La diocesi fu eretta il 3 luglio 1817 dal pontefice Pio VII. Al momento della fondazione comprendeva i comuni di Piazza Armerina, Aidone, Assoro, Barrafranca, Valguarnera, Enna, San Filippo d’Agira, Mirabella Imbaccari, Leonforte, Nissoria, Pietraperzia, Villarosa, smembrati dalla diocesi di Catania. Era suffraganea dell’arcidiocesi di Monreale. In seguito alla ristrutturazione di altre diocesi siciliane, in data 20 maggio 1844 a Piazza Armerina furono tolti i comuni di Assoro, San Filippo d’Agira, Mirabella Imbaccari, Leonforte e Nissoria, assegnati alla nuova diocesi di Nicosia. Ricevette in cambio i comuni di Butera, Mazzarino, Niscemi, Riesi e Gela, smembrati dall’arcidiocesi di Siracusa, di cui è stata suffraganea fino all’anno 2000, quando divenne suffraganea dell’arcidiocesi di Agrigento, eretta a sede metropolitana. La diocesi piazzese è seconda per estensione tra le diocesi siciliane. A nord confina con le diocesi di Nicosia e Cefalù; a est con le diocesi di Caltagirone e Ragusa; a ovest con le diocesi di Caltanissetta e Agrigento. Patrona principale della diocesi è Maria Santissima delle Vittorie, che si festeggia il 15 agosto; patrono secondario san Gaetano. Le ragioni della fondazione della diocesi, come per qualche altra diocesi dell’isola, vanno fatte risalire a prima della data della bolla di Pio VII del 1817. Fu in occasione della riunione del 117° parlamento generale del regno, tenutasi a Palermo il 9 aprile 1778, che si discusse delle circoscrizioni ecclesiastiche. In quella occasione si convenne sull’insufficiente numero di diocesi nell’isola, a fronte dell’aumentato numero di abitanti e delle crescenti esigenze dei fedeli, quindi fu chiesto al sovrano, cui competeva la questione in forza del privilegio della legazia apostolica, di smembrare le vaste diocesi e di erigere nuovi vescovati. Ferdinando IV di Borbone diede il proprio assenso ad avviare l’iter per assegnare anche a Piazza Armerina la sede di una nuova diocesi. Pio VII accettò la proposta e nel 1807 nominò delegato apostolico l’arcivescovo di Palermo, Raffaele Mormile (1803-1813), con il mandato di esaminare la necessità e l’utilità della nuova diocesi, smembrandola da Catania. Malgrado le forti opposizioni messe in atto da Catania ed Enna, la prima perché non desiderava lo smembramento, la seconda perché desiderava per sé la sede vescovile, Piazza Armerina ottenne pure il parere favorevole dei comuni candidati a far parte della nuova diocesi. Insieme alle ragioni pastorali contribuirono motivazioni di carattere politico, sociale ed economico, e anche di natura campanilistica. Piazza Armerina vantava titoli, onori e privilegi, antichità di fondazione e protagonismo storico (famoso il protopriorato dei cavalieri del Santo Sepolcro, dedicato a sant’Andrea), uomini illustri, numerosa popolazione (17.473 abitanti), una chiesa madre meritevole di essere elevata alla dignità di cattedrale, dedicata alla Beata Vergine Maria Assunta in Cielo, dove si venera l’immagine bizantina di Maria Santissima delle Vittorie. Inoltre, vi erano comunità religiose di diversi ordini maschili e femminili: gesuiti, teatini, benedettini, carmelitani. Primo vescovo è stato Girolamo Aprile Benzo da Caltagirone, dove era nato nel 1760 ed era stato prevosto della collegiata di San Giuliano e parroco della chiesa madre. Nominato nel 1819, governò la diocesi fino al 1836, ebbe l’onore e l’onere di impiantare le strutture diocesane e avviarne la formazione di una propria fisionomia. Di perspicace ingegno, riuscì a mettere ordine, grazie a un regio decreto, nei rapporti tra Chiesa e Stato per i matrimoni detti di coscienza. Lo zelo pastorale lo guidò nella sistemazione e organizzazione delle chiese filiali dell’unica parrocchia, la cattedrale, per la quale affidò al prevosto la cura delle anime in precedenza compito delle prime quattro dignità del capitolo. Riuscì ad accattivarsi la generale simpatia e a promuovere pure un maggiore senso di responsabilità tra i presbiteri, avviandoli verso una visione del sacerdozio non limitata all’amministrazione dei sacramenti. Tra i suoi successori è da ricordare Saverio Gerbino (1872-1887), quinto vescovo della diocesi, anch’egli originario della città di Caltagirone. Erudito, pio, energico e laborioso, impresse nella comunità diocesana un’impronta pastorale unitaria e, negli anni postunitari, si impegnò ad arginare gli influssi del liberalismo e della massoneria. Considerato dal clero maestro e amico, a lui si deve il primo sinodo diocesano, indetto nel 1878. Promosse una ristrutturazione del seminario più rispondente ai tempi, sia nell’ambito culturale sia spirituale e disciplinare, migliorandone pure le strutture. Anche il settimo vescovo proveniva dalla diocesi di Caltagirone: Mario Sturzo (1903-1941), fratello del più famoso Luigi. Di ampia cultura filosofica e di profondo zelo pastorale, permise a Piazza Armerina di eccellere tra le diocesi siciliane e di imporsi all’attenzione nazionale. Profuse abbondantemente, sia nel clero che nei fedeli, il suo amore per la Chiesa. Attraverso le numerose lettere pastorali e i quattro sinodi celebrati diede alla diocesi un’impronta pastorale di grande apertura alle questioni del tempo e di conseguente impegno sociale oltre che di formazione spirituale per il laicato. Particolare menzione merita un convegno diocesano da lui voluto sul rinnovamento della parrocchia. La sua capacità speculativa lo portò a intessere rapporti con filosofi e letterati a livello nazionale e di diversa estrazione culturale. A lui si deve la fondazione della teoria filosofica del neo-sintetismo e del periodico «Rivista di autoformazione». Sul suo episcopato e sul suo pensiero si sono effettuati recentemente ricerche e approfondimenti. Dagli anni del secondo dopoguerra anche la vita dei fedeli della diocesi di Piazza Armerina fu segnata dal fenomeno dell’emigrazione, soprattutto dei giovani, per cui la popolazione si presenta con un’età media elevata. Il rinnovamento conciliare, oltre a favorire lo svecchiamento di strutture e mentalità pastorali, ha prodotto l’introduzione di numerosi movimenti e associazioni ecclesiali, cui si deve soprattutto la formazione del laicato. In diocesi vi sono diversi santuari, centri di devozione e di religiosità popolare, meta di pellegrinaggio di numerosi fedeli che, magari a piedi scalzi, vi si recano anche da altre diocesi. Tra quelli che vantano un decreto di erezione canonica vanno ricordati almeno San Rocco di Butera, San Filippo Apostolo di Aidone, Maria Santissima della Catena di Riesi e Maria Santissima delle Vittorie di Piazza Armerina.
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