Diocese of Sessa Aurunca
HISTORY
I - Le origini
L’attuale diocesi di Sessa Aurunca comprendeva in origine tre sedi episcopali: Suessa, Sinuessa e Forum Popilii (successivamente Carinola).Questi tre centri facevano parte della I Regio, che corrispondeva grossomodo alle odierne Lazio e Campania, fino a Sorrento o fino al Sele.
La prima attestazione risale al V sec., quando per combattere l’eresia del monofisismo papa Simmaco, in accordo con il re dei goti Teodorico, indisse a Roma due concili: nel 499 e nel 501.
In entrambi partecipò un certo Fortunato, vescovo di Suessa.
Sessa conserva la forte tradizione secondo la quale a evangelizzarla sia stato l’apostolo Pietro che, passando per la via Appia, approdò nella città annunciando per primo il messaggio cristiano.
Il culto confermerebbe l’ipotesi, in quanto l’antica chiesa cattedrale fu dedicata a Santa Maria e a San Pietro, e l’attuale – del XII . – conserva ancora riverberi di tale testimonianza.
Senonché, oltre al fatto che tale paternità è comune a parecchie diocesi meridionali, per Sessa risulta maggiormente improbabile perché la via Appia nel I . non passava per Suessa.
Potevano abitare verosimilmente nella città degli ebrei, primi destinatari della buona novella, ma nessuna fonte lo confermerebbe.
Perciò l’evangelizzazione di Suessa non coinciderebbe con il passaggio di Pietro, ma sarebbe successiva, irradiatasi o da Capua, che probabilmente alla fine del I . era sede episcopale con Pozzuoli, Napoli e Benevento e in seguito Chiesa metropolitana, oppure da Sinuessa, attraversata dall’Appia antica che la congiungeva a Capua.
La Chiesa sessana venera come protomartiri il vescovo di Suessa Casto e il vescovo di Sinuessa Secondino, martirizzati probabilmente nel 292 a Sinuessa durante la persecuzione di Diocleziano dal preside Curvo, e successivamente sepolti nelle catacombe sessane.
Ciò è quanto riferisce un «verbale» dell’XI . in caratteri beneventani, conservato a Gaeta, attestava le fasi del processo dei due presuli.
Ciò nonostante, sui due sussistono diverse discussioni: il loro culto sarebbe comune a parecchie diocesi.
Vari personaggi storici dell’epoca furono identificati con lo stesso nome.
Pare che vi fossero almeno due atti di passioni alquanto uguali, una di san Casto e san Cassio, e un’altra quella sopra citata di san Casto e san Secondino.
Infine la persecuzione di Diocleziano si ebbe tra il 303 e il 305 ed è impensabile un’anticipazione alla fine del III . Tuttavia, circa la loro esistenza, una prova certa sarebbe un’epigrafe marmorea del IV-V sec., di poco successiva al martirio.
Dal V . non si ebbero più notizie.
È ipotizzabile che per le invasioni barbariche, per i nuovi assetti politici, per le nuove calamità, a Suessa sia toccata la stessa sorte che toccò alle popolazioni meridionali nel primo Medioevo.
Nuove notizie si ebbero alla fine del X sec., quando un certo Giovanni, vescovo di Suessa, figurò nel concilio romano tenuto da Gregorio V nel 998.
II - Il Medioevo
Nel 1032 l’arcivescovo metropolita di Capua, Atenulfo, nominò un certo Benedetto vescovo di Sessa, definendolo Coëpiscopus noster.Tale documento, passato alla storia come bolla di Atenulfo, risulta una preziosa fonte diocesana.
Innanzitutto essa afferma l’esistenza, nell’XI sec., della diocesi di Sessa come suffraganea di Capua e ne definisce i confini con la segnalazione dei nomi delle chiese presenti sul suolo diocesano; infine fornisce elementi di disciplina sacramentale e amministrativa: Atenulfo intima a Benedetto di non ammettere agli ordini sacri gli africani, cioè i saraceni o gli schiavi di origine africana o i profughi africani, i manichei e i ribattezzati, di non ordinare i presbiteri e i diaconi se non dopo i primi, quarti, settimi e decimi dei mesi di digiuno e l’inizio della quaresima, e durante i primi vespri del sabato.
