Diocesi di Cremona
STORIA
I - Le origini
Colonia romana fin dal 218 a.C., Cremona aveva già perduto, verso la fine del primo secolo cristiano, la sua posizione preminente tra i territori settentrionali, conservando però un ruolo importante nella rete delle comunicazioni, grazie anche alla sua posizione lungo il corso del Po.Tutto ciò dovette in qualche modo favorire il passaggio dei primi missionari cristiani e si presume che la città abbia ricevuto abbastanza presto l’annuncio del Vangelo; la prima testimonianza certa della diffusione del cristianesimo a Cremona resta però legata alla figura di sant’Eusebio, documentato tra la seconda metà del IV . e i primi decenni del V, al seguito di san Girolamo, che lo ebbe discepolo e fedele collaboratore nella sua lotta contro l’eresia: succeduto al maestro nella guida del monastero di Betlemme, morì poco dopo, verso il 423, ed è sepolto nella basilica della Natività.
Tra i vescovi, il primo di cui si abbia sicura documentazione è Giovanni, che compare tra i firmatari degli atti del concilio provinciale di Milano, nel 451.
Anche le notizie posteriori sono piuttosto scarse, fino agli ultimi decenni dell’VIII sec.: per questo periodo non si conoscono con sicurezza che i nomi di due vescovi, un Eustasio, intorno al 501, e un Desiderio, verso il 580; soltanto con Stefano, a partire dal 774, la serie dei vescovi si conserva pressoché ininterrotta.
II - L’età medievale
Dopo la dominazione longobarda che ebbe, soprattutto nei primi tempi, conseguenze nefaste per la vita della città (distrutta, nel corso della guerra contro i bizantini, nel 603), la Chiesa cremonese riprese a prosperare sotto gli imperatori carolingi, assai larghi di concessioni e privilegi verso i vescovi che, proprio in questo periodo, videro la loro giurisdizione estendersi anche a sud della linea del Po.Figura emergente dell’alto Medioevo è Liutprando, uomo di profonda cultura e di intelligenza versatile, vescovo di Cremona tra il 960 e il 970 circa; a lui, autore di importanti opere di carattere storico-polemico o cronachistico, si deve la traslazione a Cremona delle spoglie di sant’Imerio, già vescovo di Amelia, che fu a lungo venerato come patrono principale della città, prima che si affermasse il culto di sant’Omobono.
Il X sec., del resto, vide rafforzarsi sensibilmente il potere temporale dei vescovi sulla città e su numerose altre località, mentre la loro giurisdizione spirituale andava estendendosi su un territorio sempre più vasto, fino a comprendere anche parte delle attuali province di Mantova, Brescia, Bergamo, Milano, Parma e Piacenza.
Già nei primi decenni del secolo successivo, però, la città cominciava ad essere scossa da sussulti di autonomia, che sfociarono, a esempio, nella cacciata del vescovo Landolfo e nella ribellione ai suoi successori.
In questi episodi, insieme a motivazioni propriamente politiche, non è difficile scorgere un influsso della Pataria che dalla vicina Milano si andava rapidamente diffondendo anche a Cremona e nei principali centri della diocesi.
Impegnata nella lotta per le investiture, la città ebbe modo di mostrare ancora una volta la sua insofferenza verso i vescovi di nomina imperiale, schierandosi contro Enrico IV.
Dopo il breve episcopato di Gualterio (documentato per gli anni 1086- 1087) la sede restò vacante per circa quindici anni, durante i quali la città conobbe un lungo periodo di pace, che trovò la sua più compiuta espressione nella fondazione della nuova cattedrale, nell’anno 1107, per iniziativa del libero comune.
Ma le tensioni e i dissidi dovevano ben presto riprendere, sul finire del secolo, lacerando la vita civica in opposte fazioni; proprio questi anni turbolenti, a cavallo tra il XII e il XIII sec., segnarono l’avvio di un nuovo risveglio religioso.
Figura di riferimento di questo periodo è quella di Sicardo, vescovo di Cremona per trent’anni, dal 1185 al 1215, uno dei maggiori esponenti della cultura europea del suo tempo, autore anche di opere importanti come una Summa canonum, una Chronica, che va dalla creazione del mondo fino ai suoi tempi e che è la prima opera del genere scritta in Italia, e il Mitrale, un trattato di liturgia.
