Tanto le origini della città quanto quelle della diocesi sono incerte e sebbene alcuni autori pongano l’erezione della diocesi alla fine del V, al VII o al X sec., non si conoscono nomi di vescovi anteriori all’XI . Con l’avvento dei normanni e la costituzione della metropolia latina di Bari e Canosa (1025?), Giovinazzo (diventata contea) entrò a far parte della nuova provincia ecclesiastica, mentre la cronotassi episcopale registra Grimaldo come primo vescovo certo (1022-1038). La lista dei vescovi prosegue quasi ininterrottamente fino al grande scisma, quando la situazione si rende alquanto confusa. La cattedrale romanica, intitolata all’Assunta, fu dedicata il 2 maggio 1282 dal vescovo francescano Giovanni (1278-1304). In essa operava il capitolo, composto da quattro dignità e tredici canonici. Altri centri d’importanza religiosa erano i monasteri di Santa Maria di Corsignano (ante 1075, benedettini), San Giovanni Battista (ante 1078, benedettine, cisterciensi?) e Sant’Egidio (ante 1225, pulsanesi). Erano presenti anche i templari (San Pietro) e i giovanniti (San Giovanni). La diocesi si estendeva al territorio di Terlizzi, la cui chiesa madre (San Michele) era retta da un arciprete, posto a capo di un capitolo collegiale. Nell’agro terlizzese furono edificati i monasteri di Santa Maria di Cesano (ante 1040, benedettini) e di Santa Maria di Sovereto (ante 1203, benedettine?), quest’ultimo diventò templare (?) e poi giovannita. Nel XIII . giunsero nelle due città i francescani e le clarisse e a Giovinazzo erano giunti anche gli eremiti di sant’Agostino (XII sec.). Un giovinazzese, il beato Nicola Paglia (1197-1255) fu benemerito superiore della provincia romana dell’ordine dei predicatori e propagatore dell’ordine in Puglia. Fra tardo Medioevo ed età moderna si accrebbe pure il numero delle confraternite presenti in diocesi. Con il trattato di Barcellona (1529) l’imperatore Carlo V riservò a sé la presentazione dei vescovi, e in seguito essi furono di nomina regia. Lo spagnolo Juan Antolinez Brecianos de la Ribera (vescovo dal 1549 al 1574) dette inizio alla riforma tridentina e presiedette un sinodo diocesano (1566). Agli inizi del Seicento si insediarono in città i somaschi, seguiti dai cappuccini, e nel Settecento i domenicani. Per tutta l’età moderna si accrebbero i conflitti giurisdizionali sollevati dal clero terlizzese (già dal Medioevo) contro i vescovi giovinazzesi. Essi si acuirono anche a seguito della maggiore importanza acquisita da Terlizzi rispetto a Giovinazzo. Infatti, fra il 1610 e il 1693 si registrò un decremento delle rendite della mensa vescovile, passate da 1000 a poco più di 700 ducati, mentre Terlizzi contava 6000 abitanti contro i 4000 di Giovinazzo. Le lunghe e dispendiose tensioni fra i diritti giurisdizionali dei vescovi giovinazzesi e le pretese autonomiste dei terlizzesi giunsero a comporsi pacificamente con due provvedimenti di Benedetto XIV. Egli dapprima eresse la diocesi di Terlizzi (26 novembre 1749) e poi la unì aeque principaliter a Giovinazzo (24 aprile 1752). Le rendite della mensa vescovile salirono, quindi, a 2000 ducati e la tassa imposta dalla Sede apostolica lievitò da 44 a 77,1/77,2 fiorini. Tuttavia la residenza vescovile rimase a Giovinazzo (che fu fra le prime città pugliesi ad aderire all’ondata rivoluzionaria) fino al 1818, quando, a seguito del concordato con Ferdinando IV, Pio VII soppresse le due diocesi, accorpandole a Molfetta (27 giugno 1818), e a quest’ultima sede trasferì il vescovo di Giovinazzo e Terlizzi, Domenico Antonio Cimaglia (1818-1819). Il 4 marzo 1836 Gregorio XVI ricostituì le due diocesi e le unì aeque principaliter a Molfetta, sede immediatamente soggetta alla Sede apostolica. Le tre diocesi tornarono a essere suffraganee del metropolita di Bari, per volontà di Giovanni Paolo II, il 20 ottobre 1980; furono poi unite in persona episcopi alla diocesi di Ruvo con la nomina di Antonio Bello (30 settembre 1982) e, infine, pienamente unificate il 30 settembre 1986, dando origine alla diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo- Terlizzi.