Diocesi di Altamura - Gravina - Acquaviva delle Fonti
STORIA
I - Storia contemporanea
Altamuren( sis)-Gravinen(sis)-Acquaviven(sis) è il nome della diocesi che il 1986 ha unito tre circoscrizioni ecclesiastiche: la millenaria diocesi di Gravina (968), comprendente le frazioni di Dolcecanto e La Murgetta, le Chiese e comunità di Poggiorsini e Spinazzola; le prelature di Altamura (1248) e Acquaviva delle Fonti (1848), a cui si aggiunse la Chiesa di Santeramo in Colle.La costituzione della nuova diocesi decretò la fine di annose ed estenuanti vertenze diocesane tra i vescovi di Gravina e gli arcipreti di Altamura.
Il progetto di unire in un’unica diocesi le Chiese di Acquaviva, Altamura e Gravina fu messo a punto e reso esecutivo dalla Congregazione per i vescovi sin dal 1973.
Nel 1971 fu nominato amministratore apostolico della sede vacante di Gravina Michele Giordano, arcivescovo di Matera, a cui fu affidata nel 1973 anche la prelatura di Altamura-Acquaviva.
L’amministrazione transitoria di monsignor Giordano predispose le condizioni necessarie per la costituzione di un’unica diocesi con le Chiese di Altamura, Acquaviva e Gravina, ovvero la cosiddetta diocesi della Murgia.
Primo vescovo della costituenda diocesi murgiana fu Salvatore Isgrò (1975-1982), che ebbe da subito il precipuo compito di amalgamare le comunità e di predisporle ad accettare il progetto della nuova circoscrizione ecclesiastica.
Stabilì e impose incontri mensili di tutto il clero delle tre circoscrizioni ecclesiastiche con la messa crismale e i convegni pastorali.
Il 17 ottobre 1978 costituì il Consiglio presbiterale interdiocesano; l’8 dicembre 1979 indisse la prima visita pastorale interdiocesana, attuata dal 1980 al 1981.
Fu governatore dell’ospedale «Miulli» di Acquaviva, ove istituì un consultorio familiare al servizio dell’intera Chiesa locale.
L’eredità di monsignor Isgrò passò a Tarcisio Pisani (1982-1994) consacrato vescovo di Gravina e prelato delle chiese di Altamura e Acquaviva il 12 settembre 1982.
La Congregazione per i vescovi con il decreto Instantibus votis del 30 settembre 1986 definì la nuova circoscrizione territoriale e la denominazione della nuova diocesi, indicandone la consistenza, i confini e l’organizzazione interna.
Monsignor Pisani, divenuto vescovo della nuova diocesi e circoscrizione con il suddetto decreto, il 12 febbraio 1987 con l’atto Ad Nutum Episcopi notificò al suo clero e a tutte le istituzioni ecclesiastiche la nuova costituzione giuridica e la denominazione della diocesi, avente tre concattedrali aeque principaliter Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti e tre chiese madri: Poggiorsini, Santeramo, Spinazzola.
La diocesi oggi è amministrata da Mario Paciello, da una curia e da un tribunale ecclesiatico.
Le comunità di religione cristiana sono raccolte intorno a 40 parrocchie così distribuite: Altamura 15; Gravina 12; Acquaviva delle Fonti 7; Poggiorsini; Santeramo in Colle 3; Spinazzola 2.
Sono presenti e attive 23 comunità religiose e 3 monasteri femminili.
Operano sette istituti secolari; 14 istituzioni di terz’ordini francescani, carmelitani, domenicani, agostiniani, clarettiani, benedettini.
Sono attive 39 confraternite, le cui istituzioni risalgono, per lo più, al periodo post-tridentino.
Molte sono le associazioni laicali.
Nel territorio sono presenti e operanti: il seminario diocesano, istituito a Gravina nel 1568, trasferito nell’anno sociale 2006- 2007 dal centro giovanile «Benedetto XIII» presso il palazzo dell’Ente morale «Loglisci » in via Giardini; l’ospedale «Miulli», sito in Acquaviva, da sempre amministrato dall’ordinario diocesano pro tempore.
