Il 1° giugno 2023 Papa Francesco ha disposto la piena unione delle Diocesi di Cuneo e di Fossano creando la nuova circoscrizione ecclesiastica denominata «Diocesi di Cuneo-Fossano», suffraganea della sede metropolitana di Torino, e nominando S.E. Mons. Piero Delbosco primo vescovo della nuova Diocesi di Cuneo-Fossano.
La sede della nuova diocesi è nella città di Cuneo, dove si trova la Cattedrale di Santa Maria del Bosco e San Michele Arcangelo, a cui è annesso il Capitolo Cattedrale dei Canonici. La chiesa di Santa Maria e San Giovenale in Fossano ha assunto il titolo di Concattedrale con annesso il Capitolo Concattedrale dei Canonici.
Nella restaurazione del governo sabaudo in Piemonte, seguita alla caduta di Napoleone, si stabilirono nuovi accordi con la Santa Sede, che il 17 luglio 1817 con la bolla Beati Petri Apostolorum Principis riorganizzò le antiche diocesi e istituì quella di Cuneo, smembrandola dalle diocesi di Mondovì e di Saluzzo. La stessa bolla indicava Cuneo come città importante, di circa 12.000 abitanti, con una chiesa collegiata di quindici canonici ed elegante struttura, elevata a cattedrale, dotata di monasteri, ospedali, ospizi, confraternite ed elencava per la nuova diocesi quarantasei parrocchie, comprese le tre urbane. Con successivi ritocchi di confini diocesani e di formazione di nuove parrocchie dal primo vescovo, esse diventarono una cinquantina e rimasero tali fino a fine Ottocento. Primo vescovo fu il cuneese Amedeo Bruno di Samone, che guidò la diocesi dal 1817 al 1835. L’ottima preparazione culturale lo rese attento alla formazione del clero – riavviò il seminario – e al risveglio della devozione nei fedeli per superare le polemiche del giansenismo serpeggiante in Piemonte. Provvide all’organizzazione della diocesi, nella curia e nel capitolo; affrontò il problema della diversa provenienza del clero dalle precedenti diocesi, con la celebrazione del primo sinodo nel 1827, che preparò con una visita pastorale di tutte le parrocchie. Favorì il ritorno dei francescani e delle clarisse in città. Sostenne l’avvio della nuova congregazione delle suore giuseppine. La sua carità brillò nei tragici mesi del dilagare del colera nel 1835. L’episcopato successivo fu molto breve, da luglio 1840 a giugno 1842, perché lo zelante Giuseppe Agostino Salomoni, dopo un intenso avvio di servizio pastorale, si dimise per entrare nella congregazione della missione.
II - Dal Risorgimento al secondo dopoguerra
Si stavano nuovamente profilando tempi difficili per la vita religiosa. Primo segno fu la vacanza episcopale di sedici mesi: a guidare la diocesi fu il vicario capitolare, canonico Amedeo Marchisio. In quel torno di tempo si deliberò l’acquisto del terreno per il nuovo seminario nei pressi della cattedrale. All’inizio del 1844 fu eletto vescovo Clemente Manzini, superiore generale dei carmelitani scalzi. Pur nella sua giovane età, fu vescovo di grande preparazione spirituale, culturale e pastorale, in grado di affrontare con equilibrio e fermezza momenti burrascosi come il 1848, con tensioni anche nel clero per lo statuto albertino, e con le leggi secolarizzanti del liberalismo sul matrimonio civile, nel riordinamento scolastico, nella soppressione degli ordini religiosi. Sostenne la costruzione del nuovo seminario, inaugurato in parte nel 1845, confermando la decisione del capitolo; nel 1853 istituì il seminario minore, chiamando come insegnanti anche un gruppo di gesuiti. In questo vivace clima va ricordato il progetto di studi teologici attuato dal teologo Simone Molineri, che mise in primo piano, non più la morale, ma la Sacra Scrittura, attuando e difendendo in un suo scritto del 1848 ciò che il Rosmini aveva auspicato l’anno precedente. Alla morte di Manzini, nel 1865, successe una vacanza di due anni, sotto