Diocesi di Amalfi - Cava De' Tirreni
STORIA
I - Amalfi
Non si conosce l’anno della sua erezione a sede episcopale, ma la prima attestazione è autorevolmente documentata, sin dalla fine del VI sec., da una lettera di Gregorio Magno (590-604).Nel febbraio del 590, quando morì papa Pelagio II (579-590), la cattedra di Pietro rimase vacante per circa nove mesi, fino a quando non fu eletto, il 3 novembre, Gregorio, prefetto romano e discendente della nobile famiglia degli Anici, l’antica gens Anicia.
Egli subito ebbe una chiara visione della situazione della Chiesa soprattutto in Italia che, uscita da qualche decennio dalla morsa dei goti, soffriva le invasioni dei longobardi.
Era necessaria perciò una maggiore vigilanza, da parte di un potere costituito, per ridurre al minimo i danni provocati dai nuovi invasori.
La Pragmatica sanzione promulgata il 13 agosto 554 dall’imperatore Giustiniano I aveva concesso al papa, come pure ai vescovi, funzioni non solo giudiziarie – mediante il tribunale ecclesiastico – ma anche amministrative, per cui essi venivano considerati dei pubblici ufficiali e pertanto investiti di attività di controllo.
È in tale contesto che il nuovo papa, fin dai primi anni del suo governo della Chiesa, inviò lettere ai vescovi delle Chiese locali con suggerimenti, richiami o talora provvedimenti amministrativi.
È infatti del 596 quella che, tra le tante inviate in quegli anni – tutte utili per l’attestazione storica di diverse diocesi – riguarda direttamente Amalfi.
La lettera è diretta ad Antemio, suddiacono e rettore del Patrimonio di Pietro in Campania «perché costringa il vescovo di Amalfi a risiedere dentro la sua chiesa (Amalphitanum episcopum in ecclesia sua residere cogat)».
In essa, infatti, il papa rimprovera la negligenza di Pimenio, il primo vescovo di Amalfi di cui si abbia notizia certa, il quale, restio ad abitare entro le mura della città, vagava all’esterno con grave pregiudizio per l’incolumità sua e dei cittadini che seguendo il suo esempio preferivano abitare fuori le mura.
C’è da notare però che la notizia è isolata e da quel momento – o meglio, dopo Pimenio e per lo spazio di circa due secoli – non si ha più alcuna documentazione sia per i vescovi amalfitani sia per Amalfi stessa, la cui prima successiva citazione è del 785 ancora in una lettera papale, questa volta di Adriano I (772-795).
Dei vescovi amalfitani, anche per i periodi succitati e dopo Pimenio, è riportata una serie di nomi a partire da Pietro I, già vescovo nell’829, che pare abbia governato fino alla morte di Sicardo, principe di Benevento, avvenuta nell’839.
Dopo Pietro e fino al 987 staranno sulla cattedra vescovile amalfitana altri otto vescovi: Leone I, del quale si sa poco o nulla e pare sia morto nell’848/849, Pietro II nell’849/850 – cioè al tempo dell’invito di papa Leone III a sostenere i greci contro i saraceni e della battaglia di Ostia –, quindi i suoi successori: Buono, consacrato nell’859, sotto il cui governo nell’866 Amalfi ospitò Ludovico II (825- 875) re d’Italia, Sergio, morto forse nell’ 872 e poi Orso nell’897.
Infine seguirono Giaquinto, ancora vescovo nel 925, sotto il cui governo l’isola di Capri fu restituita alla giurisdizione amalfitana; Costantino, già vescovo nel 943, che governò per circa diciassette anni; nel 960 iniziò il lungo governo di Mastalo che durò fino alla sua morte avvenuta nel 987.
Nella chiesa di Santa Maria Maggiore, costruita nel 986/987 dal duca Mansone in onore della Vergine Maria, durante alcuni lavori di riammodernamento fu trovato un sigillo plumbeo appartenente al vescovo Mastalo con la scritta MASTALUS EPIS.US da una parte e S.
ANDREAS AP.LUS dall’altra.
La notizia è riportata in uno dei fogli non numerati del volume conservato nell’archivio della basilica di Santa Trofimena vergine e martire di Minori che contiene, fra l’altro anche il manoscritto Reginna Minori Trionfante del canonico Pompeo Troiano.
