Diocesi di Mazara del Vallo
STORIA
Nel settembre del 1093 il normanno Ruggero d’Altavilla, che nel 1072 aveva restituito «Mazara all’Europa cristiana», fondava la diocesi di Mazara assegnandole un vastissimo territorio che confinava a nord, ovest e sud con il mare e a est con i territori di Carini e Corleone e il fiume Belice, e ne affidava il governo a Stefano de Ferro, suo consanguineo.La fondazione della diocesi rientrava nel disegno politico di ricristianizzazione della Sicilia e di riorganizzazione della Chiesa latina.
Progetto particolarmente a cuore a Urbano II che nel mese di marzo del 1088 si recò in Sicilia, a Troina, per incontrarsi con Ruggero.
Il riconoscimento pontificio della diocesi di Mazara fu ufficializzato dallo stesso Urbano II con la bolla del 10 ottobre 1098 e confermato il 15 ottobre 1100 dal suo successore Pasquale II.
Il diploma di Ruggero conteneva i confini della nuova diocesi e una importante donazione di natura feudale: un complesso di ventitré feudi per un totale di circa tredicimila ettari a occidente della città, lungo la destra del fiume Mazaro, che comprendeva l’antico villaggio arabo di Mandil Bizir con bagli, magazzini e fosse per il grano.
Donazione che poneva il vescovo di Mazara alla testa della nuova aristocrazia feudale della Sicilia occidentale.
La diocesi rimase nei confini stabiliti dal conte Ruggero sino al 1848.
In quell’anno, in seguito al motu proprio del 20 maggio In suprema militantis Ecclesiae di Gregorio XVI, vennero ristrutturati i confini delle diocesi siciliane e Mazara perdette ben nove comuni, che vennero aggregate alla diocesi di Monreale; con successivo motu proprio del 31 maggio Ut animarum pastores Mazara vide ulteriormente ridimensionati i suoi territori: perdette la città di Trapani e tutti i paesi che costituirono la nuova diocesi di Trapani.
Oggi la diocesi comprende tredici comuni: Mazara, Marsala, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Santa Ninfa, Partanna, Poggioreale, Salemi, Salaparuta, Vita, Gibellina, Petrosino e Pantelleria, divisi in sei foranie con oltre 230.000 abitanti.
Il primo vescovo fu Stefano Ferro di Rouen, monaco benedettino dell’abbazia di Santa Eufemia, che istituì vari monasteri nel territorio e si preoccupò di ripristinare la fede cattolica nelle comunità religiose di provenienza basiliana.
Il suo successore Tustino fu inviato dal re Guglielmo I in Puglia per sedare la rivolta del baronaggio che minacciava di estendersi a Calabria e Sicilia.
Il vescovo Giuliano accolse in diocesi nell’anno 1224 i frati minori di san Francesco, che arrivarono sotto la guida del beato Angelo da Rieti, mentre era ancora vivo san Francesco e qui istituirono la provincia minorita del Val di Mazara sotto il patrocinio dell’Immacolata Concezione.
A Mazara sorse un convento francescano, coevo di quello di Messina, e l’uno e l’altro divennero punti di irradiazione del francescanesimo in Sicilia.
La pace di Caltabellotta (19 aprile 1302) mise fine a un momento assai difficile per la Chiesa di Mazara, che aveva visto durante la guerra del Vespro nello stesso tempo succedersi vescovi aragonesi e angioini.
Mazara ebbe finalmente il suo vescovo legittimo nel catalano Falcone.
Nulla sappiamo del suo governo pastorale, che fu troppo breve, infatti nel 1305 Mazara ebbe nel domenicano padre Gotofredo de Concioni il suo nuovo vescovo.
Cominciava la serie dei vescovi domenicani, che per un cinquantennio avrebbero guidato questa Chiesa.
La crisi generata dallo scisma d’Occidente trovò la Chiesa di Mazara solidamente ancorata a Roma e, laddove l’antipapa di Avignone continuava a nominare i vescovi per la sede di Mazara, questi mai riuscirono a prendere possesso canonico della diocesi, grazie al clero e al popolo che acclamavano come legittimi pastori solo i vescovi in comunione con Roma.
Il medioevo registrò nella Chiesa di Mazara la compresenza pacifica delle tre fedi monoteistiche, e se gli islamici vissero indisturbati nelle loro tenute, al vescovo di Mazara fu riconfermata la piena giurisdizione sugli ebrei presenti nel territorio, che esercitò con grande umanità.
Tale giurisdizione prevedeva non solo il diritto del vescovo ad esercitare la giustizia, ma anche l’onere da parte della comunità giudaica di fornire al vescovo tre volte l’anno due rotoli di pepe.
In novecento anni di storia, Mazara ha avuto settantanove vescovi, tra cui sono annoverati due cardinali: Giovanni Bessarione (1449-1458), insigne monaco basiliano, e Giovanni Domenico Spinola (1636- 1646), teologo e giurista.
