La storia documentata di Acquaviva delle Fonti ha inizio nel XII . ed è connessa alla conquista e dominio dei normanni in Puglia. Infatti, fu un tal Roberto Gurguglione a far costruire una chiesa presso il castello, dedicata alla Vergine Maria Assunta. La prima fonte certa della storia di Acquaviva e della sua chiesa è costituita dalla bolla del 1221 fatta rogare e sottoscritta da Andrea III (1214-1225), arcivescovo di Bari e Canosa. Egli, infatti, per redimere la vertenza intercorsa tra l’arcivescovato di Bari e l’arcipretura di Acquaviva, istituì una commissione d’indagine per accertare la fondatezza delle rinvedicazioni e dei diritti dell’arciprete Umfredo. L’indagine diede ragione a Umfredo. L’arcivescovo Andrea (26 marzo del 1221), riconfermò alla chiesa di Sant’Eustachio di Acquaviva il possesso di case, vigne e terreni con tutte le entrate. La nuova chiesa madre fu costruita dall’arciprete Cesare Lambertini, che benedisse e pose la prima pietra nel 1529. Fu consacrata e dedicata a sant’Eustachio, patrono della città, da Ascanio Gesualdo, patriarca di Costantinopoli e arcivescovo di Bari e Canosa (1623). Fu officiata e governata da un arciprete, coadiuvato da un capitolo collegiale, sotto il controllo e la giurisdizione degli arcivescovi di Bari. Gli arcipreti di Acquaviva non sopportarono mai la dipendenza dagli arcivescovi di Bari e reagirono energicamente quando l’arcivescovo Francesco Ayello (1424-1453) dichiarò falsi i documenti che riconoscevano l’autonomia e le prerogative palatine della Chiesa. Il contenzioso non si chiuse e, tra ricorsi e decisioni, si giunse a un «laudo» (arbitrato) del 1601, affidato ai cardinali romani Antonio Saulo e Ottavio Paravicino, che riconobbero validi i documenti e le prerogative degli arcipreti di Acquaviva. Tale arbitrato fu ratificato da papa Paolo V nel 1606, con apposito breve pontificio munito del regio exequatur. La vicenda si concluse nel 1696 con un atto di «concordia» fatto stipulare a Modugno da notar Giuseppe Morena di Bari, per volontà di Carlo Loffredi (1691-1698), arcivescovo pro tempore di Bari.
II - Da Trento al 1818
La concordia del 1696 fu ben presto rigettata. Si presentarono nuovi ricorsi; si ebbero diverse soluzioni che non contentarono mai le due parti. Intanto, il capitolo collegiale acquavivese agì con autonomia insieme ai propri arcipreti e, quando nel 1772 morì l’arciprete Eustachio Cantarella, nominò liberamente vicario Donato Matera e, successivamente, Domenico Giorgi. Quelle elezioni furono considerate arbitrarie dall’arcivescovo di Bari, che, strumentalizzando il malcontento di alcuni capitolari e il sostegno del principe de Mari, nominò un altro vicario, il canonico Nicola Lofisco. Lo scisma fu inevitabile. Il vicario Giorgi, eletto dalla maggioranza del capitolo, produsse ricorso al pontefice e al re Ferdinando IV. Il 3 agosto del 1775, con dispaccio regio, fu dichiarata nulla la nomina dell’altro vicario. La contesa si congelò finalmente con la sentenza della curia del cappellano maggiore del 16 gennaio 1789, che dichiarò la Chiesa di Acquaviva «Palatina», riconoscendo agli arcipreti autonomia e prerogative episcopali con il diritto di usare le insegne delle chiese palatine (mozzetta e cappa magna; mozzetta con cappuccio). Con la stessa sentenza furono privilegiate le quattro cappelle esistenti all’interno della chiesa di Acquaviva e intitolate al Santissimo Sacramento, a Santa Maria di Costantinopoli, al Sacro Monte del Purgatorio e a Sant’Eustachio.
Bibliografia
- A. Lucarelli, Notizie e documenti riguardanti la storia di Acquaviva delle Fonti in Terra di Bari, Bari 1901.
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.