Diocesi di Oria
STORIA
La prima sicura attestazione di un vescovo oritano risale alla prima metà dell’VIII . con Magelpoto, longobardo d’origine, che probabilmente fu l’artefice della traslazione della sede episcopale brindisina verso quella oritana, situata nell’entroterra e quindi più al sicuro dalle invasioni.Essa era posta a metà strada fra due delle città portuali più importanti dell’impero romano, Taranto e Brindisi, a quel tempo contese, dal punto di vista militare ed ecclesiastico, tra bizantini e longobardi.
Quasi sicuramente però l’incontro di questi territori con il cristianesimo fu più antico ed è da attribuire sia alla presenza proprio a Oria di una fiorente comunità ebraica, sia al passaggio in queste zone dell’ultimo tratto dell’Appia, la più importante delle vie consolari romane, che non smise di fungere da arteria di comunicazione di uomini, esperienze, merci ed eserciti anche dopo la caduta dell’impero romano.
Alla fine dell’XI . il vescovo Godino (†1098) dietro ingiunzione di papa Urbano II (1088-1099) fu costretto a trasferire nuovamente la sede episcopale a Brindisi, che ormai era tornata a essere una città relativamente sicura dopo la definitiva conquista normanna.
Fino ad allora però la situazione ecclesiastica si presentava alquanto fluida, essendo legata alle vicende militari che vedevano fronteggiarsi proprio nei territori intorno a Brindisi le truppe bizantine e longobarde, per le quali Oria era considerata un avamposto.
È impossibile conoscere con certezza come fosse suddiviso il territorio, poiché le diocesi della zona erano accorpate e i vescovi amministravano territori e monasteri di città relativamente lontane.
Il vescovo Paone nell’883 era titolare della cattedra di Canosa e Brindisi e Gregorio (†996) era vescovo oltre che di Oria e Brindisi, anche di Ostuni e Monopoli.
Questa politica aveva come obiettivo quello di consegnare vasti territori a poche persone affidabili, al fine di evitare cambi di obbedienza.
Proprio la fedeltà al rito romano portò in Oria all’uccisione del vescovo Andrea nel 979 per mano del protospatario imperiale Porfirio.
Precedentemente il vescovo Teodosio (†895) era riuscito a far convivere la Chiesa greca e quella latina per mezzo di una grande opera di mediazione: infatti in qualità di apocrisario venne inviato da papa Stefano V presso la corte imperiale di Basilio.
Questa missione gli valse il dono da parte del pontefice delle reliquie dei martiri romani Crisante e Daria a cui fu dedicata una chiesa nella parte più alta dell’acropoli della città di Oria, nei pressi della cattedrale altomedievale, dedicata alla Vergine Assunta probabilmente dal vescovo Magelpoto.
Provvidenza volle che intorno all’anno 873 sulle coste della città di Ostuni, retta dallo stesso Teodosio, sbarcassero, insieme ad alcuni profughi orientali che fuggivano dalla dominazione araba, le reliquie del santo anacoreta Barsanufio o Barsanofio di Gaza (V sec.), che furono accolte con devozione in una chiesa fatta costruire presso la porta occidentale della città di Oria, intorno alla quale vi erano numerosi monasteri basiliani.
Infine Teodosio si rese promotore di un sinodo celebrato in Oria nel 887 nel quale furono emanati alcuni decreti disciplinari per cercare di contenere il rito greco.
Nel corso del XIII-XIV . si verificò un contenzioso plurisecolare fra i capitoli delle rispettive cattedrali di Brindisi e di Oria, che vedrà la fine solo nel 1591 con la definitiva separazione delle due sedi episcopali.
Due concezioni si confronteranno aspramente: quella oritana che considererà le due sedi nettamente separate pur aventi lo stesso vescovo, e quella brindisina la quale terrà sempre al suo ruolo di protocattedra.
Lungo i secoli la diatriba fu alimentata anche dal comportamento ambiguo degli stessi presuli che usavano identificarsi sui documenti come arcivescovi oritani e brindisini se le decisioni erano prese per la Chiesa di Oria, o brindisini e oritani se riferiti a quella di Brindisi.
Questo uso era giustificato dal fatto che in età sveva il prestigio di Oria si era nuovamente rafforzato.
Questo portò durante l’ultima parte del Medioevo e la prima età moderna verso una progressiva separazione di fatto delle diocesi con la nomina di due distinti vicari generali e una diversa disciplina del clero, dei monasteri benedettini maschili e femminili e della materia beneficiale.
Contemporaneamente crebbe la presenza degli ordini mendicanti, prevalentemente francescani, che in Oria videro sorgere uno dei più antichi insediamenti dell’Italia meridionale, ove tradizionalmente si riteneva avesse dimorato san Francesco in viaggio verso la Terrasanta, e dove visse devotissimo all’Eucarestia il beato Francesco da Durazzo (†1305).
Negli ultimi anni del XVI . dopo l’episcopato di Giovan Pietro Carafa (1518-1524), divenuto papa con il nome di Paolo IV, il marchese di Oria, Giovanni Bernardino Bonifacio (1517-1597), uno dei pochi esponenti del protestantesimo in Italia meridionale, fu costretto a perdere il feudo e partire per l’esilio a Danzica, tallonato dall’Inquisizione.
