Diocese of Cassano allo Jonio
HISTORY
I - Le origini
La diocesi di Cassano allo Ionio ha origini bizantine e la sua fondazione risale alla seconda metà del IX sec., epoca in cui Niceforo Foca riconquista la valle del Crati dando il via alla riorganizzazione territoriale del Bruzio.Sicché Cassano, perduto il gastaldato che insieme a Laino aveva avuto nel periodo longobardo, fu elevata a sede vescovile, quasi a compensare gli abitanti della zona che avrebbero visto, altrimenti, scadere l’importanza della città e del territorio.
Il primo vescovo di cui si possiedono informazioni certe è David che compare intorno alla metà del X sec., circa mezzo secolo dopo la sua istituzione.
Ne abbiamo notizia nella Vita di Gregorio Abate che insieme a Eusebio, papa e martire, Samuele, Angelo e Donnolo, martiri a Ceuta (Marocco) nel 1227, a Zaccaria, Fantino juniore, Luca del Mercurion, Pacomio di Cerchiara e Antonio, la Chiesa cassanese annovera tra i suoi santi.
Al momento della sua fondazione, assorbì certamente, anche se si ignora in che misura, una porzione di territorio dell’antica diocesi di Thurio e interamente quello di Blanda dopo la sua distruzione o abbandono.
Alla fine dell’alto Medioevo, quando compare per la prima volta nei documenti, il suo territorio risultava uno dei più ampi tra quelli delle altre diocesi dell’Italia meridionale.
Il suo perimetro oltrepassava i confini politici regionali, e Cassano era conosciuta non solo come «diocesi dei due mari», ma anche come «diocesi calabro-lucana ».
Essa fu costituita, fin dalla sua fondazione, quale suffraganea di Reggio e tale rimase fino all’avvento dei normanni.
Successivamente andò soggetta a un susseguirsi di eventi che l’hanno vista perdere e riguadagnare l’autonomia, ma Reggio ha sempre avuto la meglio nel rivendicarne la dipendenza e ciò ha costituito per Cassano un vero e proprio punto dolente.
Dalla fine dell’alto Medioevo alla venuta dei normanni, la diocesi, nonostante fosse inserita in una zona contesa da bizantini e longobardi e dunque sottoposta a influenze greche e latine, si presentava marcatamente bizantina.
L’attività ascetica dei monaci mercuriensi, fuggiti prima dall’Oriente a motivo della persecuzione iconoclasta e successivamente dalla Sicilia a causa delle incursioni arabe, costituì l’oggetto di biografie scritte tutte in greco; la toponomastica locale, la lingua e la liturgia erano quasi esclusivamente greche, inoltre la presenza di clero indicato con il titolo greco di «papa», coniugato con prole lascia intendere chiaramente che il clero cassanese seguiva la disciplina della Chiesa orientale.
Il Mercurion, zona montuosa situata tra il mar Tirreno e i fiumi Mercure-Lao (da cui prese il nome) e Sinni, comprendeva i territori di numerosi centri della diocesi di Cassano.
Fu la culla del monachesimo italo-greco e diede vita all’epopea mercuriense attraverso la formazione di innumerevoli santi.
Il suo fervore iniziò tuttavia a declinare quando le incursioni saracene avanzarono sempre più a nord e i monaci, minacciati, si videro costretti a fuggire rifugiandosi altrove.
II - Dal Medioevo al concilio di Trento
Quando i normanni verso la metà dell’XI . giunsero nella valle del Crati, l’Italia meridionale era teatro di scontri tra le grandi potenze dell’epoca: bizantini, longobardi, arabi, tedeschi.Essi diedero inizio, attraverso l’opera di rilatinizzazione, a una vera e propria svolta destinata a sottrarre le Chiese calabresi alla dipendenza di Bisanzio e aggregarle a Roma.
I normanni introdussero l’organizzazione feudale gestita non solo da feudatari laici, ma anche da vescovi e abati, allo scopo di potenziare e sviluppare un’economia fondata essenzialmente sull’agricoltura.
Quattro Chiese della Valle del Crati: Cosenza, Malvito, Bisignano e la nuova diocesi latina di San Marco fondata da Roberto il Guiscardo furono sottratte alla soggezione di Reggio e rese immediatamente soggette alla Santa Sede.
La diocesi di Cassano, invece, fu data come suffraganea a Salerno con la bolla di Stefano IX del 24 marzo 1058.
L’aggregazione di Cassano a una metropolia latina non fu accettata di buon grado dal vescovo greco del luogo che, sostenuto dal protopapa di Gerace, impugnò le armi contro i normanni nella piana di San Martino presso Saline, nel 1059, riportandone la sconfitta.
Di questo vescovo che governò la diocesi, presumibilmente dal 1058 al 1067, si ignora il nome.
