CATTEDRALE DI SANTA MARIA
La tradizione fa risalire l’evangelizzazione della città ernica al periodo della predicazione dell’apostolo Pietro, ma notizie certe della diocesi di Anagni si hanno solo dal V secolo, con la partecipazione del vescovo Felice al concilio del 487 e subito dopo del vescovo Fortunato, di cui viene documentata la presenza dal 495 al 504 a concili romani. Sebbene la dedicazione della chiesa di Santa Maria, sul sito di un antico tempio dedicato alla dea Cerere, avvenne probabilmente già nel IV secolo, i primi riferimenti documentali relativi alla chiesa risalgono al IX secolo e sono contenuti nel Liber Pontificalis (CV, LXXVI), il quale identifica nella cattedrale la dimora del pontefice romano e descrive i doni – preziose vesti e regali – offerti da Leone IV (847- 855) alla santa Vergine; infatti, i numerosi frammenti lapidei reimpiegati nella chiesa attuale sembrano risalire alla chiesa del IX secolo.
Intorno all’anno 877 avvenne la traslazione delle spoglie di san Magno – “che riposa nell’altare di mezzo della basilica sotterranea” – dalla città di Fondi, luogo del suo martirio, prima a Veroli e poi ad Anagni, come riportato negli Acta Santi Magni Episcopi Tranensis et Martyris, redatti del 1743 su un documento del XII secolo.
Il vescovo Pietro I (1062- 1105) della stirpe dei Principi di Salerno, monaco benedettino, ordinato da papa Alessandro II (1061-1073) e amico del cardinale Ildebrando di Soana, futuro papa Gregorio VII (1073-1085), constatato lo stato di rovina della chiesa madre, decise di costruire la nuova cattedrale avvalendosi dei mezzi messi a disposizione dall’imperatore bizantino Michele II, che avrebbe visto in sogno san Magno tracciare in terra la pianta della cattedrale con la punta del pastorale.
La cattedrale venne edificata fra il 1077 e il 1104, seguendo il modello basilicale, in stile romanico- gotico, con riferimento alla chiesa costruita a Montecassino (1066-1071) dall’abate benedettino Desiderio, di cui riprese anche le dimensioni. All’episcopato di Pietro I risale anche il campanile a pianta quadrata, costruito in pietra scalpellata, di fronte alla facciata, alto 30 metri. Al XII secolo va fatta risalire l’edificazione della cappella Lauri.
Durante l’episcopato del vescovo Alberto (1224-1237), tra il 1224 e il 1227 fu realizzato il pavimento cosmatesco, opera di Cosma di Iacopo, con il contributo del canonico Rainaldo, il quale diventerà papa con il nome di papa Alessandro IV (1254-1261). Una lapide nella parte ipogea della cattedrale documenta, invece, che lo stesso vescovo, durante il pontificato di Gregorio IX (1227- 1241), nativo di Anagni, incaricò il maestro Cosma di rinnovare l’altare “disposto ad oriente” che conteneva le spoglie di san Magno. Agli anni ‘30 del XIII secolo risalirebbe anche una prima decorazione pittorica della chiesa, di cui resta un solo lacerto con la Madonna, il Bambino e san Pietro in un pilastro, e soprattutto il monumentale ciclo di affreschi della cripta con scene dell’Apocalisse e della Traslazione delle spoglie di san Magno. Una seconda decorazione della chiesa seguì negli anni 1250 circa.
All’episcopato di Lando (Landolfo) (1262-1276?) si possono riferire gli interventi relativi all’arredo liturgico ad opera del Vassalletto II: la cattedra episcopale, il ciborio e la colonnina tortile del candelabro pasquale, la “chiusa delle transenne”, il coro con due amboni e almeno una delle due grandi pile dell’acqua santa. Al 1294 risale la costruzione della cappella Caetani, e immediatamente successiva (1294-1296) è l’edificazione della loggia delle benedizioni, posta sul lato esterno della navata sinistra verso la piazza, che accoglie l’edicola contenente la maestosa statua del papa Bonifacio VIII (del XIV secolo).
