Diocesi di Tortona
STORIA
I - La prima evangelizzazione
La storiografia locale ha da tempo individuato il primo evangelizzatore e vescovo in san Marziano, il cui martirio è collocato intorno al 120 d.C.Le notizie al riguardo provengono da compilazioni agiografiche medievali, la cui attendibilità ha dato luogo ad annose polemiche tra gli storici della prima evangelizzazione in Piemonte, ma l’ipotesi di una presenza cristiana antica a Dertona, consideratane la collocazione su una delle vie consolari, resta comunque plausibile.
L’esistenza di una comunità cristiana, pur solo cittadina, troverebbe conferma nella Vita di sant’Innocenzo dove, in occasione delle persecuzioni di Diocleziano all’inizio del IV sec., si ricorda come i responsabili della chiesa di Tortona si rifugino in campagna, presso la villa del patrizio Quinzio, per sfuggire alla caccia cui sono fatti oggetto in città.
L’evangelizzazione delle campagne, quindi, sembra attuarsi solo dopo la pacificazione e il riconoscimento costantiniani, a partire dal IV . In effetti, le epigrafi paleocristiane rinvenute sono tutte ascrivibili al V-VI sec., con la più antica datata al 434.
La consistenza numerica dei reperti testimonierebbe una comunità cristiana fiorente, cui fa riscontro la prospera struttura economica, sociale e demografica della città, il cui agro non è stato toccato dalle incursioni unne e visigote.
II - I primi vescovi
La tradizione locale, sulla scorta di liste episcopali formatesi a partire dal XV-XVI sec., ha elaborato un catalogo dei vescovi che non è stato accettato dalla critica moderna.Tuttavia, pur mancando testimonianze e documenti certi, non è inverosimile ammettere che Marziano (o Marcianus), in data imprecisata – forse II-III . ma certamente ante IV . – sia stato la guida (l’antiste o protovescovo o prete vescovo) della prima comunità cristiana tortonese, in un’epoca in cui le comunità erano di pochi individui ma comunque guidate da un «anziano» o presbitero.
Al momento della redazione degli Acta sancti Innocentii, che narrano il ritrovamento del corpo del santo e recentemente sono stati datati al VII-VIII sec., queste distinzioni sono perdute e Marziano diventa tout-court vescovo.
Certo è che la diocesi di Tortona non risulta in nessun concilio o sinodo prima dalla seconda metà del IV sec., anche se si suppone che l’Innocenzo presente al sinodo romano contro Aussenzio di Milano del 372 sia il primo vescovo di Tortona, con una giurisdizione formalmente riconosciuta, probabilmente su mandato di Eusebio da Vercelli.
A Innocenzo la tradizione agiografica testimoniata dagli Acta attribuisce la fondazione di diversi edifici sacri, tra cui la cattedrale sul castello, e la riorganizzazione della Chiesa tortonese; inoltre gli Acta attestano nei suoi confronti un culto particolare ben caratterizzato e assai antico.
A partire da Esuperanzio, presente al concilio di Aquileia del 381, fonti certe confermano la continuità dei presuli sulla cattedra di san Marziano, la cui lista però, a un esame critico presenta ancora non poche lacune.
III - Radicamento nel territorio
L’editto di Milano del 313 e la pace costantiniana favorirono l’incremento delle comunità dei fedeli e il formarsi di compagini diocesane strutturate; si intensificò l’evangelizzazione delle campagne, la cui popolazione accolse favorevolmente il culto delle reliquie, dei santi e la credenza nei miracoli, e si ebbe la fondazione delle prime chiese battesimali.Tenendo conto che nella tradizione più antica il culto dei santi era riservato ai martiri, dalle dedicazioni delle chiese battesimali e pievane – per le quali abbiamo attestazioni documentarie a partire dal X . – si può supporre la fondazione di Santo Stefano di Libarna e Santo Stefano di Casella Scrivia tra fine IV e V sec., quella di San Lorenzo di Voghera tra V e VI, mentre anche alcune intitolazioni a San Vittore (Borghetto Borbera e Momperone) e San Felice (Frugarolo) potrebbero risalire al VI . La guerra greco-gotica e la successiva invasione longobarda portarono la desolazione nei centri romani di Iria e Libarna, privi di adeguate difese; Tortona, favorita dalla posizione naturale e dalle mura, divenne l’unico punto di riferimento sicuro della zona e poté così estendere la propria giurisdizione civile ed ecclesiastica su tutta l’area.
