Diocesi storica di Tolentino
STORIA
I - Le origini
La distruzione dell’antica Helvia Ricina nel 553 d.C.spinse gli abitanti della colonia romana a insediarsi nelle zone circostanti, formando nuovi nuclei urbani.
Pur non conoscendo esattamente le circostanze, i nuovi centri abitati dovettero unirsi successivamente sotto l’unico nome di Macerata.
Il fatto avvenne certamente prima del 1022, data del primo documento recante una menzione esplicita della città.
Tra il XII e il XIII . Macerata conobbe un rapido sviluppo e, nel 1290, papa Niccolò IV le concesse facoltà di eleggere liberamente il podestà e gli altri ufficiali.
L’atto di fondazione della diocesi risale al 18 novembre 1320.
Per premiare la fedeltà dei suoi abitanti (Ecclesiae devoti filii et fideles) e punire la ribellione della ghibellina Recanati, Giovanni XXII con la bolla Sicut ex debito eresse la diocesi di Macerata, soppresse quella di Recanati e sottomise quest’ultima alla giurisdizione della nuova sede episcopale.
Ampio si rivelò il territorio inglobato nella nuova diocesi: non solo Recanati, ma anche Loreto le fu annessa.
Primo vescovo della diocesi fu Federico di Recanati, entrato solennemente nella città il 4 gennaio 1321.
Sostituito dopo soli due anni a motivo del suo trasferimento alla sede di Senigallia, gli successe il beato Pietro Mulucci da Macerata.
Nel 1357 giunsero nuovi cambiamenti.
Per iniziativa del cardinale Albornoz, papa Innocenzo VI decise di ristabilire la diocesi di Recanati unendola, nella persona del vescovo, a quella di Macerata.
La residenza episcopale fu fissata a Recanati e il fatto provocò un generale scadimento della disciplina del clero maceratese.
Eccettuato un intervallo di trent’anni (1516-1546), l’unione delle due diocesi rimase stabile fino al 1586 e i vescovi assunsero l’unico titolo di «vescovo di Recanati e Macerata».
Sotto il profilo squisitamente religioso, il 1356 rappresentò un momento di singolare importanza: il 25 aprile di quell’anno, analogamente al miracolo eucaristico di Bolsena, un corporale venne macchiato sanguinis Domini nostri Jesu Christi de calice.
Nel 1370 una richiesta del vescovo Oliviero ottenne un ulteriore allargamento dei confini diocesani ai danni delle vicine Fermo e Camerino.
La reazione dei vescovi delle due diocesi convinse papa Urbano V a eliminare definitivamente, con una bolla del 1° maggio 1372, ogni futura velleità di ingrandimento della diocesi maceratese.
Tra i vescovi di questo periodo, due meritano una particolare menzione: il primo è Angelo Correr, già Gregorio XII, nominato vescovo di Macerata e Recanati in seguito alla rinuncia alle sue pretese pontificie nel concilio di Costanza; il secondo è Giovanni Vitelleschi (1431-1435) di Corneto Tarquinia.
Durante l’occupazione di Roma da parte degli Sforza, i suoi energici interventi in favore dell’autorità pontificia e la radicale opposizione al potere sforzesco (usurpatore di quello papale) gli valsero l’onore di una statua in Campidoglio e il titolo di «terzo fondatore dell’Urbe ».
Per questi motivi elevato alla dignità cardinalizia, nel 1435 fu trasferito da Macerata alla sede di Firenze e successivamente ad Alessandria, di cui divenne patriarca.
Il XV . non registrò altri episcopati particolarmente significativi.
In questo periodo Macerata attraversò un periodo di crisi religiosa e morale, complice l’assenza dei vescovi, alla guida della diocesi solo per mezzo di vicari.
Non mancarono, però, segnali positivi quali la predicazione di san Giacomo della Marca, la fondazione del convento degli osservanti, l’erezione di alcune confraternite.
II - Durante e dopo il concilio diTrento
La prima metà del XVI . offrì gradualmente segni di ripresa.Anche se la città fu visitata dal 1510 al 1539 per ben otto volte dai pontefici, fu dal basso che venne la spinta riformatrice.
Il 31 dicembre 1539 una risoluzione consiliare del comune invitò i cappuccini a insediare una comunità a Macerata, promettendo collaborazione per la costruzione del loro convento.
Alle parole seguirono i fatti: nel 1544 i cappuccini si trasferirono nella nuova costruzione e il convento divenne un punto di riferimento per la città.
All’opera dei cappuccini si affiancò quella della Compagnia di Gesù.
