Diocesi di Bergamo
STORIA
I - Il primo millennio
Non abbiamo notizie circa gli inizi dell’evangelizzazione a Bergamo, dove il cristianesimo giunse nella seconda metà del III sec., presumibilmente da Milano.Secondo la tradizione, il promotore sarebbe stato Alessandro, soldato della legione Tebea, fuggito da Milano e martirizzato a Bergamo durante la persecuzione di Diocleziano (303-304).
Nonostante i tratti leggendari della sua Passio – risalente al IX-X . – si è propensi ad ammettere l’esistenza di un nucleo storico per l’antichità del culto al patrono della diocesi testimoniato dalla basilica edificata sulla sua tomba, la cui costruzione doveva risalire al IV . Mancando però riscontri diretti a causa della distruzione cui la basilica andò soggetta nel 1561, rimangono ancora dubbi da chiarire.
Certa è la presenza del vescovo verso la metà del IV . Al primo, Narno, seguì Viatore, di cui è attestata la presenza al concilio di Aquileia del 381; il terzo fu Dominatore, consacrato diacono da san Filastrio di Brescia e vescovo da sant’Ambrogio verso il 393.
A parte la presenza di Prestanzio al concilio di Milano del 451 e di Lorenzo a quello di Roma del 501, non abbiamo altre notizie di vescovi fino alla metà del VII . Con la fondazione del regno longobardo (568), Bergamo, divenuta sede di ducato, conosce l’importante figura del vescovo Giovanni (660-690 ca), ricordato da Paolo Diacono come uomo di grande santità.
Egli si prodigò per la conversione degli ariani longobardi al cattolicesimo, ottenendo dal re Grimoaldo (662-671) la chiesa di Fara d’Adda, costruita dal re Autari e dedicata a sant’Alessandro.
L’instaurazione della dominazione franca (774) segnò il rafforzamento della posizione del vescovo fino a farne, nel corso di due secoli, il più potente signore del comitatus di Bergamo.
Vi fu un notevole incremento dei possedimenti terrieri unitamente alla concessione dei diritti di immunità con il privilegio di Carlo III del 30 luglio 883, confermati un secolo e mezzo dopo dagli imperatori Enrico II e Corrado II.
Il 23 giugno 904 il vescovo Adalberto otteneva il diritto di fortificazione e i districta civitatis, cioè il governo della città.
Divenne il principale concorrente dei Gisalbertini, i conti del territorio bergamasco, senza però riuscire a esautorarli completamente.
Tra le figure episcopali sono da segnalare Aganone (837-867 ca), di origine franca, che giocò un ruolo importante nella questione matrimoniale di Lotario II come sostenitore della legittimità del divorzio da Teutperga, e il citato Adalberto (888-935 ca).
Questi seppe destreggiarsi abilmente nel periodo confuso del suo episcopato, che vide l’invasione degli ungari e le lotte tra i vari pretendenti alla corona d’Italia, tanto da fare di Bergamo uno dei centri più importanti e decisivi per l’assegnazione del Regno.
A lui si deve la convocazione il 9 maggio 897 di un sinodo, il primo conosciuto della diocesi di Bergamo, per l’attuazione della vita comune del clero della cattedrale di San Vincenzo.
II - Dalla riforma gregoriana al concilio di Trento
Il dominio episcopale cadde in una profonda crisi sotto il vescovo Arnolfo (1077-1098), quando era giunto al culmine della sua potenza.Discendente da una nobile famiglia milanese avversa alla Pataria, si pose dalla parte dell’imperatore Enrico IV, approvando al sinodo di Bressanone (1080) la deposizione di Gregorio VII.
Il partito imperiale continuò ad essere prevalente fino alla deposizione di Arnolfo da parte del sinodo di Milano del 1098.
Rimastogli il controllo dei possedimenti terrieri fino alla morte (1111), fu però costretto ad abbandonare la città, dove, nel frattempo, si procedette alla fondazione del comune.
Questo mutamento istituzionale fu favorito dagli ambienti bergamaschi favorevoli alla riforma gregoriana, sicuramente non paragonabili per forza alla Pataria milanese.
Essi procedettero all’elezione del vescovo Ambrogio de’ Mozzi (1111-1133), denominato patarinus, e alla fondazione del monastero di Astino, affidato ai vallombrosani, nel 1117.
