Diocesi di Reggio Emilia - Guastalla
STORIA
La città, fondata da Marco Emilio Lepido nel 185 a.C., divenne Municipium «Regium Lepidi» al tempo di Cesare.Nel territorio reggiano non si ha notizia di persecuzioni ai cristiani, però si trovano reperti paleocristiani risalenti alla metà del III . L’origine della diocesi, testimone sant’Ambrogio, risale alla seconda metà del IV . Dei primi vescovi si conoscono solo i nomi.
Probabilmente il settimo fu Favenzio che nel 451 partecipò al concilio di Milano per la condanna dell’eresia di Eutiche.
Nono vescovo fu Prospero, santo patrono principale, quale defensor civitatis durante la guerra fra Teodorico e Odoacre (489- 491), evangelizzatore e taumaturgo.
I longobardi eressero la città a ducato e vi stabilirono una zecca, ma nel 603 distrussero Brescello, sede episcopale sul Po, eretta da sant’Ambrogio e tuttora rimasta sede titolare.
Alla caduta del regno longobardo, il vescovo Apollinare fu deportato in Francia, ma, difeso da papa Adriano, ottenne la libertà e la conferma dei diritti e confini della diocesi da Carlo Magno nel 781.
La dissoluzione dell’impero carolingio permise le scorrerie dei magiari che nell’899 distrussero la cattedrale, il monastero di San Tommaso e uccisero il vescovo Azzo II.
Allora il re Berengario I consentì al vescovo Pietro di incastellare il centro cittadino e amministrare il contado.
Ben presto fra i vassalli dell’episcopio prevalsero gli Attonidi i quali costruirono la rocca di Canossa, dove si rifugiò nel 951 la regina Adelaide evasa dalla prigione di Berengario II.
Condotta da Adalberto Atto in Germania, qui sposò l’imperatore Ottone I.
Questa vicenda fece la fortuna dei Canossani che, in meno di un secolo, divennero i più potenti signori d’Italia con uno Stato che si estendeva da Brescia a Viterbo, comprendendo oltre la Toscana i comitati di Mantova, Modena e Reggio.
Anche la diocesi ne ebbe vantaggio: il vescovo Tenzone ottenne nel 980 da Ottone II un diploma in cui si elencano quattordici cappelle e ventisei pievi, tra queste Carpi e Guastalla che molti secoli dopo diventarono sedi diocesane.
L’adesione di Matilde alla riforma gregoriana e la sua parentela con l’imperatore, favorirono l’incontro a Canossa del papa san Gregorio VII con lo scomunicato Enrico IV.
Effimera nel 1077 fu la pace fra Chiesa e impero: per oltre vent’anni Matilde dovette combattere contro Enrico IV, ma infine la Chiesa ottenne la libertà nella elezione dei vescovi.
Tra il X e il XII . si stabilirono in diocesi i benedettini a San Tommaso e San Prospero, i templari a Santo Stefano e gli umiliati a San Bernardo; a cui seguirono i francescani e i domenicani.
Nel Medioevo non si verificarono nel reggiano moti ereticali, ma infuriò la lotta tra guelfi e ghibellini; per questo fu molto tribolato l’episcopato di Guglielmo Fogliani (1243- 1283), nipote di Innocenzo IV.
Dopo la sua elezione, nonostante la conferma dello zio-papa, fu cacciato in esilio per undici anni.
A causa del suo nepotismo in favore dei Fogliani, venne criticato da fra Salimbene e la sede restò vacante per sette anni.
Nel periodo delle signorie il ducato reggiano fu conteso tra gli Este di Ferrara, sostenuti dai guelfi, e i Gonzaga di Mantova appoggiati dai ghibellini: ci furono stragi, faide e violenze, distruzione di castelli e monasteri.