Il nosocomio opera ininterrottamente dal 1546, quando don Lorenzo Molignani rivitalizzò l’antico Ospedale dei soldati (1158) per assicurare ricovero e assistenza ai pellegrini del santuario della Vergine Maria di Costantinopoli.
Il cospicuo lascito dell’avvocato Francesco Miulli di Acquaviva diede impulso alla struttura ospedaliera.
Oggi l’Ospedale generale regionale «Miulli» è modello e vanto della diocesi.
Tra il 2002 e il 2005 monsignor Mario Paciello, amministratore pro tempore, ha sollecitato, curato e sostenuto la realizzazione, in tempi brevi, del nuovo «monoblocco sanitario» nella contrada «Curtomartino » dell’agro di Acquaviva delle Fonti.
Il nuovo «Miulli», dunque, «si ispira alla tipologia di ospedale del futuro» e, con la sua struttura d’avanguardia, assicura ottima assistenza e soddisfacenti cure agli infermi.
In diocesi si pubblicava una rivista annuale intitolata «Bollettino di documentazione », nata il 1987; oggi si è rinnovata e ha preso il nome di «Camminare insieme».
La terra murgiana ha dato alla Chiesa un gran numero di sacerdoti assurti agli onori del vescovato, del cardinalato e del pontificato.
Tra i più insigni si ricordano: Antonio Pignatelli, nato a Spinazzola (Bari) nel 1615, cardinale a Napoli e pontefice col nome di papa Innocenzo XII (1691- 1700); Pier Francesco Orsini (monaco domenicano, fra Vincenzo Maria) nato a Gravina in Puglia nel 1649, cardinale a Benevento e pontefice col nome di papa Benedetto XIII (1724-1730).
Degni di nota sono alcuni uomini illustri: Luca Samuele Cagnazzi di Altamura (1764-1852), economista; Arcangelo Scacchi di Gravina, antesignano della cristallografia, geologo; Giovanni Antonio Molignani di Acquaviva delle Fonti, rinomato giureconsulto e autore di opere giuridiche; Raffaele Netti di Santeramo in Colle (1776-1863), patriota risorgimentale; Michele Ferrara di Spinazzola, paleografo interprete di geroglifici egizi e storico dei popoli italici.
II - Le origini comuni
Le terre e le chiese della diocesi hanno origini cristiane comuni, documentate da fonti archeologiche sin dal IV . In esse si radicarono i culti di san Pietro, san Paolo, sant’Andrea, san Demetrio, san Basilio, santo Stefano, san Girolamo, san Michele Arcangelo, san Donato, sant’Eustachio, sant’Erasmo.Gravina (locus Pietramagna) è attestata nelle fonti scritte come colonia greca col nome di Silbion.
Sotto il controllo di Roma prese il nome di Silvium e divenne municipium indipendente, ricco e potente.
La comunità che abitò la collina Pietramagna si trasferì nella sottostante vallata del torrente Gravina aggregandosi intorno ai centri di culto cristiani, dando vita alla civitas e alla diocesi, documentata fin dal 968.
L’arcipretura di Altamura fu istituita presso la chiesa di Santa Maria Assunta, voluta e sostenuta da Federico II di Svevia.
Le diverse etnie diedero vita a tanti quartieri particolari detti «claustri», raggruppati intorno a chiese e conventi.
Di gran rilevanza fu la comunità greco-bizantina, insediatasi intorno alla chiesa di San Nicola.
L’arcipretura di Acquaviva delle Fonti è attestata per la prima volta nella bolla del 1221, fatta rogare e sottoscritta da Andrea III (1214-1225), arcivescovo di Bari e Canosa.
III - Dal Medioevo al concilio di Trento
La storia della Chiesa di Altamura è legata a Federico II di Svevia che nel 1232, con atto pubblico rogato a Melfi, nominò Riccardo da Brindisi, suo cappellano (dilecti familiari et fidelis nostri), primo arciprete della cattedrale, con il compito di sovrintendere ai lavori di costruzione.L’imperatore stabilì, tra l’altro, che la Chiesa e i suoi arcipreti fossero liberi da ogni autorità arcivescovile e vescovile, e dipendenti solo dall’autorità imperiale e pontificia.
