Diocesi storica di Priverno
STORIA
I - Le origini
L’evangelizzazione di Terracina è ricondotta al transito di san Paolo sulla via Appia, benché la città non sia menzionata nel passo degli Atti degli apostoli (28,14-16) che ne costituisce la fonte.In effetti, la circostanza appare difficile da accogliere, così come sono da vagliare con rigore le passiones dei martiri proto-cristiani terracinesi.
La più importante è quella del patrono san Cesareo, redatta nel V-VI sec.: il racconto, che ne pone il martirio sotto Nerone, ha scarso credito storico, ma rivela fondi di verità se esaminato alla luce dei dati archeologici; il rinvenimento di sepolture cristiane del III-IV sec. nel luogo in cui Cesareo sarebbe stato ucciso e dove, almeno dall’VIII-IX sec., sorse una chiesa suburbana a lui intitolata, ne porrebbe infatti la memoria a fondamento dell’ecclesia cittadina fin dalle origini.
La devozione verso san Silviano sembra invece riconnettersi a quella per Silvanus, dio pagano dei boschi.
L’inattendibilità delle fonti agiografiche che fanno anche di lui un profugo africano approdato nel V sec. a Terracina con il padre Eleuterio, avvalora l’ipotesi di una cristianizzazione del culto silvestre attestato già in epoca preromana, ma ancora vivo nel 594, quando Gregorio Magno si lamentò perché i terracinesi continuavano a venerare gli alberi.
La solidità della comunità cristiana è comunque testimoniata già nel 313, anno in cui se ne cita il primo vescovo, Savino.
II - L’età medievale - Agli inizi del VI sec. san Benedetto fondò nei pressi della città il monastero di Santo Stefano de Montanis, assegnato a Montecassino nel 955 e oggi diruto.
Nel 592 gli abitanti di Fondi trovarono rifugio dai longobardi a Terracina, così da indurre Gregorio Magno all’unione degli episcopati, interrotta nel VII . Sottratta al controllo papale nel 779, solo dopo il 963 la diocesi tornò nel Patrimonium, la cui frontiera meridionale si stabilì nei secoli proprio a Terracina.
A tale riaffermazione pontificia rimanda la concessione della città al conte Dauferio da parte di Silvestro II (1000), a lungo ritenuta l’inizio di una politica feudale nello Stato della Chiesa.
Con l’ascesa del papato riformatore, gli assetti ecclesiastici locali vennero sostanzialmente ridefiniti: risale ad Alessandro II l’avvio dell’unione delle sedi di Terracina, Priverno e Sezze in una diocesi dalle più solide basi economico-territoriali; il processo riguardò dapprima Priverno e Terracina e solo dalla fine del XII sec. Sezze.
Rifugio sicuro durante la lotta per le investiture per i suoi legami con la filonormanna Montecassino, a Terracina Vittore III rinunciò alle insegne papali (1086) e, soprattutto, i cardinali del partito gregoriano elessero Urbano II (12 marzo 1088) nella cattedrale di San Cesareo da poco consacrata (1074).
Nel XII-XIII sec. il papato estese il proprio diretto controllo sulla regione: l’insediamento dei cisterciensi a Fossanova (ca 1135) e Valvisciolo (1154), dei florensi a Monte Mirteto (1206-1212), oltre all’inalienabilità di Ninfa, Acquapuzza e Terracina (1234), rientrano in questa politica, messa in crisi dall’affermazione dei Caetani intorno al feudo di Sermoneta a partire dal 1297.
Intanto, Onorio III confermava l’unione delle tre Chiese con la bolla Hortatur nos (1217), chiesta dal vescovo Simeone (1203-1224) per porre fine ai contrasti con Priverno e Sezze.
Si fissarono così i confini della nuova realtà ecclesiale: gli abitati di San Felice e Sermoneta per la diocesi di Terracina; Bassiano e gli scomparsi Acquapuzza, Asprano e Trevi per quella di Sezze; Maenza, Roccagorga, Roccasecca e Sonnino per quella di Priverno.
A eccezione delle isole pontine, la cui controversa attribuzione verrà risolta a favore della diocesi di Gaeta nel XVIII sec., tale assetto resterà immutato fino alla bonifica fascista.
L’influenza dei Caetani si protrasse sino allo scisma d’Occidente, con relativo corollario di vescovi scismatici.
Riconquistata alla Santa Sede (1400) e poi contesa dai re di Napoli, solo nel 1482 Terracina tornò nei domini pontifici, per quanto ormai in profonda crisi.
III - Dal Tridentino all’invasione napoleonica
Il declino divenne drammatico nel 1572, quando gli abitanti si ridussero a circa duecento per una violenta epidemia che aggravò una situazione già resa difficile dalle incursioni barbaresche e dalla prossimità di Terracina alle malariche paludi pontine che, peraltro, con Leone X e Sisto V furono interessate dai primi progetti di bonifica.In questo periodo la cattedra terracinense fu costante appannaggio di cardinali e prelati di curia.
