Diocese of Oristano
HISTORY
I - Le origini e i primi vescovi
La nascita della diocesi, avvenuta per traslazione da Tharros a Oristano (Arborea), sembra sia da collocarsi attorno al 1070.Tuttavia, il primo vescovo di cui si conosce solo l’esistenza ricevette un privilegium protectionis da papa Urbano II (1080-1099), mentre il primo arcivescovo è attestato nel 1118.
Omodeo (primi decenni del XII sec.), il primo conosciuto per nome, fu tra i protagonisti della fondazione del primo insediamento monastico dell’arcidiocesi, il priorato di Santa Maria di Bonarcado, dipendente dal monastero pisano di San Zeno, esso stesso appartenente ai camaldolesi; inoltre durante il XII . i cassinesi si insediarono a San Giorgio di Bonarcado e ricevettero la chiesa di San Nicola di Gurgo dal giudice di Arborea.
Per quanto riguarda il periodo precedente la venuta degli aragonesi (1323), nella cronotassi degli arcivescovi, assai frammentata a causa della scarsità di documentazione, sono da evidenziare le seguenti figure: il genovese Giusto (1192- 1198), protagonista di una dura controversia che lo oppose al suo capitolo, appoggiato dal giudice di Cagliari che aveva invaso il Giudicato di Arborea; Bernardo (1200-1220), che si legò alla parte politica pisana presente in Sardegna e fu per questo scomunicato, e poi assolto, da Onorio III; Torgotorio de Muru (1224-1244), presente all’atto di vassallaggio compiuto nel 1237 da Pietro, giudice di Arborea, a favore della Santa Sede; il domenicano Guido Cattaneo, arcivescovo dal 1312 al 1339, collettore pontificio, inviato presso la curia avignonese per curare gli interessi del giudice di Arborea e inquisitore generale in Sardegna (tra il 1333 e il 1336 si occupò di alcuni frati ribelli, appartenenti probabilmente al gruppo dei «fraticelli» legati a Michele da Cesena, e pochi anni prima aveva condannato una non meglio specificata eresia – così venivano probabilmente denominati i seguaci e alleati di Manfredi – sorta in alcune zone della Sardegna).
Inoltre, nel 1296 Bonifacio VIII unì la diocesi di Tiro (Siria), occupata dai saraceni, all’arcidiocesi: i presuli di Oristano aggiunsero al loro anche il titolo di «arcivescovo di Tiro» (pare almeno fino al 1486).
Già a partire dal XIII . sono attestate le prime fondazioni francescane: attorno al 1253 i frati minori si insediarono a Oristano e nel 1343 le monache clarisse; nello stesso centro fu fondato anche il primo convento sardo degli osservanti (1459).
II - L’arcidiocesi fino al 1478
Nel novembre del 1342 papa Clemente VI decretò la riserva pontificia su tutti i benefici sardi, ma già dal secolo precedente i pontefici avevano annullato varie volte l’elezione capitolare, oppure nominato l’arcivescovo senza attendere l’intervento del capitolo.Inoltre, a causa della pressione fiscale esercitata dalla curia pontificia, soprattutto nella seconda metà del XIV . una parte consistente delle notizie sui presuli arborensi riguarda i pagamenti di censi, decime e servitia.
Una peculiarità che contraddistinse l’attività dei prelati medievali oristanesi fu la stretta collaborazione con i giudici di Arborea, il cui territorio corrispondeva all’incirca alla provincia ecclesiastica di Oristano; in diverse occasioni il prelato arborense fu tra i principali consiglieri del giudice.
Oltre al citato Guido Cattaneo, Leonardo de Zori (1387-1389) è menzionato in documenti riguardanti la pace conclusa nel 1388 tra Eleonora, giudicessa di Arborea, e Giovanni I, re d’Aragona; il camaldolese Elia de Palma (1414-1437) si recò presso la corte aragonese per conto del marchese di Oristano, che governava una parte delle terre dell’ex Giudicato di Arborea.
Riguardo allo scisma d’Occidente, sono noti nove vescovi fedeli a Roma e due ad Avignone; tuttavia, come testimonia il trattato di pace imposto nel 1410 dai catalani all’ex Giudicato di Arborea, la popolazione poté continuare a mantenersi fedele al papa romano.
Lo scisma terminò nel 1418 quando Martino V confermò Elia de Palma, nominato dal papa avignonese Benedetto XIII nel 1414.
Dal 1478, però, con la sconfitta inflitta dagli aragonesi al marchese d’Oristano, anche per l’arcidiocesi iniziò il lungo periodo d’influenza spagnola.
