Diocesi di Civita Castellana
STORIA
I - Le origini
Nel periodo in cui si diffuse il cristianesimo nel territorio, la città di Civita Castellana non era ancora stata edificata nel sito e con il nome con cui è oggi conosciuta.Esisteva, però, un centro urbano a circa sei chilometri, Faleri Novi, costruito in epoca romana e rimasto fino al tardoantico, quando venne abbandonato perché indifendibile o perché diventato malsano.
In questa fase venne presumibilmente rioccupato il sito della antica Faleri falisca – detta Veteres per distinguerla dall’altra – che corrispondeva al luogo dove si svilupperà la medievale Civita Castellana, citata nei documenti a partire dalla metà dell’VIII sec. con il nome di massa castellana.
Il cristianesimo dovette giungere molto presto, favorito dalla presenza delle vie Flaminia e Amerina.
Se si vuole dar credito ad alcuni culti martiriali, gravitanti intorno alle strade romane – non suffragati, però, da prove decisive – sarebbe da collegare a Faleri Novi, lungo l’Amerina, il martirio di Gratiliano e Felicissima (III sec.) e sarebbe da ricondurre al XXVI miglio della Flaminia, presso Rignano, la deposizione dei martiri Abbondio, Abbondanzio, Marciano e Giovanni avvenuta all’inizio del IV sec. Di certo nel luogo di tale presunta deposizione si trova la catacomba detta di Santa Teodora, le cui prime sepolture risalgono ai decenni iniziali del medesimo IV sec. La prima sede episcopale di cui si trova traccia nei documenti è Aquaviva, collocabile nell’omonima statio romana al chilometro 47 dell’odierna Flaminia, nei pressi di Civita Castellana, che comparve nel 465.
Contemporaneamente, un Felice «episcopus ecclesiae Faliscae et Nepesinae» sottoscrisse il sinodo del 499; ciò potrebbe far supporre che, fra la fine del V sec. e l’inizio del VI, il territorio fosse diviso fra le diocesi nepesina, forse unita a Faleri Novi, che si estendeva lungo la via Amerina, e quella di Aquaviva, che si estendeva lungo la Flaminia.
La scomparsa di Aquaviva, citata per l’ultima volta nel 502, dovette favorire l’ampliamento delle giurisdizioni nepesina e, soprattutto, faleritana, i cui vescovi cominciano ad apparire con il solo titolo di episcopus civitatis Faleritanae dalla fine del VI sec.
II - Dal Medioevo all’unione con Orte (1437)
Nel frattempo gli abitanti di Faleri Novi avevano iniziato ad abbandonare la città e a rioccupare il sito dell’antica Faleri (VII-VIII sec.).Ciò non comportò un cambio del titolo e i vescovi che, verosimilmente, si erano trasferiti nella città «incastellata» continuarono a definirsi episcopus civitatis Faleritanae.
Sempre in questo periodo cominciarono a essere trasportati nella nuova sede i culti prima incentrati nel sito precedente: del VII-VIII sec. è la costruzione del sanctuarium Gratiliani et Felicissimae, martiri che abbiamo visto collegati a Faleri Novi.
A partire dai primi anni del X sec. comparvero i primi vescovi che si designavano con il titolo di episcopus Civitatis Castellanae, titolo che rimarrà unico ed esclusivo dopo un Benedetto «Castellanae Civitatis et Faleritanae episcopus» (1037).
A segnare la definitiva affermazione del nuovo nome concorse anche la traslazione a Civita Castellana delle reliquie ritenute appartenenti ai martiri Marciano e Giovanni, tratte dal cimitero di Rignano per opera di Crescenziano «Civitatis Castellanae episcopus» (1001).
A seguito della traslazione, i due martiri divennero i patroni della città e della diocesi e la chiesa altomedievale, in cui furono collocate le reliquie, assurse alla dignità di cattedrale.
Distrutta dai normanni nel 1063, la cattedrale di Santa Maria fu ricostruita e completata nel 1210, sotto il vescovo Romano, nelle forme cosmatesche ancora oggi visibili.
I conflitti che nel Medioevo coinvolsero la sede romana ebbero ripercussioni anche a Civita Castellana, soprattutto perché essa era diventata un’importante piazzaforte.
Così, a esempio, l’antipapa Clemente III in fuga vi morì nel 1100; Eugenio III, Adriano IV e Alessandro III (morto a Civita Castellana nel 1181 e sepolto nella cattedrale) vi si rifugiarono, continuando da qui a governare la cristianità.
Nelle dinamiche politico-religiose del tempo, la città si trovò anche a subire a più riprese l’interdetto pontificio.
Numerosi furono i centri di irradiazione monastica nel territorio che, in fasi successive, entrò a far parte della diocesi.
Fra questi di particolare importanza furono i monasteri del Soratte e l’abbazia di Sant’Andrea in Flumine nella valle del Tevere.
Alla metà del XII sec. risale l’arrivo dei cisterciensi; insediatisi nella preesistente chiesa di Santa Maria di Falleri, i monaci fondarono l’omonima abbazia attiva fino al XIV sec. Alle origini del movimento francescano risale il convento di Civita Castellana, edificato quando il santo era ancora in vita o nei primi anni successivi alla sua morte.
In ragione della sua collocazione fra i due importantissimi assi viari della Flaminia e dell’Amerina, che Civita Castellana controllava e difendeva dall’alto, la città accrebbe la sua importanza nel corso del Medioevo.