Così pure per il battesimo è ingiunto il divieto di celebrarlo, eccetto il pericolo di morte, dopo le festività di Pasqua e Pentecoste.
Per la disciplina amministrativa, Atenulfo ricorda a Benedetto di dividere le offerte percepite e i redditi della Chiesa in quattro parti: una per il vescovo, una per i titolari degli uffici, una per i poveri e i pellegrini e infine una per la manutenzione e costruzione degli edifici sacri.
Altra fonte di rilievo sono le Relationes decimarum.
Due in particolare sono conservate: quella del 1308-1310 e quella del 1326.
Tali Relationes, fatte da scribi circa il pagamento delle decime, sono nel primo caso ad personam e riportano i nomi dei pastori in cura di quella specifica comunità; e nel secondo piuttosto ab Ecclesia: sono elencate le chiese da cui si ricevono le prebende.
Il pregio di tali documenti è il fornire l’elenco delle chiese che esistevano nell’ambito diocesano con relative denominazioni; la composizione del clero assegnato alla cura animarum; la realtà economica del luogo e infine l’individuazione, grazie alla distribuzione degli edifici sacri, della composizione demografica della diocesi.
Tra XI e XII . la diocesi di Sessa vide una massiccia presenza benedettina grazie all’appoggio dei normanni, che ravvisarono nella politica delle grandi abbazie un elemento di equilibrio al loro governo.
Con Montecassino, Sessa si sganciò dal vescovo di Capua; difatti Milone, monaco benedettino, fu nominato direttamente dal papa.
Con l’avvento di Federico II di Svevia l’influenza benedettina andò scemando e solamente un piccolo paese della diocesi, Sorbello, rimase sotto la giurisdizione di Montecassino fino al XX . L’influsso dei benedettini migliorò l’economia, l’arte e l’architettura del territorio.
Una luminosa testimonianza è rappresentata dal monastero di Sant’Anna de aquis vivis di Mondragone, allora compreso nella diocesi di Carinola, e dalla chiesa rupestre di Santa Maria in Grotta di Rongolise.
Altra significativa presenza fu quella francescana.
Sia Tommaso da Celano che Bonaventura da Bagnoregio narrano di un miracolo compiuto a Sessa per intercessione di san Francesco già morto.
Esso riguarderebbe la rianimazione di un bambino colpito in un borgo detto «le Colonne » dalle macerie di una casa in crollo.
Inoltre, una tradizione locale vorrebbe che lo stesso san Francesco sia passato per Sessa e abbia dimorato nella chiesetta di Santa Maria ad Nives dedicata successivamente al Serafico padre.
La piazzetta antistante, attualmente «San Carlo», fu un tempo denominata «San Francesco a li pignatari» a motivo delle botteghe artigianali di terracotta presenti nei dintorni.
Ancora, in Casanova di Carinola, esiste un monastero dedicato al poverello d’Assisi.
Secondo una tradizione riportata dal Menna, in questo luogo dimorò per sette anni il Serafico padre, compiendo vari miracoli tra cui quello dell’arancio, con le radici in aria e la cima a terra, e quello del pozzo, dalle acque salutari soprattutto per gli infermi.
Ancora oggi è visibile la spelonca, inglobata nel complesso monasteriale, dove avrebbe alloggiato il santo.
III - L’età moderna
Al concilio di Trento la diocesi di Sessa Aurunca fu rappresentata da Galeazzo Florimonte (1484- 1565).Di origine sessana, fu un fine umanista, letterato e riformatore; era stato alla corte di Parigi e di Napoli e in seguito a una crisi spirituale si fece prete.
Paolo III nel 1543 lo nominò vescovo di Aquino, Giulio III lo scelse come segretario dei brevi e nel 1552 fu trasferito a Sessa.
