La visita pastorale (visitatio pastoralis) costituisce una delle principali e più diffuse tipologie documentarie presenti in un archivio ecclesiastico. Si tratta di un documento episcopale ufficiale che riporta relazioni, verbali e decreti redatti e promulgati dal vescovo in occasione della visita compiuta in una parrocchia o in un’istituzione ecclesiastica della diocesi.
Contiene descrizioni, spesso molto particolareggiate, relative alla storia dell’ente visitato, agli edifici presenti nel territorio, quali chiese, monasteri e conventi, oratori, ospedali, monti di pietà, e agli arredi sacri in essi contenuti.
Presenta spesso anche note relative alla struttura parrocchiale (composizione del clero, dei religiosi e della comunità parrocchiale, di associazioni e di confraternite), ad aspetti pastorali (predicazione, catechesi), liturgici (funzioni religiose), devozionali (feste, processioni), amministrativi (adempimenti e gestione dei legati e dei benefici ecclesiastici, rendimenti di conti) e a prescrizioni da attuare.
La visita pastorale come fonte per la storia
Questa tipologia documentaria è di straordinaria importanza in quanto, contribuendo a far luce sulle diverse realtà religiose locali, fornisce, allo stesso tempo, una mole cospicua di dati per lo studio di un territorio, lungo diversi secoli e sotto molteplici aspetti: dalla storia alla storia del costume, dall’arte all’architettura, dall’urbanistica alla demografia oltre agli aspetti sociali e a quelli economici.
Documentazione correlata
Relazioni ad limina: gli atti visitali possono essere integrati con le relazioni ad limina, resoconti ufficiali relativi allo stato della diocesi che il vescovo è tenuto a presentare alla Santa Sede ogni cinque anni.
Dove cercare
Negli archivi parrocchiali vengono conservate appunti e minute di documenti presentati dal parroco in occasione della visita pastorale, copie del decreto emesso dal vescovo in seguito alla visita, etc., mentre nell’archivio diocesano di pertinenza vengono conservati ad esempio appunti del visitatore e dei convisitatori, questionari e relazioni consegnate dai parroci, copia del decreto emesso.
STORIA
Sin dalle origini del cristianesimo la visita pastorale è ritenuta un dovere del ministero pastorale, ma le prime indicazioni scritte relative all’obbligo annuale della sacra visita risalgono al Concilio di Tarragona del 516. Sebbene l’adempimento sia spesso trascurato dai vescovi, a partire dal XIV secolo le visite pastorali sono attestate con una certa frequenza.
Il Concilio di Trento stabilisce l’obbligo per i vescovi, o loro incaricati, di compiere visite pastorali alle comunità diocesane ogni anno, estendibile a due in caso il territorio diocesano sia particolarmente esteso.
Scopi principali delle visite sono la diffusione di una dottrina priva di eresie, la custodia dei buoni costumi e la correzione dei corrotti, l’esortazione e l’ammonizione della comunità alla religione, alla pace e alla rettitudine oltre a tutte quelle disposizioni che, secondo i visitatori, possano giovare ai fedeli.
Il Concilio Vaticano II, oltre a precisare maggiormente il significato della visita pastorale, stabilisce che il vescovo è tenuto a visitare la diocesi personalmente, o in caso di impedimento, per mezzo di un procuratore, almeno in parte ogni anno e per interno ogni cinque anni.
Il Codice di diritto canonico del 1983, al canone 396, riprende le indicazioni del Concilio Vaticano II e prevede che «il vescovo è tenuto all’obbligo di visitare ogni anno la diocesi, o tutta o in parte, in modo da visitare tutta la diocesi almeno ogni cinque anni, o personalmente, oppure, se legittimamente impedito, tramite il vescovo coadiutore, o l’ausiliare, o il vicario generale o episcopale, o un altro presbitero».
Il Codice stabilisce, inoltre, che al vescovo è concessa la facoltà di scegliere i chierici che preferisce come accompagnatori e aiutanti nella visita, e indica i soggetti da visitare: le persone, le istituzioni cattoliche, le cose e i luoghi pii che sono nell’ambito della diocesi.
BIBLIOGRAFIA
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