Diocesi di Siracusa
STORIA
Il Lanzoni nella sua monumentale opera Le diocesi d’Italia scrisse: «Le navi che dall’Oriente e dall’Africa erano dirette a Roma, o da Roma ad Alessandria o a Cartagine, svernavano o passavano qualche tempo in quel porto [di Siracusa]… Gli uomini apostolici e i primi missionari devono aver fatto lo stesso cammino ed essersi fermati per qualche tempo nella regione di quel porto.Codesta stazione importante di commercio, battuta da negozianti orientali ed israeliti, codesto porto cosmopolita frequentato dai banditori dell’Evangelo, trovavasi nelle più fortunate condizioni per ricevere presto il Cristianesimo; i numerosi sobborghi della città e le abitazioni intorno a quel porto erano un terreno propizio per accogliere il Cristianesimo e formare un forte nucleo di cristiani».
Nel suo tempestoso viaggio verso Roma l’apostolo Paolo giunse a Siracusa, crocevia tra Oriente e Occidente, e vi rimase tre giorni (At 28,12).
Il silenzio degli Atti su quello che Paolo fece (e se vi trovò fratelli) non basta a dimostrare che non vi abbia predicato o non abbia trovato fratelli.
Fin dagli inizi della predicazione cristiana il Vangelo toccò anche Siracusa per la sua posizione geografica e per la sua importanza strategica, militare, commerciale e culturale, nel Mediterraneo.
Altro argomento sull’evento cristiano a Siracusa, prima dello sbarco di Paolo nella primavera dell’anno 61 (la Chiesa siracusana in passato celebrava liturgicamente l’11 marzo il «passaggio di san Paolo»), si può ragionevolmente fondare anche sui rapporti esistenti tra Siracusa e Corinto, evangelizzata negli anni 50.
Questo argomento non testimoniato da nessun documento trae la sua forza probante dalla natura dei rapporti, storicamente certi, tra le due città amiche.
Comunque san Giovanni Crisostomo disse in due sue omelie (in At e in Rm) che Paolo predicò in Sicilia, cioè a Siracusa, l’unica città visitata dall’Apostolo.
Un documento tardivo, scritto in greco (Cod.
Vat.
866 ff 43vb-46va) tra VII e VIII sec., detto Encomio per il nostro Santo Padre Marciano vescovo di Siracusa, fa risalire l’evangelizzazione della città al 39-49, appunto a Marciano antiocheno, discepolo dell’apostolo Pietro e protovescovo siracusano.
Per questo documento e da altro anteriore (la Vita di san Zosimo della metà del VII sec.) la Chiesa siracusana in ogni tempo si è sempre considerata «Chiesa petrina » (e non paolina).
Leone X nel 1517 scrisse: «Cum, sicut accepimus, Syracusana Ecclesia, quae secunda post Antiochenam Christo dicata, asseritur».
La società siracusana, dall’avvento di Marciano e Paolo, lentamente si trasformò ed ebbe nel suo seno una numerosa e organizzata comunità cristiana.
Dopo la persecuzione di Decio nella Chiesa si sollevò la grave questione sul modo di comportarsi con i lapsi.
San Cipriano, che da Cartagine scrisse a Roma per tale problema, ebbe una lettera di risposta nella quale si legge che «la stessa lettera (purtroppo perduta) era stata inviata in Sicilia ».
A parere del Lanzoni «se non a Siracusa soltanto, certo principalmente a Siracusa noi dobbiamo cercare il vescovo destinatario dell’epistola dei preti e dei diaconi di Roma del 250 o 251».
La comunità cristiana siracusana, numerosa e organizzata, ebbe una imponente presenza di cimiteri cristiani (catacombe).
Per l’archeologo Carmelo Amato «Siracusa è dopo Roma la città che ha il maggior numero di catacombe, le quali nelle loro particolarità architettoniche sono ancora le più belle del mondo»: cinque grandiose, più di settanta grandi ipogei, numerosi nuclei sparsi lungo le vie periferiche e nelle vicinanze.
Nel IV . Siracusa ricorda il martirio di santa Lucia, la cui personalità storica è stata provata dal ritrovamento, nelle catacombe siracusane di San Giovanni, della celebre epigrafe greca detta di Euskia, risalente alla fine dello stesso secolo.
L’epigrafe, il più antico e autentico documento di culto tributato alla santa siracusana, recita: «Euskia la irreprensibile,/ vissuta onestamente e religiosamente/ per circa 25 anni,/ morì nella festa della mia patrona (santa) Lucia,/ per la quale non vi è elogio condegno;/ fu cristiana fedele, perfetta, cara al suo marito/ per le (sue) molte grazie/ e dolcezze».
Il primo nome di un vescovo siracusano si ha nella Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, che riporta la lettera dell’imperatore Costantino Magno inviata «a Cresto, vescovo di Siracusa».
Con essa l’imperatore lo convoca ad Arles per il 1° agosto del 314, al concilio indetto per dirimere alcune contese sorte nella Chiesa.
Agli inizi del V . (409), probabilmente a opera dello stesso Pelagio e di Celestio, si diffuse a Siracusa l’eresia pelagiana, suscitando rumore e commozione di animi.