Ancora bizantina nel 599, la città cadde sotto controllo longobardo a partire dal 603-604, quando però la persecuzione anticattolica era ormai terminata e, con Teodolinda, era iniziato il processo di conversione dall’arianesimo al cattolicesimo.
Con il VII e VIII . si rinnova perciò la fondazione di chiese battesimali, i cui titolari (santa Maria, san Pietro, san Giovanni, san Giorgio, san Michele) indicano le figure care ai longobardi e alla sensibilità religiosa dei fedeli, per i quali il culto di santi particolari aveva preso nuovo vigore.
In questo periodo sembrò consolidarsi quella presenza di luoghi di culto che divenne, a partire dal IX sec., la rete pievana così come è attestata dai documenti del XXIII sec., con la diocesi estesa su una superficie stimata di oltre 2000 km2, dal Po allo spartiacque appenninico ligure, dalle valli Staffora, Ardivestra, Tidone, Trebbia e Aveto all’Orba, Bormida e Tanaro.
IV - Storia religiosa e politica
Nel corso del IX . le antiche chiese battesimali, a cui il popolo dei fedeli era legato sacramentalmente, acquisirono la funzione di organizzazione territoriale; si creò così una rete di pievi, con cappelle dipendenti, destinata a durare secoli, ma della quale – per Tortona – non possediamo evidenze documentarie se non a partire dal X . Le attestazioni del X-XIII . indicano le pievi presenti lungo le principali valli e vie di comunicazione e nelle aree di maggior concentrazione demografica, secondo una logica indipendente dal fenomeno dell’incastellamento e della riorganizzazione degli insediamenti nelle campagne tra X e XI . Il più antico quadro dell’organizzazione territoriale della diocesi, dell’inizio del 1500, conferma la struttura pievana più antica e sembra quasi suggerire che essa si sia costituita sul popolo dei fedeli piuttosto che sul territorio, in quanto la dimensione delle circoscrizioni plebane è, di norma, ridotta in presenza di alta concentrazione demografica e proporzionalmente sempre più vasta nelle vallate appenniniche e dove gli insediamenti si fanno radi.Dal punto di vista politico, con l’uso introdotto dai carolingi di investire i vescovi di uffici pubblici, l’episcopato tortonese assurse a grande importanza nel X sec.; non solo alcuni vescovi furono insigniti di alte cariche regie e imperiali, ma ottennero ampi poteri di giurisdizione.
Berengario, nel 915, confermò alcuni diritti della pieve di Voghera, ma le prerogative vescovili trovarono il loro più autorevole sigillo nel 979, quando l’imperatore Ottone II confermò le donazioni fatte dai predecessori alla Chiesa tortonese e la giurisdizione (districtio) sulla città e sul territorio di Tortona per tre miglia, oltre che sui castelli di Voghera, Garbagna e, probabilmente, Castelnuovo.
Il potere signorile del vescovo si rafforzò fino alla fine del XII sec., quando i pontefici confermarono a più riprese – dopo la distruzione della città a opera del Barbarossa nel 1155 e dei pavesi nel 1163 – i beni e le proprietà della Chiesa tortonese, tra cui figurano numerosi castelli e possessi feudali.
All’ombra della signoria vescovile sorse anche il Comune di Tortona, e con la metà del secolo XII i documenti riconoscono al presule tortonese il titolo comitale.
Ma a partire dalla riconciliazione di Tortona con Federico Barbarossa, nel 1176, l’effettivo potere vescovile sulla città e sul territorio – fatta eccezione per il vescovato – si ridusse sempre più a un’alta signoria nominale.