III - L’arcidiocesi durante il periodo spagnolo
Il primo progetto di riorganizzazione territoriale delle diocesi sarde presentato nel 1495 da Ferdinando il Cattolico, re d’Aragona, a papa Alessandro VI prevedeva l’unione di Oristano a Cagliari, ma nel 1503 la bolla Aequum reputamus di Giulio II, recependo le nuove decisioni del sovrano aragonese, mantenne in vita l’arcidiocesi e unì a essa la diocesi di Santa Giusta.Nel 1531 Carlo V, re di Spagna, ottenne i diritti di patronato per le diocesi sarde e di presentazione dei nuovi vescovi: gli stessi diritti furono confermati a Filippo II e poi ai suoi successori e in questo modo i re di Spagna poterono gestire liberamente le nomine.
Tra i ventuno arcivescovi in carica tra il 1500 e il 1717 bisogna menzionare: il valenzano Giacomo Serra, in carica dal 1492 fino all’anno della sua rinuncia (1510), vicario di Roma, cardinale e uomo di fiducia di Alessandro VI; il cagliaritano Gerolamo Barberán (1563-1572), che si adoperò per l’attuazione dei decreti tridentini e convocò un sinodo provinciale (1566); il sassarese Antonio Canopolo (1588-1621), che fondò a Sassari un seminario per chierici, nel quale dodici posti erano riservati a studenti oristanesi; il cagliaritano Francesco Masones y Nin (1704-1717), che convocò un sinodo provinciale e si impegnò per l’istituzione del seminario diocesano.
A partire dal XVI sec., inoltre, nell’arcidiocesi si insediarono i domenicani, i cappuccini, i carmelitani, i fatebenefratelli, gli scolopi e i minimi.
Durante il XVII . la malaria – una pandemia che da maggio a novembre imperversava per tutta la Sardegna, spesso con pericolo di vita per coloro che non vi erano abituati – influì notevolmente sull’attività dei prelati, determinando la loro assenza dalla sede durante i mesi estivi (risiedevano di solito a Cagliari o a Sassari); la Compagnia di Gesù non poté aprire un collegio a Oristano proprio a causa dell’insalubrità del clima (il tentativo durò dal 1668 al 1672).
Inoltre la malaria provocava l’assenteismo dei titolari delle parrocchie, che si facevano sostituire dai cosiddetti vicarii ad nutum, ecclesiastici di scarsa cultura che, abituati al clima della zona, gestivano le parrocchie per conto dei titolari accontentandosi di una piccola parte del reddito del beneficio, costituito essenzialmente dal versamento delle decime sacramentali: nel 1720 governavano cinquantadue delle ottantasette parrocchie dell’arcidiocesi.
IV - L’arcidiocesi dal 1720 al 1900
Nel 1726, a sei anni dall’inizio della dominazione piemontese sulla Sardegna, fu nominato Antonio Nin: a lui si deve l’inizio dei lavori di restauro della cattedrale, terminati nel 1745.Tra i sette prelati in carica dal 1726 al 1796, ben cinque furono di origine piemontese o savoiarda; la malaria incise sulla durata di alcuni episcopati: Vico Torrellas scomparve quarantenne nel 1744 dopo tre anni di governo e Fontana trentottenne nel 1746 a soli due anni dalla nomina.
Nel 1728 l’arcidiocesi contava poco più di 63.000 abitanti e 87 parrocchie, ma attorno alla metà del secolo la popolazione della diocesi raggiunse le 71.967 unità, compresi 1478 tra ecclesiastici e altri esenti, ovvero il 2 per cento della popolazione, senza considerare i religiosi e le monache.
Le relationes ad limina degli arcivescovi Antonio Malingri (1772-1776) e Giacomo Francesco Astesan (1778-1783) tracciano un quadro sostanzialmente positivo delle condizioni morali del clero oristanese; la popolazione invece, stando a quanto riferisce l’arcivescovo Luigi Cusani (1783- 1796), si distingueva non solo per la tendenza alla vendetta e per la superstizione, ma anche per l’ospitalità e la devozione verso i santi.
Tra i prelati del XVIII . bisogna menzionare Luigi Emanuele del Carretto (1746- 1772), nominato a soli trentasei anni, che nel 1754 iniziò la costruzione del nuovo seminario e due anni dopo celebrò un sinodo diocesano; durante il suo lungo governo compì tre visite pastorali, istituì conferenze morali settimanali per i parroci e si impegnò per la costituzione in tutti i villaggi dei monti frumentari, istituzioni di credito agrario nate nella diocesi di Ales nel XVII . per sostenere i contadini privi di risorse economiche.
