Diocesi di Ventimiglia - San Remo
STORIA
Le problematiche relative alla diffusione del cristianesimo nel Ventimigliese e al primo delinearsi di una stabile organizzazione ecclesiastica vanno messe in rapporto con le difficoltà che attraversò in epoca tardoantica il municipium di Ventimiglia.Ci si riferisce alla progressiva caduta in disuso delle strutture abitative della civitas romana, localizzata nell’area della foce del torrente Nervia.
Anche se dagli studi sull’argomento si attendono ulteriori precisazioni, appare assodato da una parte che il definitivo abbandono del primitivo sito dovette seguire tempi lunghi e dall’altra che il nucleo principale della città, insieme con la cattedrale e il battistero, alla fine dell’alto Medioevo si fosse ormai fissato nell’area dell’attuale centro storico, sull’altura soprastante il fiume Roja.
Sull’estensione della diocesi disponiamo di dati certi solo a partire dal basso Medioevo.
È probabile che in origine essa ricalcasse i limiti del municipio romano che a ovest si estendeva sino alla zona di Monaco, ma le vicende dei secoli successivi, in particolare l’instabilità del X sec., dovettero modificarne i confini, provocando un arretramento lungo la zona costiera.
Come attesta il Capitolare olonense dell’825, nel IX . la diocesi era inglobata nelle strutture amministrative del regno italico e faceva parte della provincia metropolitana milanese a cui rimase aggregata sino al 1806.
Durante il XII e XIII . il distretto diocesano verso l’interno coincideva sostanzialmente con il bacino delle tre vallate del Bevera, del Roja e del Nervia; nella zona costiera a ovest includeva i centri di Roquebrune e di Menton e a est si arrestava poco al di qua dell’attuale centro storico di Sanremo, che apparteneva alla diocesi di Albenga.
In questo settore il limite diocesano in seguito arretrò ancora alla Madonna della Ruota, tra gli odierni centri di Ospedaletti e di Bordighera.
Nel periodo dello scisma d’Occidente, tra la fine del XIV e l’inizio del XV sec., per qualche tempo la diocesi perse la sua unità e si formarono due distinti distretti ecclesiastici.
Al vescovo legittimo, residente a Ventimiglia, era rimasto il controllo sulle chiese dei centri sottoposti all’autorità di Genova e delle famiglie dei Doria, in valle Nervia, e, almeno in una prima fase, dei Grimaldi, cioè Roquebrune e Menton; il presule scismatico, che aveva sede in Sospel, esercitava la propria autorità sulle parrocchie appartenenti ai domini del conte di Savoia e dei Lascaris di Tenda, cioè il retroterra di Menton e i comprensori della valle Bevera e della media e alta valle Roja.
La frattura si ricompose a partire dall’ottobre del 1411, quando gli abitanti di Sospel riconobbero di nuovo come legittima l’autorità del vescovo di Ventimiglia che era allora Benedetto Boccanegra.
La diocesi attraversò un altro momento difficile al tempo della Riforma quando, grazie al decreto di Carlo IX, re di Francia, che permetteva il libero esercizio del luteranesimo, la nuova confessione aveva trovato largo seguito nella parte dell’episcopato soggetta al duca di Savoia.
Al ristabilimento dell’autorità vescovile su queste contrade si dedicarono i presuli Carlo Grimaldi (1565-1572) e Francesco Galbiati (1573-1600): quest’ultimo, nonostante le resistenze provenienti anche dal seno del proprio clero – restio ad adeguarsi ai più restrittivi dettami normativi emanati dal concilio di Trento, come la proibizione del cumulo dei benefici –, ottenne concreti risultati sul versante delle strutture di inquadramento e del livello culturale e disciplinare degli ecclesiastici.
Il rendiconto stilato in occasione dell’inchiesta del 1777 sullo stato delle parrocchie del dominio genovese mostra che il vescovato intemelio era all’epoca organizzato in trentacinque distretti parrocchiali corrispondenti ai principali insediamenti della diocesi, tranne che nel caso di Sospel, in valle Bevera, il cui territorio faceva capo a due diverse parrocchie.
La popolazione del vescovato ammontava a più di trentacinquemila anime e al riguardo della giurisdizione civile il distretto diocesano era suddiviso in tre distinti ambiti, pertinenti al Regno di Sardegna (Sospel, Moulinet, Castellar, Gorbio, St.
Agnes, Castillon, Breil, Saorge, Tende, La Brigue, Dolceacqua, Isolabona, Apricale, Perinaldo, Rocchetta, Seborga, Pigna, Buggio), alla Repubblica di Genova (Ventimiglia, Bevera, Airole, Piene, Camporosso, Vallecrosia, San Biagio, Soldano, Bordighera, Borghetto, Sasso, Vallebona, Castelfranco [Castelvittorio], Baiardo) e al Principato di Monaco (Menton, Roquebrune).
