L’antica città di Cales, fiorente centro agricolo e di produzione ceramica in età romana, fu sede vescovile fin dal V secolo, periodo al quale si fa generalmente risalire la fondazione di una prima cattedrale paleocristiana che, dedicata a San Casto martire, primo vescovo di Calvi, fu poi abbandonata a causa di ripetute distruzioni. In seguito all’incursione saracena dell’879, che distrusse gran parte dell’antica città, la primitiva cattedrale, i cui ruderi risultano ancora visibili nei pressi del ponte dell’Autostrada del Sole, fu trasferita nella chiesa costruita nella seconda metà del XII secolo nell’area più difesa corrispondente all’originaria arce. L’antico impianto romanico, articolato su uno schema basilicale con tre navate scandite da colonne e con transetto elevato inscritto nel perimetro della pianta, secondo un modello già sperimentato nell’abbazia di Montecassino, caratterizzò l’edificio sacro fino all’ammodernamento barocco compiuto nella metà del XVIII secolo. L’intervento, sostanzialmente limitato all’interno, non portò sensibili variazioni della facciata che, a meno dell’aggiunta di tre finestre mistilinee in luogo delle preesistenti monofore, conserva l’originaria forma romanica priva di elementi plastici e semplicemente rivestita da pietre a vista sull’intera superficie terminante nel tetto a capanna centrale al quale si innestano le falde inclinate corrispondenti al volume interno delle navate laterali. Di particolare rilievo scultoreo è il portale articolato su due piedritti e un architrave marmorei che, resti di edifici antichi, reggono un arco a tutto sesto ornato da un pregevole archivolto con un bassorilievo raffigurante animali e figure che rimandano alla complessa simbologia tipica dell’arte romanica. Riconducibile alle originarie forme romaniche è anche il partito esterno delle tre absidi, dove un motivo decorativo di archetti pensili, ripetuto in corrispondenza del tetto, segue la cornice di coronamento dei tre volumi aggettanti. Successivamente ad una prima ristrutturazione quattro-cinquecentesca che, a meno dell’ampliamento della sagrestia, non portò sensibili variazioni nell’interno, i successivi lavori, databili - come si accennava - alla metà del XVIII secolo, delinearono l’aggiornamento stilistico del precedente registro, ancora essenzialmente romanico, con una rinnovata veste barocca. A tal fine, volte a botte e a vela ricoprirono le navate, finestre mistilinee, inserite nelle pareti laterali della navata centrale e simili a quella più grande aperta in facciata, illuminarono l’interno dove solidi pilastri sostituirono le originarie colonne romaniche fino all’innesto del transetto, delimitato da una balaustrata di marmi intarsiati inserita sul limite della gradinata che innalza il piano del presbiterio sull’antica cripta. Un impaginato decorativo in stucco, con coppie di lesene corinzie sui pilastri e cornici mistilinee aggettanti all’imposta delle volte, completarono l’aggiornamento stilistico. Le successive notizie rimandano direttamente all’ultimo restauro che, seguito ai gravi danni provocati dal terremoto del 23 novembre 1980, è stato altresì finalizzato alla messa in luce di parte dell’originario impianto romanico.

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