Anche se secondo la tradizione sarebbe di origine apostolica e patria di martiri del I sec., questa diocesi dovette essere fondata nella prima metà del IV sec. e tuttavia il cristianesimo vi è attestato nel 391 e il primo vescovo noto, Dulcino, è della fine del VI sec., rivelato – con il successore, Marciano – dalle Lettere di Gregorio Magno. Successivamente, altri nomi emergono dalle sottoscrizioni dei concili, ma la serie dei vescovi (non più di una dozzina di nomi) è lacunosa fino alla fine del sec. XII . I vescovi ebbero la prima sede a Locri, famosa città della Magna Grecia decaduta e abbandonata tra VII e VIII sec., quando, con la popolazione, si stabilirono sulla rupe di Gerace (6 chilometri dal mare), detta dai bizantini Santa Ciriaca. Da allora si dissero prima di Santa Ciriaca e dal X sec. di Gerace; pertanto è errato parlare di fusione di due cattedre, come ha preteso qualche storico del passato e come talvolta ancora si ripete, a causa dell’attuale denominazione. L’epoca bizantina, della quale non si sa molto, segnò indelebilmente i connotati della diocesi: oltre al trasferimento della sede e al cambiamento del nome, nell’VIII . essa fu assoggettata al patriarcato di Costantinopoli e resa suffraganea della metropolia di Reggio, abbracciò il rito greco e incominciò a essere dimora dei monaci greci, tra i quali, nel X sec., si distinse Nicodemo, che fu santificato dal popolo ed è ancora venerato localmente. Il X sec. fu però molto difficile: la diocesi subì le continue incursioni degli arabi e, verso la fine, oltre al saccheggio di Gerace nel 986, anche una sensibile riduzione del suo territorio, per far posto alla nuova diocesi di Bova.
II - Epoca normanno-sveva
Con i normanni, la diocesi, pur restituita alla dipendenza di Roma e confermata suffraganea di Reggio, conservò il rito greco e il diritto di nominare da sé i vescovi, scelti quasi tutti tra i monaci greci. Dalla metà del XIII sec. tale diritto fu a poco a poco cancellato da Roma. Sotto i normanni si registrò una notevole e complessiva rinascita: a Gerace furono costruite la splendida cattedrale dedicata all’Assunta e un numero tale di chiese che da allora fu detta città santa; fiorirono altri centri abitati (Castelvetere, Grotteria, Bruzzano...); crebbe il numero dei monasteri greci, alcuni dei quali – San Filippo d’Argirò, San Nicodemo di Mammola, Santa Maria di Polsi – accumularono sensibili rendite. Polsi dal Settecento è sede del santuario mariano più accorsato della diocesi e dell’Aspromonte. Nella prima metà del Duecento la cattedra fu occupata da un vescovo intruso da Federico II. Intorno a quegli anni apparve il monachesimo latino: a Gerace arrivarono i francescani; a Castelvetere fu fondato un convento di agostiniane, che nel Cinquecento sarà riformato passando alla regola carmelitana.
III - Epoca angioino-aragonese
Nel XIV sec. ebbe grandi vescovi, il notissimo Barlaam Calabro e il costantinopolitano Simone Atumano, ma conobbe anche le conseguenze dello scisma d’Occidente, perché il vescovo Nicola Mele si schierò con l’antipapa Clemente VII. Verso la fine del XV sec., il 29 marzo del 1480, il vescovo Atanasio Chalkéopulos, costantinopolitano, mutò il rito greco in latino. Nella sua persona, nel 1472, fu unita la diocesi di Oppido e tale unione si protrasse fino al 1536, sotto vescovi commendatari non residenti, ma attenti alle rendite più che agli obblighi pastorali. Nel XVI . arrivarono le altre famiglie francescane, i domenicani, gli agostiniani, i minimi, mentre i superstiti monasteri greci femminili furono riformati secondo la regola agostiniana, e ne venne fondato uno di clarisse.
IV - Dopo il concilio di Trento
Già durante il concilio, la diocesi fu di nuovo retta da vescovi residenti (Tiberio Muti, il siciliano Andrea Candido, il ligure Ottaviano Pasqua, il domenicano Vincenzo Bonardo, il romano Orazio Mattei), che si votarono interamente all’applicazione del concilio (celebrarono sinodi, fondarono il seminario, svolsero annualmente la visita pastorale), ma i risultati, a causa delle condizioni di degrado accumulate e della povertà (allora la diocesi rendeva tremila ducati), non furono pari allo zelo. Seguì un saecolum horribile (1622-1748), durante il quale dei nove vescovi che ebbe, quattro – colti da morte precoce o trasferiti altrove – ebbero un vescovato brevissimo; uno fu a lungo assente perché comandato in Portogallo e a Napoli; tre, accusati di gravi delitti anche contro la morale, rinunciarono al vescovato; uno fu sospettato di essere mandante di omicidi, ma governò per quarant’anni. Oltre a ciò, nel 1783 la diocesi fu sconquassata da un terremoto: tali furono i danni e le conseguenze che la cattedrale rimase inagibile per circa quarant’anni e fu restaurata a sue spese dall’ultimo vescovo di origine diocesana, Giuseppe Maria Pellicano (1818-1933).
V - Gli ultimi due secoli
Neppure l’Ottocento fu un secolo facile, attraversato dalle cospirazioni e dai moti per l’unità (uno dei quali si concluse a Gerace nel 1847 con la fucilazione di cinque giovani intellettuali). Anche qui si ebbero i contraccolpi della politica anticlericale dei piemontesi e la cattedra rimase vacante dal 1860 al 1872 (altri dodici anni di vacanza si erano registrati tra il 1806 e il 1818, a causa dell’occupazione francese). Nel Novecento, dal 1922 al 1951, la diocesi fu retta da un vescovo morto in odore di santità, Giovanni Battista Chiappe. Il 22 febbraio 1954, infine, come era avvenuto alla fine dell’Ottocento per tutti gli uffici civili concentrati a Gerace, fu trasferita nella moderna Locri anche la cattedra vescovile, tra polemiche di sicura inutilità. In pari data fu cambiata la denominazione, che da allora fu Gerace-Locri, fino al 30 settembre 1986, quando divenne Locri-Gerace. Il 1° gennaio 1990, infine, il territorio diocesano fu ampliato da 1020 a 1248 chilometri quadrati e le parrocchie divennero 73 (con circa 60 sacerdoti, 20 religiosi, 130 religiose; oggi le parrocchie sono 74), per una popolazione di circa l33.000 abitanti, organizzati in 39 comuni. A Gerace, dal 1995, funziona una parrocchia ortodossa. Dal 2001 fa parte della metropolia di Reggio Calabria-Bova.
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