Ciononostante soprattutto nelle campagne la vita religiosa nel popolo sopravvisse per l’opera dei religiosi già stanziati e per la venuta degli agostiniani a Sant’Apollinare (ora Sant’Agostino) e dei carmelitani all’arcispedale di Santa Maria Nuova.
Nel maggio 1371 lo Stato reggiano che, privato dei ricchi territori di pianura come Mirandola, Carpi, Correggio, Guastalla, Novellara e Bagnolo, conservava solamente la montagna e la collina con Sassuolo e Scandiano, fu venduto da Feltrino Gonzaga a Barnabò Visconti.
Nel 1409 gli estensi riuscirono a conquistare il reggiano, che tennero fino alla venuta di Napoleone (1796).
Il ducato reggiano godette di relativa tranquillità e pace nel primo secolo di tale dominazione.
Con mano ferma il marchese Nicolò III abbatté la prepotenza dei signorotti del territorio collinare e montano: Canossa, Dalli e Bismantova; tolse Scandiano e la sua contea agli irriducibili Fogliani e li diede ai Boiardo.
Nel 1427 venne a predicare a Carpi, Novellara e in città san Bernardino da Siena con ottimi frutti spirituali.
Qui a Reggio gli osservanti eressero il convento di Santo Spirito, poi suscitarono la confraternita di San Girolamo (1443) e la fondazione del Monte di Pietà (1494).
In questo secolo si distinsero due vescovi: il Pallavicino e l’Arlotti.
Battista Pallavicino (1444-1466), forse per primo, compì per due volte la visita pastorale di tutta la diocesi di cui fece conservare gli atti.
Buonfrancesco Arlotti (1477-1508), nonostante il servizio di oratore ducale presso Sisto IV e Innocenzo VIII, si dedicò alla cura delle anime, favorendo la nascita di conventi e confraternite anche nelle cittadine, ed ebbe la grazia di assistere al transito del beato domenicano Damiano Furcherio (1484) e della beata Giovanna Scopelli, fondatrice delle carmelitane «bianche» (1491).
Purtroppo all’inizio del XVI . scoppiò una violenta lite nel monastero benedettino di San Raffaele tra la badessa, parente dei Bebbi di Leguigno, e la monaca figlia dei ricchissimi Scaioli.
Si originò una faida che insanguinò la città per oltre vent’anni con decine di morti e feriti, saccheggi e incendi di case.
Fu persino ucciso in duomo e durante la messa il governatore, il bolognese Giovanni Gozzadini, mentre il ducato era conteso dai papi Giulio II e poi Leone X agli estensi.
Il commissario vescovile Antonio Lorenzini in occasione della visita pastorale del 1543 per il cardinale Cervini – poi papa Marcello II –, vescovo di Reggio (1540-1544), trovò nella diocesi ignoranza e malcostume: si facevano grandi feste, si moltiplicavano le chiese, ma era insufficiente la formazione spirituale sia nel clero sia nei fedeli.
Al concilio di Trento (1545-1563), oltre ai vescovi, partecipò il giurista scandianese Sebastiano Pighini (1500-1554) che fu uno dei presidenti della seconda sessione, vescovo titolare e poi cardinale.
Dopo il concilio ottimi furono i vescovi che attuarono nella diocesi la vera riforma, aiutati anche da san Carlo Borromeo, cognato del duca di Guastalla.
Si costituirono gli archivi parrocchiali, si impose l’obbligo di residenza e l’istruzione catechistica, ma fu difficile realizzare il seminario, com’era stato prescritto, che solo nel 1614 fu aperto dal vescovo Claudio Rangone (1592-1621).
Durante il suo episcopato avvenne in città uno strepitoso miracolo: per grazia di Maria Santissima un sordomuto ottenne nella notte del 29 aprile 1596 l’udito e la favella.
Il vescovo sottopose il fatto a un rigoroso processo che fu poi approvato e convalidato dalla curia romana.
Con le copiose offerte della diocesi e dei numerosi pellegrini sorse in breve tempo lo splendido santuario della Madonna della Ghiara, ufficiato dai serviti, vanto religioso e artistico della città.
