Beni archivistici
Fondo del Consorzio di San Lorenzo
Bergamo
DESCRIZIONE
Il fondo del Consorzio di S. Lorenzo di Bergamo si compone, tra registri e fascicoli sciolti, di 135 unità archivistiche (sono escluse dal computo 66 pergamene, da inventariare, databili dalla prima metà del XV sec. alla prima metà del XIX sec.)
La sua documentazione si presenta piuttosto ramificata; dei quattro titoli creati in fase di riordino quelli concernenti il Patrimonio e l’Amministrazione risultano essere i più corposi: il primo perché raccoglie tutto il fitto carteggio relativo ai beni ereditati dal Consorzio e tutta la documentazione concernente i suoi legati benefattori (il notaio Girolamo Novelli e il prelato Marcantonio Foppa soprattutto), il secondo perché riunisce tutte le carte riguardanti le spese sostenute dagli amministratori del Consorzio nel corso dei quattro secoli di attività; oltre ai contratti d’affitto stipulati, le elemosine dispensate e le suppliche accolte, sono state rinvenute oltre 6.000 carte tra note spesa, bollette e fatture prodotte e rilasciate dalla cancelleria del Consorzio. Tra quest’ultime si segnala il ritrovamento di un documento datato 1615/09/01 con il quale i deputati del C. pagano 60 scudi, per la realizzazione di un quadro dell’Annunciazione destinato alla Cappella della Madonna in S. Lorenzo, a Enea Salmeggia, che fu pittore attivo a Bergamo nel tardo Rinascimento e di cui si rinviene la firma autografa.
Il fondo non conserva soltanto documentazione del Consorzio dal 1486, anno della sua istituzione, al 1806, poiché contiene diverse carte successive prodotte dalla Fabbriceria del Carmine che, a soppressione avvenuta, acquisirono l’amministrazione degli antichi beni del Pio luogo.
Totalmente esclusi in fase di riordino del fondo e in attesa di una loro più corretta ricollocazione, le carte (circa due faldoni) pertinenti alla Parrocchia di Sant’Agata, alla sua Scuola del Santissimo e in misura minore alla Parrocchia di S. Pietro in Colle Aperto e a quella di S. Salvatore. Questa commistione, del tutto normale e intuibile, si spiega col fatto che a partire dal 1805 gli archivi delle neo parrocchie sussidiarie confluirono tutti in quello di Sant’Agata al Carmine: tra questi anche quello della Chiesa di S. Lorenzo e dunque del Consorzio.
Cenni storici:
Come riportato nel primo volume dell’Effemeride di Donato Calvi (vol. I, p. 26) il Consorzio di S. Lorenzo fu fondato a Bergamo il 5 gennaio del 1486 dal vescovo Bernardino Roncalli rimanendo poi attivo per circa quattro secoli. Sebbene lo stesso Calvi non ne faccia menzione, con ogni probabilità il Consorzio subentrò nella gestione dei beni e delle pratiche assistenziali dell’antico Consorzio della Vergine Maria che aveva anch’esso sede presso la Parrocchia di S. Lorenzo. Nella Regola stessa del nostro Consorzio, stampata a Bergamo dai F.lli Rossi nel 1717, si legge: «questo Consorzio nella sua antica origine si chiamava Consortium, Schola & Congregatio Altaris Sancti Marie quae fit, & celebratur in Ecclesia Sancti Laurentij» (p.6). Sebbene non si posseggano notizie certe e puntuali relative alla fondazione del Consorzio della Vergine Maria, esso è però menzionato negli Atti della visita Apostolica di S. Carlo Borromeo a Bergamo (1575) con riferimenti alla sua sede, posta sopra la sacrestia della Chiesa di S. Lorenzo, al numero dei suoi amministratori (8 di cui un ministro, sei presidenti, un tesoriere), all’ammontare del suo reddito (1259 lire ca.) e infine alle sue preminenti mansioni consistenti principalmente nella distribuzione di elemosine ai poveri della omonima Vicinia e alla celebrazione di messe in perpetuo per i defunti benefattori. Appare evidente che il Consorzio di S. Lorenzo abbia poi ereditato non solo i beni ma anche gli oneri e la struttura amministrativa del detto Consorzio della Vergine Maria, cui venne dedicata, proprio in memoria dell’antica Congregazione, una Cappella e un altare devozionale. (Cf. A. G. RONCALLI, Gli atti della visita Apostolica di S. Carlo Borromeo a Bergamo. 1575. Firenze, Olschki, vol. I, parte II, pp. 75-7, 84-85). Non apparirebbe dunque del tutto priva di fondamento l’affermazione del cancelliere Gaetano Longaretti il quale, in una lettera del 22 settembre 1797 indirizzata al Dipartimento del Serio, che aveva preteso informazioni veritiere sull’origine e l’attività del Consorzio, scrive: «[…] nell’anno 1400 il Consorzio di S. Lorenzo nel Borgo di san Lorenzo di questa città vi era eretto, e da alcune carte autentiche esistenti nell’Archivio», ad oggi non pervenute, «appare che vi fosse anche nelli due antecedenti secoli».
