Beni architettonici
- Sesto Fiorentino (FI)
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Parrocchia di San Martino a Sesto Fiorentino
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Diocesi
Firenze
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Regione ecclesiastica
Toscana
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Tipologia
chiesa
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Qualificazione
sussidiaria
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Denominazione principale
Chiesa di San Lorenzo al Prato
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La chiesa di S. Lorenzo al Prato si trova nel Comune di Sesto Fiorentino, lungo la via della Torre - via Cino da Pistoia, immediatamente ad est della villa di S. Lorenzo al Prato, cui e collegata mediante un arco. Nei pressi è via degli Scardazzieri o Scardassieri (gli scardassatori o cardatori, che cardavano a mano, cioè pettinavano, la lana). Sorge entro l'antico nucleo turrito di San Lorenzo, oggi circondato da una recente edilizia estensiva. Facciata in conci a vista, pianta a navata unica.
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- Pianta
- La chiesa ha pianta ad aula absidata, con orientazione est/sudest-ovest/nordovest, avendo l'abside rivolta verso l'alba del giorno di Natale. Dalla porta a destra nella nave si ha l'accesso alla sagrestia, dalla quale si accede mediante una scala al corridoio parallelo alla parete laterale destra della chiesa ed alla cantoria in controfacciata. Le dimensioni indicative dell'interno della chiesa sono: lunghezza totale m 12,60, larghezza totale m 6,10.
- Facciata
- La facciata medievale è a gradienti, in conci di pietra non isodomi a vista. In origine a capanna, la cimasa è stata rimaneggiata nell'Ottocento. Il rosone centrale, poi trasformato in un finestrone più ampio, è stato tamponato parimenti nell'Ottocento. A sinistra si apre una grande monofora trilobata trecentesca, poi murata reimpiegando parzialmente antichi conci. Il portale, che ha sostituito quello originario, è in arenaria, trabeato, e reca nel fregio l'iscrizione a caratteri capitali: "DEO ET DIVO LAURENTJO M[ARTYRE]". Il prospetto sinistro nordorientale è anch'esso in conci a vista e presenta due finestre neoclassiche di tipo termale romano, aperte nell'Ottocento. Sul retro l'abside semicircolare, in conci disposti secondo filari, è un eccellente esempio di apparecchio murario romanico.
- Campanile
- Il campanile è a vela, intonacato; il sistema campanario non è elettrificato; è posto tergalmente, presso l'angolata sudorientale.
- Interno
- L'interno è stato interamente rifatto in forme neoclassiche nella prima metà dell'Ottocento. L'abside presenta l'intonaco interamente dipinto: quattro finte lesene scandiscono il perimetro in specchiature vede chiaro e rosa-violaceo; in quelle laterali sono presenti candelabre a monocromo. Al di sopra della trabeazione en-trompe-l'oeil il catino ha lacunari dipinti disposti in diagonale con rosoni al loro interno. L'arcone presbiteriale è inquadrato da due lesene dipinte tuscaniche con teste alate di cherubino nel collare dei capitelli. L'altar maggiore, alla romana con tre gradi, nelle tonalità dell'avorio con lumeggiature d'oro, presenta la mensa sostenuta da balaustri strigilati; il tabernacolo è contraddistinto da una cupoletta emisferica e da due colonnine ioniche in marmo screziato sorreggenti la trabeazione. Le pareti laterali sono anch'esse scandite da quattro lesene dipinte per lato, d'ordine ionico e con fusto scanalato. Nelle capate centrali si trovano i due altari laterali speculari (dossali con paraste corinzie sorreggenti la trabeazione, sormontata da un timpano semicircolare recante una testa alata di cherubino e con acroteri laterali; mensa su balaustri), nelle prime e nelle terze portali dipinti trabeati e gravati da finti vasi tra e nastri svolazzanti (solo la porta di destra nella terza campata è vera ed immette nella sagrestia). In controfacciata si trova la cantoria, su due colonne doriche marmorizzate, con balaustra dipinta a girali in monocromo e al centro un tondo raffigurante, sempre a monocromo, Santa Cecilia. Al di sotto della cantoria, di lato alla bussola lignea, sono le due lapidi che rammentano Gaetano Corsi; al di sopra della cantoria, la controfacciata è conclusa da una pittura che riprende specularmente il prospetto del presbiterio: due finte lesene tuscaniche laterali che inquadrano un illusorio catino, rappresentato come quello dell'abside. La controsoffittatura, a finta volta a botte fortemente depressa, entro una quadratura dipinta a lacunari con rosoni interni, girali con i monocromi dorati della Fede e della Speranza e panoplie di oggetti sacri riferentisi al martirio di S. Lorenzo, presenta il grande tondo con la Gloria di San Lorenzo tra cherubini, perimetrato da una cornice dipinta a foglie e frutti color oro. La chiesa prende luce da due finestre neoclassiche di tipo termale romano poste nella parete longitudinale sinistra, mente quelle speculati nella parete destra sono finte. Numerose icone ortodosse di manifattura rumena si trovano presso gli altari laterali e di lato all'arcone presbiteriale, mentre sull'altar maggiore è un Crocifisso dipinto tra Maria e San Giovanni. L'altezza della navata è m 6,20.
