Diocesi storica di Venosa
STORIA
I - Le origini e il Medioevo
Eretta alla fine del V sec., quando in Basilicata risultavano impiantate le sedi vescovili di Acerenza e di Potenza, la diocesi venosina alla fine dell’XI . risultava suffraganea di Acerenza, unica sede metropolitana della Lucania.Come appare dalla bolla di Pasquale II del 16 giugno 1102 essa figura fra le diciannove diocesi della regione lucana esistenti negli ultimi anni del XII . La città, fiorente centro commerciale in epoca romana, dal IV al IX . aveva ospitato una comunità ebraica; conquistata dai longobardi fu ripresa nel 976 dai bizantini, che la sottoposero al catapano di Bari.
Con l’avvento dei normanni nel 1041 Venosa diventò contea di Drogone d’Altavilla il quale ordinò la costruzione della badia benedettina della Santissima Trinità, consacrata da papa Nicolò II nel 1059.
Prediletta anche da Roberto il Guiscardo, che l’aveva resa demaniale, nel 1127 insorse contro i normanni che ne ordinarono l’abbattimento delle mura.
Al tempo degli svevi nel suo castello nacque Manfredi, figlio naturale di Federico II che la elevò a città regia, come rimase sotto gli angioini e durazzeschi.
Nell’alto Medioevo il principe Arechio vi portò i corpi di dodici martiri e il primo vescovo, Filippo, fu elevato a questa cattedra da san Fabiano verso l’anno 238.
Giovanni, celebrato per santità, avrebbe fermato le orde di Attila che nel 443 minacciarono la città sottoposta a successive conquiste da bizantini e saraceni.
Un altro vescovo, Austero, consacrato da papa Simplicio, avrebbe presenziato alla consacrazione della chiesa di San Michele Arcangelo del Monte Gargano e sarebbe caduto martire nella cattedrale.
Pietro, presule nel 1014, fu presente alla consacrazione della chiesa di Santa Maria della Foresta a Lavello.
Alla fine del V . si fa risalire anche la basilica, sorta durante l’episcopato di Stefano, presente nel pieno delle lotte che dilaniarono la Chiesa di Roma nel pontificato di Simmaco (498-514).
Egli intervenne ai sinodi romani del 501, 502 e 504.
L’ubicazione della primitiva cattedrale dovette probabilmente conformarsi alla presenza di reliquie di martiri.
Un primo spostamento avvenne alla metà dell’XI sec., epoca in cui il conte Drogone d’Altavilla fece costruire un nuovo edificio che dedicò a san Felice, vescovo africano probabilmente martirizzato a Venosa.
Nel corso dell’XI . si diffusero i culti dei santi Senatore, Vitalone, Cassiodoro e Dominata.
L’abate venosino Ingelberto inviò a papa Leone IX una memoria del loro martirio e fu sollecitato dal successore, Vittore II, a diffonderne la devozione in tutta la regione.
Un terzo spostamento avvenne nel 1471, quando il duca Pirro del Balzo, feudatario della città, fece edificare la cattedrale e la dedicò a sant’Andrea, facendone custodire le reliquie della Croce e dei santi Gregorio Magno, Carlo Borromeo, del protomartire Stefano, di Orsola e altri martiri.
Il collegio dei canonici al servizio della cattedrale risulta costituito all’inizio del XII sec., come da un atto riguardante la restituzione di due vigne effettuata nel gennaio 1105 da Roberto «diaconus et canonicus ecclesie sancti Andree apostoli episcopii civitatis Venusii» a favore di Pietro abate del monastero italo-greco di San Nicola di Morbano.
Altri elementi sul capitolo emergono da un atto di permuta dei beni, avvenuta il 19 agosto 1256, tra il vescovo di Venosa e Nifo abate del monastero di Morbano, al quale intervennero come testimoni Falcone, arcidiacono venosino, e altri quattro canonici.
Così in un altro documento di restituzione di un pezzo di terra allo stesso monastero, del 9 dicembre 1264, compare Roberto, diacono e canonico della cattedrale venosina.
Quanto poi alla divisione delle rendite e dei beni, la bolla del 31 agosto 1454 dell’arcivescovo di Acerenza, Marino, emanata a Venosa in occasione della visita pastorale al vescovo Roberto e al clero di Sant’Andrea, detta nuove norme sulla gestione e sulla divisione dei frutti e dei redditi della cattedrale, sull’elezione dei predicatori e sulla consuetudine dei pranzi che in certe festività venivano offerti ai canonici.
Nei primi decenni del XIV . è noto che il vescovo di Venosa versava tributi alla camera apostolica per la propria mensa vescovile e vi contribuivano anche le dignità e i singoli canonici.
Nel 1324 fra i sessantadue capitoli collegiati, retti da un «archipresbiter», che operavano nelle diocesi della Basilicata, ne figuravano due a Venosa.
Tra le istituzioni ecclesiastiche medievali si ricorda un ospedale dedicato a san Lazzaro, esistente a Venosa il 14 marzo 1270, data in cui il luogo pio risulta essere stato destinatario di un mulino, poi passato a Colino de Four per servizi resi alla corona.
Durante lo scisma d’Occidente Venosa, feudo dei Sanseverino, sostenne il papa avignonese, ma il clero si schierò con il vescovo Tommaso, favorevole a Urbano VI, contro Stefano al quale Clemente VII aveva affidato la diocesi.
Tuttavia, quando questi prese possesso dell’episcopato, gli ecclesiastici venosini lo accolsero e si schierarono contro Lorenzo e Giannotto, destinati a questa sede dal papa romano.
