Diocesi di L'Aquila
STORIA
La fondazione della diocesi dell’Aquila risale al XIII . quando, con lettera «gratiosa » del 22 dicembre del 1256, papa Alessandro IV, accogliendo le istanze del comune dell’Aquila, concesse a suddetta terra la dignità di città e di sede episcopale con la traslazione della diocesi di Forcona nella chiesa cattedrale intitolata ai Santi Massimo e Giorgio.Il nuovo assetto territoriale della diocesi aquilana fu in realtà chiarito nel privilegio del 20 febbraio 1257, analogo per contenuto al documento che lo aveva preceduto, in cui lo stesso pontefice, inserendo l’inciso «ab Urno putrido et Beffi ac Rivo Gambario usque Cornu et Montem Rigalem», includeva, in modo esplicito, anche alcune terre della estinta diocesi di Amiternum precedentemente aggregate alla diocesi di Rieti.
Ciò è certamente da attribuire all’esito di accordi intercorsi tra il primo vescovo dell’Aquila, Berardo da Padula, e gli arcipreti di San Vittorino, San Pietro di Coppito e San Paolo di Labareto del territorio amiternino i quali, nell’istrumento di convenzione rogato il 21 gennaio 1257, avevano sostanzialmente chiesto di continuare a esercitare un potere quasi episcopale sulle chiese loro soggette.
Nonostante l’attribuzione guelfa o ghibellina della città da parte degli storici, in realtà anche il progetto di fondazione della stessa sembra ricondurre all’alveo della Chiesa, quando le popolazioni amiternina e forconese, alcuni decenni prima della traslazione della diocesi di Forcona all’Aquila, spinte da un anelito di libertà, di emancipazione dall’oppressione feudale esercitata dai ministri dell’imperatore svevo Federico II, avevano invocato e ottenuto già nel 1229 la protezione del pontefice Gregorio IX per poter edificare una città in un luogo denominato «Acculi».
Il vescovo Berardo da Padula resse il governo della Chiesa aquilana solo per pochi anni, poiché costretto ad abbandonarla a seguito della distruzione della città voluta da Manfredi nel 1259 proprio per la sua dedizione al papa, e a rifugiarsi a Forcona di cui era stato vescovo prima della traslazione della sede episcopale.
La città dell’Aquila fu ricostruita da Carlo I d’Angiò nel 1266 e tra i vescovi che si succedettero tra il XIII e la metà del XIV secolo emergono le figure di Niccolò da Sinizzo, il quale portò all’Aquila gli eremitani agostiniani del convento di Sant’Onofrio in Collebrincioni, contribuendo così alla fondazione del convento e della chiesa di Sant’Agostino, e Filippo Delci, che si trovò a dover affrontare l’emergenza della distruzione della città causata dal terremoto del 1315.
Un importante evento ha segnato la storia della diocesi a qualche decennio della sua fondazione: l’incoronazione di papa Celestino V il 29 agosto del 1294 nella basilica di Santa Maria di Collemaggio fatta costruire dallo stesso pontefice dopo che su quel colle, di ritorno da Lione nel 1275, dove si era recato per incontrare papa Gregorio X in occasione del concilio per essere rassicurato sulle sorti della sua congregazione, ebbe la visione della Vergine che gli chiese di edificare una chiesa in Suo nome.
Ancora oggi, a distanza di tanti secoli, la città celebra questo pontefice e l’indulgenza plenaria concessa con lettera «gratiosa» del 29 settembre 1294 a tutti coloro che, tra i primi e i secondi vespri della vigilia della decollazione di san Giovanni, si recano nella suddetta basilica pentiti e confessati.
Nella seconda metà del XIV . un evento lacerante si determinò in seno alla Chiesa: lo scisma d’Occidente, con due papi contendenti, Urbano VI e Clemente VII.
Tale situazione determinò grande confusione poiché ci si trovò a dover scegliere tra due curie e due obbedienze, tra un papa legittimo e un altro scismatico; nel 1409, con l’elezione di Alessandro V, si giunse persino a tre obbedienze.
Nella diocesi dell’Aquila sorsero violenti conflitti causati dalle scelte operate dalla regina Giovanna I la quale, schierandosi con l’antipapa Clemente VII, condizionò le sorti dei propri sudditi.
Anche la città si trovò così divisa tra vescovi legittimi e vescovi scismatici: Giovanni Zacchei e Stefano Sidonio, sebbene nominati legittimamente, divennero scismatici dopo un breve periodo di governo episcopale.
