La presenza cristiana sull’isola d’Ischia ha inizio già dal III sec., documentata da importanti reperti archeologici. Nel V . si arricchisce con la probabile traslazione delle reliquie di Restituta, del gruppo dei martiri di Abitene, portate dai profughi africani al seguito del vescovo Quodvultdeus. Ma la presenza di un vescovo non si ha prima di fra Pietro, che nel 1179 partecipa al concilio Lateranense III. Poche sono le notizie che si riferiscono al XIII sec.. La successione dei vescovi presenta alcune lacune, ma si sa che essi vengono eletti dal capitolo, come conferma una bolla di Alessandro IV del 4 febbraio 1255, con la quale si confermano anche i privilegi concessi ai vescovi «Insulani» dai re di Sicilia. L’eruzione del monte di Fiaiano del 1301-1303 provocò danni immani e l’abbandono dell’isola per alcuni anni da parte degli abitanti. La cattedrale e il palazzo vescovile, che si trovavano nella zona dell’attuale pineta, furono distrutti. Al ritorno degli abitanti nel 1305 essi furono ricostruiti sull’isolotto del castello, che diventò il centro amministrativo e religioso della diocesi. Lo scisma d’Occidente coinvolse in qualche modo anche Ischia che, per alcuni anni, rimane sotto l’obbedienza del papa avignonese Clemente VII. Questi, destituito con un processo Bartolomeo Bussolaro nel 1384, nomina vescovo Paolo Strina, chierico della chiesa di Ischia, grazie anche all’appoggio della regina Giovanna di Napoli. Altro periodo di incertezza si verifica tra il 1402 e il 1418 per la nomina del cardinale Baldassarre Cossa, futuro antipapa Giovanni XXIII, ad amministratore della Chiesa d’Ischia, dalla quale allontanò il legittimo vescovo impedendo la nomina di un altro. La prima metà del XVI . vede alcune terribili invasioni, razzie e saccheggi di corsari e avventurieri berberi quali Ariadeno (Kair Eddin) Barbarossa, che invase l’isola il 22 giugno 1544 provocando immani distruzioni e facendo prigionieri circa duemila persone. Anche il corsaro Dragut causò gravi danni. Non mancarono inoltre problemi di carattere sociale ed economico che furono avvertiti anche nel secolo successivo. In tutto questo, nonostante la celebrazione del primo sinodo del vescovo Innico d’Avalos nel 1599 e degli altri sinodi successivi, la riforma della Chiesa d’Ischia segna il passo. Solo nella seconda metà del XVII sec., grazie ai vescovi G. A. de Vecchi e G. Rocca, si avvia un primo rinnovamento. L’azione dei gesuiti, particolarmente attivi nell’isola nei primi decenni del Seicento, non riuscì a penetrare nel clero diocesano, ma produsse buoni risultati nei laici con la fondazione di alcune confraternite ispirate all’attività pastorale e religiosa della Compagnia. Il XVIII . si apre con il sinodo del vescovo Luca Trapani (1716). Egli avrebbe desiderato raccogliere in un corpo unico tutte le norme canoniche per favorire il clero nell’assolvimento dei suoi doveri pastorali. L’opposizione da parte delle università dell’isola d’Ischia, che vedevano nei decreti del sinodo un grave attentato alla giurisdizione civile, portò, dopo un conflitto aspro tra la curia romana e il consiglio collaterale, quasi alla rottura diplomatica, tanto che il sinodo fu ritirato e non ebbe alcuna applicazione. L’evento centrale del secolo fu la fondazione del seminario nel 1741 a opera del vescovo N. A. Schiaffinati. L’opposizione ancora una volta delle università – costrette a contribuire al mantenimento di esso –, nonché da parte del clero, portarono alla sua chiusura solo dopo qualche anno di attività. Le divergenze durarono a lungo e, dopo circa dieci anni, fu possibile riaprirlo. Il XVIII . vide a Ischia anche un rinnovato fervore religioso e di pietà mariana, grazie all’attività del vescovo Sebastiano de Rosa. Questi celebrò nel 1788, dopo aver superato molte difficoltà, un altro sinodo i cui decreti però non furono mai pubblicati e applicati. Il secolo si chiuse con la Repubblica napoletana, nella quale furono implicati anche alcuni membri del clero isclano, tra cui Gaetano Morgera e Antonio de Luca. Dal 1799 al 1818 la Chiesa d’Ischia visse un momento difficile perché priva del vescovo e affidata al vicario capitolare Giosuè Gazzella, che venne implicato anche nei fatti del 1799. Dal 1803 venne affidata la supervisione su Ischia al vescovo di Pozzuoli, Carlo Maria Rosini, ma le sue direttive non sempre furono seguite. Nel 1806 il seminario viene chiuso e adibito a caserma dei soldati francesi mentre nel 1809 la cattedrale fu bombardata dagli anglo-borbonici e l’anno successivo fu trasferita nella chiesa di Santa Maria della Scala del soppresso omonimo convento agostiniano. La lunga vacanza della diocesi finisce nel 1818 con la nomina a vescovo di Giuseppe d’Amante che, tra l’altro, dovette richiedere la restituzione del seminario, che però fu riaperto solo nel 1843, vivendo un periodo di grande splendore poiché contribuì alla formazione di due futuri vescovi, del venerabile Giuseppe Morgera, di teologi, di scienziati e di ottimi professionisti. Il vescovo d’Amante dovette affrontare vari problemi di carattere politico, come la presenza di alcune vendite carbonare e la partecipazione a esse di ecclesiastici. I vescovi di fine secolo furono impegnati con i danni provocati dal terremoto del 1883. Nel XX . invece l’isola d’Ischia fu colpita da problemi economici e sociali, fino alla seconda guerra mondiale, a causa dell’accentuarsi dell’emigrazione. Soltanto lo sviluppo turistico dalla metà del secolo cambiò sostanzialmente la situazione sociale ed economica. Sarà esso a impegnare particolarmente la diocesi in una pastorale specifica per i numerosissimi turisti che affollano l’isola quasi tutto l’anno.
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