La dirigenza del Consorzio era affidata a un collegio di otto cittadini laici abitanti nella Vicinia di S. Lorenzo e all’occorrenza di S. Matteo, consistenti in un ministro, sei presidenti e un tesoriere, i quali venivano eletti annualmente solitamente nella giornata dedicata alla Pentecoste; solo il ministro, il tesoriere, ed eventualmente due/tre presidenti, potevano essere riconfermati per un secondo mandato. Per evitare favoritismi e nepotismi di ogni sorta era vietata l’elezione contemporanea di due o più deputati appartenenti alla stessa famiglia, fino al terzo grado di parentela. Il Consiglio del Consorzio si riuniva ogniqualvolta le circostanze lo richiedevano, ma obbligatoriamente una volta al mese: le adunanze cominciavano con un’orazione e l’invocazione allo Spirito Santo e procedevano con l’esposizione delle questioni urgenti, per lo più relative alla gestione dei beni, alle spese in entrata e uscita sostenute e ancora da sostenere, alla lista dei debitori e degli elemosinanti (le elemosine di pane, sale e farine venivano solitamente dispensate a Natale, Pasqua e in occasione della festa di S. Giovanni Battista). Giunto il momento di eleggere il nuovo ministro e i nuovi presidenti, si proseguiva, dopo aver individuato dei papabili candidati, con lo scrutinio e la ballottazione (speciale e antico metodo di votazione, a "bussola e ballotte") al termine della quale si affiggevano gli elenchi dei neoeletti e dei relativi incarichi.
Secondo le debite scelte del ministro, a ciascun presidente venivano affidati, infatti, uno o più incarichi da svolgere con impagabile zelo; vi erano i deputati alla gestione della Cappella del Consorzio in S. Lorenzo e della Chiesa di Valverde; quelli dediti alla gestione delle eredità e alla perfetta esecuzione delle volontà dei legati benefattori del Consorzio; i preposti alla riscossione dei crediti e dunque alla persecuzione dei debitori; gli addetti alle vendite e alle locazioni, al presidio dei pubblici Incanti e alla stipulazione dei contratti. Di fondamentale importanza per la perfetta amministrazione del Consorzio il tesoriere e il notaio (o cancelliere): il primo gestiva la cassa, il secondo collaborava con l’altro per la gestione delle spese e la consegna delle bollette ma, soprattutto, si occupava di rogare i documenti ufficiali quali inventari, incanti, locazioni e conservarne debita copia nei suoi registri, era lui che si faceva portavoce della corrispondenza tra il Consorzio e le Autorità civili, che presiedeva, inoltre, ai catasti e forniva le liste dei debitori in sede di consiglio. Il Consorzio si serviva poi di un sindaco, esattore delle tasse e dei pagamenti nonché procuratore del Pio Luogo nelle cause e vertenze contro terzi. Gli amministratori del Consorzio avevano inoltre alle loro dipendenze un ragioniere che annotava tutte le entrate e uscite del Pio Luogo nel libro di cassa, nel libro mastro e nel libro giornale. Diversi dai deputati, ma ugualmente designati in sede di consiglio, erano, invece, il cappellano, il sacrestano, il bidello e due (a volte uno) sindaci della Chiesa di S. Lorenzo, i cui beni erano anch’essi amministrati dal Consorzio, e di cui i deputati si servivano per la gestione, la cura e la pulizia degli spazi religiosi adibiti alle funzioni e alla celebrazione delle messe.