Nel frattempo, la creazione della diocesi di Bobbio – avvenuta nel 1014 – comportò una prima riduzione del territorio diocesano riguardante alcune località della val Trebbia, val Tidone e val d’Aveto; parimenti, probabilmente nel 1175, con la fondazione della diocesi di Alessandria furono sottratti a Tortona ampi territori posti tra i corsi d’acqua della Bormida e dell’Orba.
Una bolla di papa Innocenzo III del 1198, confermando i beni della Chiesa di Tortona, ne precisa i confini che, in senso orario da nord, risultano essere: la pieve di Casei e Cervesina, sul Po; la pieve di San Zaccaria, in val Ardivestra presso Godiasco, e Banzolum alle pendici del monte Penice; la pieve di Rovegno, in alta val Trebbia; Patrania, vicino a Torriglia; Montoggio, in alta valle Scrivia; l’ospedale di Resta, sui Giovi presso Busalla, e Vesulla, in valle Stura nella zona di Masone e Rossiglione, per quanto riguarda il crinale ligure; Rondinaria, presso Rocca Grimalda e Ovada, e la pieve d’Orba – ora Casalcermelli – per poi ritornare sul Po a Sparvaria, località scomparsa presso Cambiò e Sale.
Nel 1248, in seguito all’adesione di Tortona alla parte imperiale, il papa genovese Innocenzo IV assegnò all’arcidiocesi di Genova le pievi di val Lemme e valle Scrivia soggette alla giurisdizione civile ligure.
Il provvedimento, confermato da papa Alessandro IV nel marzo del 1255, sottrasse alla Chiesa di Tortona i distretti di Montoggio, Borgo Fornari, Voltaggio, Gavi e Pasturana.
Dopo questi mutamenti, il territorio diocesano subì solo minime variazioni fino alla soppressione napoleonica, mantenendo sino all’epoca moderna – caso piuttosto singolare – l’organizzazione territoriale pievana definitasi nel Medioevo.
Dal punto di vista religioso, il XV . registrò un particolare zelo pastorale da parte di alcuni vescovi: nel 1435 fu celebrato un sinodo che accolse le deliberazioni del concilio di Basilea e richiamò il clero diocesano a più severi costumi, mentre verso la fine del secolo è documentata la visita pastorale alla diocesi, basata su un lungo e particolareggiato questionario utilizzato anche all’inizio del XVI . Con il XVI . la chiesa di Tortona ebbe successivamente tre vescovi della famiglia bresciana dei Gambara.
Sotto Uberto, cardinale, politico e diplomatico al servizio della Santa Sede, sono documentate una visita pastorale del vicario ad alcune parrocchie della diocesi e la nascita, tra 1537 e 1546, della congregazione dei Preti riformati di Francesco Cornegliasca, a cui il cardinale concesse una chiesa e ottenne il riconoscimento dalla Santa Sede.
Uberto rinunciò alla diocesi nel 1548, a favore del nipote Cesare.
Questi intensificò l’azione pastorale di riforma, iniziando nel 1554 una solenne visita pastorale in cattedrale con l’ausilio dei preti riformati e di sacerdoti bresciani e, nel 1565, istituì il seminario affidandolo sempre ai Preti riformati.
La situazione della diocesi era però di generale miseria, e anche il clero diocesano, impreparato dottrinalmente e pastoralmente, pur non partecipando del decadimento morale e spirituale dimostrato dai conventi, viveva in condizioni miserabili.
Il vescovo Cesare si impegnò tuttavia nell’attuazione delle riforme tridentine promulgando editti di riforma per i fedeli e il clero secolare, operando per ridurre gli abusi del clero regolare, promuovendo più di una visita pastorale al territorio della vasta diocesi; indisse almeno un sinodo e avviò la costruzione della nuova cattedrale e del palazzo episcopale nelle sedi attuali, dopo che l’antica cattedrale era stata inglobata nell’ampliamento delle fortificazioni sul colle del castello deciso dal governo spagnolo.
Il successore Maffeo proseguì l’opera di riforma, soprattutto attraverso le visite pastorali e l’attuazione della legislazione sinodale: in particolare il sinodo del 1595, i cui atti e decreti furono dati alle stampe, costituisce il primo quadro completo ed esaustivo dell’organizzazione religiosa della diocesi che ci sia pervenuto.