Probabilmente il Guiscardo lo lasciò ritornare alla sua sede, ma il suo successore fu certamente un latino che riconobbe il primato petrino al vescovo di Roma.
Iniziò così per la Calabria in generale un periodo di prosperità, durato circa due secoli.
Fino al 1085, anno in cui morì il Guiscardo, le vicende della diocesi di Cassano restano oscure.
Successivamente, i vescovi cassanesi giocarono un ruolo rilevante nelle vicende politico-religiose del tempo a iniziare da Sasso o Sassone (1088-1106), vicario di papa Urbano II il quale, in seguito a donazioni elargite alla sua Chiesa da signori normanni, acquisì il diritto, esteso ai suoi successori, di fregiarsi del titolo di barone.
Sasso non fu l’immediato successore del vescovo ribelle sconfitto nel 1059, ma certamente riscuoteva la massima fiducia dell’autorità normanna.
Il suo merito consiste nell’essersi saputo porre come elemento moderatore tra coloro che volevano l’immediata estinzione del rito e del monachesimo greco e i nostalgici del passato che odiavano i nuovi arrivati.
Non si hanno notizie di repressioni violente o forzate degli elementi greci durante il suo governo; si ha al contrario un’abbondante documentazione sulla pacifica convivenza del clero greco con i nuovi orientamenti, non solo nell’ambito della diocesi, ma addirittura nella sede vescovile.
La sua azione pastorale basata sulla serietà e sull’equilibrio contribuì a creare nella popolazione della diocesi un clima di fiducia che durò fino al periodo svevo.
Un intenso fervore religioso si sviluppò nel territorio diocesano nel XIII sec., anche a motivo della diffusione degli ordini mendicanti che a Castrovillari culminò con la predicazione del beato Pietro Cathin, discepolo di san Francesco d’Assisi, da lui stesso inviato in Calabria per diffondervi il suo messaggio d’amore e di povertà.
Ben presto, però, all’interno degli strati più poveri della popolazione, incominciò a serpeggiare il malcontento, a motivo della pesante pressione fiscale esercitata dalle classi feudali.
Iniziarono così i dissidi.
I francescani si schierarono contro Federico II che subì la scomunica per aver violato l’immunità ecclesiastica e sottoposto a maltrattamenti frati e preti.
Iniziò così il deterioramento del tessuto sociale, economico e religioso.
Molti vescovi in questo periodo vennero allontanati dalle diocesi e sostituiti con vescovi «intrusi» nominati da Federico II.
Cassano ebbe il suo vescovo intruso individuato nel successore di Biagio (1231-1249), che governò fino al 1257 e che non figura pertanto nella cronotassi dei vescovi.
I quali, a partire dalla nomina di Giovanni Marino (1329-1334) pagarono alla camera apostolica la loro elezione con ingenti somme di denaro.
Diventarono pertanto vescovi i nobili o i parenti degli alti prelati.
La cattività avignonese, protrattasi per un settantennio, e lo scisma d’Occidente (1378) fecero il resto.
L’elezione di Martino V nel 1417 pose fine allo scisma ma non alle calamità.
Con l’istituzione della commenda, i baroni locali ne approfittarono usurpando i beni e le rendite delle chiese e dei monasteri che durante il Medioevo avevano svolto una apprezzabile funzione sociale.
Nonostante la grave crisi che compromise le risorse e la crescita economica registrata in Calabria sotto i normanni, era viva la convinzione che la Chiesa non era quella gerarchica bensì quella che viveva nella povertà e nella sofferenza a somiglianza di Cristo.
Una presa di coscienza in tale direzione non tardò ad arrivare.
In questo periodo, è da segnalare in diocesi la presenza di due etnie: ebrei e albanesi.
I primi, documentati fin dai tempi di Federico II e per tutto il XVII sec., si stanziarono in quattro dei suoi centri: Castrovillari, Altomonte, Morano e Scalea.
Abitavano un quartiere, la giudeca, e professavano il culto nella sinagoga.
A parte un grave episodio di intolleranza che nel 1264 costò la vita al beato Pietro da Sant’Andrea, resosi colpevole di voler convertire la moglie di un ebreo, nei periodi successivi non si verificarono incidenti.
Anzi molti ebrei, più o meno spontaneamente, si convertirono alla fede cattolica e collaborarono con il clero nella gestione di beni di proprietà della Chiesa.
Gli albanesi giunti nel Regno di Napoli nel XV sec., al seguito di Skanderbeg, venuto a combattere in aiuto di Ferdinando I di Aragona, si spinsero successivamente nella diocesi di Cassano dove furono loro concessi i casali di Acquaformosa, Civita, Firmo, Frascineto, Porcile, Lungro, Plataci e San Basile.
