Amantea divenne sede di un emirato arabo tra l’839 e l’840 con al-’Abbas Ibn al Fadl che la fece residenza di una flotta di navi che partivano per attaccare le altre città calabresi della costa e insediò le sue truppe anche a Tropea e a Santa Severina. Nell’886 Niceforo Foca espulse i saraceni da Tropea e Santa Severina e liberò Amantea dove il nuovo basileus Leone VI Filosofo (886-912) fece introdurre il rito della chiesa greca e nominò Amantea sede vescovile, soggetta alla metropolia di Reggio. La funzionalità della diocesi e l’opera evangelizzatrice dei bizantini per estirpare il Corano fu continuamente interrotta dal pericolo di incursioni musulmane. Sul finire del millennio Amantea ritornò sotto il giogo islamico e vi restò per altri cinquant’anni fino al 1031-1032, quando i saraceni furono scacciati definitivamente dalla città. Dei vescovi che sedettero sulla cattedra di Amantea si ricordano solo i nomi di Gregorio e di Giosuè. La diocesi fu unita a Tropea dal duca Ruggero Borsa, figlio di Roberto il Guiscardo, nel 1094 e rimase sempre unita con la denominazione di diocesi inferiore, benché già nel 1499, nel 1556 e infine nel 1827 si paventò lo smembramento attuato poi con decreto del 16 dicembre 1963, che assegnava nove comuni (Aiello Calabro, Serra Aiello, San Pietro in Amantea, Amantea, Belmonte Calabro, Cleto, Falconara Albanese, Fiumefreddo Bruzio, Longobardi), e le due frazioni di Laghitello e Terrati all’arcidiocesi di Cosenza; e tre comuni (Falconara, Nocera Terinese, San Mango d’Aquino) alla diocesi di Nicastro.
Diocesi
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.