Diocese of Sulmona - Valva
HISTORY
Diocesi che ha avuto la sua attuale definizione giuridica nel 1986, con un provvedimento della Santa Sede che ha unificato le due diocesi di Valva e Sulmona.In principio, infatti, le due diocesi erano separate.
Le origini di quella valvense si fanno risalire al V sec.: a tale epoca appartengono infatti due lettere di papa Gelasio I (492- 496) a Geronzio, «episcopo valvensi».
Sempre nel V . si ha la prima menzione della diocesi di Sulmona: al sinodo romano celebrato nel 499 da papa Simmaco intervenne infatti Palladio, «episcopus sulmontinus ».
Fin da tempi remoti, tuttavia, le due diocesi, seppur separate, risultano affidate a uno stesso presule: ciò è attestato per la prima volta nel 1053, in un privilegio di Leone IX per Domenico vescovo di Valva, con cui lo si conferma titolare di entrambe le sedi.
Alcuni tuttavia attribuiscono tale unione addirittura a Gregorio Magno (590-604) collocandola nel contesto della ricomposizione dell’organizzazione episcopale compiuta da tale pontefice.
Uno dei tratti distintivi della storia diocesana, che si profila fin dal Medioevo, è quello del conflitto fra i capitoli delle due cattedrali, che nel XII-XIII . trovò frequentemente il suo casus belli nella elezione dei vescovi.
Il clero valvense si reputava infatti depositario esclusivo del diritto di eleggere l’ordinario e cercava di escludere da tale prerogativa il capitolo di San Panfilo a Sulmona.
Lo scontro si protrasse a lungo, e trovò il suo momento culminante nel 1229, quando, sullo sfondo della lotta fra Giovanni di Brienne e Rainaldo duca di Spoleto, i sulmonesi compirono un’incursione armata a Corfinio.
Tra le efferatezze perpetrate in tale occasione, le cronache ricordano la devastazione dell’episcopio e del castello, la profanazione del sepolcro di san Pelino e il furto delle sue reliquie, nonché la cattura del vescovo Nicola e la sua traduzione forzata a Sulmona.
Nel 1238 fu tuttavia stipulato un atto di concordia fra i due capitoli, che stabiliva le rispettive giurisdizioni, ponendo le basi per un periodo di relativa quiete.
A metà del secolo successivo si profilava invece uno scontro con il vescovo dell’Aquila circa la giurisdizione su una vasta parte della diocesi valvense.
Le rivendicazioni del presule aquilano si fondavano sulla circostanza che l’area in questione era compresa nella giurisdizione civile dell’Aquila, ma non in quella ecclesiastica.
La controversia conobbe fasi intense e drammatiche e si concluse solo nel 1426 con la vittoria degli aquilani, che accorparono al proprio territorio diocesano diciotto paesi tra cui Collepietro, Bominaco, Navelli e Civitaretenga.
Tra gli ordini regolari insediatisi a Sulmona nel Medioevo vanno ricordati i minori conventuali (già presenti nel 1241), i domenicani (1279 o 1290) ma soprattutto i celestini, il cui convento, fondato da san Pietro Angelerio (poi papa Celestino V) presso l’antica cappella di Santa Maria del Morrone, assunse in seguito forme monumentali e ospitò fino al 1807 la casa generalizia della congregazione.
All’inizio dell’età moderna l’elezione dei vescovi, un tempo appannaggio dei due capitoli, venne avocata a sé dalla curia romana.
Da allora in poi, il reclutamento dei vescovi fu effettuato prevalentemente nell’ambito della burocrazia pontificia.
Molti degli eletti hanno goduto prebende presso le basiliche romane, ricoperto uffici presso la Santa Sede e amministrato città dello Stato della Chiesa.
Così fu per Pompeo Zambeccari (1547- 1571), commendatario di Santo Spirito in Sassia e notaio rotale; Francesco Boccapaduli (1638-1647), titolare di benefici presso la basilica di San Pietro e la cattedrale di Velletri; Francesco Carducci (1649-1654), governatore di Bertinoro, Narni e Rieti.
Quanto alle origini geografiche, rari sono i presuli reclutati nell’ambito del Regno di Napoli, come l’aquilano Giovan Battista Cadichio (1499-1514), l’irpino Francesco Caruso (1585-1593) o il marsicano Cesare Del Pezzo (1593-1621).
La provenienza romana costituì un tratto dominante, che si accentuò nel corso degli anni anche per effetto dell’infeudamento di Sulmona ai principi Borghese, una delle famiglie storiche dell’aristocrazia romana, avvenuto nel 1610.
A partire da allora fino alla fine del Seicento tutti i vescovi provennero da Roma, con la sola eccezione di Alessandro Masi (1647-1648), di origini parmensi ma significativamente legato ai Borghese da solidi vincoli clientelari.
Quanto alla durata dei governi episcopali, è bene distinguere tra fase pre e post-tridentina.
Nella prima metà del Cinquecento si ebbero infatti episcopati piuttosto brevi: in particolare, nel 1519 la diocesi venne assegnata al cardinale Andrea Della Valle in qualità di amministratore apostolico.
Tipico esponente del mondo della curia romana, egli non mise mai piede nella diocesi.
Dopo due anni rassegnò le dimissioni, trattenendo per sé una parte dei frutti della mensa e il diritto di nomina dei successori.
Fino al 1532 si alternarono così al vertice della diocesi figure evanescenti, che rimasero tutte in carica per pochi anni.
Il concilio di Trento segnò in proposito un punto di svolta: dal 1571 al 1701 si ebbero soltanto otto vescovi, con una durata media di circa sedici anni, e non mancarono episcopati anche lunghissimi, come quello di Gregorio Carducci, che si protrasse per quarantasei anni (1655-1701).