Sollecitati da alcune nobildonne maceratesi e dal decisivo intervento del comune, i gesuiti giunsero a Macerata nel 1561 e fondarono un collegio, ricco di allievi, molti dei quali futuri missionari.
Tra questi i padri Ricci, Mancinelli, Costa, Alaleona, Piani, Palmucci, fratel Oliviero Toscani.
La presenza della Compagnia di Gesù suscitò un consistente miglioramento della vita religiosa, culturale ed economica della città.
A Macerata essi istituirono quattro congregazioni – dei nobili, dei mercanti e degli artisti, dei contadini, degli scolari – tese alla formazione religiosa e alla beneficenza.
Curarono vivamente il culto eucaristico e promossero la pratica delle Quarantore in tempo di Carnevale.
Il 21 agosto 1773, data della soppressione della Compagnia di Gesù, fu per Macerata la fine della loro preziosa opera: dopo il ripristino essi non fecero più ritorno nella città.
La seconda metà del XVI . fu ricca di importanti novità e di fervore religioso.
Nel 1565 giunsero a Macerata i carmelitani, nel 1567 i domenicani, nel 1575 i somaschi, e infine nel 1595 i fatebenefratelli.
Nel 1586 Sisto V separò la diocesi di Recanati da quella di Macerata e il 10 dicembre dello stesso anno unì a quest’ultima la diocesi di Tolentino aeque principaliter.
Decisivo per la vita della diocesi fu, in questo periodo, il lungo episcopato di Galeazzo Morone (1573-1613), il grande realizzatore delle disposizioni del concilio di Trento.
Come in altre diocesi, anch’egli compì una diligente visita pastorale, celebrò cinque sinodi diocesani, tentò di fondare il seminario, favorì l’arrivo dei domenicani e quello dei somaschi.
Durante il suo episcopato Pollenza e Urbisaglia, sottratte alla diocesi di Camerino, vennero annesse alla diocesi di Macerata.
Il suo successore, cardinal Felice Centini (1613-1641) continuò e completò l’opera avviata.
Il 6 febbraio 1615 fondò il seminario, favorì la presenza dei barnabiti e dei filippini, migliorò l’edilizia ecclesiastica.
Celebrò due sinodi diocesani, fondò un’accademia di letterati, modificò il calendario ecclesiastico e civile.
L’illustre porporato fu anche tra i membri del Sant’Ufficio nel processo a Galileo Galilei.
I successivi vescovi maceratesi si distinsero per zelo pastorale e doti culturali.
Sostanzialmente, essi continuarono e stabilizzarono l’opera di riforma avviata all’indomani di Trento.
In questo contesto si rivelò incisiva l’opera di alcuni predicatori, quali san Lorenzo da Brindisi e soprattutto san Leonardo da Porto Maurizio.
Importante fu anche la cospicua diffusione delle confraternite nel XVI e XVII sec.
III - Dall’Ottocento ai giorni nostri
Sul finire del Settecento, la tempesta della Rivoluzione francese fece sentire i suoi effetti anche nelle Marche.Dopo la promulgazione in Francia della «costituzione civile del clero», molti sacerdoti refrattari, esuli dalla loro nazione, giunsero in Italia alla ricerca di un ricovero.
Macerata ne accolse 69, tra cui un vescovo.
Nel 1796, trasferito a Benevento monsignor Spinucci, venne nominato vescovo di Macerata Alessandro Alessandretti (1796- 1800).
I suoi anni di episcopato furono particolarmente difficili.
La rottura dell’armistizio di Bologna da parte dei francesi agitò la vita politica di Macerata e in quelle circostanze il vescovo svolse un’opera di primo piano evitando alla città pericolosi tumulti.
Fu un pastore intrepido: rivestito degli abiti pontificali, affrontò le truppe napoleoniche perché la città venisse risparmiata dal saccheggio, anche se inutilmente.
Celebre rimase una omelia nella quale dichiarò la compatibilità tra democrazia e cristianesimo.
Luminoso ma non privo di difficoltà fu l’episcopato del suo successore, san Vincenzo Strambi (1801-1823).
Divenuto passionista e consigliere di molti cardinali, Vincenzo Strambi fu eletto vescovo di Macerata da Pio VII, a lui particolarmente affezionato.
Molto attento alla cura dei poveri, cercò di aumentare il numero dei ricoverati nell’orfanotrofio; si impegnò concretamente per una ripresa della vita cristiana visitando la sua diocesi, aprendo le scuole pie per le fanciulle e un liceo per i giovani, scrivendo meditazioni.
La tormenta napoleonica investì strutturalmente il suo episcopato.