Questo si affiancava alla serie di insediamenti cluniacensi della fine dell’XI sec.: i priorati di Pontida (1076), di Sant’Egidio di Fontanella (1080) e di San Paolo d’Argon (1079), principalmente per opera di Alberto da Prezzate, incaricato dall’abate Ugo di Cluny di sovrintendere ai monasteri della Lombardia.
Successore di Ambrogio fu il vallombrosano Gregorio (1133-1146), che si rese a sua volta protagonista della fondazione del monastero benedettino di Vall’Alta nel 1136.
Lo slancio della riforma continuò con Gerardo da Bonate (1146- 1167), nonostante la sua scelta a favore dell’antipapa sostenuto dal Barbarossa, che gli costò la deposizione, e con il successore Guala (1167-1186).
La composizione della secolare diatriba tra i capitoli canonicali delle due cattedrali di San Vincenzo e di Sant’Alessandro nel 1189 segnalava la fine della signoria episcopale sulla città e il diminuito interesse dei vari potentati al controllo delle due istituzioni cui spettava l’elezione del vescovo.
Agli inizi del XIII . si aprì un’interminabile fase di conflitti che ebbero negative ripercussioni anche sui rapporti tra il comune e la Chiesa.
Tre furono i motivi del contendere: la scelta ghibellina del comune a favore di Federico II; la tassazione dei beni ecclesiastici; il rifiuto di applicare la legislazione papale contro l’eresia.
Solo nel 1267 le norme antiereticali furono inserite negli statuti comunali, grazie alla prevalenza del partito guelfo e ai due vescovi Algisio da Rosciate (1251-1259) ed Erbordo (1260-1272), provenienti dall’ordine dei domenicani.
Proprio l’arrivo degli ordini mendicanti – i domenicani nel 1219, i francescani nel 1230 e gli agostiniani nel 1250, seguiti dai rispettivi ordini femminili – pose le premesse per un’efficace lotta contro l’eresia che si tradusse nella ripresa del tribunale dell’Inquisizione e nella fondazione di numerose confraternite laicali.
Il loro culmine si ebbe nel 1265 con la costituzione della Misericordia maggiore, in cui la finalità dell’assistenza si trovava affiancata a quella della lotta antieretica.
Aperta all’intera città, conobbe un’adesione massiccia di fedeli con il diretto coinvolgimento di tutte le componenti civili e religiose.
L’avvento della signoria dei Visconti nel 1332 non recò la sospirata pacificazione.
Alla lotta tra le fazioni si aggiunsero le sfavorevoli congiunture sanitario-alimentari con le conseguenti crisi epidemiologiche e demografiche.
L’aggravarsi della situazione generò importanti iniziative sul piano pastorale, come la fondazione di ospedali rurali, la notevole diffusione dei disciplini e l’incredibile crescita delle domenicane in città.
Non va dimenticata la missione pacificatrice svolta a Bergamo da san Bernardino da Siena nel 1422, accompagnato dalla fondazione del convento di Santa Maria delle Grazie.
In seguito al passaggio sotto la dominazione veneta (1428), iniziò la serie dei vescovi appartenenti al patriziato veneto, di cui la Serenissima riusciva ad ottenere l’elezione dalla Santa Sede, nonostante la mancanza del diritto di giuspatronato.
Nel Quattrocento si impose la figura di Giovanni Barozzi (1449-1465), nipote di Pietro Barbo, il futuro Paolo II.
Celebrò tre sinodi, riformò i capitoli delle due cattedrali, si occupò della disciplina del clero e di alcune comunità religiose.
Promosse due iniziative destinate a incidere profondamente nella vita della diocesi: la costruzione su disegno del Filarete della nuova cattedrale di San Vincenzo, rimasta poi unica dopo la distruzione della basilica alessandrina; e l’avvio delle pratiche per la fondazione del nuovo ospedale grande di San Marco, destinato ad assorbire i numerosi ospedali di epoca medievale non più adeguati ai nuovi bisogni.
Dopo il burrascoso periodo di guerre tra la fine del Quattro e gli inizi del Cinquecento, iniziò una decisa opera di rinnovamento che permise alla diocesi di giungere non del tutto impreparata alle riforme tridentine.