Nell’assise ecumenica fu un degno rappresentante del drappello dei riformatori italiani, schierandosi a favore della residenza dei vescovi e contro la simonia.
Nell’ultima fase conciliare Sessa fu rappresentata da Cesare Ferrante, prete diocesano, che tenne due omelie ai padri e intervenne sul sacramento dell’ordine e dell’eucarestia.
La Riforma cattolica a Sessa fu incisivamente attuata dal senese Giovanni Placidi, eletto vescovo il 17 giugno 1566 dopo la rinuncia del cardinale Tiberio Crispo.
Con molta probabilità fu lui a fondare il seminario diocesano.
Inoltre celebrò due sinodi diocesani (1569 e 1573) nei quali ridistribuì le rendite delle parrocchie inglobando in esse piccole rettorie.
Obbligò i canonici alla residenza.
I successori, Alessandro Riccardo (1591-1604) e Fausto Rebalio (1604-1624), continuarono nell’opera di disciplinamento: celebrarono il III e IV sinodo diocesano, fecero visite pastorali e si impegnarono per migliorare la struttura del seminario.
In questo periodo nacquero vari conventi.
Nel 1540 fu fondato a Sessa il noviziato dei cappuccini.
Nel 1590 i carmelitani si trasferirono in un nuovo locale.
Nel 1614 san Camillo de’ Lellis aprì uno studentato per i chierici regolari ministri degli infermi.
Tra il Cinquecento e il Seicento, la città di Sessa vide la fioritura delle confraternite, che ancora oggi sono una massiccia presenza ecclesiale.
Nel maggio del 1513 fu istituita l’arciconfraternita di San Biagio.
Nel 1536 quella della Misericordia.
Nel 1541 la confraternita del Santissimo Sacramento.
Il 21 dicembre 1578 venne fondata l’arciconfraternita del Crocifisso, nello stesso periodo quella del Rosario e nel 1579 quella della Santissima Concezione.
Nel 1615 quella di san Carlo.
Nel 1665 la confraternita dei Fratelli e Sorelle di san Michele.
Nel 1760 l’arciconfraternita del Rifugio.
Anche i paesi limitrofi, nel Settecento, furono protagonisti di tale fioritura.
Nel luglio del 1777 fu fondata a Tuoro la confraternita del Santissimo Sacramento.
Nel 1780 quella del Santissimo Corpo di Cristo a Cascano.
Nel 1791 quella del Santo Rosario a Cupa.
Il periodo napoleonico fu un momento di grande crisi.
Nel gennaio del 1799 la città di Sessa, a causa di una sommossa popolare, subì un saccheggio da parte delle truppe napoleoniche.
Furono depredate diverse chiese, tra cui la cattedrale.
Molti cittadini, e anche alcuni sacerdoti, furono fucilati.
Il vescovo Pietro De Felice (1797- 1814), che nel 1800 aveva pubblicato il Catechismo reale, fu arrestato ed esiliato ad Assisi.
Con l’arrivo del Murat sul trono del Regno di Napoli quel clima di delazione e di sospetto non si placò.
A Sessa venne piantato l’albero della libertà e fu costituito un governo municipale filofrancese.
Il vescovo De Felice poté ritornare a Sessa dopo aver giurato fedeltà al nuovo re Gioacchino Murat, che apprezzando la sua lealtà lo insignì dell’ordine cavalleresco delle Due Sicilie.
La frattura che s’era creata tra il vescovo e alcuni sacerdoti borghesi (detti preti novatori), che vedevano nei francesi i liberatori e i propagatori dei valori della Rivoluzione francese, fu sanata dal vescovo che li perdonò in nome della concordia quando gli austriaci arrivarono in città (1813).
IV - L’Ottocento e il Novecento
Il 16 febbraio 1818 fu firmato a Terracina il concordato tra Pio VII e Ferdinando I re delle Due Sicilie.Esso fu ratificato dal re il 25 febbraio 1818 e confermato da Pio VII con la bolla De Utiliori.