Berardo da Teramo e Giacomo Donadei furono invece nominati dal papa scismatico: il primo, inviso alla città, agì da despota e, dopo quasi un decennio di governo della Chiesa aquilana, fu ucciso in un tumulto di piazza; il secondo invece, pentitosi della scelta operata, abbandonò spontaneamente la guida della diocesi nel 1395, riconoscendo come papa legittimo Bonifacio IX il quale, dopo averne apprezzato i meriti, lo pose di nuovo a capo della Chiesa aquilana nel 1401.
Si dovette attendere l’elezione del papa Martino V perché lo scisma, dopo ben trentanove anni, potesse essere ricomposto.
Questo pontefice, in virtù del felice esito della guerra condotta dalla città contro Braccio da Montone del 2 giugno 1424 a sostegno delle forze collegate della regina Giovanna II, Luigi III d’Angiò, del duca di Milano e della stessa Chiesa, concesse come premio alla diocesi dell’Aquila alcune terre, ville e castelli della diocesi di Valva, ampliando così i confini territoriali della porzione orientale della diocesi aquilana.
Il Quattrocento, sebbene segnato da violenti conflitti che videro gli angioini e gli aragonesi antagonisti nella conquista del trono di Napoli, fu certamente un periodo di rinascenza culturale ed economica della città, caratterizzato anche da una grande effervescenza spirituale grazie all’impulso del vescovo, poi cardinale, Amico Agnifili.
Coltissimo, stimato e ammirato dai suoi contemporanei, fu investito della sede episcopale il 7 marzo 1431 dal papa Eugenio IV a seguito della rinuncia in suo favore di san Giovanni da Capestrano, inizialmente designato per quella carica.
Ebbe la nomina a governatore della provincia del Patrimonio di San Pietro nel 1440 e, l’anno successivo, a rettore pontificio della città di Viterbo; Niccolò V lo fece governatore di Spoleto e di Orvieto e Pio II lo nominò tesoriere generale della Marca di Ancona.
Partecipò a importanti progetti di fede con i grandi santi a lui contemporanei, san Bernardino da Siena, san Giacomo della Marca e san Giovanni da Capestrano promuovendo, con quest’ultimo, la costruzione dell’ospedale maggiore San Salvatore nel 1447.
Su istanza del re di Napoli, Alfonso I d’Aragona, ricevette l’incarico di formare, insieme con il vescovo di Penne, il processo per la canonizzazione di san Bernardino da Siena, che si concluse il 24 maggio 1450.
Nominato cardinale da Paolo II il 18 settembre 1464 con il titolo di Santa Balbina poi mutato, nel 1469, in quello di Santa Maria in Trastevere, si trovò costretto a rinunciare alla sede episcopale per i numerosi incarichi ricevuti e il 31 marzo 1472 gli subentrò l’amato nipote Francesco Agnifili.
Causa la prematura scomparsa di questi, dopo quattro anni fu posto di nuovo a capo della diocesi aquilana che governò fino alla sua morte, avvenuta il 27 novembre 1476.
Nelle lotte che seguirono nel XVI . tra Francia e Spagna, la città e il suo territorio finirono sotto il dominio di quest’ultima nel 1503 con la battaglia di Cerignola.
Seguirono anni di dispotismo in cui il potere venne affidato a personaggi locali; anche un vescovo, Pompeo Colonna, fu persona tanto influente da detenere al contempo un incarico civile, quello di luogotenente generale del Regno di Napoli.
L’esasperazione della popolazione nei confronti di un sistema di governo che imponeva pesanti tributi per l’approvvigionamento degli eserciti di passaggio sfociò in una violenta protesta quando alcuni soldati delle milizie spagnole tentarono di insidiare le donne di alcune terre del contado.
La sollevazione popolare, inserita nel contesto più ampio del conflitto tra Spagna e Francia, assunse rapidamente carattere molto esteso, tanto da essere duramente repressa e punita dal viceré Filippo d’Orange, con il distacco del contado dalla città e dalla sua giurisdizione nel 1529.
Ciò comportò una grave compressione della vivacità economica della città, che si vide gradualmente privata di qualunque forma di autonomia.
Tra la fine del XVI e gli inizi del XVIII . vescovi illuminati riuscirono a portare all’Aquila diversi ordini e congregazioni di religiosi che contribuirono a dare un forte impulso spirituale e culturale alla città e all’intera diocesi con l’erezione di nuove chiese e conventi: i padri gesuiti nel 1594, cui venne affidata la direzione del collegio aquilano, inaugurato nel 1596, che vide con padre Sertorio Caputo, fondatore dell’Accademia dei Velati e della Congregazione dei Nobili, un periodo di grande splendore; i religiosi del terz’ordine francescano, i barnabiti, i filippini, i carmelitani, i cisterciensi riformati di san Bernardo.