Oltre a ciò, Sicardo fu un grande fautore di pace, lavorando senza sosta per ottenere la concordia tra le opposte fazioni che dilaniavano la città.
Al suo fianco, in quest’opera di mediazione, si schierò un uomo che lo stesso Sicardo, nella sua Chronica, definisce «semplice, molto fedele e devoto», di nome Omobono, un laico dedito al commercio dei tessuti.
Alla sua morte, avvenuta nel 1197, Sicardo si recò da Innocenzo III, accompagnato da una nutrita delegazione di cittadini, per chiederne la canonizzazione, che veniva concessa dopo poco più di un anno, il 12 gennaio 1199.
La bolla papale ci dà una preziosa sintesi della vita e delle virtù di sant’Omobono: assiduo nella preghiera e soccorritore dei poveri, fu anche un uomo di pace e coraggioso difensore della fede contro il pericolo dell’eresia.
Traslato il suo corpo in cattedrale, nel 1202, il suo culto ebbe un enorme incremento, fino a che, agli inizi del XVII sec., fu eletto patrono principale della città e della diocesi.
Nel 1298 il vescovo Rainerio tenne il primo sinodo diocesano di cui si abbia memoria.
III - L’età della Riforma, fino al concilio di Trento
Tra il 1470 e il 1471 si colloca invece la prima visita alla diocesi di cui si conservino gli atti originali, compiuta dal vescovo Giovanni Stefano Bottigella (1466-1475).Non si tratta, come in altri casi, di una semplice ispezione di carattere disciplinare o amministrativo, ma di una vera e propria visita pastorale, un tentativo di sanare la decadenza morale e spirituale del suo tempo, che permette di collocare il Bottigella in quel movimento di riforma che ebbe il suo avvio, anche se lento e contrastato, già tra la prima e la seconda metà del XV . In questo periodo, del resto, si colloca anche la tradizione dell’apparizione della Vergine Maria a Caravaggio (1432), un evento che diede l’avvio a una straordinaria devozione mariana che si consoliderà, su tutto il territorio diocesano, da Castelleone (la Misericordia) a Casalmaggiore (la Fontana), nei numerosi altri santuari che sorgeranno tra il XV e il XVI . e anche oltre.
L’epoca più fervida e più intensa per la storia cremonese è però il XVI sec., quando la città – la seconda del ducato dopo Milano – visse la sua «età dell’oro», per la floridezza economica, il fervore culturale e lo splendore delle espressioni artistiche.
Dal punto di vista religioso, però, almeno per i primi cinquant’anni, la situazione non fu così rosea: se è vero che il secolo si apriva, nel 1502, con la nascita di un santo, Antonio Maria Zaccaria (futuro fondatore dei barnabiti), è altrettanto vero che, per il resto, si registrava quasi dovunque uno stato di decadenza e di abbandono.
Come se ciò non bastasse, tra il secondo e il terzo decennio, l’eresia luterana si diffuse rapidamente in tutta la diocesi: Cremona fu, secondo quanto affermano gli studiosi, il massimo centro del luteranesimo lombardo nella prima metà del secolo.
Una delle principali cause di questo grave stato di crisi è senza dubbio da ricercarsi nell’indifferenza e nell’inadempienza della gerarchia.
Per circa novant’anni, infatti, salvo qualche breve interruzione, la diocesi non conobbe vescovi residenti (1475-1560); essa veniva assegnata a cardinali o prelati della curia romana, che si limitavano a goderne le pingui rendite, governandola, svogliatamente, da lontano, tramite un vicario o un vescovo suffraganeo.
Soltanto nel 1560 la diocesi ebbe finalmente, con Nicolò Sfondrati (figlio del cardinale Francesco), un vescovo residente che, con un trentennio di episcopato – fino al 1590, anno della sua elezione al pontificato con il nome di Gregorio XIV – intraprese in modo organico e continuativo la riforma della vita religiosa.
Di ritorno dal concilio di Trento, durante il quale era stato uno dei più strenui sostenitori della necessità della residenza, lo Sfondrati giunse a Cremona animato dal desiderio di irraggiare nel clero e nel popolo della diocesi lo spirito tridentino.