Egli denunciò apertamente il comportamento dei vescovi Girolamo (†1542) e Francesco (†1560) Aleandro, impedendo a quest’ultimo di svolgere la visita pastorale in Oria.
In seguito a questi avvenimenti nel 1563 Carlo Borromeo divenne feudatario della zona, ma fu costretto a vendere il feudo dopo pochi anni per sovvenire la popolazione di Milano colpita dalla peste.
La svolta tridentina si ebbe con il vescovo brindisino Carlo Bovio (1564-1570), che dopo aver partecipato al concilio si rese fautore di una visita pastorale nel 1565, nella quale mise a nudo la situazione reale della diocesi.
Bovio, originario di Ostuni, preferì dimorare non a Brindisi ma in Oria, dove godeva della presenza dell’umanista Quinto Mario Corrado e dove allestì l’episcopio con pregevoli affreschi.
Questo comportamento riaccese la diatriba fra le sedi vescovili, che si consumò sotto l’episcopato di Bernardino Figueroa (1571-1586).
Questi, nonostante l’impulso dato all’attività del seminario, non riuscì mai a ottenere l’obbedienza del clero oritano che, forte dell’appoggio dei notabili dell’università, per oltre un ventennio chiese insistentemente alla Sede apostolica e alla corte del viceregno spagnolo la definitiva divisione delle diocesi.
Essa avvenne il 10 maggio 1591 sotto Gregorio XIV con la bolla Regimini universae Ecclesiae, che stabilì i nuovi confini trasferendo cinque centri abitati dalla diocesi oritana a quella brindisina, entrambe di nomina regia, inserendo stabilmente la diocesi di Oria nella provincia ecclesiastica di Taranto.
Iniziò una nuova fase, grazie anche a pastori più devoti, provenienti dai nuovi ordini religiosi che attuarono i decreti tridentini riguardo la residenza e le visite pastorali della diocesi.
Anche gli ordini della riforma cattolica quali scolopi e teatini diedero il loro contributo, mentre fu rilanciato il culto del santo patrono Barsanofio, della Vergine Maria e soprattutto dei santi martiri Lucia, Cosma e Damiano, attraverso la costruzione e l’ampliamento dei rispettivi santuari tuttora meta di importanti pellegrinaggi.
Il processo di rafforzamento dell’identità della diocesi proseguì con l’ampliamento della cattedrale alla fine del XVIII . e con la rilettura di tutte le vicende storiche della Chiesa oritana a opera del vescovo Alessandro Maria Kalefati (†1793) che da buon erudito ebbe cura di raccogliere tutta la documentazione relativa alla sua Chiesa.
Con l’inizio dei movimenti risorgimentali nel Regno di Napoli, nel 1799 la Chiesa oritana visse nuovamente un periodo travagliato a causa delle idee riformiste che provocavano una spaccatura tra il clero e tra i fedeli.
La vicenda del vescovo Luigi Margherita (1851-1888), originario di Francavilla Fontana, è emblematica: egli fu costretto ad allontanarsi in seguito ad alcune difficoltà riscontrate con una parte del clero che lo accusava di essere stato eletto in maniera simoniaca.
Nello stesso arco di tempo cominciò a diffondersi nella diocesi e nelle zone circostanti la devozione alla Vergine del Rosario a cura del beato Bartolo Longo (1841-1926), nato in uno dei paesi della diocesi oritana, Latiano, beatificato da Giovanni Paolo II il 26 ottobre 1980, che da laico si adoperò alla costruzione del santuario di Pompei, e all’indomani del primo conflitto mondiale alla fondazione di numerosi istituti, alla diffusione di un metodo pedagogico indirizzato all’integrazione dei ceti sociali più deboli.
Contemporaneamente la diocesi si avvalse anche della presenza e del carisma di un altro santo: Annibale Maria di Francia (1851-1927), canonizzato da Giovanni Paolo II il 16 maggio 2004.
Egli dopo il terremoto di Messina del 1908 fece della città di Oria un centro privilegiato per la diffusione del carisma della congregazione rogazionista e delle Figlie del Divino Zelo finalizzato alla formazione dei giovani e alla preghiera per le vocazioni.
Il XX . per la chiesa di Oria è stato caratterizzato dalla lunghezza dei suoi episcopati, durante i quali sono state erette nuove parrocchie, rilanciato il seminario diocesano e sostenute le associazioni e aggregazioni laicali fra le quali spiccano le varie confraternite e l’Azione cattolica.
Il veloce mutamento sociale avvenuto in questo arco di tempo ha condotto anche la Chiesa oritana al lungo travaglio conciliare sotto l’episcopato del vescovo Alberico Semeraro (1947-1978), imboccando la via dell’aggiornamento sotto la guida dei vescovi Salvatore De Giorgi (1978-1981) e Armando Franco (1981-1997) che fra l’altro come presidente della Caritas italiana dal 1992 si è trovato a fronteggiare l’esodo albanese che ha interessato particolarmente il territorio della sua stessa diocesi.
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Mappa
Diocesi di Oria
Chiesa di Maria Santissima Assunta
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La facciata della cattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo ad ORIA -
L’altare maggiore -
Veduta della cupola sopra l’area presbiteriale
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.