Beni archivistici
Fondo della Curia vescovile di Como
Como
DESCRIZIONE
Il fondo è articolato in quattro nuclei.
I. Documentazione indicata nelle «Regole per la curia vescovile di Como», apparse sul «Bollettino ecclesiastico ufficiale della diocesi di Como» nel marzo 1936 (pp. 112-118), secondo cui l’archivio era suddiviso in due sezioni, denominate “Archivio storico antico” (A) e “Archivio corrente” (B).
L’archivio storico antico comprendeva le serie: “Sezione documenti”, poi divisa nelle due serie “Parrocchie” e “Istituzioni canoniche”; “Visite pastorali” con le “Visite vicariali”; “Istituzioni canoniche antiche”; “Beni ecclesiastici antichi”; “Diritti antichi della Chiesa comense”; “Valtellina ed i Grigioni” ora “Cantoni svizzeri”; “Monasteri antichi soppressi” ora “Religiosi”; “Confraternite e collegiate antiche soppresse” ora nella serie “Miscellanea”; “Protocolli antichi”.
L’archivio corrente era costituito dai nove titoli del protocollo del 1828 (“Clero”; “Beni ecclesiastici”; “Istituzioni canoniche”; “Pratiche matrimoniali”; “Monasteri, Congregazioni religiose, Collegi, Seminari”; “Predicazione, Missioni, Confraternite, Associazioni e iniziative laicali”; “Contenzioso: atti disciplinari”; “Circolari, Beneficenza pubblica”; “Chiese, Oratori, Messe votive, Indulti da coro, da cibi, campane, Cimiteri, Tariffe per funzioni, Abiure, Persone di servizio”), con l’aggiunta del titolo X per il foro ecclesiastico (in realtà, il titolo X venne utilizzato per le “Cause di beatificazione”), del titolo XI per le ordinazioni ecclesiastiche e del titolo XII per "Estratti di nascita, cresima, morte, matrimoni".
In occasione del riordino portato avanti dal cancelliere di curia, Giovanni Battista Gianera, a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, ad alcuni titoli furono aggiunte carte precedenti al 1828 attinenti, in base all’argomento, a ciascun titolo.
II. Serie non indicate dalle suddette «Regole»: “Ordinariato”; “Benefici”; “Miscellanea” (ex scaffali 6, 7, 8), “Sinodi e legislazione”, “Vescovi” di Como, “Relazioni alla Santa Sede”, “Lettere pastorali, circolari ed encicliche”, “Memorie guerra”, “Raccolta di francobolli e timbri”, “Documenti di provenienza incerta”.
III. Serie prodotte da uffici di curia la cui attività si è precisata nel corso del Novecento, quali l’Ufficio legati, la Commissione dei sacri riti, l’Ufficio d’arte sacra, la Commissione per la musica sacra e l’Ufficio sante reliquie.
IV. Raccolte di fotografie e immaginette.
Consistenza: 1874 buste, 220 volumi e registri; 624 pergamene, 13 pergamene di reimpiego, 88 pergamene di reimpiego adese, disegni e immaginette (verifica in corso).
STORIA DEGLI ORDINAMENTI
NOTA STORICA
1. Formazione dell'archivio
Non esistono, allo stato attuale delle conoscenze, notizie riguardanti l'esistenza di un archivio vescovile comense prima del secolo XIII. Nel 1283 un incendio, provocato dalla fazione dei Rusca avversa al presule Giovanni de' Avvocati (1274 - 1293), distrusse il palazzo episcopale e l'annesso archivio (1). Si spiega così la quasi totale assenza di materiale documentale anteriore a tale periodo.
Nuovamente la presenza di un archivio all'interno della sede episcopale è attestata nei primi decenni del secolo XV, quando il vescovo Francesco Bossi (1420 - 1434) diede ordine di depositarvi gli inventari dei beni degli enti ecclesiastici e assistenziali (2).
La struttura dell'archivio - così come, in parte, è giunta fino a noi - venne formandosi tra la fine del secolo XVI e la prima metà del XVII.
Fu il vescovo Filippo Archinti (1595 - 1621) a promuovere per primo il recupero di documenti degli episcopati precedenti e a disporre la loro collocazione in «uno archivio di noce grande». Archinti stesso dichiarò di avervi fatto riporre «molte scritture, quali tutte ho messo insieme io, acquistate, comprate et fatto scrivere a mie spese, poiché alla venuta mia non trovai cosa alcuna di rilievo, et con molte altre scritture delli notari et cancellieri episcopali pertinenti alla Chiesa et mensa episcopale et molte altre tanto vecchie come moderne, tra quali vinti due fascietti di scritture fatte nelle mie visite, distinte a pieve per pieve, et altre diverse» (3).