Ne erano stati chiari segnali le riforme interne di numerosi ordini: l’ingresso nella congregazione di Santa Giustina dei benedettini di Pontida (1491) e di san Paolo d’Argon (1496); la riforma dei vallombrosani di Astino (1493); il ritorno all’osservanza degli agostiniani (1443), dei domenicani (1448), dei carmelitani (1482); la fondazione di nuovi monasteri in numerose località della diocesi, tra cui quello di Santo Spirito dei canonici lateranensi (1476).
Il rinnovamento pretridentino ebbe come protagonisti i vescovi Pietro Lippomano (1517-1544) e Vittore Soranzo (1544-1558), nonostante il processo subito da quest’ultimo a Roma per l’adesione alle dottrine riformate.
Entrambi anticiparono il modello del vescovo pastore, sanzionato poi dal concilio di Trento.
Il primo ebbe il merito di invitare due forze della riforma cattolica: nel 1532 chiamò personalmente san Gerolamo Miani, che a Bergamo diede inizio alla congregazione dei padri somaschi; tre anni dopo appoggiò la fondazione del primo convento dei cappuccini.
III - Dal concilio di Trento a Napoleone
Il vescovo Federico Cornaro (1561- 1577) predispose le basi per l’attuazione della riforma tridentina attraverso la visita pastorale e numerose disposizioni disciplinari culminate nella celebrazione di tre sinodi, che costituirono il primo nucleo legislativo conforme alle disposizioni tridentine.A lui si deve la fondazione del seminario diocesano nel 1567.
Non è casuale che Carlo Borromeo, visitando la diocesi nel 1575, affermasse di aver trovato più da lodare che da rimproverare.
Una serie di buoni vescovi continuò nella linea tracciata dal Cornaro per cui alcune esigenze basilari, come una regolare cura pastorale e la presenza in ogni parrocchia della Scuola della dottrina cristiana, erano normalmente soddisfatte.
Un’ulteriore svolta positiva si ebbe con Gregorio Barbarigo (1657-1664), il quale riuscì a far compiere alla diocesi un salto di qualità, insistendo su una più accurata formazione del clero.
Ampliò la ricettività del seminario e ne migliorò l’iter formativo con innegabili benefici per gli alunni.
Con opportune misure elevò il livello spirituale e culturale del clero in cura d’anime.
Questo episcopato si pone come momento decisivo tra due epoche: la prima caratterizzata da un’applicazione piuttosto minimale dei decreti tridentini; la seconda, inaugurata dal Barbarigo, che mirava a un’appropriazione profonda da parte del clero e dei laici del loro spirito informatore.
Le iniziative del Barbarigo furono sistematicamente proseguite dai suoi successori Daniele Giustiniani (1664-1697) e Luigi Ruzzini (1697-1708).
La Chiesa bergamasca nel corso del Settecento assunse una fisionomia ben precisa, che si esprimeva in costumi e istituzioni fortemente consolidate.
Perno di tutto fu il clero che espresse un numero rilevante di sacerdoti insigni i quali si imposero all’ammirazione dei fedeli.
Il loro deciso orientamento filopapale contrastò efficacemente la diffusione del giansenismo.
Espressione di tali tendenze fu il Collegio apostolico, che iniziò la sua attività nel 1776 e che si proponeva di continuare l’azione pastorale dei gesuiti, soppressi nel 1773.
Era formato da sacerdoti che emettevano il voto di obbedienza al papa, al vescovo e al proprio superiore e si dedicavano all’educazione della gioventù e alla predicazione delle missioni popolari e degli esercizi spirituali.
Spicca la figura dell’ex gesuita Luigi Mozzi, che si dedicò alle missioni popolari e alla fondazione dei primi oratori maschili, soppressi sotto il dominio napoleonico.
La diocesi, grazie alla sua saldezza e vitalità, superò con successo le difficoltà della dominazione francese, nonostante le incertezze del vescovo G.
Paolo Dolfin (1777- 1819), l’ultimo di origine veneziana.
IV - L’età contemporanea
Con la Restaurazione la vitalità della diocesi ebbe modo di esprimersi in una serie di iniziative spesso ispirate dai membri del Colle- 179 BERGAMO B 27-02-2008 17:30 Pagina 179 gio apostolico, che occuparono le cariche più importanti della diocesi.Con il sostegno del vicario generale monsignor Celio Passi fu portata a termine la costruzione del nuovo seminario, finalmente in grado di accogliere tutti i seminaristi.
