Diocesi di Ariano Irpino - Lacedonia
STORIA
I - Le origini
Le notizie sulle origini storiche della diocesi (Arianensis Hirpinus- Laquedoniensis), non sono chiare per la mancanza di indicazioni documentarie precise.È priva di fede la tradizione di una fondazione risalente ai tempi apostolici, poiché Ariano non esisteva nel periodo romano; non supportata da fonti certe è la tradizione che ne fa ritenere primo vescovo san Liberatore, martirizzato durante la persecuzione di Diocleziano.
Il primo documento che testimonia l’esistenza di Ariano nel 797 è il Chronicon Monasterii Cassinensis, mentre per avere un punto di riferimento certo sull’esistenza della diocesi, dobbiamo riportarci alla seconda metà del X sec., quando, con bolla del 26 maggio 969, Giovanni XIII assegnava come suffraganee della metropolia di Benevento ventiquattro diocesi e tra queste Ariano.
Il primo vescovo di cui si abbia notizia storicamente documentata è Bonifacio (1039).
Di una chiesa si hanno notizie a partire dal 988, quando in alcuni documenti la si dice distrutta da un terremoto.
II - Il Medioevo e l’età moderna
Situata quasi a metà strada tra le regioni adriatiche e tirreniche, Ariano era punto di passaggio obbligato sia per i pellegrini del santuario dedicato all’arcangelo Michele sul monte Gargano sia per quelli della badia della Santissima Trinità di Cava dei Tirreni.Tra i tanti che la città ospitò, nei primi anni dell’XI sec., ricordiamo Ottone Frangipane, cavaliere a fianco dei normanni e del papa Niccolò II contro i tuscolani (1058-1059).
Questi fu acclamato santo dopo la morte, avvenuta il 23 marzo 1127.
La sua statua di marmo bianco, la nicchia, l’altare e il dossale di marmi policromi voluti dal vescovo Ottavio Ridolfi (1612-1623) figurano ora, insieme con il busto d’argento, tra le testimonianze migliori del «barocco» arianese.
Nel 1140 Ruggiero II il Normanno tenne ad Ariano il primo parlamento, le cosiddette Assise, atti costitutivi del diritto normanno e base istituzionale del nuovo Stato.
Vescovo dell’epoca era Riccardo.
Sotto gli svevi, proclamatasi libero comune fedele al papa, la città ebbe a soffrire il castigo terribile di Manfredi.
La sede vescovile rimase vacante e il capitolo della cattedrale, secondo la prassi del tempo, elesse vescovo Giacomo.
La città rifiorì con l’avvento degli angioini.
Il re Carlo I d’Angiò, nel 1268, impresse nuovo impulso alla vita cittadina e intraprese l’opera di ricostruzione.
La cattedrale fu riaperta nel 1309 e a essa il re fece dono di due spine della corona di Cristo che, custodite in un artistico reliquiario d’argento, sono oggetto di sentita devozione.
L’anno successivo alla ricostruzione della cattedrale Elzeario divenne conte di Ariano e vi dimorò con la moglie Delfina fino al 1315; i santi sposi vissero il matrimonio in perfetta castità.
Sono stati proclamati compatroni di Ariano, in epoca non precisata.
Il terremoto del 5 dicembre 1456, che fu uno dei più funesti della storia arianese, causò il crollo della cattedrale, la devastazione delle chiese e della maggior parte delle abitazioni, mietendo circa duemila vittime.
Il XVI sec. vede protagonisti eminenti figure di vescovi.
Tra questi Diomede Carafa (1511-1560), nominato cardinale da Paolo IV nel 1556, che completò la facciata della cattedrale, vi costruì a lato un imponente porticato, ampliò il palazzo vescovile e si prodigò per l’assistenza ai fedeli rimasti poverissimi dopo la peste del 1528.
Redasse la prima Platea (inventario dei beni della diocesi), fonte tuttora di notizie importanti.
Durante il suo episcopato, il 20 giugno 1529, papa Clemente VII e Carlo V di Spagna si impegnavano reciprocamente a ristabilire il potere temporale, a rinnovare l’infeudamento del Regno di Napoli e a sostenere finanziariamente e moralmente la guerra contro i turchi.
