L’odierno comprensorio diocesano di Tursi-Lagonegro, ridisegnato nei suoi confini nel 1976, riunisce un territorio un tempo diviso fra tre diocesi: Anglona-Tursi, Policastro e Cassano. La diocesi, tra le più estese del Mezzogiorno, si distende lungo tutta la parte meridionale del territorio lucano affacciandosi a occidente sul mar Tirreno e a oriente sullo Ionio. Le prime fonti che attestano la diocesi di Anglona-Tursi ingenerano grande confusione poiché assegnano la sede ora ad Anglona ora a Tursi. L’opinione più credibile è che sia stata Anglona a essere insignita del titolo di sede episcopale in un’epoca remota, dopo essere stata edificata su un colle tra i fiumi Agri e Sinni, sulle rovine della antica e pagana Pandosia. Riedificata dopo la distruzione a opera dei goti, Anglona conobbe un periodo di declino demografico durante le successive invasioni barbariche e con l’arrivo degli arabi, quando nelle vicinanze si sviluppava, attorno a un grandioso castello di difesa, un grosso centro abitato chiamato Turcico, Tursico o Tursi.
II - Il Medioevo e l’età moderna
Con la riconquista della zona a opera dei bizantini sullo scorcio del IX sec., Tursi accentuò ulteriormente il suo sviluppo ai danni di Anglona, che per riprendersi dovette attendere l’arrivo dei normanni e degli svevi. Tursi, infatti, secondo quanto riportato dal vescovo di Cremona Liutprando (910-972), inviato a Costantinopoli dagli Ottoni e autore di una relazione, compare tra le diocesi sottoposte nel 968 alla nuova diocesi di rito greco di Otranto dalle disposizioni del patriarca Polieuto, impegnato a guadagnare all’obbedienza bizantina importanti territori dell’area meridionale, secondo l’ordine ricevuto dall’imperatore Niceforo Foca. In quegli stessi anni, Tursi era stata individuata come capoluogo del thema di Basilicata, creato dai bizantini in aggiunta a quelli di Longobardia e di Calabria, per completare la ristrutturazione economico-amministrativa dei territori meridionali. Inoltre, tutta l’area era stata interessata dalla diffusione del monachesimo greco a opera di monaci basiliani provenienti dalla Calabria e dalla Sicilia che, accompagnati da fama di santità, avevano dato vita nelle zone interne della costa ionica e del lagonegrese a numerose comunità monastiche; il fascino da essi esercitato sulle popolazioni, la rinascita civile ed economica realizzata nelle zone circostanti i monasteri, i rapporti mantenuti con le autorità ecclesiastiche locali anche di rito latino, favorirono la diffusione di questi cenobi e del rito greco. Tra i monaci più famosi si ricordano i santi Nilo, Saba, Luca, Vitale; tra i monasteri più importanti quello di Sant’Elia di Carbone, al centro del territorio di cui ci occupiamo, il cui abate ancora nel XII . esercitava la giurisdizione su tutte le comunità basiliane della Lucania. Contemporanea alla immigrazione dei monaci greci, notevole fu l’attività svolta dall’ordine dei benedettini che, dopo la conquista normanna, si sostituì ai basiliani negli antichi monasteri, e dai conventi dei vari ordini che, con l’affermazione del rito latino su quello greco, furono fondati a partire dal XII . Dunque, nel X . Tursi superò in importanza la vicina Anglona, divenendo sede vescovile di rito greco a opera dei bizantini. Alcuni storici ritengono che, con la conquista normanna del Mezzogiorno nell’XI . e l’imposizione del rito latino, il vescovato greco di Tursi fosse stato soppresso e Anglona fosse stata preferita come sede episcopale perché di rito latino e di origine più antica. Altri studiosi sostengono che fino all’arrivo degli svevi siano esistite entrambe le sedi, quella di rito latino di Anglona, quella di rito greco di Tursi; altri ancora, ed è