Mastalo fu l’ultimo vescovo, ma alla serie bisogna aggiungere un altro nominativo: Pietro, vescovo al tempo di papa Giovanni VIII (872-882) e di Pulcari prefetturio di Amalfi.
Egli sarebbe quindi il terzo con tale nome, almeno tra i conosciuti, come aveva supposto il Pansa nella sua Istoria, ed è da collocare tra Sergio e Orso, poiché di lui si ha una testimonianza certa.
Erano infatti un Pietro, vescovo di Amalfi, un Atanasio vescovo di Napoli (872-895) e il prefetturio Pulcari, che governò Amalfi dall’874 all’883, i destinatari, nel settembre dell’879, sia dell’invito, con minaccia di scomunica, a rompere entro il 1° dicembre il patto stipulato con i saraceni «ut iniquum pactum foedusque dissolveret sub excommunicationis poena», sia della bolla di scomunica del 24 ottobre successivo di papa Giovanni VIII (872-882), questa volta però inviata a Pietro vescovo, Pulcari prefetturio e a tutto il popolo amalfitano, che evidentemente non avevano aderito all’invito del papa.
Alla morte del vescovo Mastalo cominciò una nuova era per la Chiesa di Amalfi.
Nella seconda metà del X . alcune grandi diocesi dell’Italia meridionale quali Capua, Sorrento, Benevento, Salerno ecc.
erano state elevate a sede metropolitana, titolo al quale aspirava anche Amalfi, a nessuna di esse seconda sia per importanza religiosa, politica e commerciale, sia per uomini illustri e prestigio (il nome e gli uomini di Amalfi erano noti in tutta l’area del Mediterraneo con fondachi e banchi e istituzioni religiose, perfino sul monte Athos).
Governava allora Amalfi Mansone, duca e patrizio imperiale, il quale non volendo che la Chiesa amalfitana e il territorio del suo dominio potessero cadere sotto la giurisdizione di Salerno che aveva raggiunto la dignità metropolitana circa tre anni e mezzo prima, il 13 febbraio 987 con il clero e il popolo tutto elesse Leone figlio di Sergio Comite Orso Scaticampolo, monaco benedettino, abate e fondatore del monastero dei Santi Quirico e Giulitta di Atrani – del quale conservò, anche durante il governo della diocesi di Amalfi, la carica abbaziale – e contemporaneamente si richiese per lui la dignità archiepiscopale: «Regnante domino Mansone Amalphitano Duce, defuncto Episcopo ejusdem Ecclesiae, placuit Domino Duci, cuncto Clero, et populo universo eligere Leonem presbiterum […] ad Archiepiscopalem ordinem, qui consecratus est die 13 februarii an.
987».
Leone fu consacrato primo arcivescovo di Amalfi nella basilica Lateranense durante la festività di sant’Andrea apostolo, il 30 novembre del 987, da papa Giovanni XV (985-996).
La Chiesa di Amalfi fu quindi elevata alla dignità metropolitana e sotto la sua giurisdizione vennero sottoposte quattro diocesi di nuova fondazione: Capri, Minori, Lettere e Scala, anche se per quest’ultima è dubbia la contemporaneità di elevazione a sede episcopale.
Sulla cattedra arcivescovile amalfitana si successero, dopo Leone e fino ai nostri giorni, sessantacinque arcivescovi.
Tra di essi sono da segnalare il salernitano Pietro de Alferio (1050-1053, †1070) che con il cardinale Umberto di Silvacandida, con Federico di Lorena (cardinale-cancelliere, abate di Montecassino nonché il futuro papa Stefano IX) fece parte della legazione inviata da papa Leone IX (1049-1054) a Michele Cerulario, patriarca di Costantinopoli, per cercare di dissuaderlo dal suo proposito di rottura a ogni costo tra le Chiese di Roma e di Bisanzio.