Si deve, comunque, al suo successore, Lazaro Carafino (1626 - 1665), un più deciso impulso per la costituzione dell'archivio. Innanzitutto, il vescovo si rivolse alla Congregazione del concilio chiedendo quali documenti dovessero essere conservati. Nel rescritto del 18 dicembre 1626 si dava l'indicazione di «ricuperar quelle [scritture] che ella pretende essere in mano di coloro che per i tempi hanno maneggiata cotesta sua cancellaria». In allegato veniva inviato un decreto «col quale la sacra Congregazione del concilio ha distinte e dichiarate le scritture che necessariamente devono restare et asservarsi ne gl'archivii e cancellarie episcopali». Qualche anno dopo, in occasione del sinodo del 1633, Carafino poteva affermare: «Nos, qui quamplurimas scripturas, magno cum dispendio et diligentia, in unum coegimus ad mensae episcopalis et totius ecclesiastici status utilitatem, illud etiam instituere eique locum particularem in palatio episcopali nostro assignare decrevimus. Quare, cum inibi asservari debeant quaecumque scripturae tam publice quam privatae ad ecclesiastica negotia quomodolibet spectantes et ne de iis reponendis in eodem archivio aliqua oriatur dubitandi controversia vel de scripturarum asservandarum qualitate praetendeatur ignorantia, rescriptum a sacra Congregatione concilii Tridentini reportavimus» (4).
In «eodem archivio», al quale fu assegnato un «locum particularem» nel palazzo episcopale, vennero riposti cartulari degli antichi notai di curia e scritture "sciolte" - in parte recuperate, in parte già presenti presso la sede vescovile -, fatte rilegare in volumi. Di quest'ultima attività resta una traccia sicura nel frontespizio di alcuni di essi (i sette "Volumina magna" e una cinquantina dei "Volumina parva" della mensa vescovile di Como, i due volumi di "Collazione dei benefici ecclesiastici", i due volumi dei "Bonorum ecclesiasticorum", il volume «Varie scritture concernenti al stato et revolutione della Valtellina et contado di Chiavenna», segnato "B", della serie "Cantoni svizzeri", il cosiddetto "Codice Ninguarda", volumi delle visite pastorali).
A metà del Settecento, sotto l'episcopato di Giovanni Battista Mugiasca (1764 - 1789), fu avviata una riorganizzazione della cancelleria, con conseguenze anche per la produzione e l'ordinamento delle scritture. All'interno di alcuni «Pensieri per il buon regolamento di cancelleria» (5) vennero indicati, con estrema precisione, i registri da compilare: uno generale per «tutte le spedizioni di cancelleria» e registri particolari per le richieste che giungevano in curia, per l'esame dei «confessori semplici», per i concorsi ai benefici, per le questioni matrimoniali, per i benefici. Tali registri si conservano in archivio per la maggior parte sotto la denominazione di "Protocolli antichi (dal 1765)", ma anche nelle serie di pertinenza dell’oggetto trattato.
Contemporaneamente, si procedette a una ricognizione della documentazione, collocata in parte presso l'archivio, in parte presso il vicario episcopale. Per l'archivio una «Rubrica generale» (6) elenca singoli pezzi (volumi e pacchi di fogli sciolti) o gruppi più o meno omogenei di pezzi, segnati con un numero, da 1 a 73, o con una lettera dell'alfabeto, da "A" a "I". Troviamo, più volte ripetuti, raggruppamenti di: protocolli notarili (indicati con «abbreviature di» e il nome del notaio), fasci di carte con il generico nome di «scritture» seguito dalla specificazione del contenuto (ad esempio, «Scritture giurisdizionali de Svizzeri e Griggioni e Stato di Milano», «Scritture spettanti all'Opera pia» Gallio, «Scritture attinenti ai feudi della mensa vescovile di Como»), «Stati liberi», «Atti delle visite pastorali», «Atti civili», «Ordinazioni», «Pergamene antiche». Anche per le carte del vicario generale fu compilato un inventario (7): i "mazzi", riguardanti soprattutto i rapporti con le autorità civili, contenevano circolari governative, lettere di Carlo Giuseppe conte di Firmian (ministro plenipotenziario della Lombardia austriaca dal 1759 al 1782) per affari particolari, numerosi fascicoli per la soppressione di conventi, collegiate, confraternite, documentazione relativa alla Lega Grigia e alla Svizzera. Non vi sono elementi che permettano di sapere se tutte queste scritture continuassero a risiedere presso il vicario; sicuramente si trovavano in archivio nella seconda metà dell'Ottocento, quando furono smembrate e riordinate da Giovanni Battista Gianera.