A fine secolo le parrocchie delle zone del Ventimigliese occupate dalle truppe francesi a seguito dei moti rivoluzionari del 1797 furono sottratte alla giurisdizione dell’ordinario intemelio e la sopravvivenza della stessa diocesi venne seriamente minacciata.
Nel giugno del 1802 i prelati della mensa ventimigliese si risolsero a ratificare un drastico ridimensionamento del distretto diocesano, ridotto a sole quindici parrocchie perché la maggior parte delle chiese erano passate alle dipendenze della diocesi di Nizza e di Monaco.
Sulla scia di queste vicende, nell’aprile del 1806, papa Pio VII decretò il distacco del vescovato ventimigliese dall’arcidiocesi milanese e la sua soggezione alla chiesa di Aix-en-Provence.
Tramontato l’astro napoleonico, il trattato di Vienna del dicembre 1814 sancì il passaggio della Liguria al Regno di Sardegna e nel 1818 la sede vescovile ventimigliese venne aggregata alla provincia metropolitana di Genova, di cui tuttora fa parte.
Grazie alla bolla Ex iniuncto nobis coelitus del 19 giugno 1831 la diocesi ventimigliese assunse una configurazione simile all’attuale: con questo provvedimento papa Gregorio XIV sottopose alla mensa intemelia le parrocchie di Andagna, Badalucco, Boscomare, Bussana, Carpasio, Castellaro, Ceriana, Cipressa, Coldirodi, Corte, Costarainera, Lingueglietta, San Lorenzo, Molini di Triora, Montalto, Poggio, Pompeiana, Sanremo, Riva, Santo Stefano, Taggia, Terzorio, Triora, Torre Paponi e Verezzo, staccandole dalla diocesi di Albenga, e nel contempo le restituì quelle di Dolceacqua, Rocchetta, Perinaldo, Apricale, Isolabona, Pigna, Buggio e Seborga che nel 1802 erano state sottoposte alla sede di Nizza.
In virtù dell’accordo franco-piemontese del 1860 le parrocchie di La Brigue e di Tende furono temporaneamente aggregate alla diocesi di Cuneo per poi ritornare alla sede ventimigliese nel 1886.
Fu il trattato di pace del 1945 a sancirne il definitivo distacco dalla cattedra intemelia: infatti le chiese del Mentonese e delle zone interne delle valli Bevera e Roja passarono sotto il controllo delle diocesi transalpine a seguito della cessione di queste zone alla Francia.
Attualmente nella diocesi sono presenti novantanove parrocchie, divise in sei vicariati e tutte comprese in provincia di Imperia tranne che per un limitato sconfinamento in quella di Cuneo col comune di Briga Alta, in alta valle Tanaro.
Sul fronte delle presenze religiose più importanti va rilevato che durante l’XI e il XII . in città la dialettica di vertice era sostanzialmente circoscritta alla cattedrale di Santa Maria e al monastero benedettino di San Michele, ceduto nel 1063 dai conti di Ventimiglia al cenobio provenzale di Sant’Onorato di Lérins.
I due enti si contesero a lungo il controllo delle principali prerogative sacramentali (messe, decime, diritti di sepoltura) la cui pertinenza ai canonici della cattedrale si andò stabilizzando solo a seguito di reiterati interventi papali.
Con il Duecento si assistette all’affermazione degli ordini mendicanti: solo i francescani riuscirono a impiantarsi a Ventimiglia, ma i domenicani diedero una nutrita serie di vescovi alla cattedra ventimigliese ed esercitarono una grande influenza soprattutto durante il Trecento e nel periodo della Controriforma.
Nel 1487 venne fondato il convento degli agostiniani, destinato a diventare non solo un centro di vita religiosa ma un vivace laboratorio culturale, come è dimostrato dalla poliedrica figura di Angelico Aprosio (1607-1681), a cui si deve la formazione della nota biblioteca, parzialmente smembrata e trasferita a Genova nel 1797-1798.
Per finire, va segnalato che Ventimiglia fu una delle prime città della cristianità in cui fu istituito (18 settembre 1564) e costruito il seminario vescovile.
Il primo presule ventimigliese di cui si conosce il nome è Giovanni, che sottoscrisse al concilio Romano del 680, mentre di incerta attendibilità appare la menzione del vescovo Lucio che nel 690 avrebbe consacrato la chiesa di San Lazzaro di Tenda.
Per tornare ad avere una testimonianza affidabile di un nome di un presule ventimigliese bisogna attendere la metà dell’XI sec., quando in una carta di questo periodo è ricordato il vescovo Tommaso.
Nella serie dei prelati che nel corso del Medioevo si avvicendarono sulla cattedra intemelia merita un cenno il vescovo Guglielmo: uomo di dottrina e già prevosto della cattedrale, succedette al predecessore Guido nel drammatico frangente dell’assedio di Ventimiglia da parte di Genova (1219-1222).