Con l’imposizione tridentina della residenzialità, la decadenza di Terracina indusse a trasferire la sede episcopale che, dopo un’iniziale itineranza, venne stabilita a Sezze, dove fu anche eretto il seminario.
A Luca Cardino (1582-1594) si deve la prima relatio ad limina (1590), eccezionalmente redatta in volgare; la celebrazione dei sinodi nei principali centri della diocesi (il primo a Priverno nel 1606) conferma tuttavia la difficoltà a fissare una sede.
Su queste basi, nel 1701 i canonici di Terracina chiesero alla Santa Sede il rispetto della preminenza della loro cattedrale e poi ancora che gli ordinari risiedessero nella città tirrenica, istanza legittimata tra molti malumori dopo una visita apostolica (1705).
Per porre fine ai contrasti furono però necessarie tre bolle emesse da Benedetto XIII tra 1725 e 1726, con le quali si sancì la concattedralità delle sedi privernate, setina e terracinense rinnovando l’unione aeque et principaliter delle diocesi.
Nel XVIII sec., a dispetto di un diffuso ristagno demografico, nel territorio diocesano si registrava un elevato rapporto clero-popolazione (2,5-3 per cento).
A restituire a Terracina un ruolo cardine nella regione, determinandone la ripresa economico-demografica, fu l’avvio dell’opera di bonifica promossa da Pio VI (1777).
Tra le cause dell’insorgenza del 1798 non va quindi esclusa la riconoscente fedeltà verso papa Braschi, più volte ospite della città tra 1780 e 1796.
Il rifiuto di giurare fedeltà a Napoleone costò l’esilio al vescovo Francesco Antonio Mondelli (1805-1814).
IV - Dalla Restaurazione all’attualeassetto
La Restaurazione – apertasi con la firma a Terracina del concordato tra Pio VII e Ferdinando I, che attribuì un nuovo assetto alla Chiesa meridionale (1818) – fu caratterizzata dalla piaga del brigantaggio: paesi socio-economicamente depressi quali Bassiano, Maenza, Roccasecca e soprattutto Sonnino, alimentarono bande protagoniste di efferate violenze, come l’assalto al collegio ecclesiastico di Terracina (1821) in cui il brigante Massaroni tentò di rapire lo stesso vescovo.Nella lotta al banditismo, la repressione poliziesca fu integrata dall’azione missionaria di Gaspare del Bufalo (1786-1837), cui va ricondotta la nomina episcopale di Francesco Albertini (1819), ispiratore della congregazione del Preziosissimo Sangue.
La bonifica fascista e la fondazione di nuovi insediamenti nell’agro pontino (1927- 1939) produssero profonde trasformazioni nel territorio diocesano, costringendo a ridefinirne i secolari assetti.
A gestirne gli esiti fu Pio Leonardo Navarra (1932-1951), spesso associato dalla propaganda di regime all’opera di «risanamento» pontina: contro l’ostilità del proprio clero, egli ricorse a sacerdoti extradiocesani e religiosi per assicurare l’assistenza spirituale alla popolazione colonica immigrata.
Nel dopoguerra, il processo di unificazione ecclesiastica s’accelerò: dapprima, su richiesta di Emilio Pizzoni (1951-1966), fu concesso di unire le tre curie vescovili e nominare un unico vicario generale (1957); poi, il 12 settembre 1967, contestualmente alla ridefinizione della sua giurisdizione, la diocesi prese la nuova denominazione di Terracina-Latina, Priverno e Sezze.
Infine, il 30 settembre 1986 fu decretata l’unione sede plena delle tre antiche Chiese che, in considerazione del grande sviluppo e del ruolo politico-amministrativo acquisito da Latina, assunsero l’odierno titolo di Latina- Terracina-Sezze-Priverno.
Bibliografia
A. Bianchini, Notizie sulla diocesi di Terracina e descrizione delle chiese della città, Priverno 1972;G. Giammaria, Due Relationes ad limina terracinesi di fine Cinquecento, «Latium», 11, 1994, 191-212;
G. De Nardis- M. Di Pastina, Tre Chiese, una sola Chiesa, «Bollettino Diocesano», 52, 1994, 34-53;
A. Bianchini, Storia di Terracina, Terracina 19963;
M. T. Caciorgna, Marittima medievale. Territori, società, poteri, Roma 1996;
C. Ciammaruconi, Chiesa locale e bonifica dell’Agro Pontino. L’erezione della parrocchia di Sabaudia, «Miscellanea Francescana », 96, 1996, 297-329;
C. Ciammaruconi, Da Marmosolio a Valvisciolo. Storia di un insediamento cistercense nella Marittima medievale (XII-XVI secolo), Sermoneta 1998.
Diocesi di Priverno
Chiesa di Santa Maria
-
La facciata principale della cattedrale di Santa Maria Assunta -
L’aula vista dall’ingresso -
L’aula vista dal presbiterio -
Le colonne medievali del pronao -
La navata laterale destra e la cappella della Madonna di Mezzagosto -
Resti di arredo medievale -
Il candelabro pasquale
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.