Sostenuto dal consiglio e dall’aiuto di Carlo Borromeo (con il quale intrattenne sempre stretti rapporti anche epistolari) e seguendo l’esempio del suo zelo e della sua dedizione, lo Sfondrati convocò, innanzitutto, nel 1564, un sinodo per l’accoglienza ufficiale dei decreti del concilio; si interessò della formazione del clero, fondando, nel 1566, il seminario, secondo il modello tridentino; ripetutamente, dal 1565 al 1590, visitò la diocesi, preoccupandosi della disciplina del clero e della sua fedeltà ai compiti pastorali.
Per promuovere la vita religiosa del popolo, oltre a combattere deviazioni e abusi, Nicolò Sfondrati diffuse le Scuole della dottrina cristiana, stimolò l’erezione di confraternite laicali, appoggiò le fondazioni assistenziali e caritative e introdusse in diocesi alcune tra le nuove congregazioni di chierici regolari, in particolare i somaschi, i barnabiti e i teatini, assegnando loro, come residenza, gli immobili già appartenuti al soppresso ordine degli umiliati.
Sulla stessa scia proseguì il suo successore, Cesare Speciano (1591- 1607), già segretario e poi procuratore a Roma di san Carlo Borromeo: di lui ci restano due sinodi e un’accurata visita pastorale.
Durante gli anni del suo episcopato si registra anche l’arrivo dei gesuiti, chiamati a collaborare nell’educazione della gioventù, nella formazione del clero e nella predicazione, anche con «missioni» periodiche nei centri rurali.
IV - L’età post-tridentina
Con gli inizi del XVII . per Cremona e il suo territorio prende avvio un lento e inesorabile declino: già provata da una grave crisi economica, la città ricevette un colpo mortale dalla terribile peste del 1630, che portò a un sensibilissimo calo demografico: pari quasi alla metà della popolazione urbana.Anche per quanto riguarda la vita ecclesiale, l’inizio del secolo segna un ulteriore ridimensionamento del territorio diocesano che assume, salvo qualche piccola ulteriore variazione, l’assetto attuale: dopo la perdita di una vasta area nel settore sud-occidentale (ventuno parrocchie) intorno al 1580, per la costituzione della diocesi di Crema, nel 1601 vengono staccate le venticinque parrocchie dell’Oltrepò che passano a far parte della nuova diocesi di Borgo San Donnino (oggi Fidenza).
Fino al 1643, comunque, la diocesi continua a godere di un notevole prestigio e di una certa vitalità istituzionale, in concomitanza con il lungo episcopato di Pietro Campori (modenese e già segretario dello Speciano), l’ultimo cardinale chiamato dal 1621 alla sede di Cremona, assai influente presso la curia romana.
Seguì quindi un lungo e tormentato periodo segnato dalla guerra e dalla violenza privata, cause di devastazioni e insicurezza che si riflettevano, inevitabilmente, anche nell’ambito religioso: la vita diocesana si avvilì in una quotidianità fatta di ristrettezze economiche e di isolamento, con una serie di vescovi che, pur restando fedeli al modello tridentino, sembra si limitassero a una pura opera di conservazione.
Con la prima metà del XVIII . si registra, però (così come accade anche in numerose altre diocesi italiane), un sensibile risveglio religioso, che venne a coincidere, in modo particolare, con gli episcopati di Carlo Ottaviano Guachi (1704-1717) e, soprattutto, di Alessandro Litta (1718-1749).
Il Litta, appena giunto in diocesi, diede inizio a una accurata visita pastorale, al termine della quale, nel 1726, indisse il sinodo.
Particolarmente intensa ed efficace fu l’attività di questo vescovo a vantaggio del clero (si ricordi l’impegno per il seminario e l’opera di riorganizzazione e di «riforma » della curia), dei monasteri femminili, delle confraternite e luoghi pii e di tutto il popolo; per quest’ultimo, in particolare, promosse un’intensa ripresa dell’istruzione catechistica, riattivando e potenziando le antiche Scuole della dottrina cristiana, e vigilò sulle diverse forme della religiosità e della devozione popolare, richiamando spesso a una soda pietà, purificata da sovrastrutture, esagerazioni o esteriorità eccessive, secondo lo spirito dell’amico e corrispondente Ludovico Antonio Muratori.
Nella seconda metà del secolo, caratterizzata dall’episcopato, altrettanto lungo, di Ignazio Maria Fraganeschi (1749- 1790), la diocesi, così fiorente nei decenni precedenti, conobbe di nuovo un periodo di crisi, a causa soprattutto delle pesanti ingerenze del giurisdizionalismo teresiano- giuseppino che, verso la fine del secolo, determinarono la fine, per molti aspetti traumatica, di un’epoca storica.
