Sulle orme del silenzio: il Vaso Sacro
Il Beato Paolo Giustiniani: il fondatore dell'ordine dei Montecoronesi
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Tommaso Giustiniani, che sceglierà in religione il nome di Fra Paolo era nato il 15 giugno 1476 a Venezia, ultimo genito di Francesco Giustiniani e Paola Malapiero. Persi prima il padre e poi la madre, la quale ne aveva curato la prima educazione, il giovane patrizio frequentò la celebre Università di Padova, approfondendo la conoscenza delle lettere latine e greche stringendo legami di amicizia con varie personalità emergenti come Niccolò Tiepolo e soprattutto, Vincenzo Quirini.
Ritornato a Venezia con in animo un sempre più forte desiderio di silenzio e solitudine, il Giustiniani si ritirò con i suoi libri nell'isola di Murano dove possedeva una casetta. Il soggiorno nell'isola segna una tappa importante nell'evoluzione spirituale di Paolo, il quale dopo i primi entusiasmi per la filosofia, si volse sempre di più verso la Sacra Scrittura. Compone i suoi primi scritti spirituali.
Dopo il viaggio in Terra Santa, 1507, torna a Venezia dove ritrovò i suoi vecchi amici: Vincenzo Quirini, Gaspare Contarini, Giovanni Battista Cipelli detto Egnazio, Sebastiano Zorzi, Paolo Canal.
In questo circolo di giovani ingegni maturerà la vocazione del Giustiniani, il quale, dopo aver esitato tra l'abbazia di Praglia ed il cenobio di San Michele, pensò di ritirarsi assieme ai suoi amici Egnazio e Quirini, a Camaldoli in qualità di ospite laico.
Un soggiorno al Sacro Eremo tra luglio e l'agosto del 1510, convinse però il beato Paolo a chiedere la sua ammissione nella comunità eremitica, con grande soddisfazione del generale dell'Ordine, il dottissimo Pietro Delfino (Dolfin).
Il 25 dicembre del 1510 veste l'abito camaldolese ricevendo il nome di fra Paolo. Fa il suo anno di noviziato.
In autunno arrivano all'eremo gli amici Vincenzo Quirini e Sebastiano Zorzi, che prendono l'abito. Quirini prenderà il nome di Fra Pietro.
Dopo qualche tempo, per giustificare il loro ingresso nell'eremo senza una precedente prova in un cenobio, il Giustiniani scriverà scriverà una lettera all’amico Francesco Boni. La professione religiosa viene emessa insieme a Quirini e Zorzi, l'8 agosto del 1512.
Nel 1513 Leone X, nominerà Fra Paolo e Fra Pietro definitori al Capitolo Generale che verte sulla riforma dell'Ordine. Il Capitolo si tiene a Firenze. In autunno scrive il Libellus ad Leone X, sulla riforma della Chiesa e il trattato dell'obbedienza.
Con l'incarico conferitogli a lui e al suo amico Fra Pietro, la compilazione di testi legislativi della tradizione camaldolese, il Giustiniani si mette a lavoro, ma si prefigge di ripensare questi testi alla luce dell'ideale eremitico che si vuole vivere a Camaldoli.
Studia i Padri del deserto, come fece San Romualdo, le Costituzioni del Beato Rodolfo, quarto Priore dell'Eremo, quelle del Beato Martino (1253) e del Beato Gerardo (1278). Riflette a lungo sulla Regola della vita eremitica di San Pier Damiani.
28 giungo 1519 - Viene eletto Maggiore di Camaldoli.
14 settembre 1520 - Dà le dimissioni e lascia Camaldoli per immergersi nella solitudine e fondare piccoli eremi con una nuova Compagnia.
28 giugno 1528 - Muore sul Monte Soratte, vicino Roma.
La Regola della Vita Eremitica del 1516
Il frutto delle sue pazienti ricerche sarà proprio questa Regola della Vita Eremitica del 1516, completata nel 1518 dalle Costituzioni dei Reclusi. Finalmente approvata verrà stampata nel 1520 nella stamperia di Fontebuono per opera della stampatore Bartolomeo de Zanettis. Questa Regola esprime l'autentica tradizione eremitica romualdina e il genio monastico del suo ideatore.
Cio' che colpisce leggendola è la moltitudine di dettagli relativi al comportamento concreto dell'eremita.
Ma non è un codice di osservanza, è trasfigurata, in profondità dal genuino spirito del Vangelo.
Il cuore della Regola è Gesù Cristo.
Resta seduto nella tua cella: è il comando degli antichi Padri del deserto.
Lungo tutti i capitoli della Regola, quando descrive […] il cammino della solitudine […] il Beato Paolo parla della cella chiamando il ricercatore di Dio, all'Unico Necessario.
Da questo rispetto per la solitudine, del silenzio, della Parola derivano due atteggiamenti fondamentali per l'eremita l'umiltà e la purità di cuore.
La cella eremitica, è come il deserto nell'Esodo, è infatti il luogo privilegiato dove è donata come una grazia, la conoscenza della propria miseria e dei propri limiti.
Che cosa fa l'eremita in cella se non leggere, studiare, meditare salmodiare, conversare con Dio?
Il Giustiniani è un umanista che ha amato i libri come si ama una Sposa, ma con la sua Regola non vuole imporre i suoi gusti a tutto l'ordine degli eremiti.
Tuttavia, riconoscendo che non tutti i fratelli hanno le stesse possibilità e propensioni, precisa […] sempre secondo le capacità di ognuno […] e con l'aiuto di Dio.
Perché a nulla valgono le letture e la meditazione se non c'è l'aiuto di Dio.
Questa è la caratteristica degli eremiti: essere dediti alla preghiera.
Il Giustiniani vuole che l'eremita, dinnanzi a Dio, si senta anche solidale con tutti gli uomini: << […] L'eremita piange davanti a Dio non soltanto le proprie colpe, ma anche quelle del prossimo, cioè di tutte le creature umane, e con supplica chiederà perdono per loro […] >>.
Per ultimo per definire il clima della Regola non esiteremo a definirlo un clima di gioia. Fra Paolo vuole che tutta l'esistenza dell'eremita sia vissuta nella gioia dello Spirito Santo.
In ogni tempo, l'hilaritas è stata una caratteristica degli eremiti che liberi da se stessi e posseduti da Dio sono il riflesso della gioia.
E' in questo Paolo Giustiniani si rivela un autentico figlio di San Romualdo che era conosciuto come l'eremita dal volto gioioso.