Nel corso del Settecento la durata media delle cariche rimase pressoché invariata, ma si assistette a un mutamento nella provenienza dei vescovi: dopo la scomparsa di Bonaventura Martinelli (1715), ultimo esponente della burocrazia pontificia, la titolarità della diocesi viene assunta dal napoletano Francesco Onofrio Odierna, che inaugurò una serie di presuli di origine regnicola, e talvolta, come nel caso del marsicano Pietro Antonio Corsignani (1738-1751) o del chietino Filippo Paini (1762-1799), reclutati nell’ambito della regione stessa.
Circostanza che si spiega, almeno dopo il ritorno dei Borbone sul trono di Napoli (1734), con la politica di questi ultimi mirante a ridurre al minimo le ingerenze del potere papale nella vita ecclesiastica e civile del regno.
I problemi più rilevanti della diocesi in tale periodo si ricollegano alla difesa della potestà episcopale rispetto ai poteri laici e ai corpi ecclesiastici che reclamavano l’esenzione da essa.
Lunghi scontri si ebbero a esempio con l’abate di Montecassino in relazione alla giurisdizione spirituale su Pescocostanzo, e con il generale dei celestini per quella su Pratola.
Un problema del tutto peculiare fu dato invece dal riaccendersi dell’antica disputa sulla preminenza tra i due capitoli di San Pelino e San Panfilo.
Discussa prima di fronte alla Sacra Congregazione del concilio e poi dinanzi alla Sacra Rota, la vertenza conobbe fasi alterne e veri e propri colpi di scena, ma si risolse nel 1626 in maniera favorevole a Sulmona.
Tra gli effetti della diatriba vi fu una limitata funzionalità dell’istituto sinodale, giacché la scelta di una delle due cattedrali come sede dei lavori provocava le immediate reazioni di quella che veniva esclusa.
Per tale motivo, gli unici sinodi sicuramente celebrati nella diocesi nel XVIXVIII . si ebbero nel 1572, 1590, 1603, 1620, 1629 e 1715, sebbene solo tre di essi venissero dati alle stampe.
Tra gli ordini regolari che si stabilirono a Sulmona in età moderna, vanno ricordati almeno i cappuccini (1580) e i gesuiti (1686): questi ultimi, grazie all’insegnamento del latino e della teologia morale, svolsero un ruolo importante nella formazione dei chierici, mentre con le missioni popolari e la predicazione (celebri le omelie di san Francesco de Geronimo nel 1706), supplirono efficacemente alle carenze della pastorale ordinaria.
L’età contemporanea si inaugura nella diocesi con un lungo periodo di vacanza della sede: la cattedra rimane infatti priva di titolare dal 1799 al 1818, circostanza spiegabile, almeno in parte, con l’incertezza degli orizzonti politici che contrassegnò tale fase storica.
Non è del resto un caso che un altro periodo in cui la sede restò vacante fu il 1861-1871, vale a dire il decennio successivo alla unificazione nazionale, segnato anch’esso da un clima di precarietà e incertezza.
In occasione del concordato di Terracina (1818) stipulato fra la Santa Sede e il Regno delle Due Sicilie, sembrò peraltro profilarsi il rischio di una soppressione della diocesi.
Sfumata tale prospettiva, il territorio diocesano venne addirittura ampliato con l’aggregazione, confermata da un rescritto del 1818, di vari luoghi tra cui Pratola e San Benedetto in Perillis, in precedenza dipendenti dalla badia di Santo Spirito della congregazione celestina, soppressa durante il decennio francese.
Sotto il governo dei restaurati Borbone, l’episcopato sulmonese accentuò i caratteri di marcato localismo già emersi durante il Settecento: tutti i presuli del XIX . provenivano infatti dal Mezzogiorno o addirittura dall’Abruzzo.
Il governo pastorale più notevole di questo periodo fu quello dell’oratoriano vastese Francesco F.
Tiberi (1818- 1829), che legò il suo nome all’erezione del seminario diocesano (1824).
Si rimediava così, seppur tardivamente, al problema della scarsa preparazione del clero, che aveva afflitto per secoli la diocesi e a cui si era solo in parte ovviato con il seminario di Pentima, eretto nel XVIII sec., ma funzionante solo per pochi anni.
Permangono in questa fase storica alcune tendenze già riscontrate nei secoli passati, come la scarsa funzionalità dei sinodi: nell’Ottocento non ne viene celebrato alcuno, e per trovare il primo sinodo dell’età contemporanea bisogna arrivare a quello di Nicola Iezzoni del 1929.
Ciò è spiegabile, almeno in parte, con l’elevata conflittualità tra vescovi e clero diocesano che accompagnava la celebrazione dei sinodi e che senz’altro dissuase molti presuli dall’ottemperare all’obbligo di convocarli.
Gli stessi attriti tra i capitoli di San Panfilo e San Pelino erano solo apparentemente sopiti: la relazione ad limina del 1835 lamentava che l’antica controversia «saepe reviviscit», a dimostrazione che questa secolare diatriba si protrasse ben oltre il limite della sua formale conclusione.
Tra i governi pastorali del XX sec., va ricordato almeno quello del vicentino Luciano Marcante (1947-1972), che svolse un cruciale e riconosciuto ruolo di assistenza morale e materiale alle popolazioni duramente provate dal conflitto bellico.
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Diocese of Sulmona - Valva
Chiesa di San Panfilo Vescovo
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La facciata principale della cattedrale di San Panfilo a Sulmona -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Il presbiterio
Diocese
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.