Appurata la natura del Consorzio come ente e antico Istituto pubblico di beneficenza, quali erano le sue effettive mansioni, e in che modo sosteneva i poveri della Vicinia di S. Lorenzo? Va innanzitutto precisato che il Consorzio di S. Lorenzo deve quello che fu il suo effettivo e attivo ruolo nella comunità bergamasca alla generosità dei propri benefattori, i quali disposero donazioni e lasciti in denaro da impiegare nella cura e nel sostegno dei più bisognosi. In virtù del testamento di Bernardino Roncalli del 1486/01/04, ad esempio, gli amministratori del Consorzio ebbero l’obbligo di impiegare i frutti della sua eredità in parte per mantenere ornata l’altare e la cappella della Vergine Maria, in parte per dispensare elemosine ai poveri della vicinia, inclusi i parenti del testatore; come da ultime volontà del legato Lanfranco Muttoni, espresse nel testamento del 1511/05/11, si doveva dispensare pane per tutti i poveri di borgo S. Lorenzo; col testamento di Girolamo Novelli, invece, rogato il 1583/10/15, il Consorzio ebbe la possibilità di mantenere una Scuola (nei documenti chiamata Scuola Gratis o Scuola dei poveri) e pagare un maestro che insegnasse a 12 (poi 14) fanciulli della contrada di S. Lorenzo a leggere, scrivere e far di conto: per evitare disparità nella scelta degli scolari, specie se il numero delle richieste era alto, gli amministratori del Consorzio ricorrevano al sorteggio. Se vi erano poche adesioni tra i figli dei parrocchiani di S. Lorenzo, l’ammissione alla scuola era concessa anche a quelli della Vicinia di S. Matteo; si dovevano poi far celebrare in san Lorenzo messe quotidiane e annuali in suffragio della sua anima e di quella della madre Cecilia Carminati, dare in elemosina trenta libbre di sale per i trenta parrocchiani più bisognosi della Vicinia e dispensare ogni anno cera alla Scuola dei Disciplini. Sempre a proposito di Girolamo Novelli, l’Archivio Storico Diocesano conserva un intero faldone con documentazione appartenuta e prodotta da detto Girolamo che fu notaio bergamasco attivo tra gli anni 50 e gli anni 80 del Cinquecento, nominato poi sindaco dello stesso Consorzio di S. Lorenzo, tesoriere del Collegio del Seminario di Sant’Agata e notaio della Santa Inquisizione di Bergamo. Di grande rilevanza fu anche la figura di Marcantonio Foppa che nel testamento del 1673/06/11 dispose che 100 lire fossero investite annualmente in sussidi dotali da distribuire a sette giovani parrocchiane prossime al matrimonio e provenienti dalle chiese di S. Lorenzo e S. Colombano presso Valtesse. Quest’ultime, per riscuotere il detto sussidio, erano tenute a presentare il certificato sottoscritto dal proprio parroco attestante la loro buona condotta, la data del loro battesimo e l’avvenuta frequentazione della Scuola della Dottrina Cristiana, per poi obbligatoriamente assistere e ricevere l’Eucarestia alla messa cantata in S. Colombano in presenza dei signori deputati del Consorzio. In virtù delle eredità di Gotardo Cortesi (1686/12) e di Marco Astori (1723/08/08), infine, ci si doveva occupare degli altari e della Chiesa di Santa Maria di Valverde, facendo elemosine e celebrando messe.
Il Consorzio di S. Lorenzo, grazie ai beni ereditati dal Consorzio della Vergine Maria e dai lasciti dei legati successivi, si ritrovò a gestire un patrimonio considerevole costituito da diversi terreni e immobili dislocati tra borgo S. Lorenzo e zone limitrofe. Oltre a prendersi cura della propria sacrestia e delle due Cappelle con altari, dell’Annunziata e dell’Addolorata nell’omonima Chiesa, il Consorzio gestiva diverse proprietà che tendeva poi ad affittare a privati cittadini tramite aste al Pubblico Incanto: il sacrista o il bidello affiggeva per la città le cedole d'Incanto, ossia gli 'annunci' degli stabili e dei terreni da affittare; gli interessati si presentavano all'asta pubblica nei giorni indicati e con debita pieggeria (malleveria) presso il portichetto della casa del Consorzio sita in borgo S. Lorenzo; erano infine i deputati alle locazioni che sceglievano il futuro affittuario valutando la migliore offerta e la pieggeria più affidabile. Tra gli immobili più redditizi: i “Prati Bragagnoli”, posti fuori le mura di S. Lorenzo nei pressi del torrente Morla; i due terreni di otto e diciotto pertiche noti come “le Noche” a ridosso delle mura cittadine; la cosiddetta proprietà del “Piazzolo” in contrada Santa Grata a Castagneta; vari suoli con case in località Boccaleone; il campo chiamato “Ziliola” e la proprietà nota come “la Blina” in località Valtesse; i prati in Fossa sotto il Baluardo di S. Lorenzo; un suolo sito a Grassobbio; alcune case e botteghe sparse tra via S. Lorenzo, via Gombito, la ex via Corsarola e Piazza Mercato delle Scarpe in Città Alta.
