Dopo il Concilio Vaticano II si realizzò un primo intervento di adeguamento provvisorio con il prolungamento di circa 4 metri verso la navata della piattaforma presbiteriale (ricoperta con una moquette rossa) e la collocazione di un altare ligneo (“composto con preziosi paliotti secenteschi di proprietà del Tesoro”) davanti a quello monumentale, della cattedra a ridosso della parete settentrionale e di un semplice leggio al limite della pedana di prolungamento.
Nel 1981 la Soprintendenza di Ravenna respinse un progetto del geometra G. Pietrelli che prevedeva la demolizione dell’altare dei Teatini ed il riutilizzo della mensa e del paliotto per la realizzazione del nuovo altare rivolto al popolo.
Nel 1983 lo studio BBPR di Milano presentò un primo progetto di sistemazione dell’area presbiteriale che prevedeva lo spostamento dell’altare maggiore; la realizzazione, in corrispondenza dell’arco santo, di un nuovo altare in marmo e ottone (con mensa di cm 405x140) cui doveva essere applicato, sul fronte rivolto all’assemblea, un paliotto antico; la collocazione della cattedra in asse con l’altare (a due metri e mezzo dallo stesso) e del tabernacolo sulla parete settentrionale del coro; la sospensione dall’alto, esattamente sopra l’altare, del crocefisso di Giotto.
Nel 1987 l’architetto L. Fonti di Rimini progettava una cappella destinata al coro dei Canonici e all’adorazione Eucaristica realizzata nel 1990 nel locale posto a nord del presbiterio e tutt’ora utilizzata anche come cappella feriale.
All’inizio degli anni novanta il Vescovo M. De Nicolò, ribadendo che la “Cattedrale è chiesa madre di tutte le chiese della Diocesi. Considerando che non va spezzato il profondo legame tra l’opera d’arte e la sua finalità religiosa”, ravvisando “l’inderogabile esigenza di rendere liturgicamente agibile, in armonia con le necessità celebrative proprie della chiesa del Vescovo, che in essa deve avere la sua cattedra, ed in considerazione del fatto che lì si svolgono le più importanti celebrazioni dell’anno”, incaricò l’architetto P. Silvan di Roma della redazione del progetto definitivo.
Una prima versione, datata gennaio 1993, proponeva la rimozione della pedana dell’altare e dei rivestimenti in moquette; lo spostamento, nella quinta cappella meridionale, dell’altare dei Teatini; il mantenimento dell’altare postconciliare sotto l’arco santo e la collocazione della cattedra, in asse con l’altare stesso, al limite dell’abside; sopra di essa, appeso all’arco del catino absidale, doveva essere posto il crocefisso di Giotto mentre il tabernacolo restava nella cappella feriale, a nord del presbiterio. Era inoltre prevista, al limite della gradinata, la realizzazione di due amboni, di cui uno mobile da utilizzarsi solo quando necessario, e, nella quinta cappella settentrionale, di organo e cantoria.
“I nuovi elementi liturgici del presbiterio” scriveva l’architetto “sono stati progettati evitando la scelta unilaterale della sola arte o della sola liturgia e nel contempo, la competizione con il preesistente. Nel loro studio, è stato considerato innanzitutto il modo di conservare inalterato il peso architettonico degli elementi esistenti per non alterare violentemente l’intero contesto. I nuovi elementi liturgici, nonostante la modernità delle loro linee, per la sobrietà delle dimensioni e l’armonia dei rapporti, rendono il loro inserimento discreto, senza nulla togliere alle esigenze fondamentali di segno e di funzione che essi devono avere”.
Il progetto, approvato in un primo tempo dalla Soprintendenza di Ravenna, venne poi sospeso dalla stessa in seguito ad un parere negativo del Ministero espresso nel settembre 1995.
Nel 1996, “considerata la rilevanza mondiale del sacro edificio”, la Soprintendenza proponeva alla diocesi di bandire un concorso internazionale per inviti.
Nel maggio 1997, previa autorizzazione della Soprintendenza di Bologna , il grande crocifisso di Giotto (m 4.30x3.30) veniva collocato nell’attuale posizione sulla parete absidale al posto del San Francesco del Vasari.