- Elementi decorativi
- Pitture murali neoclassiche.
- Pavimenti e pavimentazioni
- La pavimentazione è in cotto antico arrotato a crudo con mattoni disposti a spinapesce, con inserti di riquadri in marmo bianco.
- Coperture
- Controsoffitto dipinto a finta volta a botte depressa in corrispondenza della nave; catino sovrastante l'abside; tetto a capanna con manto in coppi e tegole piane; tetto a cono coprente il catino.
- Pianta
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- XII ‐ 1269 (origini carattere generale)
- Forse nel XII secolo viene eretta la prima torre della casa fortificata 'da Signore' degli Adimari, al centro di pascoli, paludi e boschi, dai quali deriva il toponimo di 'al Prato', qualificata da finestre con mostre in alberese. Nel 1269 il complesso, posto nel popolo di S. Lorenzo, è di Bernardo degli Adimari, "iudex", e dei suoi nipoti, figli del defunto fratello Manfredi ("turris cum stabulo [stalla, scuderia] et porticatu et cum duabus cappannis"). Quindi viene eretta una seconda torre ed un perimetro di mura recinge il luogo. Secondo il Carocci, però, i proprietari originari erano i Petriboni-Fastelli; altre fonti attestano che presso la chiesa di S. Lorenzo esistesse un palatium con chiesa, granaio e torre della Mensa Vescovile. Probabilmente il nucleo, con più torri, era di una consorteria di famiglie gravitanti attorno all'episcopio. La chiesa è parrocchiale e nel 1269 viene citata come "ecclesia Santi Laurentii de Sexto" suffraganea della pieve di S. Martino a Sesto.
- 1299 ‐ XIV (cenni storici carattere generale)
- La chiesa, ancora citata tra le suffraganee della pieve di S. Martino nel 1299, quando viene tassata di sei lire, sorge a 42 metri s.l.m., circa 10 metri al di sopra dei terreni impaludati della zona, ed il suo 'popolo' costituisce, insieme a quello di S. Maria a Padule, il popolamento dell'estremità della piana ai margini delle paludi all'interno della pievania di S. Martino, gravitante attorno all'antico tracciato della Cassia Vetus. La strada che da Monte Morello e da Cercina scende verso San Lorenzo (intersecando l'antica Cassia Vetus presso la pieve di S. Martino) è controllata dai Della Tosa, fideles dell'episcopio, mediante le loro numerose proprietà nella zona.
- 1380 ‐ 1387 (cenni storici carattere generale)
- Nel 1380 (stile moderno) Jacopo di Ubaldino Fastelli Petriboni, "tavoliere" (banchiere) e Capitano del Bigallo, lascia il suo complesso alle figlie Caterina e Bartolomea ("un palagio con corte, orto e casolari posto in luogo detto il Prato"). Da ricordare il curioso aneddoto che aveva riguardato Jacopo Fastelli, figlio di Ubaldino, Priore del Quartiere di S. Maria Novella nel 1343: in virtù di un lascito di Giovanni di Nello avrebbe dovuto elargire all'ospedale di Sesto 30 fiorini, ma non avendo compiuto il suo dovere, era stato "gravato e pegnorato". Caduti i Petriboni in disgrazia come ghibellini nel 1383, Jacopo si rifugiò a Bologna e nel 1887 lui ed i suoi discendenti furono esclusi in perpetuo dai pubblici uffici di Firenze, decretando l'inarrestabile declino della famiglia che fu già magnatizia.