Se nel corso del Seicento e Settecento il Consorzio di S. Lorenzo conobbe il suo periodo di massima attività e benessere, i segnali di una crisi economica profonda non tardarono a farsi sentire già a partire dalla fine del XVIII secolo per poi apparire evidenti intorno al 1802. Diverse sono infatti a questa data le suppliche e le lettere degli amministratori del Consorzio alla Municipalità di Bergamo; in una di queste, datata 3 piovoso anno X, gli amministratori del Pio luogo, estenuati dai debiti, chiedono al Commissario straordinario del Dipartimento del Serio di ridurre i propri capitali, essendo impossibilitati ormai a pagare le tasse, a far fronte alle spese e ad adempiere ai propri obblighi come le elemosine ai poveri e le celebrazioni delle messe.
Quando col vescovo Dolfin viene ordinata la soppressione della chiesa di S. Lorenzo con decreto del 22 giugno 1805, divenuto poi effettivo l’anno seguente, il destino del Consorzio è segnato, anche perché col decreto napoleonico del 25 aprile 1806 vengono dichiarate proibite in tutto il Regno le Confraternite, le Congregazioni, le Compagnie e tutte le Società religiose laicali, eccezion fatta per le Confraternite del Santissimo, le Fabbricerie delle rispettive chiese e le Pie Istituzioni e Unioni che avessero per oggetto la pubblica beneficenza e l’istruzione (qualora approvate dal Governo). Sebbene la Chiesa di San Lorenzo, pur ridotta a sussidiaria della vicina Parrocchia di Sant’Agata al Carmine, stessa sorte toccata alle chiese di S. Salvatore, Santa Maria in Valverde, Sant’Eufemia e San Pietro in Colle Aperto, riuscì a preservare una certa autonomia ancora per parecchi anni, il Consorzio di S. Lorenzo, sopraffatto e in tutto sostituito dalla Fabbriceria del Carmine nella gestione dei suoi antichi beni, cessò di fatto di esistere.
Non fu d’altronde del tutto facile neppure per i Fabbricieri del Carmine amministrare e coordinare le attività delle proprie parrocchie sussidiarie, prime fra tutte quella di San Lorenzo; nella visita pastorale del vescovo Morlacchi alla chiesa di Sant’Agata (1835) si fa riferimento infatti alla difficoltà dei suddetti Fabbricieri nel rispettare, per le esorbitanti spese che comportavano, le numerosissime celebrazioni delle messe in suffragio degli ex benefattori del Consorzio. Col decreto vescovile del 16 giugno 1828 le messe dei legati furono drasticamente ridotte; le sole mantenute furono quelle per le anime di Antonio Carrara, Giovanni Paradisi, Marco Astori, Gotardo Cortesi, Leone Mozzi, Orazio Facheris, Pier Giacomo Cometti e Girolamo Novelli.
STORIA DEGLI ORDINAMENTI
Sebbene non si posseggano vecchi inventari dell'Archivio del Consorzio di S. Lorenzo, da pochissimi accenni e riferimenti rinvenuti in documenti e lettere schedate, si deve pur ammetterne l'esistenza. Chi aveva accesso all'archivio era per lo più il tesoriere, il ragioniere e il cancelliere del C., ossia i preposti alla compilazione dei registri di cassa, dei bilanci e delle rendite.
Con la soppressione della Chiesa di S. Lorenzo anche l'archivio del Consorzio subì il suo spostamento in quello della Chiesa di Sant'Agata (sebbene nelle Visite Pastorali non se ne faccia menzione alcuna). Le note manoscritte di mano 800esca riportate sui dorsi o sulle etichette dei faldoni, impiegati per raccogliere le carte del Consorzio conservatesi sino a noi, sono molto probabilmente opera dei Fabbricieri del Carmine.
Di mano 900esca sono invece le segnature a penna apposte su alcuni faldoni nonché le note e i brevi regesti trascritti con pennarello di colore rosso o nero rinvenuti su vecchie etichette incollate su registri e buste, che lasciano presuppore un tentativo di riordino del Fondo, seppur sommario, portato avanti dagli allora addetti all'archivio della Curia vescovile.