Per avere almeno un’idea di questa profonda trasformazione, basti pensare alle innumerevoli soppressioni che portarono, nel giro di pochi decenni, alla scomparsa di circa trenta monasteri femminili, oltre sessanta conventi o monasteri maschili e quasi 250 confraternite.
In Cremona, inoltre, vennero soppresse ben ventinove delle trentasette parrocchie esistenti, e delle circa cento chiese (comprese quelle sussidiarie, quelle monastiche e gli oratori pubblici) oltre settanta vennero distrutte o profanate.
V - L’Ottocento e il Novecento
Dopo gli anni travagliati della dominazione francese, gli episcopati di Omobono Offredi (1791-1829) e Carlo Emanuele Sardagna (1831-1837) segnarono l’inizio di un nuovo periodo fiorente, per la ripresa dei ritmi ordinari della vita delle parrocchie e, soprattutto, per la diffusione delle nuove congregazioni religiose femminili, tra cui, in particolare, le canossiane, le Ancelle della Carità, le Maestre di Santa Dorotea e, a Soncino, l’Istituto della Sacra Famiglia di Paola Elisabetta Cerioli; accanto a esse si segnala un’intensa fioritura di opere assistenziali, che fanno capo a figure quali quella di Ferrante Aporti (fondatore degli asili d’infanzia) o di Ferdinando Manini, che diede vita a numerosi istituti di carità.Per l’epoca successiva si evidenzia una situazione di grande stabilità, con tre soli vescovi che si succedettero nello spazio di circa cento anni, dal 1850 al 1952.
Antonio Novasconi (1850-1867), sensibile alle istanze risorgimentali, resse la diocesi con grande equilibrio, senza poter però evitare, soprattutto negli ultimi anni del suo episcopato, le conseguenze dei contrasti politico-religiosi, con numerose defezioni tra il clero e con un calo vertiginoso del numero dei chierici.
Il suo successore, Geremia Bonomelli (1871-1914) diede il via a un’intensa opera di rinnovamento che partiva proprio dal seminario, che egli volle ampliato e ricostruito, nel 1887.
Coinvolto nella polemica per la «questione romana», Bonomelli rappresentò per anni il riferimento dell’ala liberale moderata, con i suoi numerosi scritti e, in particolare, con le intense e lungimiranti lettere pastorali.
Il suo successore, Giovanni Cazzani, resse la diocesi durante le due guerre, tra il 1915 e il 1952, e fu soprattutto un grande «pastore d’anime», coraggioso difensore dei diritti della coscienza, contro tutti i totalitarismi, e infaticabile nel governo pastorale della diocesi, che visitò ben sei volte, celebrando anche tre sinodi diocesani.
Tra la fine del XIX e la metà del XX sec., nel clero cremonese si evidenziano alcune figure di rilievo, tra cui Francesco Spinelli (beatificato nel 1992), di origine bergamasca, che fondò a Rivolta d’Adda, in diocesi di Cremona, la congregazione delle suore Adoratrici del Santissimo Sacramento; Vincenzo Grossi (beatificato nel 1975), parroco prima di Regona, poi di Vicobellignano; il camilliano Enrico Rebuschini (beatificato nel 1976), responsabile per anni della casa di cura cremonese dei camilliani, e don Primo Mazzolari, parroco di Bozzolo, che può essere considerato uno dei precursori o anticipatori dello spirito del concilio Vaticano II.
Bibliografia
P. Merula, Santuario di Cremona, Cremona 1627;E. Sanclementi, Series critico-chronologica episcoporum cremonensium, Cremona 1814;
F. Aporti, Memorie di storia ecclesiastica cremonese, Cremona 1835-1837;
A. Grandi, Descrizione dello stato fisico-politico-statistico-storico-biografico della provincia e diocesi di Cremona, Cremona 1856- 1858;
G. De Vecchi, Brevi cenni storici sulle chiese di Cremona, Cremona 1907;
A. Berenzi, Storia del Seminario Vescovile di Cremona, Cremona 1925;
Diocesi di Cremona, a c. di A. Caprioli-A. Rimoldi-L. Vaccaro, Brescia 1998.
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Diocesi di Cremona
Chiesa di Santa Maria Assunta e Santi Imerio e Omobono
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.