La storia della diocesi telesina si scandisce inevitabilmente oltre che sulla vicenda religiosa su quella politico-amministrativa ed economica. Intanto c’è una lacuna tra le prime attestazioni di un vescovato nel V . e il ripristino dello stesso dopo che l’arcivescovo beneventano ebbe nel 969 dal papa Giovanni XIII la facoltà di consacrare vescovi nella sua provincia ecclesiastica. È una lacuna di circa cinque secoli appena interrotta dal ricordo di due vescovi, Menna nel 600 e Palerio nel IX sec. Nel 465 Florenzio è tra i sottoscrittori del sinodo di papa Ilario, mentre Agnello lo è degli atti del sinodo di papa Felice II dell’anno 487. Non sono poche le diocesi, anche piccole, che si fregiano di una sede vescovile nel V-VI . Su di esse si abbatte la valanga dei longobardi. Nella seconda metà del X sec. si assiste a una riorganizzazione della maglia ecclesiastica. Non conosciamo però nessun vescovo telesino dalla elevazione ad arcidiocesi della sede beneventana fino al 1061, vale a dire per gli anni che vedono da una parte il decadere del potere longobardo e dall’altra l’insediarsi dei normanni, prima in Campania e poi nell’intero sud. È cioè solo dal 1061 che la facoltà di eleggere nella sede di Telese il vescovo risulta documentatamente messa in pratica, poiché al concilio provinciale tenuto da Oudalricus intervenne il presule di quella città. Nel 1075 è documentata la presenza del vescovo Gilberto, il quale sottoscrive insieme all’abate di San Salvatore de Telesia, Leopoldo, una decisione sinodale a favore di Madelmo, abate di Santa Sofia. Sia il vescovo sia l’abate telesino potrebbero essere normanni, voluti dai nuovi dominatori. Quanto alla fondazione di San Salvatore, «va rilevata l'importanza della nuova fondazione come nodo di aggregazione religiosa e di controllo dell’area», e insieme centro d’irradiazione culturale e punto di tappa per viaggiatori e personalità politiche e religiose su uno dei tracciati interni della via Latina. Per l’XI sec. di un vescovo Tommaso si conoscono una epigrafe in versi leonini sul suo sepolcro di marmo in cattedrale e il frammento di una epigrafe, il che chiama in causa la distrutta cattedrale di Telese – di cui un recente scavo ha solo rimesso in luce la breve emergenza di due absidi – e i suoi tempi di erezione, che potrebbero essere dati alla fine dell’XI-inizio XII sec.. Alla fine dell’XI sec. l’insediamento monastico di San Salvatore vede la costruzione di una nuova abbaziale, con caratteri iconografici di matrice oltrealpina e più precisamente in arrivo da quella Normandia da cui era venuto da qualche tempo il nuovo abate di origini romane, Giovanni, dopo una burrascosa permanenza in quella terra. Dietro l’abbaziale c’è sicuramente la committenza e il finanziamento del conte di Telese Roberto, munifico protettore della chiesa e animatore di altre iniziative edilizie. Il monastero telesino risulta coinvolto nella lotta tra Ruggero II e Roberto II di Capua in alleanza con Rainulfo conte di Telese, che si ribellano a una vera e propria annessione del Principato di Capua e dunque anche della Contea di Telese al Regno di Sicilia, proclamato nel 1130. Il solo nome dell’abate del tempo, Alessandro Telesino, riverbera sul cenobio una luce indelebile. È qui che lo scrittore-abate ha steso la storia di Ruggero ed è qui che è rimasto attivo uno scriptorium, del quale purtroppo si conosce poco. Passati al XIII sec., si registrano le fondazioni di due nuovi monasteri: Santa Maria del Roseto tra Solopaca e Melizzano e Sant’Antonio a Cerreto.
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.