Il 7 aprile 1999 si riunirono presso l’Ufficio Centrale per i Beni A. A. A. E S. del Ministero per i Beni e le Attività Culturali i Comitati di Settore per i Beni Ambientali-Architettonici e Beni Artistici-Storici ed esaminata la proposta dell’architetto Silvan la autorizzava con alcune prescrizioni; fra queste la collocazione “di un altare maggiore da progettare ex-novo”, “la rimozione del coro ligneo”, la rimozione del prolungamento del presbiterio ed il rifacimento del pavimento. Il tutto nell’ambito di una “progettazione complessiva di altissimo livello qualitativo”.
Sulla scorta delle indicazioni della Commissione Ministeriale il progetto del 1993 fu sostanzialmente rivisto ma i lavori poterono essere completati solo nel del 2001 per le difficoltà di concertazione fra la Soprintendenza ravennate e la Diocesi che lamentava presso il Ministero le indecisioni della Soprintendenza stessa.
Il nuovo adeguamento, autorizzato dalla Soprintendenza il 28 giugno 2000 ha comportato innanzitutto lo spostamento, nella quinta cappella meridionale, dell’altare dei Teatini, lo smontaggio dell’altare del Poletti, la demolizione del prolungamento postconciliare della piattaforma presbiteriale e la riduzione ad un solo ordine di sedute del coro ligneo postbellico. Il nuovo altare, posto a circa tre metri dai gradini dell’arco santo, ha forma marcatamente rettangolare con mensa di cm 115 x 300; il basamento, che poggia direttamente sul pavimento del presbiterio, è leggermente arcuato ed il lato concavo rivolto all’assemblea è segnato da sei fessure scalari e, al centro, da una piccola immagine in bronzo del Padre Eterno realizzata dallo scultore Rudelli. La cattedra è posta in asse con l’altare, tre metri dietro lo stesso, elevata di due gradini ed affiancata da tre sedute fisse per lato; reca sullo schienale lo stemma policromo del vescovo De Nicolò. Al posto dell’ambone si è realizzato un semplicissimo leggio mobile posto al limite sinistro degli scalini del presbiterio e composto da una lastra verticale leggermente incurvata e dal piano del leggio. Per la realizzazione dei tre poli liturgici è stato impiegato marmo bianco Aurisina sabbiato. Come sede ordinaria, ancora provvisoria, si utilizza una seduta in stile collocata a lato dell’altare sotto la cantoria meridionale dell’organo.
Le relazioni di progetto e la testimonianza di mons. A. Amati, Vicario della Diocesi, confermano l’evidente scelta, conseguente le indicazioni di Ministero e Soprintendenza, di realizzare elementi liturgici certamente definitivi, dignitosi e significativi ma al contempo di estrema semplicità e linearità plastica e sobrietà materiale e cromatica al fine di interferire il meno possibile sul complesso monumentale; scelta che ha inevitabilmente condizionato gli esiti estetico-formali dell’intervento.
Nonostante tutto ciò l’adeguamento della cattedrale di Rimini è stato accompagnato da numerose e talora aspre polemiche che hanno avuto ampia risonanza sulla stampa nazionale: alle prime obiezioni, che accompagnarono lo spostamento del dipinto di Giotto e lo smontaggio dell’ex altare maggiore, fecero seguito i duri interventi dell’allora sottosegretario ai Beni Culturali V. Sgarbi (che definì l’adeguamento una “dissacrazione”), di A. C. Quintavalle (che parlò di “disastro compiuto nel Tempio Malatestiano di Rimini dove è stato eliminato un altare napoleonico per inserire una parure di gelide, moderne, mensoline condominiali”) e di altri studiosi locali. Un ulteriore strascico si ebbe al’inizio del 2003 con il ritrovamento di un documento del 1809 che dimostrava la provenienza del cosiddetto altare napoleonico dalla chiesa dei Teatini.
Nel 1999, su progetto dell’ing. M. Moretti, è stato realizzato anche il nuovo impianto di illuminazione che, rispetto alle diverse necessità celebrative, prevede quattro diversi livelli di intensità luminosa.
La cattedrale, che non è più sede parrocchiale, è priva di fonte battesimale.