Il miracolo di Albano del 1804 e la costruzione della cappella di Gesù nazareno

Il miracolo del 1804

Processo canonico riguardante il miracolo di Sr. Maria Aloisa
"Ragguaglio tratto dall'autentico processo"
La facciata della chiesa del Bambin Gesù in un'incisione di Giuseppe Vasi.
Chiesa del Bambin Gesù. Altare dedicato a S. Andrea Corsini
Relazione del triduo e festeggiamenti fatti celebrare nella chiesa del Bambin Gesù in occasione del miracolo di Sr. Maria Aloisa
Pedro Martinez Tavero, Bartolomeo Menochio, olio su tela
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L’11 aprile 1804 giungeva a Roma, presso il monastero delle Oblate di Roma, sr Maria Aloisa di san Vincenzo Ferreri, della Congregazione delle Oblate di Gesù e Maria di Albano, accompagnata una consorella e da mons. Bartolomeo Menochio OSA, sacrista pontificio.

L'antefatto
Nel 1793, sr. Maria Aloisa aveva sofferto di un tumore nella mammella destra che le era stato asportato chirurgicamente. Da quel momento la suora sembrava essersi completamente ripresa, tuttavia, nel 1800 sr. Maria Aloisa aveva iniziato a lamentare dei dolori nella regione dello stomaco che erano andati via via aumentando, accompagnati, intorno al periodo di Natale del 1803, da emissioni di sangue e da una forte febbre. La suore cercò di tenere nascosto il suo male, ma alla metà di marzo del 1804, fu costretta a rivelare il suo reale stato. Venne così chiamato il medico condotto di Albano, Diomede Buti, il quale riscontrò la presenza di un tumore allo stomaco, per il quale non poteva proporre altro che una cura palliativa per il dolore. Frattanto, il 7 aprile 1800, il canonico Giovanni Battista Loberti e il deputato della Congregazione, Gaspare Livi, venuti a sapere delle condizioni della suora si adoperarono affinché quest’ultima potesse venire a Roma a farsi visitare dai professori dell’Università.

Arrivata a Roma, sr. Maria Aloisa fu visitata da diversi medici di alto livello, tra cui spicca il conte Giuseppe Audiberti, medico personale del re di Sardegna, Vittorio Emanuele I. Tuttavia, i medici non poterono far altro che confermare la diagnosi del loro collega di Albano, prescrivendo anch’essi una cura palliativa per il dolore.

Nel frattempo le Oblate del Bambino Gesù assistevano con ogni cura la suora malata. Non mancò fra queste chi la portò a visitare la sala dove si venerava la statua di Gesù nazareno, dicendole di affidarsi alla sua intercessione in quanto già altre volte era stato sperimentato il suo intervento. A questo scopo presero un filo dal mantello di porpora che avvolgeva la statua e dissero a sr. Maria Aloisa di immergerlo in un bicchiere d’acqua che avrebbe poi dovuto bere aiutata da un cucchiaino.

Accertata dunque l’impossibilità di intervenire in alcun modo sul tumore, sr. Maria Aloisa rientrò in Albano il 22 aprile 1804.

Si iniziò la cura palliativa prescritta dai medici, ma la situazione precipitava di giorno in giorno, al punto che sr. Maria Aloisa non poteva più reggersi in piedi, mangiare e parlare.

Il primo maggio, dopo aver partecipato alla messa e ricevuta la comunione, cadde in uno stato di delirio, stando poi malissimo l’intera giornata e tutto il successivo giorno. La sera del 2 maggio la situazione era talmente disperata che tutte le suore, a cominciare dalla stessa sr. Maria Aloisa, ritenevano che non avrebbe superato la notte.

Ma alle quattro del mattino sr Maria Aloisa ebbe una visione, si vide a un tratto immersa in una profonda nebbia circondata da una moltitudine di persone di cui non distingueva i volti, ma solo le voci che in coro chiedevano a gran voce: «Grazia! Grazia!». Nel mentre, ecco apparirle Gesù, nelle stesse fattezze della statua di Roma, incoronato di spine e con le mani legate. Alla sua destra c’era la Vergine Maria, mentre a sinistra, inginocchiato nell’atto di pregare, si trovava mons. Menochio. All’improvviso si sciolsero le corde e Gesù, sollevando la destra, benedì la suora, che a quel punto udì una voce che diceva: «La grazia è fatta!». Risvegliatasi dalla visione, sr. Maria Aloisa si ritrovò completamente guarita.

Al mattino la notizia circolò velocemente per tutto il convento. Venne chiamato il medico che non poté che constatare l’avvenuta guarigione.

Il processo canonico e le celebrazioni di ringraziamento
La voce si sparse per tutto il paese e mons. Luigi Valenti Gonzaga, vescovo di Albano, ordinò la costituzione di un processo canonico volto ad accertare la genuinità dei fatti occorsi. Tale processo si svolse dal 16 luglio al 20 agosto 1804 e furono sentiti tutti coloro che in qualche modo erano stati coinvolti nell’evento, da sr Maria Aloisa alle sue consorelle, dal medico di Albano fino ai professori di Roma.

Le fonti riportano come, in seguito alla diffusione della notizia miracolo, molte persone chiedessero che la statua del miracolo venisse esposta pubblicamente nella chiesa delle Oblate di Roma. Si pensava inoltre a delle solenni celebrazioni di ringraziamento per il prodigioso miracolo avvenuto ad Albano. Tuttavia, la prudenza imponeva di attendere la conclusione del processo avviato dal vescovo Valenti Gonzaga, il quale, come appena visto, si concluse nel mese di agosto del 1804. Concluso dunque il processo e pubblicato il Ragguaglio con cui si dava conto dell’autenticità del miracolo si stabilì di celebrare un solenne triduo di ringraziamento nei giorni 20, 21 e 22 settembre.

La statua venne posta sull’altare di destra della chiesa delle Oblate, dedicato a s. Andrea Corsini, così da lasciare libero l’altare maggiore per l’esposizione del SS.mo Sacramento. Seguirono quindi tre giorni di celebrazioni, conferenze e preghiere. Mons. Menochio celebrò la messa solenne e nel corso del triduo fu presente anche Carlo Emanuele IV di Savoia, quindi la statua fu nuovamente traslata nella «stanza delle immagini».