Il controllo spagnolo investì anche l’ambito ecclesiastico con vescovi di nomina regia e così, per oltre due secoli, si avvicendarono presuli spagnoli e presuli italiani.
Alla fine del XVII . il vescovo Ignazio De La Cerda entrò in contrasto con il viceré di Napoli, Luis Francisco De La Cerda, suo cugino, per aver lanciato la scomunica nei confronti dei ministri del tribunale della Regia Udienza che avevano espresso, in foro civile, una sentenza contro un chierico.
Il vescovo subì ritorsioni molto gravi, dal sequestro della mensa vescovile fino all’umiliazione dell’esilio in Rieti nel 1700, dove morì dopo soli due anni.
Seguì un lungo periodo di vacanza episcopale fino al 1719 quando, a distanza di circa venti anni, la città dette esecuzione alle istruzioni della Sacra Congregazione dell’immunità ecclesiastica per riparare al grave torto inflitto al vescovo De La Cerda, rendendogli degna sepoltura con una cerimonia solenne per il trasporto delle spoglie da Rieti alla cattedrale della diocesi di appartenenza.
In questo periodo così travagliato ci si trovò anche a dover fronteggiare un’altra grave emergenza: il terremoto del 2 febbraio 1703, che ridusse la città a un ammasso di macerie sotto le quali rimasero sepolte oltre 2000 persone.
Il vescovo che fu posto a capo della diocesi nel 1719 fu Domenico Taglialatela, che restituì al culto la cattedrale rasa al suolo dal tragico evento sismico.
Giuseppe Coppola, il vescovo succedutogli, lasciò due importanti dissertazioni: una sul rinvenimento del corpo del martire sant’Eusanio e l’altra sull’autenticità degli atti di san Massimo Levita e martire di Aveia, uno studio rivolto al diploma di Ottone I del 956 che riguardava la donazione di alcune terre alla Chiesa forconese nel quale l’autore, volendo sostenere le tesi formulate, proponeva un approccio al documento da valente diplomatista.
Gli anni che seguono, permeati di dottrine filosofiche e orientamenti culturali dominanti, che dall’Illuminismo avevano assunto carattere anticlericale, evidenziano sempre più un razionalismo teso a laicizzare il pensiero in un processo di scristianizzazione che sconvolgerà le coscienze.
Le istanze che tra idealità e contraddizioni la nuova società francese aveva tentato di esemplare, permeate di valori democratici e libertari, contagiarono, con spinta propulsiva, un vecchio mondo destinato a ridisegnarsi in ordinamenti e confini diversi.
Anche la Chiesa, che cominciò a perdere il ruolo di centralità che le era stato da sempre riconosciuto, si trovò a dover riflettere su di sé, sul piano politico e dottrinale, per capire come potersi adeguare al mutare dei tempi.
Nel periodo del triennio giacobino, tra il 1796 e il 1799, anche l’Abruzzo venne travolto da questo nuovo orientamento di pensiero, nella costante tensione tra gli ideali professati e le violenze imposte dall’occupazione francese, che comportò spargimento di sangue, la soppressione degli ordini religiosi, la deportazione e l’esilio del clero refrattario al giuramento di fedeltà illimitato.
Nella disgregata idealità di ruoli e di appartenenze, anche per lo stesso clero non fu facile uniformarsi alle scelte della Chiesa ufficiale, tanto che si trovò schierato sia dalla parte delle masse antirivoluzionarie, vestendo talvolta i panni di capimassa, sia tra i cattolici democratici.
Il secolo che seguì fu segnato da eventi che incideranno per sempre nella storia del nostro Paese: dal fermento patriottico dei moti insurrezionali del Risorgimento che contagiò tutta la terra d’Abruzzo all’unità d’Italia, passando attraverso un processo di secolarizzazione che, avviatosi dal secolo precedente, trovò applicazione nelle nuove leggi che il nascente Stato post-unitario impose alla Chiesa.
Con l’unità d’Italia, il decreto emanato da Eugenio principe di Savoia-Carignano il 17 febbraio 1861 portò alla soppressione di tutti gli ordini monastici, maschili e femminili, delle province napoletane, comprese le congregazioni dei regolari, tranne quelle che svolgevano opere di pubblica utilità.
La costituzione della Congregazione di Carità, con legge del 3 agosto 1862, comportò alla stessa il passaggio dei beni delle confraternite e delle opere pie.
Le successive leggi promulgate tra il 1866 e il 1890 implicarono interventi ancora più risolutivi, quali la conversione dell’asse ecclesiastico e la liquidazione del patrimonio della Chiesa; non furono risparmiate neanche le rendite delle mense vescovili, tanto che alcuni presuli delle province napoletane prima governate dai Borbone furono costretti a vivere in esilio.