Lavori di restauro furono intrapresi nel XVI secolo, dopo che nel 1500 il vescovo Ferdinando di Lanciano (1502-1515) aveva ottenuto da papa Alessandro VI (1492-1503 ) la facoltà di elargire l’indulgenza a chi avesse contribuito al restauro della cattedrale e del palazzo vescovile, deteriorati dall’acquartieramento delle truppe francesi di Carlo VIII nel 1494. Durante l’episcopato del cardinale Lomellino (1572-1579) venne realizzata la cappella pensile di santa Caterina, oggi battistero, e sistemato il lato occidentale della cattedrale.
A partire dagli inizi del XVII secolo la cattedrale fu interessata da profondi cambiamenti, a opera del vescovo Antonio Seneca (1607- 1626), probabilmente a causa dello stato precario della volta della navata centrale, il quale, anziché intervenire con lavori di restauro, preferì costruire una volta a botte contrastandone la spinta con l’innalzamento di contrafforti laterali. Abbatté le transenne dell’altare maggiore e l’annessa schola cantorum, che fu traslata nel presbiterio, causando la distruzione irrimediabile delle antiche pitture murali. Eresse la Cappella Raoli, dedicata a san Carlo Borromeo, del quale era stato vicario generale e nella quale alla sua morte infine trovò sepoltura. Nello stesso secolo, l’oratorio di San Tommaso Beckett, al livello della cripta (della metà del XIII secolo), fu trasformato in cimitero. Nel 1673 nell’abside maggiore della basilica fu affrescata una Gloria di tutti i Santi.
Nel XVIII secolo furono murati gli emicicli delle absidi laterali. Il vescovo Giovanni Battista Bassi (1708-1736) promosse il restauro del criptoportico e dei suoi affreschi, e il prolungamento della scala cordonata posizionata all’esterno dell’abside maggiore. Risale a questo periodo il rinnovamento dei vari altari e l’edificazione della cappella del Crocifisso; il vescovo Domenico Monti (1750-1766) corredò poi la cattedrale di un organo con la relativa cantoria posti sulla controfacciata e di un pulpito di noce intarsiato. Nel 1882 Pietro Gagliardi e il nipote Giovanni completarono le pitture dell’abside (Annunciazione ed Episodi della vita dei santi patroni) e della volta sopra l’altare (Profeti e Figure dell’Eucaristia) e decorarono la cappelle di San Giuseppe in fondo alla navata destra.
A partire dall’anno 1894 il Capitolo ravvisò l’esigenza di ripristinare la disposizione medievale dell’area presbiterale; i lavori vennero portati a termine nel 1904 su progetto dell’arch. Felice De Angelis, allora direttore dell’Ufficio per la conservazione dei monumenti della Provincia di Roma, e comportarono la ricostruzione della balaustra del presbiterio.
Negli anni dal 1938 e il 1941 furono realizzati i primi interventi moderni di restauro ad opera del Ministero dell’Educazione Nazionale e del Genio Civile di Frosinone, sotto la direzione di Antonio Maria Zamponi, volti a ripristinare l’aspetto medievale. I lavori comportarono la rimozione delle volte a crociera, degli stucchi a finto marmo e dei muri posticci che dividevano le tre absidi, la riapertura delle finestre, e il consolidamento delle parti murarie esterne della cattedrale. Le pareti vennero rifinite con decorazioni a finta pietra ad imitazione di quelle ritrovate nella Cappella del Salvatore. Contemporaneamente, fu ricostruito il timpano della facciata e nel 1944-1945 abbattuti i contrafforti del campanile. Successive campagne di restauri, coerentemente con l’indirizzo intrapreso nel 1938, hanno interessato la facciata della cattedrale, il campanile, gli affreschi della cappella di Tommaso Beckett (1999-2000) e gli interni della cattedrale, compreso il pavimento musivo (2003-2006).
Fabrizio Capanni, Giampero Lilli, Le cattedrali del Lazio. L'adeguamento liturgico delle chiese madri nelle regioni ecclesiastiche del Lazio. Milano, 2015