Diocese of Ferrara - Comacchio
HISTORY
I - Le origini
La diffusione del cristianesimo nell’antico delta padano, grossomodo coincidente con l’odierno basso Ferrarese, risale alla tarda antichità.Fin dall’inizio del V . Vicus Aventinus/Abentinus o Vicohabentia (odierna Voghenza, posta 15 km a sud-est di Ferrara), forse sede amministrativa delle locali proprietà imperiali, sembra essere stata sede episcopale suffraganea di Ravenna.
La cronotassi dei presuli vicoabentini, estremamente lacunosa, comprende: forse Marcellinus (tra 426? e 454?); dubitativamente Ioannes (649) e Iustinus (680); incerti, per cronologia (. VI-IX ?) ed effettiva pertinenza alla sede voghentina, Mauricinus e Georgius.
Prematura qualsiasi proposta identificativa della cattedrale paleocristiana, l’odierna chiesa di San Leo(ne) va certo distinta, anche dal punto di vista topografico, dalla plebale di Santo Stefano, documentata tra il 966 e il 1055.
La frammentarietà della documentazione non consente di determinare l’identità e i connotati (mutatio, statio, vicus, pagus, forum o villae) del più antico addensamento demico, diretto precedente di Ferrara, sorto alla diffluenza del Po di Volano e di Primaro.
È probabile che le vicende storiche che interessarono questo settore padano nel VI-VII . (migrazioni di tribù barbariche, guerra gotica, conflittualità bizantino-longobarda) abbiano favorito l’insediamento deltizio con un incremento di popolazione e l’acquisizione di nuove prerogative: militari, politico- istituzionali, economiche e religiose.
La prima menzione di Ferraria, nuova fondazione o centro itinerario emergente in quest’epoca, risale all’VIII sec., con riferimento all’anno 757.
La civitas tardobizantina/ carolingia, o almeno un suo significativo settore, è sicuramente localizzabile nel cuneo di apertura del Volano e del Primaro, ov’era ubicato il complesso episcopale altomedievale, attestato nella prima metà del X . Il primo vescovo noto è Andreas, documentato sicuramente nell’827.
II - Dal Medioevo all’Umanesimo
Al X . risalgono l’approvazione dei titoli immunitari della chiesa ferrarese (967), l’investitura signorile del vescovo (981) e l’assegnazione imperiale della stessa Ferrara all’arcivescovo di Ravenna (ca 999- 1001).A seguito dell’intervento di Matilde di Canossa, al tempo di papa Pasquale II (1105) la città, porto-chiave ai confini dello Stato pontificio, apparteneva a pieno titolo al Patrimonio di San Pietro.
Durante l’episcopato di Landolfo (ca 1104-1138/1139), promotore della riforma canonicale, la cattedrale fu trasferita da San Giorgio transpadano alla sede attuale (1135); nella più antica cattedrale furono traslate le reliquie di san Maurelio (1106) e donato un braccio di san Giorgio (1110); fu miracolosamente recuperato il Crocifisso di san Luca (1128).
L’elezione del successore Grifo (1139-1157), già cardinale di Santa Pudenziana, sancì l’emancipazione della sedes ferrarese dalla giurisdizione metropolitica ravennate; interesse precipuo del presule fu la costituzione di un solido «sistema» pievale.
Al 1171 si fa risalire il prodigio eucaristico (mutazione dell’ostia in un «pezzetto di carne») di Santa Maria in Vado.
Deceduto a Ferrara papa Urbano III (1185), la città ospitò il conclave che ne elesse il successore.
Dal 1190 al 1210 vescovo di Ferrara fu Uguccione da Pisa, noto decretista, lessicografo e docente di diritto canonico.
Nella prima metà del Duecento si introdussero in città i frati minori (1219/ 1226) e i domenicani (ante 1235).
La coeva affermazione della presignoria estense (1240) comportò la progressiva dipendenza da questa della nomina e azione vescovile.
Giovanni Quirini (1252-1257) concesse per un’esperienza monastica a Beatrice II d’Este (†1262 ca) la chiesa di Santo Stefano della Rotta; il beato Alberto Pandoni (1258-1274) avviò il processo contro Armanno Pungilupo (†1269), condannato come eretico (1301); Federico dei conti di San Martino (1290-1303) favorì l’insediamento urbano dei carmelitani.
Nel corso del Trecento, il presule Guido de Pileo (1304-1332) si adoperò a tutela dei diritti pontifici sulla città, insidiati dagli Estensi (investiti dal 1329 del vicariato apostolico su Ferrara), e di quelli della Chiesa ferrarese in opposizione alla stessa curia romana e al comune cittadino.
Il successore Guido da Baisio (1332-1349) emanò importanti Constitutiones synodales (1332).
Alla fine del secolo giunsero a Ferrara i gesuati e papa Bonifacio IX, su istanza del marchese Alberto d’Este, istituì lo Studio cittadino (1391).