Al Bessarione, uomo di elevata cultura da Lorenzo Valla definito «inter graecos graecissimus, inter latinos latinissimus», si deve l’aver assegnato la Trasfigurazione di Cristo sul Tabor come titolo alla cattedrale, sino allora dedicata, per volontà di Ruggero, al «Salvator et Maria».
Si era all’indomani della vittoria sui turchi presso Belgrado e il papa Callisto III aveva adottato la festa della Trasfigurazione, legata al 6 agosto, anche per la Chiesa latina.
Il cardinale Spinola, con la celebrazione del sinodo diocesano, diede alla Chiesa di Mazara le «Costituzioni », che risultarono una insigne opera giuridica, alla quale si rifecero sempre i vescovi nei successivi sinodi della Chiesa mazarese.
Al Bessarione successe nel governo Giovanni Burgio, che ottenne dal re Giovanni II nel 1465 il «mero e misto imperio» sulle terre del Casale Bizir, già feudo della Chiesa di Mazara, dove in quegli anni vennero accolti e ospitati le migliaia di albanesi che successivamente daranno vita all’eparchia di Piana degli Albanesi.
La cronotassi dei vescovi di Mazara registra inoltre la presenza di prelati provenienti da varie congregazioni religiose.
Il XIV . è dominato dalla presenza di cinque vescovi domenicani, che si sono succeduti in un momento particolare della storia di questa Chiesa.
Nei secoli successivi si annoverano ben quattro vescovi francescani, tra i quali Francesco Maria Graffeo (1685-1695), che trasformò l’antica cattedrale normanna, ormai fatiscente, nell’attuale cattedrale barocca, splendida per i suoi marmi e ricca di colori, e, ultimo in ordine di tempo, Costantino Trapani (1977-1987), che accolse il 20 novembre 1982 il Santo Padre in visita apostolica nella valle del Belice per confortare le popolazioni colpite dal sisma.
Tra i prelati teatini che ressero questa Chiesa si ricorda il grande Bartolomeo Castelli (1695-1730), il vescovo che rinnovò la catechesi nelle parrocchie e istaurò il periodo aureo della diocesi: a lui si deve il grandioso palazzo del seminario, che con l’attiguo collegio dei gesuiti, fece di Mazara un polo di cultura, dove si conseguiva la laurea in filosofia e diritto canonico, e una oasi di spiritualità.
La Chiesa di Mazara raggiunse la sua massima espansione territoriale nel XVI . per la conferma nel 1535 da parte di Carlo V di tutti i privilegi della città di Mazara e della diocesi e la sottomissione a questa dell’arcipretura di Tunisi e Goletta.
Un secolo glorioso per la presenza di vescovi assai validi tra i quali si annoverano Giacomo Lomellino, a cui fu affidato il compito dai padri del concilio di Trento di redigere i canoni relativi alla dottrina sul matrimonio, e il vescovo Antonio Lombardo, che celebrò il primo sinodo della Chiesa di Mazara dopo il concilio di Trento.
Il cammino di questa Chiesa nell’età moderna è scandito dai tredici sinodi, che si celebrarono per recepire i canoni tridentini nella vita diocesana.
Significativa nell’età moderna la presenza di un numeroso clero e l’affermarsi delle confraternite laicali, che hanno svolto un ruolo considerevole nella vita socio-religiosa del territorio.
Accanto alle confraternite proliferarono una miriade di opere pie, monti di pietà, collegi per orfani e conservatori per le vergini, le separate e le reo-pentite.
Il secolo del risorgimento italiano coincide con lo smembramento della diocesi, il cui territorio in parte dà vita alla nuova diocesi di Trapani e in parte consolida il territorio della limitrofa diocesi di Monreale.
Il XX . vide avvicendarsi sulla cattedra di questa Chiesa ben sei vescovi, che con solerzia e diligenza sono riusciti a guidare le sorti spirituali e morali di una comunità, chiamata a essere punto di riferimento per i lontani e Chiesa di frontiera per quanti si affacciano nel bacino del Mediterraneo.
Al vescovo Audino si deve la celebrazione del XIV sinodo diocesano e l’affermarsi del movimento cattolico nella diocesi, al vescovo Salvatore Ballo la realizzazione, nell’immediato dopoguerra, delle scuole cattoliche parrocchiali e la riforma della curia.
Dopo il Vaticano II, il vescovo Giuseppe Mancuso guidò la Chiesa di Mazara nell’opera di modernizzazione alla luce dei documenti conciliari, mentre il vescovo Emanuele Catarinicchia ha celebrato nel 1995 il XV sinodo diocesano dando così a questa Chiesa le nuove costituzioni.
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Diocesi di Mazara del Vallo
Chiesa del Santissimo Salvatore
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La facciata della cattedrale del Santissimo Salvatore a Mazara del Vallo -
L’altare maggiore -
Il presbiterio -
Veduta dell’aula dall’ingresso
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.