In questo secolo si stabilirono in diocesi i cappuccini nel quartiere popolare di Santa Croce, a Scandiano e San Martino, poi fu la volta dei gesuiti che aprirono due collegi: in città a San Giorgio e a Novellara, ove stette per qualche mese san Luigi Gonzaga.
Ricco di opere religiose fu l’inizio del XVIII . con le missioni dei gesuiti in città e nelle cittadine e soprattutto con la costruzione di un grande seminario.
La presenza di ottimi insegnanti indusse il governo e il vescovo Lodovico Forni (1723-1752) a trasformare l’istituto, aperto anche ai laici, in università con le facoltà di teologia, diritto e medicina.
Qui si formarono ottimi professionisti e alcuni eminenti scienziati fra i quali l’abate scandianese Lazzaro Spallanzani (1729-1799).
La diffusione dell’Illuminismo nel ducato portò il governo a pesanti riforme anticlericali: arbitrario accorpamento di parrocchie, soppressione di monasteri e confraternite e confisca dei beni a pro dell’erario e di opere pie laicali.
Nel 1779 con l’erezione della nuova diocesi di Carpi iniziò lo smembramento di quella di Reggio a cui furono sottratte dodici parrocchie.
Nel 1785 fu eletto vescovo di Reggio Francesco Maria D’Este, che governò la diocesi nel burrascoso periodo del trapasso dall’ancien régime alla Rivoluzione e poi alla Restaurazione.
Primo suo impegno furono la riforma disciplinare del seminario e dei conventi femminili e una rigida visita pastorale in tutte le trecento parrocchie, ma i suoi sforzi pastorali furono vanificati dalla invasione francese del 1796.
Sostenuti dal Bonaparte gli intellettuali «giacobini» reggiani, fra cui ottantadue preti, fecero per primi in Italia la rivoluzione contro il duca e il vescovo.
Il congresso delle quattro città ribelli – Ferrara, Bologna, Modena e Reggio – si riunì nel palazzo municipale della nostra città, per costituire la Repubblica cispadana e il 7 gennaio 1797 proclamò il Tricolore bandiera nazionale.
Monsignor D’Este fu prima obbligato a umilianti compromessi, poi privato del suo ausiliare, il servo di Dio Giuseppe Bartolomeo Menochio, infine, dopo Marengo, fu costretto per un biennio all’esilio.
La Restaurazione (1815) restituì i ducati di Modena e Reggio a Francesco IV d’Austria- Este.
Il vescovo, ormai ottantenne, riprese il controllo della diocesi, favorì il rientro dei gesuiti, ma dovette assistere alla vicenda che investì il monastero delle Serve di Maria da lui autorizzato e protetto.
Nel 1819, variando i confini statali, dovette cedere alla diocesi di Mantova otto parrocchie al di qua del Po, e alla sua morte (1821) altre diciassette passarono da Reggio a Carpi.
Nel 1828 si formò la diocesi di Guastalla con quattro parrocchie a cui se ne aggiunsero altre tredici nel 1866.
In compenso furono assegnate a Reggio nel 1828 ventuno parrocchie parmensi al di qua del fiume Enza e altre ventuno nel 1853.
Il Risorgimento civile e politico d’Italia del XIX . è stato vissuto spesso in modo drammatico dalla diocesi di Reggio.
Già nel periodo napoleonico erano sorte anche nel reggiano delle sette più o meno legate alla massoneria; più consistente la penetrazione della carboneria che aveva una sua centrale a Montecchio, ma si estendeva alla città e fino a Brescello e Correggio.
Dopo i moti del 1821 in Piemonte la polizia estense il 27 febbraio del 1822 trasse in arresto una cinquantina di settari, successivamente giudicati da un tribunale statale nella fortezza di Rubiera: nove furono condannati a morte per il reato di «lesa maestà» e gli altri a varie pene dalla galera all’esilio.
