcune parrocchie italo-albanesi di rito bizantino- greco in provincia di Cosenza, Potenza, Lecce e Pescara, prima sottoposte agli ordinari latini. «I fedeli cattolici di rito greco – inizia la bolla – che abitavano l’Epiro e l’Albania, fuggiti a più riprese dalla dominazione dei turchi, emigrarono nella vicina Italia, ove, accolti con generosa liberalità, si stabilirono nelle terre della Calabria e della Sicilia, conservando, come del resto era giusto, i costumi e le tradizioni del popolo greco, in modo particolare i riti della loro Chiesa, insieme a tutte le leggi e consuetudini che essi avevano ricevuto dai loro padri e avevano con somma cura e amore conservate per lungo corso di secoli. Questo modo di vivere dei profughi albanesi fu ben volentieri approvato e permesso sull’autorità pontificia, di modo che essi, al di là del proprio cielo, quasi ritrovarono la loro patria in suolo italiano. All’inizio, come suole accadere, tutto andò bene per ambedue le parti. Ma con l’andar del tempo, raffreddatasi la carità di chi li ospitava, cominciarono a sorgere con troppa frequenza gravi e fastidiose liti, che tristemente turbavano la pace dei fedeli, che pur professavano gli stessi dogmi della medesima Chiesa». La Catholici Fideles costituisce il coronamento di un lungo e travagliato iter, durato dal XV sec. al 1919. L’eparchia lungrese comprende attualmente le seguenti parrocchie, prima appartenute e sottratte al territorio di alcune diocesi (in parentesi): San Demetrio Corone, San Giorgio Albanese, Vaccarizzo Albanese, Macchia Albanese (arcidiocesi di Rossano); San Benedetto Ullano, Santa Sofia d’Epiro (diocesi di Bisignano); Acquaformosa, Civita, Firmo, Frascineto, Lungro, Plataci, Ejanina, San Basile (diocesi di Cassano Jonio); Castroregio, Farneta, San Costantino Albanese, San Paolo Albanese (diocesi di Anglona); Villa Badessa (diocesi di Penne); la parrocchia greca di Lecce. Negli ultimi anni si sono aggiunte le parrocchie di San Michele Arcangelo a Falconara Albanese (1974), Santissimo Salvatore a Cosenza (1978), San Mauro a Cantinella (1989), e Santa Maria di Costantinopoli a Castrovillari (2003). Necessariamente breve la serie dei vescovi: G. Mele (1919-1979), G. Stamati (1979-1987), E. Lupinacci (dal 1987). «Se la storia vi ha visti oppressi e dispersi, disse il papa Paolo VI agli italo-albanesi nel 1968, la bontà di Dio ha fatto che voi, con tutti i membri del vostro «Gjaku i shprishur/Stirpe dispersa», con fervida attività innata e con la comprensione acquisita, vi rendeste dovunque tramite di alleanze e collaborazioni, che spesso vi hanno resi anticipatori del moderno ecumenismo».
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