Previde la soppressione di alcune diocesi.
Tra queste la limitrofa diocesi di Carinola, che fu accorpata a quella di Sessa.
Carinola divenne semplice collegiata, conservando la sede titolare.
L’Ottocento assistette quindi a un rimodellamento delle dimensioni geografiche ed ecclesiali diocesane.
Furono significativi due episcopati, quello di Giuseppe M.
D’Alessandro e quello di Ferdinando Girardi.
D’Alessandro (1846-1848) cercò di arginare la povertà dilagante, l’ignoranza del clero e il problema di preti carbonari.
Con Girardi (1848-1866) fu scritta una delle pagine più ingloriose della storia diocesana.
Egli venendo a Sessa trovò un clero scisso tra nobili e borghesi alle prese con inestinguibili lotte economiche e politiche.
Per arginare il problema pensò di usare il diritto canonico e il paternalismo, ma l’espediente non funzionò, anzi il clero borghese inventò una serie di calunnie.
Basti pensare che un sacerdote, Francesco Zattara, scrisse al ministro di Polizia denunciando il prelato per vari crimini e soprattutto di essere carbonaro.
Qualche anno dopo fu invece accusato dagli stessi preti borghesi di essere borbonico.
Così il 27 ottobre 1860 monsignor Girardi fu espulso da Sessa dalle autorità locali piemontesi ed esiliato a Fissoli: per ben tre volte chiese di ritornare in sede, e per ben tre volte i preti borghesi, tramite l’autorità del municipio, fecero pervenire il loro assoluto divieto.
Dopo la cacciata di Girardi, i piemontesi occuparono il palazzo vescovile trasformandolo in bordello.
Altro evento del periodo fu la visita del 5 aprile del 1850 di papa Pio IX, esule nel Regno delle Due Sicilie.
Papa Mastai Ferretti, accompagnato da Ferdinando II, visitò la cattedrale, soggiornò nell’episcopio dal quale benedisse un’immensa folla devotamente convenuta, e il mattino seguente lasciò la città dopo aver celebrato la messa.
Con la soppressione dei beni, le autorità locali, costituite dai liberali, impiantarono la congregazione della Carità con l’ospedale San Rocco, l’educandato dell’Annunziata, la casa di ritiro dell’Addolorata, il monte dei sussidi, il monte dei dotti e il monte dei pegni.
Tutto ciò invece di alleviare i poveri andò a rimpinguare ulteriormente il patrimonio della classe dirigente.
È indicativo che il commissario prefettizio Eugenio Guidetti, venendo a Sessa, rimase colpito dai numerosi latrocini messi in atto dalla classe politica sessana.
Dal 1888 al 1914 fu vescovo Giovanni M.
Diamare (1888-1914), ricordato per avere dato impulso all’ambito culturale: fondò la biblioteca diocesana, sistemò l’archivio storico, progettò il museo diocesano e infine stese un testo di storia della Chiesa locale.
Fortunato De Santa (1914- 1938), successore di Diamare, celebrò nel 1920 un sinodo diocesano finalizzato alla conoscenza del Codice di diritto canonico del 1917; fu inoltre ricordato per l’impegno sociale: accolse i profughi giuliani dopo la sconfitta di Caporetto, e nell’ambito diocesano incentivò lo sfruttamento dei giacimenti di potassa di Fontanaradina.
Gaetano De Cicco, vescovo diocesano dal 1939 al 1962, fu ricordato per la sua bontà d’animo; un fatto esemplare: durante la seconda guerra mondiale riuscì a ottenere dai tedeschi il risparmio dai bombardamenti della città di Sessa.
Per questo fu insignito del titolo di defensor civitatis.
Vittorio M.
Costantini (1962-1982) fu uno dei padri che parteciparono al concilio Vaticano II; valorizzò l’humus sociale e religioso costruendo, tra l’altro, parecchie strutture tra cui un nuovo seminario, diversi asili e scuole.
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Chiesa di San Pietro e Martire
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SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.