questa la tesi più accreditata, ritengono che il trasferimento della sede da Anglona, ridotta ormai a un casale, a Tursi risalirebbe già all’XI . e che l’alternanza dei due nomi negli atti vescovili successivi sarebbe solo una conseguenza dell’origine anglonense della sede stessa. A partire dai normanni i sovrani furono prodighi di concessioni e privilegi a favore dei vescovi di Anglona-Tursi. Nel catalogo dei baroni del 1181 il vescovo di Anglona viene nominato perché fornisce sei cavalieri e quaranta fanti per la crociata promossa da Guglielmo II. Federico II con un diploma del 1221 confermò al vescovo le concessioni precedenti, gli assegnò ulteriori grandi estensioni di terreni tra i fiumi Agri e Sinni, per cui il feudo di Anglona risultava di circa trenta miglia quadrate; inoltre gli trasferì la giurisdizione su Tursi e Sant’Arcangelo. Da quell’epoca il nome di Tursi non compare più nelle bolle pontificie forse perché il vescovo, divenuto un feudatario, si sottoscriveva prelato dell’omonimo feudo di Anglona pur continuando i vescovi a risiedere a Tursi. Il vescovo e il suo clero, quindi, si ritrovarono proprietari di ricchi territori un tempo di pertinenza degli abitanti di Tursi, costretti ad abbandonarli per sfuggire a scorrerie e altre vicissitudini. Di qui le aspre lotte intercorse per molti secoli tra l’università di Tursi, il clero e la mensa vescovile di Anglona. Nel 1369, come riporta anche l’Ughelli, Anglona fu messa a ferro e fuoco e ne fu risparmiata la sola cattedrale dedicata alla Vergine. Da allora, nonostante gli sforzi di sovrani come la regina Giovanna I, Carlo V, Ferdinando I d’Aragona, la città non fu più ricostruita né ripopolata. La bolla del 1546 con la quale il pontefice Paolo III trasferiva definitivamente la sede episcopale a Tursi è ritenuto dagli studiosi il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa di Roma di un avvenimento verificatosi già in epoca bizantina, ma che non risultava ancora negli atti ufficiali. La diocesi rappresentava uno dei territori diocesani più vasti del Mezzogiorno e, ancora alla metà del Seicento, subì variazioni aggregando tra l’altro le comunità albanesi lucane e della Calabria settentrionale che, per sfuggire alle invasioni musulmane della penisola balcanica, avevano trovato rifugio in quelle zone e costruito centri urbani dove a tutt’oggi si conservano lingua, usi e costumi delle regioni da cui provenivano.
III - L’età contemporanea
Il territorio della diocesi non subì ulteriori variazioni territoriali fino al 1949, quando un decreto della Santa Sede aggregò al suo territorio i paesi di Montalbano e Craco, sottraendoli alla diocesi di Tricarico. Nel 1976 il suo territorio fu ridefinito affinché, come per le altre diocesi lucane, coincidesse con i confini amministrativi della regione. Tra i territori diocesani lucani fu quello che subì i maggiori cambiamenti: antichi centri della sua circoscrizione furono aggregati alla diocesi di Matera, a quella di Potenza e a quella di Cassano Jonico; da quest’ultima acquisì alcuni paesi, come pure dalla diocesi di Policastro, da cui ottenne il territorio di Lagonegro che, fin dal decennio francese, aveva avuto una sua visibilità amministrativa come capoluogo di circondario; a riconoscimento di ciò alla nuova circoscrizione diocesana venne attribuito il nome di Tursi- Lagonegro. Nel 1946 la Madonna di Anglona fu proclamata patrona di Tursi e della diocesi. Tra le feste più grandiose in suo onore si ricorda quella del 1901 sotto l’episcopato di Carmelo Puija, quando la Madonna fu solennemente incoronata e in suo onore si tenne un sinodo diocesano che non veniva celebrato dal lontano 1656.
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