La cattedrale di Amalfi è un complesso di antiche origini intrinsecamente legato alla storia della nobile repubblica marinara; a partire dalla seconda metà del Settecento la città e il suo Duomo, collocato sulla sommità di un ambito urbano di particolare fascino e suggestione, diventano una delle mete privilegiate dei viaggiatori del Grand Tour, con una conseguente “fortuna iconografica” che suscita ampi riscontri anche nel secolo successivo. Il complesso della cattedrale – “rinnovato” in facciata secondo le coeve istanze eclettiche alla fine dell’Ottocento – con l’annessa duecentesca Basilica del Crocifisso (attuale sede del Museo Diocesano) e il Chiostro del Paradiso rappresentano tuttora siti esclusivi del flusso turistico costiero della provincia di Salerno. La cattedrale è dedicata a Sant’Andrea Apostolo, patrono di Amalfi. Ha una fondazione attestata dalle fonti intorno al IX secolo; l’impianto fu successivamente ampliato nel 987 e ancora ristrutturato nel 1203 in forme arabo-normanne secondo un’impostazione decorativa di provenienza siciliana. In questo contesto, per volere del cardinale Pietro Capuano, arcivescovo di Amalfi, fu costruita una cripta sottostante l’area presbiteriale per accogliere le reliquie dell’apostolo Andrea, in quel periodo traslate da Patrasso. La chiesa presenta un atrio di forme gotiche (campate con volte a crociera); nel portale centrale della cattedrale vi sono le porte di bronzo realizzate a Costantinopoli (metà XI secolo) da Simone di Siria, su incarico di Pantaleone di Mauro Comite (allora capo della comunità amalfitana). Di particolare interesse è il campanile (XII-XIII secolo, poi trasformato nel XVIII secolo), che sia pur stratificato e manomesso rappresenta l’unico avanzo discretamente conservato della facciata. La pianta della chiesa è longitudinale, a croce latina, con tre navate e cappelle laterali; l’interno è scandito da ampi pilastri che racchiudono le antiche colonne dell’originaria struttura (nei pilastri centrali in muratura, in corrispondenza dell’area presbiteriale, durante recenti lavori di restauro sono state evidenziate le originarie colonne monolitiche integrate nei blocchi portanti); ai lati del presbiterio sono ubicate la Cappella delle Reliquie (a destra) e quella del SS. Sacramento (a sinistra). Nel XVII e in quello successivo l’interno viene ancora trasformato con elementi, di cui rimane preziosa testimonianza nel pregevole cassettonato interno di copertura, e decorazioni, tipiche della scuola artistica napoletana, in marmi policromi. A partire dal 1861, in seguito a un crollo, ma soprattutto per il desiderio di rinnovare la cattedrale secondo modelli di revivals di tendenza medievale del periodo, sarà intrapreso un progetto di sistemazione del prospetto in cui permanevano ancora le originarie trifore dell’atrio e le trasformazioni di epoca tardobarocca.. Il progetto fu redatto nel 1875 da Errico Alvino – architetto eclettico che aveva partecipato al concorso internazionale per la facciata della chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze, nonché progettato la soluzione neogotica per il Duomo napoletano – ma realizzato postumo, nel 1894, e con alcune varianti su indicazioni di Guglielmo Raimondi e Luigi Della Corte; la nuova facciata fu configurata secondo le primitive forme duecentesche, in stile neoromanico con influenze bizantine, a imitazione dei pochi frammenti artistici superstiti. Nel 1994, nell’ambito di lavori di restauro e adeguamento funzionale, è stato realizzato il progetto di adeguamento liturgico dello spazio presbiteriale, su progetto di Donatella Mazzoleni e per volere dell’arcivescovo Beniamino Depalma. Nel rispetto delle stratificazioni e secondo un’idea unitaria, in linea con le indicazioni conciliari, a ridosso dell’arco trionfale, sono stati collocati: l’altare conciliare (riuso del sarcofago di Pietro Capuano, XIII secolo) su una elegante pedana, l’ambone (aquila marmorea, prima nel battistero, con leggìo in bronzo massiccio) e la cattedra episcopale (ricavata da un blocco monolitico in pietra grezza).

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