Diocesi di Novara
STORIA
I - Origine e istituzione della diocesi
La presenza del cristianesimo a Novara nel IV . e poi l’erezione della sede vescovile sono documentate da due notizie certe.La prima, l’epistola che Eusebio, vescovo di Vercelli (345-371), indirizza tra il 355 e il 360 alle comunità cristiane (plebes) di Vercelli, di Novara, di Ivrea e di Tortona.
La seconda riguarda il quinto vescovo di Novara, Simpliciano, che nel 451 firma a Milano il tomo di papa Leone Magno.
Per la istituzione dell’episcopato si può supporre, come indica la vita antica del protovescovo san Gaudenzio, che sia stata decisa da Ambrogio di Milano e attuata dal successore, san Simpliciano (398 ca).
Tra tutte le diocesi del Piemonte Novara possiede un duplice elenco (XI-XII sec.), con la serie completa dei vescovi dalle origini sino al Medioevo (F.
Savio) Studi recenti hanno permesso di recuperare al terzo posto, tra i vescovi, san Lorenzo, considerato a torto martire pregaudenziano.
Le tre omelie, a lui attribuite, contengono un’originale visione della storia della salvezza e stigmatizzano, in particolare, l’avarizia e la lussuria.
Nel V . si edificò la basilica urbana e il battistero a forma ottagonale, giunto sino a oggi, mentre il cristianesimo si diffondeva sul territorio ad opera di possidentes milanesi e, con l’evangelizzazione dei santi Giulio e Giuliano, nella zona del Cusio.
L’intervento successivo dell’episcopato istituì le chiese battesimali, che l’indagine archeologica sta rimettendo in luce.
Con la guerra greco-gotica, la sede episcopale fu trasferita provvisoriamente sull’isola di San Giulio di Orta (vescovo Filacrio, 553).
La conquista longobarda ridisegnò il territorio e nella città di Novara, che non fu sede di ducato, continuò a risiedere il vescovo con il clero.
Mentre si avviava la conversione dei conquistatori, alla fine del VII sec., i vescovi ripresero le loro funzioni; uno di essi, Graziano, nel 680 sottoscrisse a Roma la condanna dell’eresia monotelita.
Durante l’episcopato di Grazioso, una pergamena dell’archivio di Santa Maria (729) indica che i longobardi si erano ormai inseriti nella città, mentre è attestato il culto a san Gaudenzio e a san Giulio.
Con Tito Levita (fine VIII sec.) ha termine la serie quasi ininterrotta dei vescovi latini a Novara e iniziano i vescovi francogermanici, scelti dal potere regio come pastori, che agiscono con una sequela armata per la pace dell’impero e la difesa del patrimonio della Chiesa.
Dei vescovi franchi il più importante fu sant’Adalgiso (840 ca), che istituì i canonici della cattedrale di Santa Maria e di San Gaudenzio, mentre si organizzava la diocesi con le pievi e l’introduzione delle decime.
In un territorio occupato politicamente dalla contea di Pombia, nel X . sorsero i primi monasteri benedettini di istituzione nobiliare.
Il vescovo Aupaldo ricevette nel 962 dall’imperatore Ottone I poteri sulla città, mentre il successore Pietro III, dopo la sconfitta di Arduino d’Ivrea, ottenne la signoria sui comitati dell’Ossola e di Pombia.
In tal modo la Chiesa novarese diveniva una delle sedi più ricche d’Italia e i suoi vescovi potevano esercitare diritti signorili sulle terre tra il Sesia e il Ticino.
Nella seconda metà dell’XI . l’episcopato di Novara fu conteso da vescovi di nomina imperiale e dalla locale nobiltà laica, che favorì l’insediamento di celle cluniacensi.
A rendere complessa la situazione si inserì la lotta ideologico-politica del papato, sostenitore di nuovi indirizzi di vita del clero, contro il partito imperiale.
Con l’episcopato di Riccardo (1116-1123), che canonizzò il filopapale Bernardo di Aosta, e di Litifredo (1123-1151), la situazione si andò chiarificando.
Litifredo, in particolare, si impegnò per una concordia tra papato e impero, chiamati a costruire insieme l’unica società cristiana.