la guida del canonico Molineri, vicario capitolare. Andrea Formica, amico di don Bosco, guidò la diocesi dal 1867 al 1885. Pastore di grande carità, diede impulso a varie devozioni, in particolare mariane, sostenendole nelle visite pastorali. Il comportamento al concilio Vaticano I fu uno dei segni del suo attaccamento al papa. Si prodigò per il seminario e per le vocazioni, istituendo l’Opera pia per il riscatto dei chierici dal servizio militare. Incoraggiò le prime iniziative in campo sociale, come l’Unione degli operai cattolici nel 1872, i circoli giovanili cattolici, e gli asili infantili gestiti dalle suore. L’arrivo nel 1885 del trentaduenne Teodoro Valfrè di Bonzo portò un forte rinnovamento del clero e del laicato, in piena sintonia con le aperture culturali e sociali di Leone XIII. Le iniziative in campo sociale ed educativo, già avviate nel decennio precedente, divennero progetto pastorale diocesano per rispondere alla vitalità della città, che aveva raddoppiato la popolazione, con 25.000 abitanti, si era dotata di alcuni istituti di scuola superiore, stava collegandosi meglio con il territorio con linee ferroviarie e tranviarie, era diventata sede di comando di armata militare. Così nell’ultimo ventennio dell’Ottocento in diocesi sorsero un’altra decina di asili infantili, sei collegi, tre istituti di assistenza per anziani e disabili e fu completato l’edificio del seminario con una nuova biblioteca e museo di scienze. Il tutto fu opera di preti attivi e di congregazioni religiose, che ai primi del Novecento erano presenti con quattro ordini maschili e mezza dozzina di congregazioni di suore, oltre le clarisse e una compagnia secolare, le orsoline. Iniziò pure la pubblicazione un giornale cattolico. Infine crebbero varie forme di solidarietà assicurativa e cooperativa, collegata alla rete dell’Opera dei congressi, il cui comitato diocesano fu istituito solo nel 1895, quando Valfrè stava lasciando la diocesi. L’attivismo del mondo ecclesiale continuò a ritmo crescente con Andrea Fiore. Nei diciassette anni di episcopato (1896- 1914) si prodigò in ripetute visite pastorali; istituì sette nuove parrocchie per rendere più vicine al popolo le strutture ecclesiali. Nel 1901 convocò il secondo sinodo diocesano. Con lui si realizzò un quadro ecclesiale rimasto esemplare: diffusione capillare del clero anche in piccole borgate, con cappellani-maestri, parroci attivi e autorevoli, associazioni laicali influenti anche per la rinnovata presenza dei cattolici in politica, ampia diffusione della stampa cattolica con il quotidiano «Lo Stendardo», e l’inizio di alcuni bollettini parrocchiali. L’impegno formativo per il clero trovò solerte cura nel seminario e anche nell’istituzione di un convitto ecclesiastico nel 1904; esperienza tuttavia effimera, perché rigida e fonte di tensioni che già nel 1906 coinvolsero la diocesi, con il divampare delle polemiche moderniste. Nel trentennio successivo, tormentato dalla prima guerra mondiale e dagli anni di passaggio al regime fascista, la diocesi vide il susseguirsi di brevi episcopati. Natale Gabriele Moriondo, proveniente da un’intensa attività di studio, come domenicano, e di servizio pastorale tra gli emigrati a Costantinopoli, resse la diocesi dal 1914 al 1920. A succedergli fu chiamato dalla sede di Susa Giuseppe Castelli, che rimase appena tre anni, dal 1921 al 1924. L’azione pastorale dei due vescovi, segnata dalle sofferenze del tempo di guerra, continuò le linee già in atto: l’erezione di sei parrocchie nelle vallate e nelle campagne, la sollecitudine per le associazioni laicali, ormai inquadrate nell’Azione cattolica, e una cura particolare della liturgia. Più rigido, secondo lo zelo dei tempi, fu l’episcopato di Quirico Travaini, vescovo di Fossano dal 1919, prima