Animati da sentimenti di carità cristiana, ma anche da simpatia per il comune rito greco, gli abati basiliani accordarono ai nuovi arrivati la loro protezione.
Quando le abbazie vennero date in commenda ai vescovi, come successe per il monastero di San Pietro di Frascineto, gli albanesi diventarono vassalli della Chiesa cassanese.
È del 1490 la concessione, da parte di monsignor Marino Tomacelli, degli Statuti o Capitolazioni, dai quali risulta che la Chiesa di Cassano esercitava nel suddetto casale la giurisdizione spirituale e civile.
I rapporti cominciarono così a inasprirsi fino a toccare il culmine nel periodo successivo al concilio di Trento, quando gli albanesi subirono soprusi e violenze psicologiche attraverso drastiche misure repressive adottate dai vescovi.
III - Dal concilio di Trento al 1818
La tragica morte di Marino Tomacelli nel 1519 segnò l’inizio di una fase molto critica che si protrasse oltre mezzo secolo e che contribuì ad aggravare le già precarie 305 CASSANO ALLO IONIO C 27-02-2008 16:16 Pagina 305 condizioni della diocesi.Questa, amministrata da cardinali di curia che non vi risiedevano ma ne incassavano i corrispettivi benefici economici, precipitò in una situazione spirituale disastrosa.
Gli effetti del concilio di Trento tardarono a manifestarsi nel Regno di Napoli e di conseguenza nella Chiesa di Cassano per svariati motivi.
Eppure, anche se con ritardo, si registrò un rinnovamento che produsse frutti apprezzabili.
Nel periodo post-tridentino non furono eletti vescovi minorenni e cessò l’abuso dell’amministrazione, affidata a prelati di curia.
I presuli del periodo: Giovanni Battista Serbelloni (1561-1578), Tiberio Carafa (1579-1588), Lewis Owen (1588-1595) ripresero sia pure periodicamente a risiedere in diocesi apportando validi contributi all’attuazione della Riforma cattolica.
Monsignor Serbelloni indisse il primo sinodo, monsignor Carafa fondò il seminario con decreto del 6 marzo 1588 e tenne il secondo sinodo.
Monsignor Owen (Audoeno), già vicario di san Carlo Borromeo a Milano, tenne il terzo sinodo, aprì il seminario dettandone le costituzioni, esperì la visita pastorale di tutta la diocesi e fondò diverse confraternite laicali.
Ridusse inoltre il clero delle ricettizie perché ogni arciprete potesse usufruire della rendita di settanta ducati, stabilita dalle disposizioni di Pio V.
Quest’ultimo fu certamente uno dei più benemeriti pastori cassanesi del post-tridentino avendo applicato scrupolosamente i decreti conciliari.
Nonostante le numerose difficoltà, si manifestarono i segni di una ripresa spirituale che si concretizzò nella pratica dei principi cristiani e nell’istituzione di opere volte al raggiungimento del bene sociale e all’aiuto dei poveri, che durò per tutto il XVII . La prima metà del XVIII conobbe una nuova crisi.
Le devozioni popolari degenerarono nel più sterile ritualismo.
Le parrocchie, occupate a dirimere controversie di ogni genere presso i tribunali civili ed ecclesiastici, avevano perso di vista l’ideale evangelico.
Ma non mancarono pastori oculati che fecero l’impossibile per sanare tale situazione.
Fra questi si distinse monsignor Gennaro Fortunato (1729-1759), a cui va il merito di aver chiamato in diocesi per rinnovarvi lo spirito religioso il beato Angelo d’Acri e di aver condotto con sé da Napoli il venerabile Mariano Arciero.
Questo grande predicatore fu l’apostolo della diocesi.
Si occupò infatti dell’evangelizzazione delle parrocchie, di far rifiorire la disciplina nei monasteri, di riformare i costumi del clero.
Entrambi i religiosi rivoluzionarono la pietà popolare introducendo la devozione del Crocifisso e dell’Addolorata, il pio esercizio della Via Crucis e l’amore per il Santissimo Sacramento nella pratica delle Quarantore.
Monsignor Fortunato curò inoltre in modo tutto speciale la catechesi, promulgando anche un editto di istruzione catechistica nel 1744.
Durante il decennio francese (1806- 1815) la mancanza del vescovo dal 1797, la chiusura del seminario, la soppressione degli ordini monastici, la drastica riduzione dei preti e delle parrocchie unita al misconoscimento del celibato ecclesiastico e la sospensione delle ordinazioni sacerdotali possono dare un’idea della situazione religiosa della diocesi.