L’atto federiciano sottraeva, così, la terra di Altamura alla giurisdizione dell’arcivescovo di Acerenza e, quindi, del vescovo di Gravina, suo suffraganeo e ordinario delle chiese gravinesi e altamurane.
Lo stesso imperatore nel 1243, con altro atto pubblico, ordinò di assegnare al Colle Altamurae un territorio ritagliato dalle terre dei comuni di Gravina, Ruvo, Grumo, Matera.
La cattedrale, chiesa-parrocchia, dedicata a Santa Maria Assunta, fu frequentata dagli abitanti dei casali rurali distrutti, che ritennero più sicura la dimora fra le alte mura e sotto la protezione dell’imperatore.
Il popolamento si fece sempre più consistente con l’offerta di lavori per la costruzione della cattedrale e di altre opere pubbliche e private.
Federico II offrì a tutti coloro che andavano ad abitare Altamura terra da coltivare e agevolazioni fiscali per dieci anni.
Questi incentivi favorirono una immigrazione eterogenea di etnie dalle regioni limitrofe.
Infatti, ai greci, preesistenti alla presenza federiciana, e a quelli provenienti dal Salento si aggiunsero ebrei e musulmani berberi.
La cattedrale fu iniziata con la consacrazione e posa della prima pietra da parte di monsignor Samuele, vescovo di Gravina.
Morto Riccardo da Brindisi, l’imperatore nominò Nicola de Barbara di Lecce quale secondo arciprete di Altamura.
Questi, a sua volta, riconobbe Domenico Seni suo vicario, che rinunziò qualche anno dopo a favore del canonico Guirrerio di Gravina.
Il 15 luglio 1257 Giacomo di Taranto, nuovo vescovo di Gravina, chiese e ottenne da papa Alessandro IV i diritti episcopali sulle chiese di Santa Maria Assunta e San Nicola dei Greci, costruite, a suo avviso, su un territorio di sua giurisdizione.
Re Manfredi, figlio di Federico, ostacolò il vescovo di Gravina, ed elevò ad arciprete Giovanni Correnti da Brindisi, il quale scelse come suo vicario Logorio, al posto del Guirrerio.
Carlo II d’Angiò (1296) nominò arciprete Pietro de Angeriaco e con la bolla di papa Bonifacio VIII (1298) unì la chiesa di Altamura a quella di San Nicola di Bari.
Da questo momento iniziò la vertenza col vescovo di Gravina, favorita dalla politica dei tanti feudatari che si avvicendarono sulla terra di Altamura.
Nel 1454 Giovanni Antonio Orsini, signore di Altamura, con l’assenso di re Alfonso d’Aragona, riscattò la Chiesa altamurana dalla sudditanza di San Nicola di Bari, nominando il nuovo arciprete.
Fu l’inizio di una nuova storia dell’arcipretura di Altamura.
Nel 1477 re Ferrante I nominò arciprete il sacerdote Francesco Rossi.
Questi, sostenuto dal nuovo feudatario Pirro del Balzo, riuscì a conseguire da papa Innocenzo VIII la bolla di elezione della Chiesa a collegiata insigne, riconoscendo all’arciprete pro tempore le insegne e le prerogative vescovili.
Il Rossi si rese benemerito di alcune opere: fece costruire la chiesa della Santissima Trinità; sostenne l’istituzione della confraternita della Santissima Trinità; fece erigere con proprio denaro un edificio per accogliere i pellegrini.
Durante il suo governo ci fu l’insediamento dei domenicani presso il convento di San Rocco (1513).
Egli, però, esagerò nella politica di contrasto con l’autorità del vescovo di Gravina.
Infatti, osò nominare chierici latini e greci sia negli ordini minori che nei maggiori, provocando lo scandalo e l’opposizione pontificia.
Nel 1585 papa Sisto V fu costretto a revocare all’arciprete Giulio Moles le arbitrarie prerogative di promuovere chierici greci agli ordini maggiori e persino al sacerdozio, imponendo la graduale sostituzione dei chierici greci con quelli latini nel capitolo di San Nicola.
Papa Clemente VIII, con motu proprio del 13 febbraio 1601, soppresse il rito greco e stabilì che, alla morte dell’ultimo sacerdote greco, dodici sacerdoti latini fossero posti nel possesso della chiesa di San Nicola.