Successivamente si avvicendarono vescovi provenienti da lontano: nel 1386 il romano Francesco de Veneraneris, nel 1400 il patrizio di Ravello, Andrea de Fusco, nel 1457 il nobile salernitano Nicola Solimele, nel 1493 il patrizio napoletano Sigismondo Pappacoda.
II - Dal XVI sec. all’unità
Nel corso del Cinquecento la vita religiosa fu condizionata, oltre che dai vari feudatari, anche da una serie di calamità naturali come il terremoto del 1456, il sacco attuato da Gabriele Orsini, principe di Taranto, che nel 1459 rase al suolo la città, la pestilenza del 1503, scoppiata durante l’episcopato di Bernardo Buongiovanni, eletto da papa Alessandro VI, il quale costruì le chiese di San Rocco e San Sebastiano.Tra i successori, il francese Lamberto Albrando fu eletto vescovo da Giulio II, partecipò al concilio Lateranense e morì nel 1527; Guido appartenente alla famiglia dei Medici e fu imparentato con Clemente VII; lo spagnolo Ferdinando Serone consacrò nel 1531 la nuova cattedrale fatta costruire da Pirro del Balzo.
Nell’invasione del 1528 Venosa fu fedele agli spagnoli contro i francesi comandati da Lautrec, ma quando Pietro Navarro si appropriò della città, questa accolse i francesi, evitando in tal modo di essere saccheggiata.
Successivamente la città passò alle famiglie feudali dei Colonna, Sanseverino, Caracciolo e nel 1452 pervenne agli Orsini del Balzo, i quali nel 1470 vi costruirono un possente castello e un convento di frati minori.
Nel 1543 fu venduta a Isabella Ferrillo che la portò in dote alla casa Gesualdo; a essa successe la famiglia dei Boncompagni e dei Ludovisi di Roma, infine dei Caracciolo del Sole, principi di Torella.
La città di Orazio si distinse per fervore culturale: a metà del XVI . venne fondata l’Accademia degli Spensierati e nel secolo successivo operò l’umanista Luigi Tansillo.
Venosa fu patria dei giuristi Roberto Maranta e del canonico Lucio Maranta, vescovo di Lavello, che partecipò al concilio di Trento, ove diede prova di grandi capacità oratorie e competenza legale.
Allorché il vescovo Giovanni Antonio Locatelli venne in diocesi nel dicembre 1567, si contrappose all’università che nel 1568 aveva preteso l’osservanza della bolla In coena domini.
Tre anni dopo, in un clima religioso di lotta agli infedeli, numerosi ecclesiastici venosini seguirono Silvio Maranta alla battaglia di Lepanto.
I rapporti fra le autorità religiose e i governanti si incrinarono ulteriormente nel 1605 con il vescovo Mario Muro, già canonico di Melfi, il quale pretendeva decime che l’università gli contestava e ciò provocò un tumulto popolare che lo costrinse a riparare nella chiesa di Santa Maria della Scala e quindi a scomunicare la città.
Un periodo culturalmente vitale fu determinato dall’attività del principe Emanuele Gesualdo, che ai primi del Seicento fondò l’Accademia dei Rinascenti, alla quale aderirono laici ed ecclesiastici di grande dottrina.
Soprattutto va ricordato Andrea Perbenedetto (1611-1634), già vicario di Federico Borromeo a Milano, che ornò la cattedrale con le reliquie dei santi, istituì alcuni sodalizi per accrescere la devozione, si adoperò per elevare la cultura degli ecclesiastici venosini e per combattere le pratiche magiche e le superstizioni.
Nel corso del XVIII . la città, soggetta ad Antonio Caracciolo principe della Torella, ebbe fra i suoi presuli Pietro Antonio Corsignani, nominato da papa Benedetto XIII e autore di una storia venosina che pubblicò in appendice al sinodo del 1728.
Giuseppe Tommaso Giusti, eletto vescovo nel 1745, dovette invece combattere l’opposizione dei frati conventuali e dei canonici della cattedrale che lo accusavano di aver male amministrato i beni della diocesi.
Nei fermenti politici di fine secolo, culminati nel 1796 con una manifestazione popolare stroncata sul nascere e nella promozione della municipalità repubblicana del 1799, resse la diocesi Salvatore Gonnella, egli condannò i giacobini e tutti coloro che si dimostrarono favorevoli ai francesi.
La diocesi, composta da Venosa, Forenza, Maschito, Spinazzola e Castello del Garagnone, dal 1801 al 1818 fu sede vacante e venne retta dall’arcidiacono Vincenzo Maria Calvini.
Con il concordato del 1818, la diocesi di Venosa incorporò la Chiesa di Lavello come collegiata insigne.
Dal 1818 al 1826 ne fu vescovo Nicola Caldoro e alla sua rinuncia nel 1828 venne elevato alla dignità vescovile l’arciprete mitrato di Altamura Federico Guarini, cui subentrarono nel 1837 Michele de Gattis e nel 1847 Michele Vaglio che, contrario al plebiscito, per i rivolgimenti politici del 1860 abbandonò la diocesi.
Dal 1922 la diocesi di Venosa fu unita a quella di Melfi e Rapolla.
La sede, suffraganea di Potenza dal 1976 al 1986, fu unita pienamente a Melfi il 30 settembre di quello stesso anno.
Bibliografia
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C. D. Fonseca, Le istituzioni ecclesiastiche dal tardoantico al tardomedioevo, in Storia della Basilicata, II. Il medioevo, a c. di C. D. Fonseca, Roma-Bari 2005, 225-292.
Diocesi di Venosa
Chiesa di Sant'Andrea
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.