Conseguenza di questo accordo fu per Ariano l’ingresso nella rosa delle ventiquattro diocesi del regno di patronato regio, in cui il vescovo veniva designato dal sovrano e consacrato dal pontefice.
I successori, Ottavio Preconio (1561- 1562) e Donato De Laurentiis (1563- 1564), parteciparono al concilio di Trento (1545-1563).
Il De Laurentiis volle attuarne le normative e diede inizio alla vita del seminario, inaugurando le visite pastorali, le cui relazioni, raccolte in volumi, sono fonte preziosa per la storia della diocesi.
In una di queste il vescovo Alfonso de Ferrera (1585-1603) ci fornisce una descrizione dettagliata sulla consistenza della diocesi del tempo: indica per Ariano un numero di circa ottomila abitanti e una comunità religiosa formata da centoventi sacerdoti, quaranta monaci e sedici monache benedettine.
Vi erano cinque monasteri maschili: cistercensi, francescani, benedettini, agostiniani e domenicani.
Sono elencate chiese e opere assistenziali, non ultima un’opera pia, detta «Monte di Pietà», che distribuiva a sorte quattro doti ogni anno per il matrimonio di giovani bisognose.
La vita della diocesi di Ariano nella prima metà del Settecento è tutta nelle relazioni delle visite pastorali, dei sinodi e delle relazioni ad limina del vescovo Filippo Tipaldi (1717-1748).
Vi sono descritti usi e costumi dei paesi e dei fedeli; vi è l’elenco delle chiese e l’inventario degli oggetti con descrizione analitica.
Si deve alla sua diligenza la documentazione relativa agli ingenti danni del terremoto del 1732, all’intensa opera di ricostruzione e al soccorso prestato al popolo.
Fondò il rifugio o conservatorio di San Francesco Saverio per giovani povere desiderose d’intraprendere la vita religiosa.
Nel 1736 la diocesi contava 18.150 abitanti e le chiese soggette alla sua giurisdizione raggiungevano le 80 unità, con 350 ecclesiastici e 10 conventi maschili.
Sul finire del secolo nella relazione ad limina del vescovo Giovanni Saverio Pirelli (1792-1803) trovano sfogo le amare considerazioni sulle condizioni socio-politiche dell’Europa contemporanea.
Siamo in pieno «decennio napoleonico» e contro gli ordini religiosi si assisteva a un susseguirsi di leggi, che culminavano con la chiusura dei conventi e l’incameramento dei loro beni.
Ad Ariano ne fecero le spese soprattutto i domenicani; l’Italia era diventata terra da saccheggiare e anche la città pagò il suo contributo di espropriazioni e depredazioni.
La diocesi rimase sede vacante dal 1803 al 1818.
Domenico Russo (1818-1837) attese alla formazione del clero e del popolo della diocesi nei costumi e nella dottrina.
Dotò la cattedrale di arredi e di paramenti pregiati (sono ora nel museo diocesano).
Volle la missione per il popolo e la predicazione fu affidata ai padri bufalini, tra i quali vi fu il loro fondatore san Gaspare del Bufalo.
Dopo la sua morte resse la diocesi con saggezza il giovane sacerdote Pietro Paolo Parzanese, vicario capitolare, gloria autentica di Ariano, celebre oratore sacro, letterato e poeta, che allo studio della Sacra Scrittura associò quello dei grandi scrittori antichi e moderni.
Il successore, Francesco Capezzuto, lasciò per testamento 20.000 ducati per un ospizio che, ricostruito dopo il terremoto del 1980, è a lui intitolato.
Nel ventennio successivo le leggi eversive colpirono in forme più dure le case delle Scuole pie (scolopi), dei padri riformati, delle benedettine cassinesi e le collegiate di San Pietro, Sant’Angelo e San Giovanni Battista.
Il vescovo Francesco Trotta (1876-1888) si prese cura della cattedrale e restaurò il palazzo vescovile.
L’8 dicembre 1877, in cattedrale, annunziava l’istituzione di una nuova famiglia religiosa, la «Pia Casa d’istruzione e lavoro», che avrebbe continuato l’opera delle monache benedettine, il cui monastero era stato soppresso il 7 luglio 1876.
III - Il XX sec.