Egli imperniò la riforma sul rilancio delle circoscrizioni plebane e sulla vita comune del clero, mentre visitava la diocesi con la consacrazione di numerose chiese romaniche.
La presenza a Novara di papa Innocenzo II per la dedicazione della nuova cattedrale e la bolla papale del 1132, con la descrizione della diocesi, segnarono il punto di arrivo della costruzione della Chiesa particolare, su cui il vescovo esercitò il ministero con i canonici di Santa Maria, che assicurarono continuità, anche quando la sede era vacante.
II - Uomini e devozioni in un’età complessa
Con l’ascesa politica del comune, nel XII sec., la città si arricchì di nuove forze produttive; accanto ai mercanti sorsero le corporazioni, in particolare quella dei caligarii o calzolai, sotto la protezione di san Giuliano.In campo europeo risplende la figura del novarese Pier Lombardo, dottore in teologia e poi vescovo di Parigi (1160).
I vescovi, scelti dal capitolo della cattedrale, provengono dalla nobiltà cittadina divisa in fazioni, con scontri, che predispongono all’intervento del papato.
Tra i vescovi del XIII sec., il novarese Sigebaldo Cavallazzi (1249-1269) emanò decreti sinodali, mentre nel 1296 papa Bonifacio VIII pose come vescovo Papiniano della Rovere, autore di un’importante costituzione sinodale.
Intanto nel territorio si diffondevano case (domus) di umiliati e di umiliate, di monache cluniacensi e agostiniane e comparivano i conventi degli ordini mendicanti: francescani (1233) e domenicani (1256).
Non manca l’episodio di un eretico novarese, fra Dolcino, della setta degli apostolici, sostenitore di una purificazione escatologica della Chiesa; sconfitto da una crociata, fu giustiziato a Vercelli (1307).
Giovanni Visconti, figlio di Matteo, signore di Milano, diventato vescovo di Novara, con l’astuzia riuscì a impadronirsi della città e del territorio della diocesi (1332), che da quel momento, sia pure a fasi alterne, passò sotto il dominio politico dei Visconti, con l’eccezione del piccolo stato della riviera d’Orta, rimasto di pertinenza vescovile.
Il palazzo vescovile cittadino fortificato e sopraelevato, con la cappella palatina dedicata alla Maddalena dal presule Guglielmo de Villana (1342-1356), agostiniano, rispecchia la riorganizzazione del patrimonio della diocesi tramite le Consignationes e la fissazione delle decime papali.
A fine Trecento fu vescovo Pietro Filargo (1389-1402), poi a Milano, prima di diventare papa nel concilio di Pisa con il nome di Alessandro V.
I vescovi del XV . rivelano interessi umanistici e diplomatici, come Bartolomeo Aicardi Visconti, che ebbe a segretario Enea Silvio Piccolomini, il futuro Pio II.
Alla fine del Medioevo abbondano dipinti di devozione: si tratta di Madonne del latte, di santi e sante ausiliatrici.
È anche l’epoca delle aggregazioni di penitenza e di «laude», come i battuti di Novara e le confraternite dei bianchi di Santa Marta.
Tra i nuovi insediamenti religiosi vi sono i canonici lateranensi (1473) e i carmelitani (1421).
A Novara e nel territorio l’assistenza ai pellegrini e ai malati venne riorganizzata da Sisto IV con una bolla (1482), che istituiva l’ospedale maggiore della Carità.
Il beato Bernardino Caimi diede origine al Sacro Monte di Varallo (1491), ottenendo per i pellegrini le stesse indulgenze della Terrasanta.
Nella situazione complessa per le vicende politiche e militari che interessavano gli Stati italiani tra la fine del XV e il XVI sec., il vescovato di Novara divenne una pedina di scambio; così dopo Ascanio Maria Sforza, fratello di Ludovico il Moro, il cardinale Matteo Schiner, vescovo di Sion, ottenne da Giulio II anche Novara in ricompensa per la milizia svizzera al servizio papale.
III - Tra rinnovamento cattolico e disciplinamento
Occorre giungere alla metà del XVI . per incontrare vescovi che attendono alla salus animarum.Con Giovanni Antonio Serbelloni, milanese, iniziò l’applicazione dei decreti tridentini, che si intensificò per influsso di Carlo Borromeo.