Maffeo inoltre intraprese un durissimo scontro giudiziario con il senato di Milano per la definizione dei diritti giurisdizionali riguardanti quindici località costituenti il vescovato.
Su questi territori, posti sulle colline a sud di Tortona, come peraltro sul marchesato pontificio di Albera, in val Borbera, l’ordinario diocesano vantava una piena e totale signoria da tempo immemorabile, ma prima i Visconti e gli Sforza, poi gli spagnoli, tentarono in tutti i modi di ricondurre questo dominio nell’ambito della compagine statale milanese.
La questione si risolse solo nel 1784 quando – passato il Tortonese sotto il regno sabaudo – il vescovo accettò di permutare la signoria del vescovato con il principato di Cambiò, sul Po.
Nella prima metà del XVII . l’attuazione dei decreti tridentini proseguì attraverso le visite, i sinodi e l’applicazione delle misure già assunte, giungendo a una normalizzazione della situazione diocesana che perdurò a lungo.
I sinodi e i decreti vescovili della seconda metà del XVII e XVIII . indicano una compagine ecclesiastica solida, sostanzialmente sotto controllo, che vide l’istituzione di nuove parrocchie dotate di rendite adeguate e dei necessari sacerdoti.
Il sinodo Settala del 1673 suddivise la diocesi in zone e vicariati in cui trovarono ancora posto e ruolo le antiche chiese pievane, rispettando una secolare consuetudine.
La prima metà del XVIII . vide il territorio diocesano devastato dagli eserciti impegnati nelle guerre di successione europee, ma senza significativi mutamenti nell’organizzazione religiosa se non quello dovuto al passaggio di buona parte del territorio diocesano al Regno di Sardegna.
Le cose cambiarono radicalmente con l’epoca napoleonica.
Nel 1803, in seguito alla riorganizzazione delle giurisdizioni ecclesiastiche piemontesi voluta da Napoleone, la diocesi venne soppressa e incorporata in quella di Alessandria; due anni più tardi, essa fu aggregata – in qualità di distretto – alla ricostituita diocesi di Casale Monferrato, ma con la decurtazione di un notevole numero di parrocchie, anche di rilievo, assegnate ad altri distretti.
Solo nel 1817, in seguito a un accordo tra Pio VII e Vittorio Emanuele I, la diocesi venne ricostituita, ma con una vasta ridefinizione territoriale intesa a far coincidere i confini diocesani con la giurisdizione civile.
Perdute definitivamente diverse parrocchie assegnate ad Acqui, Alessandria e Bobbio, Tortona acquistò tutte quelle della diocesi di Pavia e di Piacenza soggette al Regno di Sardegna, raggiungendo il numero di 264.
Avendo inoltre i Savoia unito ai propri possedimenti la Repubblica di Genova, Tortona fu staccata da Milano e inserita nella provincia ecclesiastica ligure.
I cambiamenti indussero a una vasta opera di riordino dell’assetto diocesano: si riorganizzarono le parrocchie, la presenza dei religiosi e, abbandonato l’antico sistema per pievi, il territorio fu articolato in vicariati.
Gli anni del Risorgimento videro la diocesi impegnata nella riforma del seminario e con l’attenzione rivolta alla formazione dei chierici e alle esigenze delle parrocchie, nel rispetto dell’autorità civile e nella fedeltà a casa Savoia.
I vescovi di questo periodo seguirono una politica moderata e antimodernista, ma anche di piena e totale adesione alle indicazioni della Santa Sede per cui, in occasione delle leggi che comportarono l’espulsione dei gesuiti dagli stati sabaudi e la soppressione di enti ecclesiastici e alcune case di religiosi, le tensioni diventarono inevitabili.