Pare che l’inclusione di Pietro nella legazione papale sia stata determinata, oltre che dalla sua buona preparazione culturale, dal fatto che egli era bene informato di politica e civiltà bizantine, o quanto meno lo era più degli altri membri, entrambi tedeschi lorenesi, tant’è che papa Leone IX, nella lettera di presentazione dei legati a Costantino IX Monomaco, ebbe nei suoi confronti parole di benevola attenzione, asserendo che su di lui non vi poteva essere alcun sospetto giacché egli, romano (uomo del sud d’Italia), dopo essersi ritirato dalla sede amalfitana, viveva familiarmente con lui presso la Santa Sede pressoché da un intero anno.
Purtroppo la legazione rientrò portandosi dietro la scissione, che tuttora permane, tra le due Chiese.
Giunti a Costantinopoli dopo la morte di papa Leone IX, i tre apocrisari si comportarono come giudici, sicché il rigidismo adottato dall’una e dall’altra parte e il tentennamento dell’imperatore Costantino IX Monomaco, quasi sottomesso al suo autoritario patriarca, fecero colmare la misura a tal punto che sfociò nell’atto di scomunica del 15 luglio 1054 contro Michele Cerulario, che a sua volta provvide, con un concilio della Chiesa greca celebrato il 20 successivo, a pronunciare un solenne anatema contro i latini.
Al tempo dell’arcivescovo Pietro risalgono le porte bronzee della cattedrale, le prime del genere in Italia, fuse a Costantinopoli, offerte dall’amalfitano Pantaleone de Maurone Comite – la personalità più in vista nella Costantinopoli di quel tempo e leader della numerosa comunità amalfitana il cui nucleo centrale era costituito dal monastero di Santa Maria de Latina – e che erano già in loco nel 1062, quando ebbe ad ammirarle l’abate Desiderio di Montecassino, poi papa Vittore III (1086-1087).
Seguirono fra Mauro de Monte (1103- 1128) monaco benedettino nel monastero di Santa Maria di Positano, considerato l’«uomo ch’avea allor maggior fama di tutti e n’era forse più degno d’ogni altro», che a Costantinopoli fu abate della chiesa del Santissimo Salvatore; Bartolomeo Pignatelli (1254), nobile napoletano, «una meteora sulla Cattedra amalfitana», poi vescovo di Cosenza e come tale ricordato da Dante nel Purgatorio; il nobile patrizio amalfitano Filippo Augustariccio (1259- 1292/1293), già arcidiacono di Famagosta e poi del capitolo amalfitano, che governò la Chiesa di Amalfi per circa un trentennio.
Quello dell’Augustariccio è uno dei nomi più prestigiosi tra i presuli amalfitani e certamente non si possono qui enumerare tutte le sue opere, tra cui la ripresa, a sue spese, dei lavori di completamento del campanile che, iniziato nel 1180 al tempo dell’arcivescovo Dionisio (1174- 1202), era rimasto incompleto per lungo tempo; fra Landolfo Caracciolo de’ Rossi ofm conv., «sacre theologie doctor et regni Sicilie logotheta et protonotarius» (1331- 1351), già ministro provinciale dell’ordine dei frati minori conventuali per la provincia religiosa di Terra di Lavoro e valente scrittore: faceva parte di quella élite di letterati e dotti, familiari alla corte di Napoli; Andrea de Cunto, che fu l’ultimo di patria amalfitana alla guida della Chiesa di Amalfi (1484-1503); il cremonese Francesco Sfondrato (1544-1547), referendario delle Due signature, caso più unico che raro nella storia ecclesiastica italiana: egli infatti è vescovo e padre di un papa, Gregorio XIV (1590-1591), eletto quarant’anni dopo la morte del genitore, esattamente il 5 dicembre 1590; Michele Bologna (1701- 1731), che ristrutturò la cattedrale trasformando «l’edificio, fabbricato alla maniera gotica del X secolo […], in barocco», secondo il gusto del tempo.
Tra i personaggi illustri di Amalfi sono da ricordare i due patrizi e cardinali di casa Capuano, Pietro Capuano il vecchio (†1214) del titolo di San Marcello e dell’ordine dei preti e Pietro Capuano il giovane, patriarca di Antiochia e cardinale del titolo di San Giorgio al Velabro e dell’ordine dei diaconi.