Francesco IV, che usava la religione come strumento di governo, commutò a tutti la pena capitale a esclusione di don Giuseppe Andreoli, insegnante nel collegio di Correggio, «per essere stato seduttore della gioventù e più reo per la sua qualità di professore e sacerdote ».
Invano il vescovo Angelo Maria Ficarelli (1822-1825) ne chiese la grazia e si rifiutò di sconsacrare il giovane prete (trentatré anni) che fu decapitato a Rubiera il 17 ottobre 1822.
Il fatto urtò così profondamente il popolo e il clero che il duca, il quale per dividere gli studenti aveva già smembrato l’università di Modena e dato il collegio di Reggio ai gesuiti, cercò di riparare al malcontento generale favorendo l’apertura di un nuovo seminario a Marola per la montagna reggiana.
Le rivoluzioni di Francia, Belgio e Polonia del 1830 avevano suscitato anche in Italia speranze di libertà e indipendenza: nel suo ducato Francesco IV le stroncò con l’arresto a Modena del carpigiano Ciro Menotti nella notte dal 3 al 4 febbraio 1831.
Ciononostante il giorno seguente la rivoluzione scoppiò a Bologna e si propagò alla Romagna e a gran parte dello Stato pontificio: il duca estense fuggì a Mantova e Maria Luigia da Parma a Piacenza.
Anche Modena e Reggio si unirono al moto e i gesuiti, che si erano mostrati troppo filoducali, furono cacciati dal reggiano.
La rivoluzione fu rapidamente domata dalle truppe austriache e incominciò la repressione.
Per i moti del 1831 nel ducato furono pronunciate duecentododici condanne al carcere o all’esilio: una decina furono i reggiani.
In seguito si formarono tre partiti: i Duchisti, i Liberali e i Mazziniani.
Anche il clero si divise tra i seguaci dei gesuiti e i simpatizzanti di Rosmini e Gioberti.
Il vescovo Filippo Cattani (1826- 1849), nonostante le sciagure che afflissero la diocesi per il terremoto del 1832 e la ricorrente epidemia di colera, sostenne i seminari, le opere delle Figlie di Gesù e delle Suore di san Vincenzo, oltre alle missioni estere.
Morto Francesco IV il 21 gennaio 1846, gli succedette il figlio Francesco V che per necessità dinastiche fu continuatore della politica paterna.
Cinque mesi dopo morì anche il papa Gregorio XVI e il 16 giugno fu eletto Pio IX, il quale subito concesse un’ampia amnistia ai condannati politici, poi varie leggi orientate alle libertà civili fra cui l’«Atto» per la libertà di stampa.
L’anno seguente venne imitato dai governi di Toscana, Piemonte, Napoli e Parma.
Francesco V non volle concedere nulla e, confidando nella potenza dell’Austria, che per condizionare il papa aveva occupato Ferrara, aumentò la repressione poliziesca.
Nello stesso anno 1847 una grave carestia si abbatté sul ducato: si ebbero tumulti in Reggio e saccheggi di grano a Rubiera e altrove.
Spesso i dimostranti gridavano: «Viva Pio IX, Abbasso i gesuiti, Abbasso il duca...», il duca spaventato, prima del Natale 1847, ottenne un rinforzo di settemila soldati austriaci.
Nel 1848 scoppiò la rivoluzione a Parigi, che si estese a Berlino e il 13 marzo a Vienna con la fuga di Metternich.
Ciò portò alle rivolte di Venezia il 16 e di Milano il 17.
Le «cinque giornate» costrinsero Radetzky a ritirarsi nel Quadrilatero e Francesco V, spaventato dalle dimostrazioni, decise di abbandonare il ducato e porre in salvo la famiglia il 21 marzo, anche il presidio austriaco si ritirò a Mantova.