È il caso del vescovo Luigi Filippi, primo arcivescovo della diocesi dell’Aquila, obbligato con la forza ad abbandonare la diocesi con il pretesto di rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico.
Consacrato vescovo dell’Aquila su proposta di re Ferdinando II e con nomina di papa Pio IX nel 1853, divenne primo arcivescovo della diocesi dell’Aquila quando questa, nel 1876, fu elevata alla dignità di arcidiocesi per i meriti che le furono riconosciuti dalla Santa Sede, grazie anche all’opera svolta dallo stesso presule.
Il Filippi, nel lungo periodo di governo episcopale, si distinse per il dinamismo illuminato del suo ministero: difese con coraggio e con coerenza i luoghi di culto su cui le leggi di incameramento dei beni ecclesiastici si abbatterono per preservarli dalla distruzione o dall’impiego per altri scopi; ammiratore del Gaume, propugnò un nuovo metodo di insegnamento, con l’accostamento dei classici pagani ai classici cristiani antichi.
Nel Filippi e nel Vicentini, suo successore benemerito, il carisma spirituale di alcune figure femminili, Barbara Micarelli, Maria Francesca De Santis e Maria Ferrari, troverà alimento e sostegno per tradursi in un’opera di carità a favore dei più deboli, volta a lenire la sofferenza e a riscattare dal degrado i poveri, i malati e i bambini abbandonati.
Al Vicentini, teologo e letterato, si deve anche riconoscere, tra gli altri, il merito di aver restituito ai fedeli la cattedrale dopo i lunghi lavori occorsi per il restauro e di aver dotato nel 1884 il seminario di un laboratorio geodinamico, il migliore in Italia secondo il parere dei più grandi esperti del tempo.
La storia più recente della diocesi aquilana annovera insigni figure di vescovi tra i quali si distingue certamente Carlo Confalonieri, nominato nel 1958 cardinale di Sant’Agnese fuori le Mura, prefetto della Sacra Congregazione per i vescovi dal 1967 al 1973 e nel 1977 decano del Sacro collegio.
Si trovò a governare la diocesi nei difficili anni della seconda guerra mondiale, adoperandosi affinché la città e il suo territorio venissero risparmiate dalla ferocia delle rappresaglie dei tedeschi.
La Chiesa aquilana ha conseguito, soprattutto negli ultimi due secoli, prestigiosi riconoscimenti e ulteriori assetti territoriali.
Nel 1818 la diocesi di Cittaducale, per esiguità delle rendite, fu accorpata a quella aquilana e nel 1836 alcuni luoghi pii sui quali, seppure solo formalmente, l’abbazia di Farfa, con San Salvatore Maggiore, esercitava giurisdizione propria, vennero annessi alla diocesi dell’Aquila con lettera apostolica di papa Gregorio XVI.
Dopo essere stata insignita del titolo e dignità di arcidiocesi, come già ricordato, il 19 gennaio 1876, a distanza di circa un secolo, il 15 agosto del 1972 la sede arcivescovile dell’Aquila fu elevata a sede metropolitana da papa Paolo VI e il presule pro tempore fu insignito del titolo di metropolita della nuova provincia ecclesiastica, comprendente le diocesi suffraganee dei Marsi e di Valva-Sulmona.
In tempi recenti questa diocesi ha subito un ultimo, definitivo assetto territoriale in occasione della rettifica dei confini concordata con la diocesi di Rieti: in forza del decreto Quo aptius del 21 giugno del 1976 emanato dalla Sacra Congregazione per i vescovi, venticinque parrocchie della ex diocesi di Cittaducale, già di giurisdizione aquilana, sono state accorpate alla diocesi di Rieti, mentre ventuno parrocchie già reatine sono state assegnate alla diocesi dell’Aquila.
All’attuale arcivescovo, Giuseppe Molinari, presule sensibile e attento a cogliere le istanze del suo tempo per interloquire con le diverse componenti sociali a difesa dei più deboli, va anche il grande merito di aver saputo realizzare il progetto di salvaguardia, conservazione e valorizzazione del patrimonio storico della Chiesa aquilana avviato dal predecessore, l’arcivescovo Mario Peressin, e di avere assicurato tutte le condizioni per una adeguata fruizione del materiale documentario con l’apertura al pubblico dell’archivio arcidiocesano.
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Mappa
Diocesi di L'Aquila
Chiesa dei Santi Massimo e Giorgio
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La facciata principale della cattedrale di San Massimo a L’Aquila -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Il presbiterio -
Finta cupola prospettica su tela di Venanzio Mascitelli (1828) -
Il presbiterio e la cupola crollata per il terremoto del 6 aprile 2009 -
Particolare della cupola vista dall'interno della Cattedrale
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.