Il vescovo Ilario (414-416) scrisse a sant’Agostino in Ippona, che rispose inviando quasi un trattato (la celebre lettera 157) sciogliendo i dubbi proposti e confutando gli errori.
Nel VI . la vita dell’isola fu segnata dalla rapida conquista bizantina.
Le porte di Siracusa si aprirono al generale Belisario il 31 dicembre del 535.
La Sicilia, come attesta chiaramente l’epistolario gregoriano, sino al VI sec., non ebbe alcuna sede metropolitana.
Tutti i vescovi erano direttamente dipendenti (suffraganei) di Roma e tali dovettero rimanere sino alla confisca isaurica (732), che comportò la perdita del patrimonio della Chiesa romana e la sottomissione delle Chiese siciliane al patriarcato di Costantinopoli.
Da papa Gregorio I, tuttavia, fu concesso al vescovo di Siracusa un vicariato su tutta l’isola «non ratione loci, sed personae».
Ciò spiega perché al vescovo siracusano Giovanni, investito dopo Massimiano di tale vicariato, fu inviato anche il pallio «antiquate consuetudinis ordine provocatus».
Siracusa era indubbiamente la sede episcopale più importante della Sicilia, anche se, su disposizione papale, i vescovi siciliani erano tenuti a riunirsi in sinodo ogni anno alternativamente a Siracusa e a Catania.
Nel VII . lo statuto amministrativo della Sicilia fu modificato; la Sicilia divenne un Thema (provincia), che comprendeva l’isola e il Ducato di Calabria.
Siracusa ne fu costituita capitale.
Tuttavia «non esisteva ancora una organizzazione metropolitana, ma il vescovo di Siracusa, come titolare della sede della capitale politica, godeva di un certo posto d’onore».
Costante II, nel 663, trasferì da Costantinopoli a Siracusa la sua sede imperiale perché la Sicilia era «una base preziosa per l’allestimento delle campagne militari e il rifornimento delle offensive in corso».
Solo nel IX . Siracusa fu citata tra le Chiese metropolitane, dopo Costantinopoli e Tessalonica, nella Notizia di Basilio di Ialimbana (820-842): un trattato di geografia ecclesiastica.
Con l’elevazione di Siracusa a Chiesa metropolitana, avvenuta tra il 790 e l’820, giunse a compimento un processo iniziato nel VII sec., che si avvalse, come strumento storico-ideologico, del principio di Chiesa apostolica.
Nel IX . la Chiesa siracusana visse tra ombre e luci.
Il primo arcivescovo metropolita, di cui si abbia notizia, fu Teodoro il Crìtino (833-847), figura singolare di poco rilievo ma di molta risonanza, iconoclasta e amico dell’imperatore Teofilo (829-842).
Il Crìtino nell’869 (concilio Costantinopolitano IV) fu condannato e il suo nome fu inserito nel Synodikon che si recita per la festa dell’ortodossia: «A Teodoro di Siracusa in Sicilia e a quelli che con lui sono apostati, tre volte anatema ».
Alla guida della Chiesa, dal patriarca di Costantinopoli, fu chiamato il siracusano san Metodio, e poi Gregorio Asvestàs (847-865), «siculus», uomo dotto, oratore, maestro di monaci, miniaturista e restauratore del culto delle sante immagini in Sicilia.
Del primo millennio sono degni di ricordo i vescovi sant’Eulalio (499-503), che accolse in Siracusa san Fulgenzio, futuro vescovo di Ruspe, e partecipò al sinodo palmare di Roma; san Massimiano (591- 594), che fu ricordato da Gregorio Magno: «nunc Syracusanum episcopum, tunc autem mei monasterii Patrem»; san Giovanni (595-603), che fu indicato dallo stesso Gregorio a succedere a Massimiano, nonostante che l’elezione del vescovo fosse prerogativa del clero e del popolo; san Zosimo (648-661), che fu custode del corpo di santa Lucia, poi abate del monastero dedicato alla santa e infine, da vescovo della città, restaurò l’attuale cattedrale riconsacrandola alla Madre di Dio; san Teodosio, che partecipò al sinodo romano convocato da papa Agatone (680) firmandosi: «Theodosius, exiguus episcopus sanctae Ecclesiae syracusanae, provinciae Siciliae ».
Nel IX sec., turbato da vicende politiche e religiose, in Oriente rifulsero il patriarca san Metodio, vincitore del secondo iconoclasmo, san Giuseppe l’Innografo, il cantore della Madonna con il suo splendido Mariale (raccolto nel Migne), entrambi siracusani.
L’ultimo arcivescovo del millennio fu Gregorio, deportato a Palermo, quando il 21 maggio dell’878 Siracusa fu espugnata e distrutta dai musulmani che la dominarono per due secoli (878-1086) e la Chiesa siracusana per tale lungo periodo fu dichiarata diocesi in partibus infidelium.
Con l’avvento dei normanni in Sicilia, a Siracusa, riconquistata nel 1086, la diocesi fu rifondata nel 1093 con diploma di Ruggero d’Altavilla, ma soltanto come sede vescovile soggetta alla Chiesa romana.