- 1400 ‐ 1444 (cenni storici carattere generale)
- Solamente nel XV secolo il complesso, passato ai Venturi, perde definitivamente l’aspetto di casa fortificata per assumere quello di villa. Secondo il Carocci la chiesa viene soppressa come parrocchiale agli inizi del Quattrocento e poiché, come attesta il Repetti, non compare nel libello delle tasse imposte dalla Repubblica
- XVI ‐ 1575 (cenni storici carattere generale)
- Nel XVI secolo S. Lorenzo viene annesso alla chiesa di S. Maria a Padule e successivamente sarà legata alternativamente anche alla pieve di San Martino. Nel 1568 viene visitata dall'arcivescovo Antonio Altoviti (1521-1573), che trova internamente ad essa la nidificazione di alcuni volatili. Importanti lavori vengono realizzati al contiguo complesso del Prato: la villa viene ristrutturata, conducendola ad una icnografia ad U attorno al cortile porticato su due lati, è affrescata ed è riqualificato il giardino grande posto a sudovest. I Venturi, che detengono sempre il patronato di San Lorenzo insieme ai Martini, trasformano l'edificio sacro nel loro oratorio, del quale nel 1575 è rettore Vincenzo di Marcantonio Venturi, il quale la definisce "senza cura", cioè senza più un curato (un parroco).
- 1807 ‐ 1808 (cenni storici carattere generale)
- Nel 1807 Ippolito di Neri Venturi (1752-1817), ultimo del suo casato e privo di discendenza, designa come rettore di S. Lorenzo padre Gaetano Brunelleschi, che vi rimane fino al 1808. Alla morte di Ippolito Venturi nel 1817 ereditano la figlia adottiva Carolina di Pietro Colon ed il marito Paolo Garzoni (1762-1842) di Lucca, che aggiunge il cognome Venturi al proprio.
- 1817 ‐ 1838 (cenni storici carattere generale)
- La villa e l'oratorio, dopo il 1817, passano al "negoziante" (finanziere) e "possidente" Gaetano di Vincenzo Corsi (m. 1843) di Firenze, già possessore da prima del 1835 di una tenuta nel 'popolo' di S. Lorenzo a Galliga, da non confondersi con i marchesi Corsi Salviati (con tale duplice cognome dal 1796), proprietari fin dal 1502 dell'omonima e famosa villa sempre a Sesto. Attorno al 1838 la chiesa viene riqualificata all'interno in forme neoclassiche dal Corsi e presenta un soffitto affrescato con San Lorenzo portato in cielo dagli angeli. Due lapidi in controfacciata ricordano Gaetano Corsi.
- 1843 ‐ 1847 (cenni storici carattere generale)
- I Corsi seppelliscono nell'oratorio i membri della propria famiglia. Nel 1847 il Santoni rammenta ancora come l'oratorio di S. Lorenzo fosse di proprietà "del Sig. Gaetano Corsi", ma in realtà, già nel 1843 avevano ereditato i suoi figli Cesare, Vincenzo e Alessandro, anch'egli "negoziante in Firenze", che nel 1846 fa parte del Consiglio della Società Anonima per l'esercizio delle miniere denominata Capanne Vecchie e Poggio Bindo a Massa Marittima. I figli proseguono "per loro conto ed interesse comune il traffico di Lanificio, posto in Sesto" (Gazzetta di Firenze, Giornale degli avvisi ed atti giudiciali, n. 18, 4 marzo 1843, p. 4).
- 1900 ‐ 1925 (cenni storici carattere generale)
- Nei primi anni del Novecento la villa, che nel 1906 risulta essere sempre dei Corsi, subisce ingenti trasformazioni, tra i quali la chiusura del loggiato superiore e di parte di quello inferiore e la ridefinizione del giardino mediante due nuovi fabbricati. Lo spazio rimasto libero tra le scuderie e la villa viene superfetato mediante una nuova costruzione, la cui facciata costituisce una continuazione del volume quattrocentesco. La chiesa rappresenta sempre la cappella della villa.
- 1964 ‐ 1964 (cenni storici carattere generale)
- Nel 1964 la chiesetta-oratorio viene donata alla parrocchia di Sesto.
- 1992 ‐ 1992 (vicende conservative intero bene)
- Nel 1992 sono restaurate le coperture e complessivamente l'intero edificio.
- 1997 ‐ 1997 (vicende conservative pitture murali)
- Nel 1997 sono restaurati gli affreschi all’interno della chiesa ad opera di Guido Botticelli.
- 2017 ‐ XXI (cenni storici carattere generale)
- Nel 2017 la chiesa viene concessa alla Chiesa Ortodossa Rumena e la parrocchia viene dedicata a "Sf. Mucenita Agripina" (Sant'Agrippina Martire).
- XII ‐ 1269 (origini carattere generale)
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Data di pubblicazione
19/05/2022
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Fonte dei dati
Scheda di Censimento dei beni architettonici (Diocesi di Firenze)