Fu incrementata la pastorale giovanile con la fondazione di oratori maschili e femminili e con iniziative originali come l’istituto fondato da don Carlo Botta a favore dei ragazzi «discoli».
Numerose le nuove congregazioni femminili: le orsoline di Gandino (1818) e di Somasca (1844), le Figlie del Sacro Cuore (1823), le suore della Carità di Lovere (1832) della diocesi di Brescia, ma assai attive in città e provincia, le suore della Sacra Famiglia (1857), le suore delle Poverelle (1869) e le suore sacramentine (1882).
Lo slancio iniziale fu in parte frenato da settori del clero contrari all’egemonia del Collegio apostolico e che trovarono sostegno presso il vescovo Gritti Morlacchi (1831-1852).
Fu l’inizio delle divisioni che tormentarono la diocesi per tutto l’Ottocento, senza peraltro compromettere l’intensa azione pastorale.
La situazione venne ribaltata con Pietro Speranza (1854-1879), membro del Collegio apostolico, che ne incarnava lo spirito in modo rigido.
La fedeltà al papa e la scelta dell’intransigentismo lo posero in forte contrasto con il Regno d’Italia, liberale e usurpatore del potere temporale della Chiesa.
La sua intransigenza non lo isolava dai fedeli, perché essa era una componente della tradizione religiosa bergamasca legata a una cultura ancora rurale, di cui il vescovo sapeva essere autorevole interprete.
Monsignor Guindani (1879-1904) ammorbidì l’intransigentismo del predecessore, avviò un dialogo con lo Stato e aprì alle iniziative dell’Opera dei congressi, diffuse capillarmente nelle parrocchie, che fecero di Bergamo un modello in tale settore.
Queste iniziative produssero presso i tradizionalisti gravi contrasti, risanati in parte con l’avvento di un vescovo autorevole come monsignor Radini Tedeschi (1905-1914).
Sotto il suo governo la diocesi raggiunse forse i vertici più alti riuscendo a coinvolgere nelle sue organizzazioni la maggioranza della popolazione.
Dopo il dramma della guerra e l’avvento del fascismo, la compattezza del mondo cattolico seppe resistere ai tentativi, operati nel 1931 e 1938 dal regime, di scardinare le potenti associazioni di Azione cattolica.
Il vescovo Adriano Bernareggi (1932-1953), uomo colto e attento a cogliere i mutamenti socioculturali, predisponeva un cattolicesimo in grado di affrontare le sfide rappresentate prima dai regimi totalitari e poi dalla società del benessere.
Nel periodo post-bellico l’erosione dei valori tradizionali si faceva evidente sotto Giuseppe Piazzi (1953-1963).
Il Vaticano II, convocato dal papa bergamasco Giovanni XXIII, suscitò grandi speranze ma anche fenomeni di contestazione che a Bergamo ebbero però un impatto minore che altrove, grazie alla moderazione del vescovo Clemente Gaddi (1963-1977).
A lui si deve anche il completamento della costruzione del nuovo grandioso seminario sul colle San Giovanni, iniziato dal predecessore monsignor Piazzi sotto gli auspici di Giovanni XXIII, il più grande figlio della Chiesa di Bergamo, al quale fu dedicato.
Gli ultimi due episcopati di Giulio Oggioni (1977-1991) e di Roberto Amadei hanno conosciuto tempi più tranquilli, ma non immuni dalle difficoltà derivanti dai radicali cambiamenti culturali della fine del XX . Sono da segnalare due iniziative: il convegno «Dare alla Diocesi di Bergamo un volto di Chiesa conciliare » (1990-1991) e l’annunciato sinodo, il primo del post-concilio, dedicato al tema della parrocchia, i cui lavori sono stati aperti nel novembre del 2004 e si sono conclusi il 30 settembre 2007.
Bibliografia
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Bergamo e S. Alessandro. Storia, culto, luoghi, a c. di L. Pagani, Bergamo 1999;
G. Spinelli, Nuove risultanze sulla cronologia di San Viatore vescovo di Bergamo, «Atti dell’Ateneo di Bergamo», LXV, 2001-2002, 37-51.
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Chiesa di San Alessandro Martire
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.