Leone XIII e la Rerum Novarum diedero un nuovo indirizzo alla Chiesa e anche la diocesi di Tortona, con il vescovo Bandi, registrò un fiorire di nuove iniziative: nel 1896 venne fondato il giornale diocesano, si promosse l’Opera dei congressi, nuovo stimolo venne dato agli oratori, ai circoli e alle società operaie di mutuo soccorso e assicurazione di ispirazione cristiana, con un forte impulso alla dimensione sociale dell’Azione cattolica che, però, venne frenata dalla condanna di Pio X nei confronti della Democrazia cristiana.
Negli ultimi due secoli il numero delle parrocchie è aumentato fino alle attuali 314, che si estendono su 152 comuni, sia per nuove erezioni, sia per sistemazione di confini con le diocesi limitrofe.
Il territorio diocesano è attualmente suddiviso in sedici vicariati, articolati in otto zone pastorali, che comprendono quasi per intero il bacino della valle Scrivia con le principali valli confluenti, tutto l’Oltrepò pavese, modesti territori in val d’Orba, la pianura attorno a Novi Ligure e Tortona fino al confine del Po nel vogherese.
V - Eresie, scismi
Le fonti non riportano testimonianza di scismi ed eresie dei primi secoli germogliati in Tortona.Nel Medioevo, l’Inquisizione antiereticale risulta attiva in diocesi, ma non sono accertati eclatanti casi di eresia.
A Voghera, alla fine del XIII sec., sono individuate pratiche di probabile derivazione catara che coinvolgono anche alcuni sacerdoti; i registri di rendiconto dell’Inquisizione riferiscono inoltre di eretici, spergiuri e scomunicati le cui colpe non sono precisate, ma la cui condanna comporta normalmente solo un’ammenda pecuniaria o, nei casi più gravi, la confisca dei beni.
Per la seconda metà del Cinquecento, i documenti superstiti del tribunale dell’Inquisizione tortonese testimoniano – in valle Staffora e altre località poste lungo le vie di traffico commerciale – sporadiche adesioni ad alcune idee della Riforma luterana da parte di laici di bassa condizione e la circolazione di libri proibiti; ampiamente attestata poi era la pratica superstiziosa di magia e sortilegi, mediante rituali che fondono farmacopea e pratiche popolari, medicina colta e distorsione di riti esorcistici che coinvolgono anche alcuni ecclesiastici.
Non mancarono le condanne al rogo per stregoneria: le fonti documentarie disponibili, riguardanti solo un ristretto territorio sottoposto al dominio temporale dei vescovi di Tortona, forniscono indicazioni per cinque processi; essi sono concentrati tutti nel primo trentennio del XVI sec., cioè nel momento di maggior intensità della caccia alle streghe in Italia, e rappresentano un fenomeno limitato in confronto alla situazione dell’Italia settentrionale nello stesso periodo.
VI - I principali vescovi
Tra i presuli altomedievali con incarichi pubblici d’alto profilo, una menzione merita il vescovo Beato (915-928), già cancelliere e cappellano del re d’Italia Berengario I, poi arcicancelliere con Rodolfo II e Ugo di Provenza, che ottenne da Berengario la conferma dei diritti giurisdizionali della pieve di Voghera nel 915.Giseprando (943-post 963), anch’egli cappellano e notaio dei re Ugo e Lotario, poi cancelliere, divenne vescovo di Tortona attorno al 943.
Fondò l’abbazia di San Pietro e San Marziano e ricoprì la carica di abate di San Colombano di Bobbio; partecipò a diversi atti regi e imperiali riguardanti le relazioni politico-religiose del suo tempo e fu presente al sinodo romano del 963 che si concluse con la deposizione di papa Giovanni XII.
La serie continua con Gerberto (979- 983), cancelliere di Ottone II, che rivestì in diverse occasioni la carica di messo e giudice imperiale e fu oggetto di richieste d’aiuto e protezione nel 983 da parte di Gerberto d’Aurillac, abate di Bobbio e futuro papa Silvestro II.
Nella prima metà del XV . si distingue Enrico Rampini (1413-1435): questi, allievo dello studium pavese e autore di diverse opere religiose e letterarie, sembra incarnare l’ideale umanistico di conciliazione tra vocazione religiosa e impegno nelle scienze umane.