Si ripeterono le violenze del 1831: a Carpi fu minacciato il vescovo Raffaelli, già precettore del duca, e a Reggio furono cacciati di nuovo i gesuiti.
Padre Angelo Secchi fortunatamente si trovava già a Roma, ma quando anche di là i gesuiti furono espulsi, emigrò in Inghilterra e poi negli Stati Uniti ove perfezionò i suoi studi che lo resero celebre come astronomo, metereologo e idraulico.
Il clero di Reggio sotto la guida di monsignor Cattani si mostrò aperto alla situazione e votò in massa per l’annessione del ducato a Carlo Alberto.
I gesuiti furono sostituiti nel liceo dagli insegnanti del seminario, tutti licenziati e privati dell’insegnamento nella repressione del 1849.
Il decennio 1849-1859 fu di una cauta preparazione alla libertà propugnata dal Gioberti e preparata dal Cavour.
Dopo la battaglia di Solferino (24 giugno) si rinnovò il patto di adesione al regno di Vittorio Emanuele II e furono pochissimi coloro che restarono fedeli agli estensi.
I gesuiti vennero definitivamente cacciati da Reggio e non poterono più tornarvi fino al 1956.
Il vescovo Pietro Raffaelli (1849-1866), trasferito da Carpi a Reggio, dopo il 1859 riassunse gli insegnanti licenziati nel 1849 e li pose in posti di prestigio.
Fra essi acquistò fama don Gaetano Chierici come uno dei primi archeologi e paleontologi d’Italia.
Il periodo post-unitario fu caratterizzato da un anticlericalismo liberal-massonico che fece cacciare le suore dall’ospedale e dagli orfanotrofi, poi dal socialismo predicato da Camillo Prampolini.
Nacquero società di mutuo soccorso e cooperative socialiste che allontanarono il proletariato dalla Chiesa.
Dopo la Rerum Novarum (1891) sotto il vescovo Vincenzo Manicardi (1886-1901) sacerdoti e laici cattolici iniziarono un’attività sociale con casse di risparmio parrocchiali e cooperative che ebbero come dirigente monsignor Emilio Cottafavi.
Questi per la sua capacità organizzativa venne poi scelto da san Pio X come delegato pontificio per l’aiuto ai terremotati di Reggio Calabria e Messina (1909).
Sostenitore della stampa cattolica diocesana era il conte monsignor Raffaele Scapinelli di Leguigno il quale nel 1912 fu inviato come nunzio apostolico presso la corte di Vienna.
I suoi sforzi per la pace, voluti da Pio X, non furono coronati da successo.
Tuttavia per i suoi meriti Benedetto XV lo nominò cardinale.
In questi anni la diocesi fu illustrata culturalmente dai fratelli Mercati: Giovanni bibliotecario della Vaticana dal 1898 poi cardinale nel 1936, Angelo archivista di Santa Romana Chiesa e Silvio professore di letteratura bizantina all’università di Roma; e da monsignor Leone Tondelli biblista e storico, ma più noto all’estero che in patria.
Nel 1910 fu eletto vescovo di Reggio Eduardo Brettoni, fiorentino, che resse la diocesi nel ventennio fascista fino al novembre 1945.
Il biennio 1943-1945 fu insanguinato da stragi, violenze e repressioni: ne rimasero vittima undici sacerdoti uccisi: parte dai fascisti, parte dai comunisti.
A Brettoni succedette Beniamino Socche (1946-1965) che fu un vescovo intrepido nella lotta contro l’ateismo marxista, nella difesa dei valori cristiani e, nonostante la crisi post-bellica, costruttore di un nuovo grandioso seminario e diverse chiese della periferia cittadina.
Il concilio Vaticano II portò anche nella diocesi una spinta al rinnovamento teologico e spirituale che fu codificato dal sinodo diocesano voluto e diretto dal vescovo Gilberto Baroni (1965-1989).
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Diocesi di Reggio Emilia - Guastalla
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.