Pergamena della Mensa vescovile di Lodi, maggio 1172. Gli "aurilevantes", i cavatori d'oro lodigiani, stipulano una convenzione con il commerciante Bertolotto Achilley: gli devono garantire la vendita di tutto l'oro che raccoglieranno in Adda. Hanno nomi a cui è impossibile dare un volto, è gente del 1172 che ha combattuto duro per la sopravvivenza, al tempo dei milanesi che allungavano le mani sul territorio e gli distrussero la città. Nomi un po' strani, in uso nel medioevo, val la pena di ricordarli perché non capita a tutti di attraversare indenni l'oblio di otto secoli e mezzo di storia. Alberto da Milano e suo figlio Pietro, Ambrogio Loxo, Pietro Tambelli, Ambrogio de Leuco, Martino de Ysella, Obinizo da Palazzo e il suo socio Muto, Arialdo Pescatore con il figliastro Musso, Scornacane e Zanne Macco, Bregonzino da Cavenago, Pietro Maderno, Gualtero Lugarino e Alberico Miserrino.
Devono recuperare in Adda l'oro del vescovo, e venderlo scelto e ben lavato, gli strumenti per il peso sono concordati dalle parti. Promettono di essere onesti, di non frodare, né rubare. Bertolotto ha l'esclusiva dell'acquisto, ma deve giurare tre volte all'anno sull'oro venduto. Di oro in Adda si parla già intorno all'anno mille, precisamente nel 1002, in un'altra pergamena conservata nell'Archivio storico diocesano di Lodi, in una concessione che il re Arduino fa al vescovo Andrea: gli dona il diritto a riscuotere il reddito di tutto l'oro estratto e venduto nel territorio dei "castra" di Cavenago e Galgagnano. Il re concede dunque alla chiesa lodigiana, secondo lui molto povera, il privilegio di estrarre il metallo prezioso dal fiume.
Nel 1308 il territorio di estrazione dell'oro è più esteso: il vescovo Egidio supplica l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo di confermargli i privilegi acquisiti sulle terre, e quarant'anni dopo il vescovo Luca Castelli affitta il diritto di estrazione al "nobile e potente" Bruzio Visconti, figlio naturale di Luchino, e podestà di Lodi nel 1336.
I vescovi di Lodi mantengono il diritto della pesca dell'oro - conteso comprensibilmente dai diversi governi - fino alla fine del settecento, quando lo cedono alla regia camera austriaca.