«O e bukura Moré... – Oh bella Morea, come ti ho lasciata e più non ti ho rivista: ivi ho il signor mio padre, ivi ho la signora mia madre, ivi ho anche il mio fratello...». È questo il canto degli esuli albanesi in Italia, che costituisce, ancor oggi, memoria storica. A causa dell’inesorabile pressione dell’impero ottomano, nonostante la strenua opposizione militare di Giorgio Kastriota Skanderbeg, dal 1448 in ondate successive fino al 1534 una nutrita porzione del popolo d’Albania fu costretta a trasferirsi in Italia meridionale e in Sicilia, portando con sé le tradizioni religiose e popolari proprie. In Sicilia gli esuli albanesi con regolari «capitolazioni » diedero origine ai paesi di Palazzo Adriano, Piana, Mezzojuso e Contessa Entellina. Successivamente alcune famiglie di Piana fondarono il vicino paese di Santa Cristina Gela. Questi paesi, insieme alla comunità stabilitasi a Palermo, costituiranno poi l’eparchia di Piana degli Albanesi. Gli albanesi, giunti in terra italica poco dopo il concilio di Firenze (1439), in cui si era sancita l’unione tra greci e latini (unione però non confermata dall’insieme delle Chiese ortodosse), furono accolti come fratelli nella fede. A essi non fu chiesta alcuna abiura né una specifica professione di fede. È rilevante ecumenicamente il fatto che vescovi del vicino Oriente in quel periodo esercitavano il loro ministero presso le comunità italo-albanesi con l’autorizzazione del papa. Dopo il concilio di Trento tali comunità subirono un processo latente di latinizzazione. Per garantire la genuina tradizione delle Chiese bizantine sorse, agli inizi del 1600, il monastero di Mezzojuso, popolato «monachorum graecorum graece viventium», e nel 1734 il seminario greco-albanese di Palermo, fondato da padre Giorgio Guzzetta, l’apostolo degli albanesi di Sicilia. Una serie di vescovi ordinanti per i greco-albanesi di Sicilia si ebbe dal 1785 al 1937, anno in cui fu eretta, il 26 ottobre, da Pio XI l’eparchia di Piana dei Greci, successivamente denominata Piana degli Albanesi, immediatamente soggetta alla Santa Sede. Giovanni XXIII nel 1960 incorporò all’eparchia le parrocchie latine, sorte nel tempo nel territorio dei comuni albanesi. Paolo VI nel 1967 elesse vescovo Giuseppe Perniciaro, già dal 1937 ausiliare degli arcivescovi cardinali di Palermo, fino a questo momento amministratori apostolici dell’eparchia. Oggi collaborano alla vita pastorale dell’eparchia i monaci basiliani, legati al monastero italo-greco di Santa Maria di Grottaferrata; le suore collegine, istituzione di origine latina, ma che nell’istituto di Piana – caso singolare – dal 1731 seguono il rito bizantino; le suore basiliane Figlie di Santa Macrina, istituzione fondata a Mezzojuso nel 1921; le suore Ancelle di Cristo Re di rito latino; altre comunità religiose di recente istituzione. Lo slancio ecumenico e culturale della comunità bizantina di Sicilia verso l’ortodossia è affiancato dall’Associazione culturale italiana per l’Oriente cristiano che, tra l’altro, dal 1961 a oggi promuove la pubblicazione della rivista «Oriente Cristiano». La singolare identità dell’eparchia di Piana, guidata dal suo terzo vescovo, Sotír Ferrara, è stata rafforzata nel 2005 dalla celebrazione del II sinodo intereparchiale all’insegna della collegialità con l’eparchia di Lungro in Calabria e il monastero di Santa Maria di Grottaferrata e allo scopo di rinvigorire la comunione della Chiesa cattolica bizantina in Italia.
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