Il 5 dicembre 1622 papa Gregorio XV, su pressante richiesta della granduchessa Maria Maddalena d’Asburgo, vedova di Cosimo II de’ Medici, elevò a sede vescovile San Miniato – o, come si diceva un tempo, San Miniato al Tedesco – assegnandole il territorio della diocesi di Lucca posto nell’ambito del Granducato di Toscana, salvo Barga e Pietrasanta con le loro circoscrizioni amministrative, nel XVIII . attribuite all’arcidiocesi di Pisa. Alla nuova diocesi fu unito anche il territorio nullius dioecesis di Fucecchio. In tal modo i confini ecclesiastici della diocesi lucchese furono adeguati a quelli civili fra la Repubblica di Lucca e il Granducato di Toscana. La scelta di San Miniato come capoluogo della nuova circoscrizione ecclesiastica derivò dal prestigio goduto dal XII . come sede dei vicari imperiali nell’Italia centrale e poi come libero comune protagonista delle vicende politiche toscane fra Due e Trecento. Nel 1370 San Miniato fu definitivamente assoggettata a Firenze e già nel 1409, al tempo del concilio di Pisa, furono avviate trattative per farne sede vescovile. Nel Cinque-Seicento i vescovi di Lucca tennero a San Miniato un vicario foraneo, a cui facevano capo le parrocchie della futura diocesi; dal 1546 al 1622 i vicari appartennero tutti alla famiglia sanminiatese dei Roffia. Fucecchio da parte sua costituiva agli inizi del Seicento un ordinariato nullius in seguito ai privilegi di immediata dipendenza dalla Sede apostolica concessi alla locale abbazia vallombrosana di San Salvatore a partire da Gregorio VII; nel 1256 l’abbazia fu unita al monastero delle clarisse di Santa Maria di Gattaiola presso Lucca, trasferitesi nel XV . nel monastero cittadino di Santa Chiara, la cui badessa fu pertanto investita della giurisdizione sul territorio fucecchiese, tanto da intitolarsi episcopessa di Fucecchio. La pieve collegiata dei Santi Maria Assunta e Genesio martire in San Miniato divenne la cattedrale della nuova diocesi, san Genesio fu il patrono della diocesi. Centro di particolare devozione popolare è stato fin dal Trecento il santuario mariano di Cigoli, officiato dagli umiliati dal 1335 fino alla soppressione dell’ordine; rilevante è anche il culto tributato dai sanminiatesi a un crocifisso eredità del «movimento dei Bianchi», che interessò la Toscana alla fine del Trecento: il crocifisso, dapprima conservato in una stanza al piano terreno del Palazzo comunale adattata a cappella, nel 1718 fu trasferito nel santuario fatto costruire dal vescovo Giovanni Francesco Maria Poggi (1703- 1718) in adempimento del voto fatto in occasione della pestilenza del 1631. Alla beata Cristiana da Santa Croce sull’Arno si deve la formazione alla fine del XIII . di un gruppo di mulieres de poenitentia evolutosi poi nel monastero agostiniano ancor oggi esistente. Nel 1726 la parrocchia di Altopascio fu ceduta alla nuova diocesi di Pescia. Fra i vescovi, scelti sino alla fine del Settecento per lo più nell’ambito del patriziato fiorentino o di famiglie vicine alla corte granducale, ricordiamo il pisano Brunone Fazzi (1779-1805), voluto dal granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, che assecondò le riforme ecclesiastiche del sovrano ma si oppose al disegno di costituire una Chiesa nazionale toscana di stampo giansenista; il sanminiatese Torello Pierazzi (1834-1851), che rinnovò la pastorale diocesana, si prodigò per la ricostruzione dopo il terremoto del 1846, si distinse per la generosa carità e contribuì alla fondazione nel 1830 della Cassa di risparmio di San Miniato; Pio Alberto Del Corona (1875-1911), il «vescovo angelico» di cui è introdotta la causa di beatificazione; e Ugo Giubbi (1928-1946), la cui memoria è stata a lungo infangata dall’accusa, di cui è stata dimostrata l’infondatezza, di essere stato causa di una strage di civili attribuita a truppe germaniche. A lui si deve invece un’intensa e profonda opera formativa e pastorale estesa all’intera diocesi. All’episcopato di Felice Beccaro (1946-1969) risalgono la fondazione della Stella Maris che, nata come «colonia estiva » per bambini a opera di don Aladino Cheti, si è con il tempo trasformata in istituto di ricerca e riabilitazione per bambini portatori di handicap, e l’Istituto del dramma popolare, creato da don Giancarlo Ruggini per la diffusione di opere teatrali di alto valore morale e cristiano.
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