Dall’11 aprile 1188, per volere di re Guglielmo II e di papa Clemente III, fu suffraganea di Monreale.
Il suo territorio si estendeva per tutta la Sicilia sud-orientale (val di Noto) comprendendo la città di Lentini, celebre per la folta schiera di martiri e di santi e un tempo sede vescovile, di cui si ricordano i vescovi Lucido, a cui scrisse papa Gregorio Magno (agosto 602), e Costantino, che sottoscrisse gli atti del II concilio di Nicea (787); in seguito fu smembrato e furono costituite le diocesi di Caltagirone e Piazza Armerina (1818), Noto (1844) e Ragusa (1950-1955).
Il 20 maggio 1844, con bolla di papa Gregorio XVI, a Siracusa fu restituita la sede metropolitana.
Le premure pastorali dei vescovi succedutisi sulla cattedra di san Marciano furono attestate dai frequenti sinodi.
I più importanti furono quelli di Erbes (1388), Dalmazio di San Dionisio (1510), Platamone (1518), Beccadelli Bologna (1553), Marini (1727), Baranzini (1938).
Il vescovo Girolamo Beccadelli Bologna partecipò al concilio di Trento, promosse la riforma del clero e dei monasteri con l’aiuto dei gesuiti, che egli aveva chiamato a Siracusa nel 1554, e fece stampare il primo catechismo in lingua italiana, che poi fu divulgato in tutta la Sicilia.
Il 15 aprile 1566 a Siracusa fu eretto il primo seminario dell’isola, voluto e raccomandato dal concilio Tridentino.
Il XVII . fu disastroso per la vasta diocesi, funestata da carestie, guerre e infine dall’immane terremoto del 9-11 gennaio del 1693, che contò circa 60.000 vittime e la totale distruzione di alcune città, che cambiarono sito (Noto, Avola, Sortino) e di Occhiolà, che non fu più ricostruita.
La diocesi si risollevò presto per l’insonne attività dei vescovi Francesco Fortezza (1676-1693), Asdrubale Termini (1695-1722), Tommaso Marini (1724- 1730) e Matteo Trigona (1732-1748).
L’attività culturale fu promossa dal vescovo Giambattista Alagona che, nel 1780, eresse la biblioteca del seminario (detta oggi Biblioteca Alagoniana) e dal vescovo Filippo Trigona che, nel 1809, fondò il Museo civico (oggi Museo regionale «Paolo Orsi»).
Tra il 1905 e il 1968, in un sessantennio denso di travagliati e ben noti eventi sociali ed ecclesiali, si susseguirono a Siracusa vescovi di origine lombarda: Luigi Bignami (1905-1921), Giacomo Carabelli (1921-1932), Ettore Baranzini (1933-1968) che ebbe come ausiliare il milanese Costantino Caminada (1960-1962) e coadiutore il comasco Clemente Gaddi (1962- 1963).
L’episcopato di Baranzini, in particolare, è segnato dalla lacrimazione della «Madonnina »: 29 agosto-1° settembre 1953.
Avvenimento che ha marcato in modo sostanziale il cammino della Chiesa siracusana, con evidenti riflessi su tutte le diocesi siciliane.
L’episcopato dell’isola, il 12 dicembre dello stesso anno, «vagliate attentamente le relative testimonianze nei documenti originali, hanno concluso unanimemente con il giudizio che non si può mettere in dubbio la realtà della lacrimazione.
Fanno voti che tale manifestazione della Madre celeste inciti tutti a salutare penitenza e a più viva devozione verso il Cuore Immacolato di Maria, auspicando la sollecita costruzione di un santuario che perpetui la memoria del prodigio».
A chiusura del congresso mariano di Sicilia, celebratosi a Palermo (10-17 ottobre 1954), Pio XII, dalla residenza estiva di Castel Gandolfo, nel suo radiomessaggio ai Siciliani Tra i memorandi fasti, si soffermò a lungo sul pianto della Madonna a Siracusa ponendo anche l’interrogativo sempre attuale: «comprenderanno gli uomini l’arcano linguaggio di quelle lacrime?».
Il grandioso santuario è stato dedicato il 6 novembre 1994 da Giovanni Paolo II; nell’omelia attribuì al linguaggio delle «lacrime» il significato del dolore, della preghiera e della speranza.
Un altro evento che ha segnato la storia di Siracusa cristiana è stato il recente ritorno, per una settimana (15- 22 dicembre 2004), del venerato corpo di santa Lucia, dopo 965 anni di assenza dalla sua terra natale.
Il corpo della santa fu traslato dal suo sepolcro (nelle catacombe di Santa Lucia) dal bizantino Giorgio Maniace nel 1039 a Costantinopoli e, poi, da qui a Venezia dai crociati nel 1204.
Il corpo di santa Lucia riposa nella chiesa parrocchiale dei Santi Geremia e Lucia di Venezia.
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Diocesi di Siracusa
Chiesa di Natività di Maria Santissima
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La facciata della cattedrale della Nativita’ di Maria a Siracusa -
L’ambone della cattedrale -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Il fonte battesimale
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.