Tali ordini divennero esecutivi il 30 giugno 1602, quando, nella stessa chiesa di San Nicola, venne letto davanti a tutti il testo del motu proprio, fu dichiarato formalmente soppresso il rito greco nella chiesa di San Nicola e furono insediati con tutti i poteri i dodici chierici latini.
IV - Da Trento al 1818
L’apparente pace diocesana durò sino al 1593, quando fu eletto vescovo di Gravina monsignor Vincenzo Giustiniani, che rivendicò la visita pastorale alla Chiesa altamurana e le prerogative vescovili, usurpate con la bolla di papa Innocenzo VIII.L’opposizione energica dell’arciprete altamurano, accompagnata dal sostegno del feudatario Farnese, determinò l’interdetto contro la città, l’arresto, la carcerazione e l’esilio dell’arciprete De Mari e una amministrazione di vicari apostolici, privi di regio exequatur.
Il governo di Agostino Cassandra, vescovo di Gravina e successore di Giustiniani, riuscì a risanare l’anarchia e indusse l’autorità regia e il pontefice Gregorio XV a intervenire.
Il papa con bolla del 15 febbraio 1622 Decet Romanum Pontificem chiuse la vertenza con un concordato sottoscritto dai rappresentanti delle parti, in cui fu riconfermata la dipendenza dell’arcipretura di Altamura dal vescovo di Gravina.
L’arciprete De Mari ritornò libero, guidò la Chiesa di Altamura con l’obbligo di obbedire al vescovo di Gravina, con l’inibizione che né lui, né i suoi successori contravvenissero agli ordini del papa.
Tuttavia gli arcipreti e il clero si adoperarono per rivendicare la loro autonomia, ingraziandosi i sovrani borbonici, che pur favorendo la città non li assecondarono.
Nel 1665, il prelato Pietro Magri (1664- 1688) tornò a chiedere l’elevazione della prelatura a vescovato.
Carlo II di Borbone concesse il suo assenso a patto che si costituissero le sufficienti condizioni finanziarie per l’autonomia.
I due capitoli collegiali della chiesa madre e di San Nicola, tutto il clero, le confraternite, le famiglie aristocratiche e benestanti, tutti i fedeli raccolsero i fondi necessari per costituire la mensa vescovile.
Il progetto naufragò durante il governo di Michele Orsi (1718- 1722): il re ritirò il suo assenso per non privarsi della prerogativa di nomina del prelato.
La somma raccolta fu depositata e accresciuta, anno per anno, della rendita nel monte a moltiplico (1724).
Il capitolo della cattedrale, che gestiva quelle rendite, pensò di impiegarle nella costruzione di un seminario ecclesiastico, ma incontrò sempre l’opposizione dei sovrani.
Nel 1783 fu nominato prelato Gioacchino De Gemmis (1783-1818), promosso da Pio VI nel 1798 vescovo di Listra in partibus infidelium.
La nomina, voluta e sostenuta dai due capitoli, dalle autorità e da tutto il popolo di Altamura, ebbe lo scopo di assicurare alla prelatura la presenza di un vescovo titolare, anziché di un arciprete con le insegne vescovili, per tacitare definitivamente le continue pretese del vescovo di Gravina.
Da questo momento in poi, l’elezione del prelato fu accompagnata dalla promozione a vescovo titolare.
La chiesa palatina di Altamura fu difesa dai feudatari e dalla potente nobiltà della città, che riuscirono ad avere tutela e riguardi presso i sovrani, e, soprattutto, presso i romani pontefici.
V - Dal 1818 al Vaticano II. Verso l’unione
Il 27 giugno del 1818, dopo il concordato tra papa Pio VII e re Ferdinando I di Napoli, la bolla De Utiliori Dominicae vineae decretò l’unione aeque principaliter della diocesi di Gravina con quella di Irsina sotto la giurisdizione di monsignor Ludovico Roselli, morto prima della convalida pontificia.Fu, immediatamente, eletto vescovo Cassiodoro Margarita (1818-1850), che nel 1828 divenne anche amministratore apostolico della chiesa di Altamura, rimasta sede vacante per la rimozione di Federico Guarini.