Nel corso del XX sec. la topografia della diocesi ha registrato delle modifiche.La prima riguarda il comune di Roseto (Fg), nel 1914 annesso alla diocesi di Lucera.
Letterato e apprezzato agiografo fu il vescovo Andrea D’Agostino (1889-1913) al quale si deve la riapertura del seminario nel 1891 e l’ultimazione dei restauri della cattedrale.
Cosimo Agostino (1915- 1918) visse in pieno gli anni della prima guerra mondiale.
La diocesi fu testimone della sua predicazione per esortare i fedeli a vivere nel rispetto della legge di Dio e nella preghiera per implorare la pace.
Espresse i suoi pensieri nella lettera pastorale per la quaresima (14 febbraio 1918) Iddio e le voci di guerra.
Il violento terremoto del 23 luglio 1930 distrusse quasi completamente Villanova del Battista; subirono danni ingenti Ariano e gli altri paesi della diocesi e del circondario.
Per il ripristino degli edifici di culto e per la costruzione ex novo di alcune chiese e case canoniche, intervennero con munificenza la Santa Sede e lo Stato italiano.
Il vescovo Giuseppe Lojacono (1918- 1939) svolse attività instancabile per l’insegnamento della religione e fondò il primo nucleo di Azione cattolica; istituì il bollettino diocesano «L’Esiguo».
La diocesi, per il suo impegno, si arricchì di fiorenti comunità religiose: i pallottini ad Ariano, i frati minori francescani a Casalbore, i salesiani a Buonalbergo, le suore francescane missionarie d’Egitto ad Ariano e Melito, le suore dell’Immacolata di Genova a Villanova e Zungoli, le suore dell’Addolorata di Firenze a Bonito.
Nel 1934 approvò la congregazione delle suore carmelitane di Montefalcone di Val Fortore, fondata dall’abate Antonio Petrilli.
Si impegnò alacremente per il dissequestro del seminario (6 maggio 1926).
Negli anni del secondo conflitto mondiale resse la diocesi Gioacchino Pedicini (1939-1949), attivamente vicino al popolo con la sua predicazione semplice e paterna.
Il vescovo Pasquale Venezia (1951-1967) portò in diocesi zelo ed entusiasmo giovanile; partecipò con assiduità, impegno e diligenza al concilio ecumenico Vaticano II e si rese zelante nell’emanare norme e suggerimenti per un equilibrato rinnovamento della liturgia, della catechesi e dei vari organismi diocesani e parrocchiali.
Il disastroso terremoto del 21 agosto 1962 sconvolse la vita dell’intera diocesi.
Il vescovo e il suo vicario generale Luciano Zevola si occuparono della ricostruzione di chiese e realizzarono scuole materne in tutti i comuni della diocesi.
Organizzarono assiduamente settimane di studio a sfondo biblico, liturgico, catechistico, sociale.
In questo periodo ci fu un’altra variazione di confini tra le diocesi di Ariano e Benevento.
Sotto l’episcopato di Nicola Agnozzi (1976-1988), a seguito dell’accordo di revisione del concordato italiano (18 febbraio 1984), e in applicazione delle norme circa gli enti e i benefici ecclesiastici, la Santa Sede ha unito la diocesi di Lacedonia, di complessivi nove comuni, a quella di Ariano Irpino in data 30 settembre 1986.
La nuova denominazione della diocesi è dunque: Ariano Irpino-Lacedonia.
Ultima revisione di confini c’è stata durante l’episcopato di Eduardo Davino (1993-1998).
La configurazione attuale risulta costituita da ventiquattro comuni.
Bibliografia
Cappelletti XIX 117-139;Hier. Cath. II 106;
Ughelli VIII 212-224;
T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua diocesi, Roma 1794;
D. Minelli, La basilica cattedrale di Ariano Irpino, storia e arte, Napoli-Roma 1992;
G. Mongelli, Profilo storico delle diocesi irpine, Roma 1994: D. Minelli-L. Ciarmoli, Ariano Irpino-Lacedonia, in Dizionario storico delle diocesi della Campania, a c. di A. Carfora-C. Galiano-A. Ianniello-G. Liccardo- S. Tanzarella, Palermo 2008.
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Diocesi di Ariano Irpino - Lacedonia
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.