I vescovi curarono la formazione del clero con i seminari (che iniziarono nel 1566), controllarono con la visita pastorale i preti in cura d’anime e il laicato, dando rilievo alla centralità del culto eucaristico e alla predicazione.
Dopo il cremonese Cesare Speciano, a Novara dal 1585 al 1591, che visitò la diocesi, pubblicando il sinodo del 1590, si ebbe il ministero del venerabile Carlo Bascapè (1550- 1615), barnabita, a Novara dal 1593 al 1615.
Di formazione giuridica e storica, organizzò le parrocchie, unendole in vicariati.
Attese alla formazione del clero; promosse la liturgia e la vita sacramentale; diffuse le confraternite del Santissimo Sacramento, del Rosario e la compagnia della Dottrina cristiana; avocò a sé il tribunale dell’Inquisizione, per reprimere fatti di stregoneria e difese l’autonomia della Chiesa, nei confronti del governo spagnolo.
Compì due visite pastorali, celebrò tre sinodi, scrisse un manuale di pastorale, con i riti propri della Chiesa novarese, descrisse la diocesi e ne tracciò la storia, approvò il Sacro Monte di Orta (inizio 1590) e, morendo, lasciò erede universale l’ospedale della Carità.
Sotto di lui furono accolti i gesuiti, i barnabiti e le orsoline e iniziò a funzionare il monte di pietà, fondato da Amico Canobio.
Per oltre un secolo i vescovi, sulle orme del Bascapè, il «san Carlo» novarese, perseguirono l’attuazione delle disposizioni tridentine.
È l’epoca della diffusione dello stile barocco, delle confraternite e delle devozioni controllate.
Dei vescovi, tutti di famiglia nobile, si possono ricordare i Volpi di Como, Volpiano e Giovanni Pietro, zio e nipote (1619-1636) e, ancora il comasco Benedetto Odescalchi (1650-1656), poi papa con il nome di Innocenzo XI, e il fratello Giulio Maria (1656-1666), benedettino.
Dopo il teatino Giuseppe Maraviglia, Giovanni Battista Visconti, barnabita, e il cardinale Gilberto Borromeo, con la pace di Vienna del 1738 Novara passò sotto il governo sabaudo, che intervenne nella nomina dei vescovi.
Il più importante fu Marco Aurelio Balbis Bertone, di Chieri, a Novara dal 1757 al 1789; attento al rinnovamento religioso su base culturale, si preoccupò della formazione del clero, visitò tre volte la diocesi, allestì una biblioteca per città, scrisse un catechismo e tenne un sinodo, rinunciando nel 1767 al dominio diretto sulla riviera di Orta, ceduta ai Savoia.
IV - Restaurazione e apertura sociale
Dopo l’episcopato di Vittorio Filippo Melano di Portula (1797-1813), domenicano, costretto dalle situazioni politiche della Rivoluzione francese e di Napoleone a schierarsi con i dominatori del momento, nel 1817 diventava vescovo il cardinale Giuseppe Morozzo (1758-1842), nipote del Balbis Bertone.La rivoluzione aveva segnato profondamente la Chiesa e la società: erano stati soppressi tutti gli ordini religiosi e messi all’asta i loro beni.
Il Morozzo attuò la restaurazione religiosa con fermezza a partire dal rilancio dei seminari.
Egli accolse in diocesi l’abate roveretano Antonio Rosmini (1797-1855), ospitandolo al Monte Calvario di Domodossola e approvando poi la regola dell’Istituto della Carità.
Più difficile l’episcopato di Giacomo Filippo Gentile (1843-1875) nel periodo delle guerre d’indipendenza, quando dovette assistere al passaggio degli eserciti in Novara e sul territorio; anzi nel 1849, dopo la battaglia di Novara, intervenne per salvare persone e cose.
Intanto l’opinione pubblica, guidata dai liberali, andava assumendo un atteggiamento critico nei confronti della Chiesa e in particolare del papato, accusato di ostacolare il Risorgimento.
Nella seconda metà dell’Ottocento i vescovi Stanislao Eula di Mondovì e soprattutto Davide Riccardi (1833-1897), biellese, vescovo di Novara dal 1886 al 1891, poi trasferito a Torino, sostennero il nascente movimento cattolico, le associazioni operaie e la stampa.