Nel 1430 fondò una scuola di grammatica e nel 1435 celebrò un sinodo; venne poi trasferito alla sede di Pavia e infine all’arcidiocesi di Milano, dove fu creato cardinale.
Alla fine del Quattrocento resse la diocesi il pavese Giacomo Botta (1476-1496): nonostante fosse raramente presente in diocesi in quanto impegnato presso la Santa Sede come oratore del Ducato di Milano e vicario di Roma, promosse la visita della diocesi utilizzando un lungo e particolareggiato questionario – in uso anche sotto il successore De Zazi – che prevedeva un ampio ventaglio di indagine dottrinale, giuridica, pastorale e morale riguardante il clero, con domande specifiche in base alle funzioni pastorali esercitate.
Uberto Gambara (1528-1548), politico e diplomatico al servizio della Santa Sede, unico cardinale sul seggio di san Marziano, riassume i difetti e i pregi del suo tempo: buon politico ma di non eccelsa dottrina, attento a favorire la propria famiglia, cercò tuttavia di introdurre i somaschi nella diocesi e favorì i movimenti locali di riforma.
Gli succedette il nipote Cesare Gambara (1548-1591), che ebbe il merito di avviare, con il concilio ancora in corso, una prudente riforma del clero e dei religiosi e, successivamente, di dare forte impulso all’applicazione del Tridentino.
Cosmo Dossena (1612-1620), già preposito generale dei barnabiti, e Paolo Aresi (1620-1644), predicatore teatino di vasta fama, portarono a compimento l’attuazione dei decreti tridentini in diocesi.
Igino Bandi (1890-1914) spicca, nel panorama italiano del tempo, per il suo impegno nell’applicare la dottrina sociale della Chiesa traducendola in una linea pastorale coerente.
Infine deve essere ricordato Egisto Domenico Melchiori (1934-1963), creato arcivescovo ad personam da Pio XII, che governò con polso fermo la diocesi nei difficili anni di guerra, realizzò cinque visite pastorali, promosse congressi e incontri di formazione religiosa in tutta la diocesi, vigilò sulla formazione del clero e sui giovani sacerdoti, creò la tipografia vescovile e una scuola diocesana per le giovani.
Tortona ha dato i natali a papa Pio V (1566-1572), al secolo Michele Ghislieri, e al musicista Lorenzo Perosi (1872-1956).
La diocesi vanta i santi eremiti Rufino, Venanzio, Ponzo e Alberto, il beato Stefano Bandello, domenicano, san Luigi Orione, san Luigi Versiglia.
E inoltre Francesco Corneliasca (?- 1564), fondatore dei Preti riformati; le sorelle Giuseppina e Maria Schiapparoli, fondatrici nel 1889 delle suore benedettine della Divina Provvidenza; padre Felice Prinetti (1842-1916), che promosse la congregazione delle Figlie di san Giuseppe; il canonico Amilcare Boccio, fondatore nel 1922 delle Piccole Figlie del Sacro Cuore di Gesù; il sacerdote Emilio Scaglia (1886- 1946) e la madre Stella Civeriati (1904- 1962) fondatori nel 1924 delle suore sacramentine espiatrici, divenute in seguito Pia famiglia delle Sorelle del rosario apostole del lavoro.
Bibliografia
L. Tacchella, La Riforma Tridentina nella diocesi di Tortona, Genova 1966;C. Goggi, Storia dei comuni e delle parrocchie della diocesi di Tortona, Tortona 19733;
M. C. Profumo-G. Mennella, Tortona paleocristiana. Fonti, topografia,documentazione epigrafica, Tortona 1982;
G. M. Merloni, Splendore e tramonto del potere temporale dei vescovi di Tortona, Cassano Spinola 1993;
C. Goggi, Per la storia della diocesi di Tortona. Raccolta di notizie storiche, I-II, Tortona 2000 (rist. an. della II ed. 1963-1965);
S. Pagano, Paesi infetti. Magia, eresia e faide familiari nel tortonese durante il secolo XVI, Roma 2003.
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Diocesi di Tortona
Chiesa di Santa Maria Assunta e San Lorenzo
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.