Una successiva svolta nell'ordinamento dei documenti fu l'adozione da parte della cancelleria, nel 1828, di un sistema di classificazione che prevedeva la suddivisione in nove titoli (Clero; Beni beneficiari; Provviste di benefici; Affari matrimoniali; Istruzione pubblica e seminari; Confraternite; Affari contenziosi; Circolari; Chiese e indulti). I documenti venivano protocollati con l'indicazione del titolo di riferimento e un numero progressivo all'interno di ogni anno. E' giunta completa la serie dei relativi registri di protocollo, ai quali si devono aggiungere un registro-repertorio dal 1828 al 1878, quattro registri di indici per gli anni 1839 - 1849 e due registri di protocollo delle «Istanze per riduzioni e sanatorie di legati di messe», 1834 - 1851.
In questa prima metà dell'Ottocento si verificò, inoltre, un consistente depauperamento della documentazione in seguito al regolamento sul notariato del 17 giugno 1806 che prevedeva la consegna all'Archivio generale notarile di «tutte le matrici, minute ed atti pubblici originali lasciati da notai defunti e posseduti da qualunque persona o corpo» (8). Di conseguenza, buona parte delle carte recuperate durante gli episcopati Archinti e Carafino - ma anche i successivi volumi dei notai fino alla fine del secolo XVIII - si trovano ora presso l’Archivio di Stato di Como.
2. Riordinamenti otto-novecenteschi
«Col lungo volgere dei secoli [l'archivio] venne mano mano a disordinarsi talmente che ora è divenuto quasi inservibile e reclama un completo e ben meditato riordinamento» (9).
Siamo alla fine del 1889 e il vicario generale capitolare della diocesi di Como, Giacomo Merizzi, informava il regio Economato generale dei benefici vacanti di Lombardia su quanto si andava facendo per porre fine a tale disordine, provocato - così fu scritto - «in massima parte [dal]l'obbligo, ingiunto dal governo italico ed eseguito nel 1812, di concentrare nell'Archivio notarile provinciale tutte le matrici e gli originali degli atti de' notai» (10).
Fu proprio allora che, nel riordinare tutta la documentazione, si provvide a una netta separazione delle carte in tre fondi: quello della mensa vescovile - sistemato a metà Ottocento -, quello dell'Opera pia Gallio - ancora da studiare nella sua organizzazione attuale - e quello della curia vescovile, affidato al procancelliere Giovanni Battista Gianera, il quale, a partire dal 1887, «in ore fuori d'ufficio», iniziò la riorganizzazione, «avendo per criterio direttivo di ripartire gli atti per ordine di materia, tempo e luogo» (11).
Se è difficile indicare il lavoro svolto in quei tre anni (1887 - 1889), più precisa, invece, risulta essere l'opera complessiva compiuta da Gianera negli oltre quarant'anni di sua presenza in curia, prima appunto come procancelliere e poi come cancelliere (1892 - 1933). Inoltre, nell'ultimo decennio della sua attività, fu affiancato dal canonico della cattedrale di Como, Giulio Bernasconi, incaricato di provvedere al «riordinamento dell'archivio vescovile» (12). Sommariamente, i due interventi si sono articolati in:
- formazione di una sezione denominata «Sezione documenti» - comprendente le due attuali serie "Parrocchie" e "Istituzioni canoniche" - con materiale proveniente in parte dai fascicoli che si trovavano presso il vicario generale, in parte da carte già protocollate sotto uno dei nove titoli, con l'aggiunta di fascicoli coevi;
- predisposizione di un titolario per riordinare tutta la documentazione presente in archivio. Il nuovo sistema di classificazione conservava, a grandi linee, la ripartizione per materie del protocollo introdotto nel 1828 e, con una più precisa suddivisione di ciascun titolo in classi (nelle bozze del titolario indicate come «fascicoli»), si facevano rientrare altre serie dell'archivio e le carte del vicario generale che non erano state inserite nella sezione «Documenti». Solo in parte fu completato tale riordinamento, di cui resta traccia nella formazione di alcune di queste classi che furono unite alla restante documentazione dei titoli I, V, VI, VIII, IX.