Ne continuò l’opera Edoardo Pulciano (1852-1911) di Torino, a Novara dal 1892 al 1901, che curò l’assistenza degli operai impegnati nel traforo del Sempione.
V - L’impegno del laicato e il concilio
Dopo Mattia Vicario, vescovo a Novara dal 1901 al 1906, rilevante fu l’episcopato di Giuseppe Gamba, astigiano (1857-1929), a Novara dal 1906 al 1923, poi trasferito a Torino, impegnato a difendere il clero dal sospetto modernista e a guidare la diocesi durante la grande guerra.Curò la formazione dei giovani cattolici, accolse con favore la breve stagione del Partito popolare e sostenne l’istituto bancario interdiocesano del Piccolo credito.
Dopo di lui resse la diocesi, nel periodo fascista e del concordato, Giuseppe Castelli (1871-1943), torinese, a Novara dal 1924 al 1943.
Deferente verso l’autorità monarchica, ma tiepido nei confronti del fascismo, sostenne e difese l’Azione cattolica, celebrò il sinodo nel 1936, ponendo al centro del suo ministero il rilancio delle parrocchie, che visitò per tre volte.
Alla fine del 1943, durante la guerra civile, la nomina ad amministratore apostolico di Giacomo Leone Ossola (1887-1951), cappuccino, espulso dall’Harrar (Etiopia), fu provvidenziale.
Egli si prodigò al di sopra delle parti per risparmiare vite umane e riuscì a ottenere la liberazione di Novara, senza spargimento di sangue.
Vescovo effettivo dal 1945 al 1951, mirò ad aggregare il popolo, confortandolo con la parola e con l’aiuto della «carità del vescovo».
Dopo di lui Gilla Vincenzo Gremigni (1891- 1963), missionario del Sacro Cuore, trasferito da Teramo a Novara nel 1951 per normalizzare la situazione, eresse numerose parrocchie, costruì il nuovo seminario, celebrò il sinodo nel 1955.
Il successore Placido M.
Cambiaghi (1900-1987), barnabita, da Crema a Novara nel 1963, partecipò al concilio Vaticano II e ne iniziò l’attuazione con il consiglio presbiterale e la riforma liturgica, sino alla rinuncia nel 1971.
Dopo di lui, Aldo Del Monte (1915- 2005), tortonese, trasferito a Novara nel 1972, guidò la diocesi sino al 1990, consapevole del valore della Chiesa locale, che andava costruita insieme, nell’attuazione del concilio, con la formazione del laicato e il rinnovo della catechesi.
Sotto di lui si tenne il XX sinodo (1990).
Dal 1991 la diocesi è retta da Renato Corti, milanese, continuatore della linea di Del Monte con un’attenzione particolare alla formazione interiore, nel tentativo di arginare la diminuzione delle vocazioni al sacerdozio e la crescente secolarizzazione.
Nel XX . ci sono state figure sacerdotali di rilievo come il venerabile Silvio Gallotti (1881-1927), promotore di una spiritualità del clero diocesano secondo la «Vera devozione a Maria» del Montfort, e il servo di Dio Giuseppe Rossi (1912- 1945), ucciso nella sua parrocchia durante il conflitto bellico.
Non si debbono dimenticare alcuni laici legati a questa Chiesa, come Luigi Gedda (1902-2000), Giulio Pastore (1902-1969) e Oscar Luigi Scalfaro (1918).
Bibliografia
Savio I 238-280;C. Bascapè, Novaria seu de Ecclesia novariensi, libri duo, Novariae, MDCXII;
F. Cognasso, Storia di Novara, nuova ed. Novara 1992;
Carlo Bascapè sulle orme del Borromeo, coscienza e azione pastorale in un vescovo della fine del Cinquecento, a c. di D. Tuniz-G. Zaccheo, Novara 1994;
Il cristianesimo a Novara e sul territorio: le origini, a c. di F. Pizzolato, Novara 1999;
Diocesi di Novara, a c. di L. Vaccaro-D. Tuniz, in Storia Religiosa della Lombardia, Brescia 2007;
«Novarien», rivista di storia della chiesa di Novara, periodicità annuale, n. 35, 1967-2006, per consultare l’indice: www.novara.com/novarien.
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.