Monsignor Margarita decise di risiedere ad Altamura, così riuscì a tacitare gli animi e creò l’armonia fra le comunità ecclesiastiche e laiche.
Intanto il 16 agosto 1848 papa Pio IX, con bolla Si Aliquando, elevò la Chiesa arcipretale di Acquaviva a prelatura nullius, unendola aeque principaliter a quella di Altamura sotto il governo di monsignor Giandomenico Falconi (1848-1862) di Acquaviva.
Da quell’anno Altamura, distaccata dalla diocesi di Gravina-Irsina, visse sotto la giurisdizione degli arcipreti sino al 1976, quando fu sottoposta di nuovo alla giurisdizione del vescovo di Gravina.
Durante il periodo risorgimentale anche la Chiesa subì i contraccolpi politici.
Infatti si alternarono frequenti periodi di sede vacante e scarso progresso nella vita della diocesi e della professione di fede.
A monsignor Cristoforo Maiello (1899-1906) si devono le istituzioni di confraternite e sodalizi, le premure per l’elevazione culturale delle fanciulle con l’ausilio delle suore betlemite, l’istruzione dei figli dei poveri attraverso l’opera del catechismo quotidiano.
I vescovi del primo cinquantennio del secolo scorso furono Nicola Zimarino e Giovanni Maria Sanna, entrambi impegnati nel far fronte ai problemi sociali, provocati dalla miseria e dalle due guerre mondiali.
Zimarino (1907-1920) ebbe il demerito di aver ostacolato l’opera dei pii sacerdoti Eustachio Montemurro e Saverio Valerio, che, nonostante tutto, diedero vita alla congregazione delle suore del Sacro Costato e dei Piccoli fratelli del Santissimo Sacramento.
Essi si distinsero nel servizio spirituale e materiale per tutti i bisognosi, per cui vissero e morirono in concetto di santità.
Monsignor Sanna (1922-1953) si distinse aiutando i poveri disoccupati contadini con l’assegnazione in enfiteusi delle terre dell’Ente autonomo Cappellania del Santissimo Nome di Gesù.
Favorì l’istituzione della congregazione delle suore Figlie di Gesù Crocifisso, richiamò le suore del Sacro Costato, riammise i padri conventuali in San Francesco.
Si impegnò nel campo ecclesiale, celebrando due sinodi e il III congresso eucaristico interdiocesano a Irsina.
Diede vita al bollettino diocesano «Pace e Bene», strumento di informazione e dialogo fra le parrocchie e la comunità.
L’episcopato del secondo cinquantennio del Novecento, oggetto di continui mutamenti e rinnovamenti, si è adeguato al rinnovamento della Chiesa cattolica, di cui le Chiese di Altamura, Gravina e Acquaviva delle Fonti portano i segni di positività.
Bibliografia
- V.d’Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelature (nullius) del Regno delle Due Sicilie, suppl. a Enciclopedia dell’ecclesiastico, IV, Napoli 1848;- O. Serena, La chiesa di Altamura, la serie dei suoi prelati e le sue iscrizioni, Trani 1903;
- V. Tangorra, La Terra di Sant’Erasmo. Memorie storiche dalle origini al secolo XVIII, Bari 1969;
- N. Ciccimarra, Cattedrale di Altamura. Storia degli illustri prelati e delle dinastie dall’origine sino ad oggi, Bari 1966;
- P. A. Anthropos, Il Cristianesimo nella regione Apulia et Calabria fino al secolo VIII, Palo del Colle 1983;
- G. D’Angola, Spinazzola nella storia, Palo del Colle 1986;
- G. Cioffari, Le origini di una competizione (Vescovi di Gravina-Arcipreti di Altamura), «Nicolaus Studi Storici. Rivista del Centro Studi Nicolaiani della Basilica di S. Nicola di Bari», IV, 1995, 5;
- M. D’Agostino, La pieve di Macchia Vetrana centro di aggregazione, in F. Raguso-M. D’Agostino, Poggiorsini dal Poggio Macchia Vetrana a Comune d’Italia, Poggiorsini 1995.
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Diocesi di Altamura - Gravina - Acquaviva delle Fonti
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.