Alla caduta di Napoleone e al conseguente ritorno dei Borbone a Napoli seguì il concordato del 1818, Cassano fu nuovamente assegnata a Reggio come suffraganea, il seminario con sede nell’ex convento dei domenicani fu riaperto nel 1816 e il nuovo vescovo, Adeodato Gomez Cardosa, il 1° novembre 1818 prese possesso della diocesi.
IV - Dal 1818 al Vaticano II
Durante i moti del 1848, centro della cospirazione diocesana fu Castrovillari, dove numerosi preti aderirono alla rivolta.Molti di essi furono condannati alla pena capitale o al CASSANO ALLO IONIO 306 C 27-02-2008 16:16 Pagina 306 carcere nei processi del 1852.
Il governo formatosi all’indomani dell’unità assunse presto atteggiamenti anticlericali e antireligiosi.
Ciò costituì un’amara delusione per il clero e i cattolici militanti che avevano contribuito alla sua realizzazione.
Il Regno di Napoli, a differenza dell’Italia settentrionale che reagì a questo stato di cose attraverso una serie di iniziative messe in atto dal movimento cattolico, non vi seppe far fronte o almeno non subito.
Tuttavia nella Calabria tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento non sono mancati i preti «sociali».
La Rerum Novarum ha fatto scuola ed essi ne sono diventati discepoli e interpreti fedeli, condividendo e appoggiando stili di confratelli più in vista e famosi, ai quali li lega una condivisione spirituale e di opere; don Carlo De Cardona (1871-1958), nativo di Morano, centro del Pollino in diocesi, ne è il protagonista più in vista con l’attivazione delle leghe bianche e la fondazione delle casse rurali.
Appartiene a questa schiera don Francesco Maria Sarubbi di Mormanno (1878-1950) per l’impegno profuso con la parola, la stampa, il forte impegno nelle opere sociali, prima fra tutte la scuola.
Sul finire del XIX sec., la diocesi subì una prima mutilazione con la perdita delle quattro parrocchie di Maratea aggregate alla diocesi di Policastro.
Il XX . fu inaugurato da Antonio Maria Bonito (1899- 1905) che ravvivò la fede e incrementò il culto attraverso una grande quantità di lettere pastorali.
Pietro La Fontaine di Viterbo (1906-1910), futuro patriarca di Venezia, lavorò in modo particolare alla riforma del clero diocesano e alla formazione dei seminaristi.
Giuseppe Rovetta (1911-1920), favorì in tutti i modi l’Unione popolare, l’Azione cattolica e l’istituzione delle casse rurali e si adoperò tenacemente per sanare le ferite morali, inflitte alla società dalla prima guerra mondiale.
Nel 1919, con la costituzione dell’eparchia bizantina di Lungro, furono sottratti a Cassano sette paesi con otto parrocchie: Acquaformosa, Civita, Firmo, Frascineto con Eianina, Lungro, Plataci e San Basile.
Ciò comportò la perdita di circa ventimila abitanti.
A Bruno Occhiuto (1921-1937), considerato il vero restauratore spirituale e materiale della diocesi, seguì il lunghissimo episcopato di Raffaele Barbieri (1937-1968) che svolse un’intensa attività in tutti i campi, nonostante le difficoltà avvertite a immettersi nel rinnovamento promosso dal concilio Vaticano II.
Negli anni successivi si verificarono ulteriori variazioni.
Nel 1973 le parrocchie lucane della zona del Mercure: Agromonte Mileo, Agromonte Magnano, Castelluccio Superiore, Castelluccio Inferiore, Rotonda e Viggianello (Pedali e Varco) furono aggregate alla diocesi di Anglona-Tursi che a sua volta lasciò a Cassano le parrocchie calabre dell’alto Ionio: Rocca Imperiale, Canna, Nocara, Montegiordano, Roseto Capo Spulico, Amendolara, Oriolo Calabro, Alessandria del Carretto.
Nel 1979 si verificò l’ultima drastica perdita dei comuni della fascia costiera tirrenica: Scalea, Aieta, Orsomarso, Papasidero, Praia a Mare, San Nicola Arcella, Santa Domenica Talao, Santa Maria del Cedro, Tortora e Verbicaro incorporate alla diocesi di San Marco- Scalea.
Dal 2001, Cassano è suffraganea della nuova istituita metropolia di Cosenza- Bisignano.
Bibliography
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G. Roma, La Madonna e l’Angelo, Soveria Mannelli 2001;
Diocesi di Cassano allo Ionio, Annuario 2003.
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Diocese of Cassano allo Jonio
Chiesa della Natività di Maria Vergine
-
La facciata principale della cattedrale della Nativita’ di Maria Vergine a Cassano allo Jonio -
Il presbiterio -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
L’icona bizantina della Vergine, databile al XIV sec., dipinta su pietra -
La cantoria che sorregge un sontuoso organo in stile barocco
Diocese
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.