Rifiutando il giuramento imposto da Napoleone, fu mandato in esilio prima a Novara, poi a Milano e solo il 12 maggio 1814 poté far ritorno nella sua diocesi.
Ma i problemi non finirono.
Come monsignor Alessandretti, in abiti pontificali affrontò gli austriaci che si dirigevano verso Macerata per saccheggiarla, dopo la vittoriosa battaglia di Tolentino il 3 maggio 1815 contro le truppe di Murat.
Il suo provvidenziale intervento salvò la città.
Dopo gli sconvolgimenti militari, il vescovo si impegnò per il ritorno degli ordini religiosi scacciati, per la riedificazione dei monasteri soppressi, per la ricostruzione del seminario.
Lottò per la riapertura dell’università e cercò di garantire una ripresa dell’insegnamento del catechismo.
Pastoralmente i suoi metodi si rivelarono inclini a una certa fermezza, alienandogli in questo modo l’animo di tanti maceratesi.
Dopo reiterate istanze, ottenne da Leone XII di essere sollevato dal governo della diocesi nel 1823.
Giunto a Roma, il papa lo volle suo confessore; la malattia di Leone XII fu per lui determinante: di fronte all’insperata guarigione del pontefice, offrì a Dio la sua vita per quella del papa.
All’improvviso recupero di Leone XII seguì la sua morte, altrettanto inattesa, il 1° gennaio 1824.
Beatificato da Pio XI nel 1925, venne canonizzato da Pio XII l’11 giugno 1950.
Speciale ricordo merita il vescovo Amadio Zangari (1851-1864), presente a Roma durante la promulgazione del dogma dell’Immacolata Concezione e particolarmente legato a Pio IX, cui riserbò una calda accoglienza durante la sua visita a Macerata nel 1857.
Durante il suo episcopato, dopo l’annessione delle Marche al Regno d’Italia, trovarono attuazione le disposizioni legislative sulla soppressione degli ordini religiosi.
Furono numerosi i conventi chiusi.
Dal 1881 al 1888 fu vescovo Sebastiano Galeati, poi arcivescovo di Ravenna e cardinale.
Mentre l’anticlericalismo postunitario guadagnava nelle Marche numerosi seguaci, il suo carattere mite gli guadagnò molte simpatie.
In lui l’Opera dei congressi trovò uno dei primi sostenitori.
Dal 1889 a Macerata prese avviò la costruzione di un istituto salesiano, l’ultimo approvato personalmente da don Bosco.
I primi decenni del Novecento furono segnati da molti problemi.
Mentre Raniero Sarnari (1902-1916) offriva attenzione e premura all’Azione cattolica, Macerata fu scossa dallo scandalo di un canonico che, già seguace del modernismo di Romolo Murri, finì tra le fila dei metodisti.
Importanti furono le iniziative di Domenico Argani (1935-1947), pastore forte e deciso, per lenire le sventure della seconda guerra mondiale.
Durante il suo episcopato ebbe inizio la Peregrinatio Mariae.
Durante l’episcopato di Silvio Cassulo (1948-1968) la diocesi di Macerata conobbe importanti cambiamenti.
Il 3 maggio 1964 la diocesi di Cingoli, già unita a quella di Osimo, venne affidata dalla Santa Sede in amministrazione apostolica al vescovo di Macerata.
Tre anni più tardi, nel 1967, monsignor Cassulo venne nominato amministratore apostolico anche della diocesi di Treia, eretta nel 1818, già amministrata in precedenza dall’arcivescovo di Camerino e, successivamente, nel 1913 dal vescovo di San Severino.
Nel 1970, durante l’episcopato maceratese di Ersilio Tonini – poi arcivescovo di Ravenna e in seguito cardinale –, la Santa Sede affidò al vescovo di Macerata anche la diocesi di Recanati.
In questi anni monsignor Tonini offrì grande attenzione ai problemi sociali delle diocesi affidategli.
In ultimo, il 25 gennaio 1985 la Santa Sede unì definitivamente le sedi di Recanati, Cingoli e Treia; il 30 settembre 1986 la Congregazione per i vescovi stabilì che la nuova diocesi dovesse chiamarsi «diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli- Treia», con sede in Macerata.
Attuazione a queste disposizioni fu data dal vescovo monsignor Carboni, con decreto del 30 gennaio 1987.
Deceduto tragicamente in seguito ad un incidente stradale, gli successe Luigi Conti, che fece il suo ingresso solenne il 28 settembre 1996.
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Diocesi di Tolentino
Chiesa di San Catervo
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.