Il presule ebbe parte attiva nelle trattative di pace dell’agosto 1222 e la sua intercessione permise ai concittadini sconfitti di ottenere un ammorbidimento delle condizioni della resa imposta dal comune genovese.
Dopo aver partecipato nel maggio del 1229 a un concilio provinciale tenutosi a Lodi, Guglielmo morì nel 1230 in fama di santità.
Tra i presuli d’età moderna si segnala il benedettino genovese Mauro Promontorio, che resse la diocesi dal 1654 al 1685.
Il vescovo seppe contemperare zelo pastorale e affabile sollecitudine, tanto che il suo episcopato costituisce uno snodo significativo sotto vari punti di vista.
Importanti lavori di abbellimento interessarono la cattedrale dove vennero innalzati un nuovo altare maggiore e il sepolcro dei vescovi, mentre tra il 1668 e il 1671 fu eretto in città il grande monastero delle canonichesse lateranensi.
Il presule celebrò due sinodi diocesani e introdusse a Sospel l’ordine dei dottrinari per la formazione dei giovani.
L’opera del Promontorio fu importante anche in campo politico perché la sua mediazione valse a procrastinare di vari anni lo scoppio delle ostilità fra Genova e il duca di Savoia.
Altrettanto illustri sono due figure di presuli ottocenteschi, Lorenzo Battista Biale (1837-1877) e Tommaso Reggio (1877- 1892), accomunati dall’origine genovese e dalla saldezza della preparazione dottrinaria.
Il primo introdusse nel 1842 le suore di Santa Maria dell’Orto presso l’ospedale di Santo Spirito di Ventimiglia e chiamò a Vallecrosia nel 1875 i sacerdoti salesiani e le suore di Maria Ausiliatrice.
Durante il suo lungo episcopato furono completati i restauri e la costruzione del seminario, si ampliò il palazzo vescovile, fu restaurata la cattedrale e crebbe anche il numero delle parrocchie, con due nuove sedi nella sola Sanremo.
Più breve ma non meno importante fu l’episcopato del vescovo Reggio.
Il presule celebrò ben tre sinodi diocesani (1881, 1886 e 1891) e compì altrettante visite pastorali alle chiese del vescovato.
Avviò la costruzione dell’istituto dei salesiani nei piani di Vallecrosia e nel 1880 fondò la nuova famiglia religiosa delle suore di Santa Marta, dedite all’assistenza nei collegi e negli ospedali.
Fu attivo animatore anche in campo culturale, fondando la congregazione della Santa Dottrina, formata da chierici e laici, e istituendo le biblioteche parrocchiali a Ventimiglia, Bordighera e Sanremo.
Il patrono della diocesi è san Secondo, che è festeggiato il 26 agosto; il suo culto, ancora ben radicato ai nostri giorni, si andò affermando nei decenni successivi al Mille in seguito alla donazione della reliquia della testa del martire fatta dai monaci della Novalesa a un vescovo ventimigliese.
Dopo il Medioevo, la devozione per il santo – localmente designato con l’epiteto di «Beato Secondino» – conobbe una rinnovata fioritura durante il XVI e il XVII sec.; nel 1505 venne eretta nella cattedrale una cappella in suo onore e allo scoppio della terribile peste del 1579 la comunità cittadina ne invocò la protezione.
Nel 1602 san Secondo venne proclamato patrono di Ventimiglia e in questo stesso periodo si costituì anche la confraternita dedicata al santo, che nel 1650 eresse il proprio oratorio, tuttora esistente, adattando i locali di una casa ceduta dal nobile Antonio Porro.
Tra i vescovi del XX . merita un accenno Ambrogio Daffra che resse la diocesi ventimigliese per ben quarant’anni, dal 1892 al 1932.
Il presule diede prova di una sollecitudine pastorale a tutto campo; oltre a consacrare una nutrita serie di nuovi edifici religiosi, si distinse nell’opera di promozione e di rafforzamento delle istituzioni assistenziali: particolarmente legato a don Orione, di cui era stato maestro al seminario di Tortona, lo invitò a Sanremo per costituirvi un convitto, ma dimostrò grande affetto anche verso don Bosco e le opere salesiane.
Tra le altre iniziative in questo campo va segnalata la fondazione nel 1912 dell’ospizio di San Giuseppe a Bordighera.
La diocesi assunse la denominazione attuale di Ventimiglia-Sanremo il 3 luglio 1975, al tempo dell’episcopato del domenicano Angelo Raimondo Verardo, che fu vescovo dal 1967 al 1988.
Sono visualizzati solo edifici per i quali si dispone di una georeferenziazione esatta×
Caricamento mappa in corso...
Caricamento dati georeferenziati in corso...
Mappa
Diocesi di Ventimiglia - San Remo
Chiesa di Nostra Signora Assunta
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.