La facciata principale della cattedrale di San Giusto a Susa
Vista esterna
Vista dell'ingresso laterale
Vista del campanile
Veduta dell'aula dall'ingresso
Veduta dell'aula dal presbiterio
Vista interna, cappella della Madonna del Rocciamelone
L’altare marmoreo conservato nella sagrestia del Vescovo
La primitiva basilica, voluta dal marchese di Torino Olderico Manfredi per custodire le reliquie di San Giusto martire, venne consacrata il 18 ottobre 1027. Nel 1029 il marchese, sua moglie e suo fratello, vescovo di Asti, fondarono il monastero benedettino di San Giusto e donarono ai monaci un terzo della città di Susa, un terzo della valle dal Monginevro a Vaie e concessero loro la basilica. Nel XIII e XIV secolo il monastero visse un periodo di decadenza economica e della vita monastica, ma nel 1244 Papa Innocenzo IV, in sosta a Susa durante la sua fuga verso Lione a causa del conflitto con l’imperatore Federico II, concesse al monastero numerosi privilegi. Negli anni successivi si promossero grandi collette per il restauro della basilica, definita ex nimia vetustate conquassata; nel 1321, ad opera dell’Arcivescovo di Milano Aicardo, venne promossa la ristrutturazione dell’edificio, la quale inserì forme gotiche sull’originale impianto romanico.
Nel 1358 Bonifacio Rotario, crociato e nobile cittadino di Asti, recò sulla cima del Rocciamelone un Trittico in bronzo, da allora oggetto di venerazione per i segusini. Nel 1673 il Trittico fu prelevato dal monte e donato al duca di Savoia di Rivoli, devoto della Madonna del Rocciamelone, ma l’opera venne riportata a Susa in processione, ivi custodita ed ora conservata nel museo diocesano.
Nel XV secolo si affrontarono nuovi restauri nella basilica e nel monastero di San Giusto, ad opera del cardinale Guglielmo d’Estouteville, il cui stemma è ancora visibile nell’affresco che fiancheggia l’entrata laterale della cattedrale, presso porta Savoia; il campanile venne restaurato e dotato di guglie.
Il XVIII secolo fu un periodo molto intenso per la vita religiosa della Valle di Susa: gli abati riformarono radicalmente non soltanto la liturgia e gli arredi dell’abbazia, ma anche i costumi nell’intera valle, dando nuovo impulso alla vita cristiana.
Nel 1749 alla basilica furono associati i canonici precedentemente presenti nella chiesa di Santa Maria Maggiore e la nuova istituzione prese il nome di Collegiata di San Giusto e Santa Maria. Nello stesso anno fu costruito un corridoio semicircolare retrostante l’abside per l’accesso dei Canonici in coro. Nel 1772 la basilica divenne sede vescovile e dunque Cattedrale. In occasione del passaggio a Susa di Carlo Emanuele IV di Savoia e Maria Clotilde di Francia vennero organizzati fuochi d’artificio dalla sommità del campanile con la conseguente fusione del piombo di copertura.
All’inizio del XIX secolo si promosse una colletta per la realizzazione dell’organo, per dar posto al quale si demolì il muro interno di facciata.
Nel 1814 venne trasportato presso l’altare delle reliquie il Trittico su tavola dei “Santi Ugo, Ugone con la Vergine” proveniente dalla Certosa di Banda; nel 1850 fu rifatto il pavimento in pietra e nel 1863 l’architetto Edoardo Mella progettò l’attuale decorazione interna, eseguita dal pittore Giuseppe Guglielmino. Agli inizi degli anni ’90 venne effettuato un radicale restauro dell’edificio, voluto dal Vescovo di Susa, Mons. Bernardetto.
L’adeguamento degli spazi liturgici è ancora ritenuto provvisorio. Negli anni 70 del Novecento un radicale progetto della ditta EdArt, non eseguito, prevedeva lo smantellamento dell’altare marmoreo barocco, lo spostamento in avanti del coro e l’inserimento dell’altare ritenuto originario, ora conservato nella sagrestia del Vescovo.
L’attuale altare in legno, disegnato in occasione della sistemazione del presbiterio del 1991 dagli architetti Trucco e Pagliero, si accorda alla cattedra e all’ambone lignei utilizzati in piazza per la visita del Papa Giovanni Paolo II del 14 luglio 1991. La balaustra e la scala che dà accesso al presbiterio sono stati modificati in pianta per creare due spazi laterali per la sistemazione dell’ambone e di un altro eventuale leggio per letture diverse dal Vangelo.
II. Altare del XIII secolo (nella Sagrestia del Vescovo)
Data del rilievo: 2008
FONTE
C. Castiglioni, L. Cervellin, P. Roletto, G. Vaudetti, Le cattedrali del Piemonte e della Valle d'Aosta. Analisi dello stato di adeguamento delle cattedrali della Regione Ecclesiastica piemontese alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II, Rovereto 2008