Anche la diocesi si estese, inglobando l’antica sede di Gallese (1252).
Nel 1437, però, Eugenio IV, adducendo come motivazione la scarsezza delle rendite, accorpò le due diocesi di Civita Castellana e Orte ad personam episcopi, lasciando separati titoli, giurisdizioni, curie, residenze.
III - Dal concilio di Trento all’età napoleonica
Dopo l’unione vi furono vescovi di una certa importanza che, almeno prima del concilio di Trento, non sempre si stabilirono in sede.Fra questi si ricordano N. Palmerio (1455-1467), teologo agostiniano e umanista e, soprattutto, G. Burchard (1503-1506), liturgista, cerimoniere pontificio, nonché primo coeditore del Liber pontificalis.
Fra il 1525 e il 1538 la diocesi venne data in commenda.
I vescovi si limitavano a beneficiare delle rendite senza occuparsi della diocesi tanto che, alle soglie del concilio, la vita religiosa e quella istituzionale conobbero un notevole degrado.
Aperto il concilio di Trento, per la diocesi di Civita Castellana intervenne il vescovo S. Bongalli (1539-1564), ma le norme conciliari fecero fatica a imporsi.
Il primo sinodo postconciliare fu celebrato solo nel 1627 dal vescovo A. Gozzadini (1621-1653); le costituzioni sinodali emanate in questa occasione riuscirono, però, solo in parte a rinnovare la vita religiosa e istituzionale.
Un più radicale rinnovamento fu realizzato grazie ai sinodi successivi tenuti da A. Blasi (1705-1718) nel 1714, B. Vari (1739-1748) e S.
Lanucci (1748- 1765) nel 1756 e, soprattutto, grazie all’opera del vescovo G. F. Tenderini (1718- 1739).
Egli, dopo aver partecipato al concilio Romano del 1725, durante il quale tenne un’allocuzione nell’ultima sessione per esortare i vescovi a mettere in atto nelle loro diocesi le determinazioni dell’assise, si adoperò per realizzare nella sua diocesi quanto era stato deciso.
Tenderini ripristinò la disciplina ecclesiastica, favorì l’istruzione religiosa dei fedeli, si adoperò per istituire il seminario (aperto sette anni dopo la sua morte nel 1746), visitò a più riprese la diocesi con un’attenzione particolare alla cura pastorale.
Alla sua morte fu aperto il processo di beatificazione che si concluse con il riconoscimento delle sue virtù eroiche (1794).
Tra i personaggi importanti ricordiamo santa Giacinta Marescotti nata a Vignanello nel 1585 e il musicista Domenico Mazzocchi nato a Civita Castellana nel 1592.
Nel periodo repubblicano e napoleonico il vescovo L. De Dominicis (1787-1822) sottoscrisse il giuramento napoleonico e governò le diocesi limitrofe di Nepi e Sutri, ma si trovò anche ad affrontare vari episodi di indisciplina fra il clero diocesano.
IV - L’età contemporanea e la nuova diocesi di Civita Castellana
Nel XIX sec. importante fu l’opera del vescovo Matteo Augusto Mengacci (1851-1872) che partecipò al Vaticano I; celebrò un sinodo (1859) grazie al quale venne riformata la curia e riorganizzato l’archivio.Nel 1857 accolse Pio IX in viaggio nello Stato e durante il suo episcopato si verificarono gli eventi politici, con ripercussioni anche in sede locale, che portarono all’unità.
Nel XX sec. molto importante fu l’attività di Roberto Massimiliani (1948-1975); egli si trovò a reggere la diocesi in un periodo di intense battaglie politiche che, in particolare a Civita Castellana, si tradussero anche in episodi di violenza.
Molti dei suoi discorsi, omelie, lettere pastorali riflettono questa situazione e la lettura che ne diede il vescovo alla luce dei principi cristiani.
La diocesi conobbe una profonda trasformazione negli anni Ottanta.
Dopo aver accorpato, nel corso del secolo, i luoghi prima soggetti alle abbazie romane, l’11 febbraio 1986 ha unito pienamente le diocesi di Nepi, Sutri, Orte e Gallese (divenute titolari nel 1991), assumendo il nome definitivo di diocesi di Civita Castellana.
Primo vescovo nominato direttamente nella sede civitonica è stato Divo Zadi (1989) che ha amalgamato clero e istituzioni prima separate.
Bibliografia
M. Mastrocola, Il monachesimo nelle Diocesi di Civita Castellana, Orte e Gallese fino al secolo XIII, Viterbo 1962;M. Mastrocola, Note storiche circa le Diocesi di Civita C., Orte e Gallese, I. Le origini cristiane, Civita Castellana 1964;
II. Vescovadi e Vescovi fino all’unione del 1437, Civita Castellana 1965;
III. I Vescovi dalla Unione delle Diocesi alla fine del concilio di Trento (1437-1564), Civita Castellana 1972;
D. Gioacchini, Lorenzo de Dominicis da Foligno vescovo giurato (1735-1822), BDSPU LXIV, 1967, 129-183;
V. Fiocchi Nicolai, I cimiteri paleocristiani del Lazio, I. Etruria meridionale, Città del Vaticano 1988, 263-283;
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V. Fiocchi Nicolai, Mons. G. F. Tenderini (1668-1739). Un pastore per tutti i tempi della Chiesa, Terni 1996.
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Diocesi di Civita Castellana
Chiesa di Santa Maria Maggiore
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.