Non a tutti è nota la prerogativa degli archivi di rinviare a un aspetto della storia che non è quella dei grandi avvenimenti o dei fatti istituzionali. Esiste nei documenti una dimensione più comune e quotidiana, “minore” se vogliamo, rappresentata dalla capacità di raccontare il passato e la vita delle persone.
Uno degli studi possibili sulle fonti ecclesiastiche è infatti quello che dà origine alla redazione di storie di persone e di famiglie. Può trattarsi di biografie di uomini che hanno contribuito al progresso delle arti, delle scienze, del pensiero; di autorità religiose e civili che hanno amministrato un territorio; oppure di personaggi meno popolari, ignorati dalla storiografia ufficiale, ma noti localmente per la loro opera e attività.
Le ricerche di questo tipo mirano quindi a ricostruire la vita di artisti, artigiani, notai, funzionari, fondatori di associazioni e opere pie, missionari, persone pubbliche, letterati, scienziati, persone ecclesiastiche (vescovi, parroci, canonici, monaci, frati, religiose) la cui opera si è svolta all’interno di un tempo e di un luogo che ne ha conservato memoria negli archivi.
A volte l’indagine può essere svolta su intere stirpi, su famiglie nobili e illustri che hanno rappresentato e governato una comunità in un periodo determinato e territorialmente significativo.
Come si conduce una ricerca di questo tipo?
Oltre ai dati anagrafici conservati nei registri dei sacramenti, nelle pratiche amministrative dei fondi ecclesiastici è possibile avere molte informazioni sulle persone. Per esempio, nelle committenze di opere a determinati artisti (pittori, scultori, organari), nella produzione culturale di accademici e studiosi di teologia o di filosofia, nei rapporti epistolari con letterati e umanisti, come nel caso del vescovo di Lodi Della Beretta che, nella seconda metà del Settecento, documentò i propri rapporti con storici e studiosi italiani ed esteri nel suo consistente epistolario, conservato insieme ai documenti ufficiali relativi all’attività pastorale e vescovile.
Un altro esempio è quello delle carte dei processi istruiti nei confronti di personalità di rilievo: compilati per esigenze giuridiche, i verbali e gli interrogatori possono anche essere studiati per approfondire il pensiero teologico, scientifico e filosofico di alcuni personaggi.
Gli archivi ecclesiastici custodiscono anche fondi di natura privata. Si tratta della produzione di documenti personali che possono trovarsi aggregati a quelli prodotti durante l’attività amministrativa di un responsabile di un ufficio, oppure che possono essere confluiti in altri fondi durante un riordino archivistico, o ancora che sono stati donati a un ente ecclesiastico da una persona o da una famiglia.
Accade anche di trovare, in un archivio ecclesiastico, interi fondi personali e familiari da sempre sedimentati e conservati presso il luogo (diocesi, parrocchia, monastero, ospedale) che ne garantiva, oltre alla tutela, anche la pubblica fede, secondo il principio antico dello jus archivi, cioè della garanzia del diritto certificata dagli archivi pubblici, e secondo il principio della ininterrotta custodia che rendeva difficili le falsificazioni delle carte.
Epistolari, memorie, appunti, inventari, testamenti, legati, doti monacali, carteggi e altra documentazione sono le tipologie documentarie che possono testimoniare una vita con le sue relazioni. Si tratta di una ricchissima varietà di dati “parlanti”, spesso ignorati, la cui esclusività come fonte assume un valore storico e culturale unico.
BIBLIOGRAFIA
- G. Badini, Archivi e Chiesa. Lineamenti di archivistica ecclesiastica e religiosa, Bologna, Patron, 2005
- A. Turchini, Archivi della Chiesa e archivistica, Brescia, La Scuola, 2011
- E. Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, Milano, Franco Angeli, 2002
- L. Giuva, S. Vitali, I. Zanni Rosiello, Il potere degli archivi, Milano, Mondadori, 2007