Il primo, legato papale in Terrasanta per la IV crociata (1202-1206), visitando la Siria e la Romània, passando da Costantinopoli, dalla chiesa dei Dodici Apostoli che lo custodiva, assicurato della sua autenticità da alcuni amalfitani colà residenti e con il loro aiuto, prelevò il corpo di sant’Andrea volendo onorare la sua città con così tanto dono e facendolo depositare, l’8 maggio 1208, nella cripta della cattedrale amalfitana appositamente costruita.
Nell’agosto successivo istituì una scuola gratuita di arti liberali in Amalfi perché fosse frequentata da laici e chierici amalfitani e atranesi e qualche anno dopo, nel 1212, un ospedale affidato ai fratelli dell’ordine dei crociferi; la scuola sarà attiva fino al XVIII sec., mentre l’ospedale avrà vita fino alla metà del XVII.
Il secondo ebbe numerosi incarichi nella curia romana e fu molto stimato dall’imperatore Federico II.
Morì tra il 1236 e il 1241.
L’ultimo suo atto risale infatti al 1236 e non risulta tra i partecipanti al conclave del 25 ottobre 1241 che elesse papa Celestino IV.
Nel corso del XVI . (1510-1564) la naturale serie degli arcivescovi venne interrotta dall’amministrazione apostolica da parte di alcuni cardinali tra i quali Giovanni de’ Medici, che proprio mentre era amministratore di Amalfi fu eletto (9 marzo 1513) al soglio pontificio con il nome di Leone X.
A metà circa del governo dell’arcivescovo Silvestro Miccù ofm oss.
(1804-1830), già vescovo delle diocesi unite di Ravello e Scala fin dal 1792 e amministratore apostolico di Cava (1812-1815), Amalfi perse le sue diocesi suffraganee.
Nella convenzione del 1741, stipulata tra la Santa Sede (era allora papa Benedetto XIV, 1740-1758) e Carlo III di Borbone, re delle Due Sicilie (1734-1759), si ravvisava «la necessità di venire alla unione di parecchi piccolissimi vescovati, dove i vescovi non possono mantenersi colla decenza dovuta», sicché il concordato di Terracina concluso nel 1818 tra papa Pio VII e Ferdinando I di Borbone re delle Due Sicilie e firmato dal cardinale segretario di Stato Ettore Consalvi per la Santa Sede e dal ministro consigliere di Stato Luigi de’ Medici, provvedeva a ridisegnare le nuove circoscrizioni diocesane con l’emanazione di norme da entrambe le parti.
La stipula avvenne il 16 febbraio 1818 mentre la bolla papale, De utiliori Dominicae vineae, inviata ai vescovi, è del 27 giugno 1818.
Con la stessa bolla venivano ridisegnate le nuove circoscrizioni diocesane.
Il concordato del 1818 sopprimeva perciò i piccoli vescovati: Ravello e Scala dal 1804, dopo il trasferimento di monsignor Miccù, fu sede vacante come pure Minori dopo la morte del vescovo Serafino Vitale osb, avvenuta il 7 febbraio 1891; entrambe furono aggregate ad Amalfi.
Capri, sede vacante dal 1807 circa, fu aggregata a Sorrento, mentre il vescovo di Lettere, Bernardo della Torre, per effetto della soppressione venne trasferito alla sede di Castellammare di Stabia alla quale fu aggregato il territorio della soppressa diocesi.
Negli ultimi anni del XX . si ebbe una nuova ristrutturazione.
Alfredo Vozzi, dal settembre 1953 vescovo di Cava e Sarno unite, nel settembre del 1972, lasciata la sede di Sarno, unita a Nocera dei Pagani, fu promosso arcivescovo di Amalfi continuando ad essere vescovo di Cava.
Con il suo successore – Ferdinando Palatucci (1982-1990) – poi, il 30 giugno 1986 le due diocesi, Amalfi e Cava, furono unite in persona episcopi e successivamente, a fronte di una nuova ristrutturazione delle diocesi d’Italia, furono entrambe soppresse e nacque nello stesso momento (30 settembre 1986), l’arcidiocesi di Amalfi-Cava de’ Tirreni.
Immediatamente soggetta alla Santa Sede, Amalfi divenne nel 1976 suffraganea di Salerno, sede che nel 1986 assunse la denominazione di Salerno-Campagna-Acerno.
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Diocesi di Amalfi - Cava De' Tirreni
Chiesa di Sant'Andrea Apostolo
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.