amministratore apostolico e poi, dal 1926, vescovo di Cuneo e Fossano, fino al 1934. Aspetto notevole fu l’attuazione dei patti Lateranensi, per riordinare istituzioni e riaffermare diritti della Chiesa. Dal 1929 iniziò la pubblicazione della rivista diocesana. Vennero in città i salesiani, si inaugurò il teatro-cinema cattolico «Lanteri» e due parroci furono elevati all’episcopato. Il clima di buon ordine ecclesiale, che rispecchiava aspetti del regime, continuò inizialmente con Giacomo Rosso, vescovo dal 1934, per essere poi travolto dalla guerra, seguita dalla lacerazione della Resistenza. Come pastore fedele, rimase fermo nei pericoli, sostenendo il clero e la popolazione. Due preti furono trucidati, uno morì sotto bombardamento aereo, così pure morirono varie suore; un prete fu deportato in un lager tedesco, due inviati al confino, una mezza dozzina fu incarcerata e circa un terzo del clero subì maltrattamenti. Il decennio successivo fu di pacificazione e di una riaffermazione attiva della presenza ecclesiale, sia con un attivismo crescente nelle istituzioni ecclesiali, sia nel collateralismo politico con la Democrazia cristiana. Giacomo Rosso istituì undici parrocchie non solo in borghi rurali, ma nella periferia urbana che andava rapidamente popolandosi. Vide la consacrazione episcopale di tre sacerdoti cuneesi. Il coronamento della sua opera fu il sinodo diocesano del 1955. Si dimise l’anno seguente.
III - Vaticano II e post-concilio
L’arcivescovo Guido Tonetti nel 1957 entrò nel culmine dell’attivismo cattolico prima della fase critica del Vaticano II. Creò tre nuove parrocchie in zone di crescita di periferia sia attorno a Cuneo che a Borgo San Dalmazzo, suscitando in questa circostanza una penosa scissione ecclesiale. Incoraggiò l’apertura missionaria sia del clero, con sacerdoti «fidei donum» in America Latina, sia delle comunità religiose e di associazioni laicali, fiorite nel post-concilio. Gli strascichi delle tensioni ecclesiali post-conciliari segnarono ancora i primi anni dell’episcopato di Carlo Aliprandi, vescovo dal 1971. Nell’amarezza della defezione di mezza dozzina di sacerdoti, curò la formazione del clero e dei laici, con un magistero radicato nella Parola e nei Padri e nei testi conciliari. Portò l’attenzione ecclesiale dal fare all’essere, anche se dopo il 1990 sostenne il volitivo dinamismo del nuovo vicario generale. In sintonia con le diocesi vicine tra il 1996 e il 1998 celebrò il sinodo diocesano. Rassegnò le dimissioni nel 1999, ritirandosi a Fontanelle dove morì nel 2003. Il passaggio al nuovo millennio è avvenuto sotto l’episcopato di Natalino Pescarolo, già vescovo di Fossano dal 1990, che unì personalmente le due sedi, in vista della fusione. Vi è l’esigenza di razionalizzare le istituzioni ecclesiastiche a fronte della riduzione del clero, dei religiosi e di molte opere cattoliche, con la fatica nel ricercare nuove forme di cooperazione e di vita cristiana adeguata ai tempi. I rapidissimi cambiamenti socioeconomici, incalzanti e inaspettati, interpellano anche questa diocesi, ancora incerta tra il clima di inerzia di fine di un’epoca e quello brioso di un nuovo inizio. Dal novembre 2005 la guida pastorale delle due diocesi di Cuneo e Fossano è affidata a Giuseppe Cavallotto, che ha intrapreso con slancio il suo ministero ponendo subito attenzione a una rinnovata catechesi e a forme più coordinate di pastorale sia tra le due diocesi che tra le varie espressioni ecclesiali, da irrobustire e adeguare alle sfide del contesto culturale e sociale in fermento.
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Le banche dati delle Diocesi di Cuneo e Fossano sono in fase di unificazione, al momento i dati si riferiscono alla sola Diocesi di Cuneo.
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