Potrebbe risalire a questo periodo anche la formazione delle serie «Cantoni svizzeri» e «Monasteri antichi soppressi» (ora confluita nella serie "Religiosi"), costituitesi con documentazione già presente nell'inventario generale della curia della seconda metà del Settecento, con carte provenienti dal vicario generale e con successive aggiunte.
Un documento coevo al riordinamento di Gianera informa che l'archivio della mensa e quello della curia - denominati generalmente archivio delle «temporalità della mensa vescovile» e archivio «spirituale della curia vescovile» - erano conservati in due diversi locali: il primo - forse perché ritenuto di maggiore importanza sia in quanto serviva per la gestione corrente dei beni, sia per la presenza dei documenti più antichi - in un «ampio scaffale presso la cancelleria», il secondo «in ampio salone a tre locali adiacenti, con centinaia di mazzi e cartelle» (13). Il vescovo Alfonso Archi (1905 - 1925), il 22 gennaio 1924, rispondendo alla circolare sugli archivi del 15 aprile 1923, inviata agli ordinari d'Italia dal cardinal Pietro Gasparri, precisava che i due archivi si trovavano «in locali adatti, al primo piano, custoditi a chiave, forniti di protocolli e indici generali, nonché di cataloghi particolari delle materie più importanti» (14).
Già durante il successivo episcopato di Alessandro Macchi (1930 - 1947), quando fu cancelliere e archivista Giovanni Baserga, si ritenne, però, non più adatta tale collocazione: «Una cura particolare dedicò monsignor vescovo all'archivio vescovile, che dalla stanza dove era, inadatta, oscura e tutto affastellato, volle collocare in ambiente migliore per luce e maggior ampiezza. Con felice sistemazione trovò locali più acconci per disporvi il copioso materiale, colla sua importante sezione storica riguardante la Valtellina e le lotte religiose coi Grigioni, come pure la sezione degli atti di visita dei vescovi comensi. Anzi per dare maggior agio di consultazione agli studiosi volle in archivio vescovile fossero riposti anche due altri fondi archivistici di valore eccezionale e cioè quello della mensa vescovile, che possiede codici interessantissimi, e quello della fabbrica del duomo con tutte le sue pergamene e codici quattrocenteschi (15).
Nel periodo successivo non ci furono interventi significativi, fino a quando, dopo pochi mesi dal suo ingresso in diocesi, il vescovo Alessandro Maggiolini (1989 - 2006) provvide a una generale sistemazione dei locali e dell'attrezzatura, facendo avviare il lavoro di inventariazione dei fondi archivistici.
Con decreto del vescovo datato 19 gennaio 1991 è stato istituito l'Archivio storico della diocesi di Como, e contestualmente aperto al pubblico.
Note:
(1) P. Gini, L'archivio vescovile di Como e i suoi fondi documentali, in «Arte lombarda», XVI (1971), pp. 55-60, p. 55.
(2) M. Della Misericordia, L'ordine flessibile. Le scritture della mensa vescovile presso l'Archivio storico della diocesi di Como (prima metà del XV secolo), in «Archivio storico della diocesi di Como», 12 (2001), pp. 23-71, p. 45.
(3) Archivio storico della diocesi di Como (d'ora in poi Asdc), Capitolo della cattedrale, busta 24, fasc. 1, n. 6.
(4) Synodus dioecesana Comen. V a Lazaro Carafino episcopo et comite inchoata die XVIII, completa vero XX septembris anno Domini MDCXXXIII, Comi, Ex typographia Amantij Frovae, 1634, pp. 71-75.
(5) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 4, s.fasc. 1, cc. 2-9.
(6) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 5, s.fasc. 2, cc. 1-14.
(7) Asdc, Curia vescovile, «Inventario o sia indice delle carte governative che si ritrovano nei mazzi presso il vicario generale».
(8) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 3, s.fasc. 3, f. 1r.
(9) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 5, s.fasc. 1, f 5r.
(10) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 5, s.fasc. 1, f. 5r.
(11) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 5, s.fasc. 1, f. 5v.
(12) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 5, s.fasc. 1, f. 22r.
(13) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 5, s.fasc. 1, f. 21r.
(14) Asdc, Curia vescovile, Miscellanea, busta 33, fasc. 1, f. 75r.
(15) G. Baserga, Il palazzo vescovile di Como. II. Storia e documenti, in «Rivista archeologica della provincia di Como», XIX (1941), pp. 69-103, p. 102.