L'archivio è costituito dalla documentazione prodotta dalla Congregazione cistercense di San Bernardo in Italia istituita a partire dal 23 dicembre 1497 da Papa Alessandro VI con la bolla Plantatus in agro dominicus.
La Congregazione era il risultato di due differenti province: la Lombarda e la Toscana, a cui, nel 1660, venne aggregata, con unione estintiva la Congregazione Cistercense Romana (fondata nel 1623) col nome di Provincia romana che si staccherà nuovamente nella seconda metà del Settecento. Dopo le soppressione della fine del Settecento, rimase in vita soltanto la Provincia Romana, a cui furono incorporati i monasteri ancora esistenti della stessa Congregazione, situati nel Ducato di Parma, nello Stato Pontificio e dal 1802 alcuni monasteri dei Foglianti. Con l'occupazione napoleonica della città di Roma anche i restanti monasteri della provincia romana vennero chiusi. L'Ordine venne ricostituito nuovamente nel 1814 da Pio VII, al suo ritorno a Roma, e nel 1820 fu celebrato il capitolo della Congregazione nel monastero di San Bernardo alle Terme a Roma in occasione del quale furono rielaborate anche le costituzioni.
Oltre alla documentazione della Congregazione, prodotta nelle numerose evoluzioni istituzionali occorse tra il XV e il XX secolo, l'archivio conserva numerosi fondi relativi ai singoli monasteri che progressivamente sono stati concentrati e conservati.
Il principale luogo di concentrazione dei fondi d'archivio della Congregazione è stato nei secoli il monastero romano di Santa Croce di Gerusalemme. A partire dal 2010 in conseguenza della chiusura di Santa Croce,la documentazione è stata trasportata nel vicino Monastero di San Bernardo alle Terme.
A seguito delle nuove costituzioni approvate nel 2017, che prevedono che l'abate dell'Abbazia di Chiaravalle di Milano venga riconosciuto come abate preside della Congregazione, si è provveduto al trasferimento dell'intero archivio presso l'Abbazia di Chiaravalle di Milano ed è stato avviato un progetto pluriennale di riordinamento ed inventariazione in collaborazione con l'Ufficio dei beni culturali della CEI, attraverso l'uso del software CEIAr.
Allo stato attuale quindi i fondi sono in fase di riordinamento.