III - Dall’Umanesimo al concilio di Trento
Nel XV . la vita culturale e spirituale ferrarese, ampiamente «permeata » dal movimento umanistico, poté giovarsi dell’operosa testimonianza dei movimenti di base aderenti alla «devotio moderna »: esemplari, al riguardo, le esperienze eremitiche di Beltramo de Rupta (†1442 ca), autore dello Specchio de prudentia, e dei gruppi di Nicolò da Fiesso e Biagio Novelli, Bernardina Sedazzari e Lucia Mascheroni.Della comunità laica del Corpus Domini, diretta da quest’ultima, fece parte santa Caterina Vigri (1413-1463).
Nel 1431, dopo le dimissioni di Pietro Boiardi (1401-1431), alla guida della Chiesa ferrarese fu eletto il gesuato Giovanni Tavelli da Tossignano (1431-1446).
Autore di scritti diversi (una Vita del beato Colombini, varie traduzioni bibliche e patristiche, epistole ecc.), il beato Tavelli si distinse per un’intensa attività pastorale e assistenziale: sua la fondazione dell’ospedale di Sant’Anna.
Dall’inizio del 1438 al gennaio 1439 si tenne a Ferrara parte del XVII concilio ecumenico per l’unione delle Chiese orientali: tra i partecipanti, papa Eugenio IV, l’imperatore Giovanni VIII Paleologo, i maggiori esponenti della Chiesa cattolica e ortodossa, numerosi umanisti ecc.
La riqualificazione e la salvaguardia morale del clero furono tra le principali direttrici dell’attività pastorale di Francesco Dal Legname (1446-1460), avversato dal marchese Borso (committente dell’omonima Bibbia miniata e della Certosa cittadina), che ne determinò dapprima l’incarcerazione, in seguito il definitivo allontanamento.
Per oltre un secolo le sorti spirituali e materiali della diocesi soggiacquero alle decisioni curiali e ducali.
Lorenzo Roverella (1460-1474), «gradito» successore del Da Legname, fu seguito nella carica o titolarità del vescovato di Ferrara da fra Bartolomeo della Rovere (1474-1494), nipote di Sisto IV e fratello di Giuliano (poi Giulio II), poi dal cardinale Giovanni Borgia (1497-1503), nipote di Alessandro VI, mai recatosi a Ferrara, coevo alla condanna di fra Girolamo Savonarola (1498), ferrarese; dal cardinale Ippolito I d’Este (1503-1520), secondogenito del duca Ercole I, protettore di Ludovico Ariosto, privo di «senso di responsabilità ecclesiale»; da Giovanni Salviati (1520-1553), nipote di Leone X, dedito perlopiù all’attività diplomatica; da Luigi d’Este (1553-1563), figlio di Ercole II e Renata di Francia, investito del vescovato quando «non era ancora degno a reggere se stesso» (L.
Barotti); da Alfonso Rossetti Trotti (1563-1578), «cosa e fattura» estense, già vescovo di Comacchio e reggente della diocesi in vece del cardinale d’Este, promotore di iniziative assistenziali.
La riforma protestante trovò sostenitori a Ferrara soprattutto nell’entourage della duchessa Renata (i Morata, Marot, Madame de Soubise), che fornì ospitalità allo stesso Calvino (1536).
Nel 1574, all’epoca della visita apostolica di Gian Battista Maremonti la città di Ferrara contava una ventina di famiglie religiose, distribuite in una trentina di monasteri e conventi: benedettini (ramo cassinese e olivetano), certosini, cisterciensi, agostiniani (canonici regolari del Salvatore della congregazione Renana, lateranensi, di san Girolamo da Fiesole, degli eremitani di sant’Agostino dell’osservanza e di san Girolamo della congregazione di Pietro de Pisis), francescani (minori osservanti, conventuali, cappuccini), domenicani (osservanti e conventuali), serviti, carmelitani, gesuati, minimi di san Francesco di Paola, gesuiti e somaschi.
Al crepuscolo del dominio estense sulla città, l’azione e l’organizzazione ecclesiale locale si concretarono soprattutto nell’istituzione del seminario (1584), voluto da Paolo Leoni (1578-1590), la celebrazione di sinodi e lo svolgimento di visite pastorali.
Al tempo del borromaico Giovanni Fontana (1590-1611), la delicatissima questione della devoluzione del ducato alla Santa Sede (1598) richiese la presenza personale a Ferrara dello stesso pontefice Clemente VIII.
IV - Dal 1598 ai nostri giorni
Dal 1598 al 1796 la legazione ferrarese fu retta, senza soluzione di continuità, dai cardinali legati.Nel corso del Seicento, successivamente al pragmatico Giovanni Battista Leni (1611-1628) e al tridentino Lorenzo Magalotti (1628-1638), si avvicendarono alla guida spirituale della diocesi l’ex nunzio Francesco Maria Macchiavelli (1638-1655) e Carlo Pio da Carpi Savoia (1655-1662), attenti alla formazione del clero e dei fedeli; Giovanni Stefano Donghi (1663-1669), che curò la riorganizzazione delle proprietà ecclesiastiche; Carlo Cerri (1669-1689), che svolse un’intensa attività pastorale.
Gli effetti di un’improvvida estesa vacanza (1689-1695) e la brevità degli episcopati di Domenico Tarugi (1696) e Fabrizio Paolucci (1697-1701) pesarono sull’episcopato di Taddeo Dal Verme (1701-1715), prodigo di attenzioni per la popolazione prostrata, anche dalle conseguenze della guerra di successione spagnola.
Al tempo del cardinale Tommaso Ruffo (1717-1738), già legato, benemerito per la ristrutturazione del duomo (iniziata dal predecessore) e l’erezione del palazzo arcivescovile e del nuovo seminario, Ferrara fu promossa sede arcivescovile.
Alla frammentarietà dei mandati di Rainerio D’Elci (1738-1740), Bonaventura Barberini (1740-1743) e Girolamo Crispi (1743-1746), seguì l’intensa attività ecclesiale promossa dal cardinale Marcello Crescenzi (1746- 1768), favorevole a nuove pratiche devozionali.
L’arcivescovo Alessandro Mattei (1777- 1806), particolarmente vicino alla popolazione diocesana e nei primi anni di ministero adiuvato, sul versante socio-politico ed economico, dall’attività riformatrice del cardinale legato Francesco Carafa, promosse la devozione al Sacro Cuore e all’immagine della Vergine delle Grazie della Cattedrale (incoronata nel 1777).
Durante il ventennio francese l’arcivescovo, già plenipotenziario della Chiesa alla firma del trattato di Tolentino (febbraio 1797), essendosi opposto ai provvedimenti municipali anticlericali (soppressione degli ordini religiosi, alienazione dei beni ecclesiastici, giuramento civico del clero), fu colpito dalla interdizione dell’esercizio della pastorale nella propria diocesi, l’arresto, il trasferimento fuori dal territorio, e infine la rimozione dalla sede ferrarese.
Temporaneamente investita della giurisdizione sulle diocesi di Comacchio, Adria, Mantova e Verona, la Chiesa ferrarese al tempo dell’arcivescovo Patrizio Fava (1807- 1822) vide drasticamente ridotto il numero delle parrocchie, dei monasteri e dei conventi cittadini.
Dopo il congresso di Vienna gli arcivescovi Carlo Odescalchi (1823-1825) e Filippo Filonardi (1826-1834) attesero a una restaurazione religiosa ed ecclesiastica, dedicandosi in particolare alla cura animarum.
A sua volta Ignazio Giovanni Cadolini (1843-1850) elaborò e progressivamente attuò un programma pastorale di «generale rinnovamento spirituale» caratterizzato da «rigore dottrinale, spiritualità ultramontana e aperture cattolico-liberali».
Dal 10 al 15 luglio del 1857 soggiornò a Ferrara papa Pio IX.
A seguito dell’unificazione nazionale, fu cura del cardinale Luigi Vannicelli Casoni (1850-1877) la promozione del giornalismo cattolico.
Il magistero di Leone XIII trovò riscontro negli episcopati di Luigi Giordani (1877-1893), Egidio Mauri (1894-1896) e Pietro Respighi (1897-1900).
Nel contesto del solidarismo e interclassismo cattolico, a cavallo tra l’Otto e il Novecento si svolse l’opera del conte Giovanni Grosoli (1859-1937).
Dopo il secondo conflitto mondiale l’azione moderatrice di Ruggero Bovelli (1930- 1954) promosse la pacificazione degli animi e incise profondamente nel rinnovamento religioso, favorito anche dalla capillare diffusione dei vari movimenti dell’Azione cattolica.
Con il successore Natale Mosconi (1954-1976), anche amministratore apostolico di Comacchio (1969-1976), si è avviato il rinnovamento promosso dal concilio Vaticano II, continuato in seguito dai successori Filippo Franceschi (1976-1982); Luigi Maverna (1982-1995), Carlo Caffarra (1995- 2004) e Paolo Rabitti (2004-).
L’odierna configurazione dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, interamente compresa nella provincia di Ferrara ma non coincidente con essa, è il risultato di successivi accrescimenti e sottrazioni.
Nel 1818 per decreto di Pio VII il territorio diocesano fu decurtato delle parrocchie transpadane (di giurisdizione spirituale ferrarese almeno dall’XI sec.), trasferite alla diocesi di Adria; nel 1966 si ebbe la consistente accessione della Pentapoli dalla giurisdizione ravennate; nel 1986 si è avuto l’accorpamento delle diocesi di Ferrara e Comacchio.
Nel 1990 l’arcidiocesi ha ricevuto la visita di papa Giovanni Paolo II.
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Chiesa di San Giorgio Martire
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La facciata della cattedrale di San Giorgio -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Veduta dall'aula dal presbiterio -
La cappella delle Grazie
Diocese
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.