Durante il XIX . vi furono numerose vacanze vescovili: Giovanni Maria Bua (1828-1840), a esempio, fu nominato a sette anni dalla morte del predecessore; ampliò il seminario dotandolo di notevoli risorse finanziarie e nel 1832 ricevette il difficile incarico di rendere esecutivo il decreto pontificio di riforma dei regolari sardi (nella sola arcidiocesi furono soppressi tre conventi).
Durante l’episcopato di Giovanni Saba (1842-1860) si dovettero affrontare le conseguenze delle leggi sabaude che abolivano l’immunità ecclesiastica e sopprimevano le congregazioni religiose.
Per affrontare la situazione determinata dalle leggi avverse alla Chiesa, nel 1850 i presuli sardi si riunirono in congresso a Oristano sotto la presidenza dell’arcivescovo Saba, senza però assumere decisioni rilevanti.
Dalla metà del secolo la vita religiosa subì una grande crisi – durante l’episcopato di Antonio Soggiu (1871-1878) sopravvivevano solamente tre comunità –, mentre i vincenziani, presenti con una casa, si preparavano ad allargare la loro presenza; inoltre a partire dagli ultimi decenni del secolo si diffusero le nuove congregazioni di suore di vita attiva, prime tra tutte le Figlie della Carità.
Una nuova vacanza della sede oristanese, iniziata nel 1860 e dovuta alla fine della collaborazione tra Stato e Chiesa, terminò con la nomina di Antonio Soggiu che, al suo arrivo in diocesi, trovò una situazione finanziaria assai precaria dovuta all’incuria amministrativa durante la sede vacante.
Nelle sue relationes ad limina, egli constatò la tenuta della pratica religiosa tra la popolazione, ma anche i primi fermenti di anticlericalismo, diffuso a mezzo stampa; inoltre, nel 1876 presiedette un congresso episcopale che ottenne dalla Santa Sede l’istituzione delle facoltà teologiche di Sassari e di Cagliari per sopperire all’abolizione delle stesse facoltà presso le università statali.
Il regolamento delle due facoltà fu redatto dal servita Bonfiglio Mura, arcivescovo di Oristano dal 1879 al 1882.
V - Il XX sec.
Su nove presuli oristanesi in carica dal 1882 a oggi, solamente uno, il milanese Ernesto Maria Piovella (1914- 1920), non fu di origine sarda: egli condivise le posizioni di papa Benedetto XV sulla grande guerra e si impegnò nell’assistenza ai combattenti con l’apertura di una Casa del soldato.Con il nuovo secolo iniziò un periodo di stretta collaborazione tra i vescovi sardi, che nel 1924 celebrarono a Oristano il primo concilio plenario sardo, durante l’episcopato di Giorgio Maria Delrio (1921- 1938).
Il ventennio fascista fu segnato da una serie di congressi regionali di cattolici – tra i quali quello eucaristico di Oristano del 1931 –, riuniti per reagire alla politica del regime che intendeva inquadrare anche i cattolici nelle proprie organizzazioni.
Nel dopoguerra l’arcivescovo Sebastiano Fraghì (1948-1979) ampliò il seminario e nel 1953 proclamò la Beata Vergine del Rimedio compatrona della diocesi.
Dal 1987 fu avviato il secondo concilio plenario sardo, del quale il presule oristanese, Pier Giuliano Tiddia – in carica dal 1985 al 2006 –, è stato segretario: un indizio delle difficoltà incontrate dal concilio – indetto nel 1992 e concluso solamente nel 2000 – furono proprio le dimissioni, subito rientrate, di Tiddia da segretario, contrariato per il disinteresse diffuso tra l’episcopato nei confronti dello stesso concilio.
Nel 2006 è stato nominato l’attuale arcivescovo, Ignazio Sanna.
Secondo i dati dell’Annuario Pontificio del 2006, l’arcidiocesi conta 148.915 abitanti, 97 sacerdoti, 30 religiosi e 332 religiose.
I maggiori centri di devozione sono i santuari mariani della Madonna del Rimedio, nei pressi di Oristano, e di Nostra Signora di Bonacattu, nel nord della diocesi.
Inoltre sono diverse le famiglie religiose sorte nella diocesi nell’ultimo secolo: la compagnia degli evaristiani del Sacro Cuore, con un ramo maschile e uno femminile, impegnata nell’assistenza agli adolescenti e nell’istruzione; le Figlie di san Giuseppe di Genoni, fondate nel 1888 dal servo di Dio padre Felice Prinetti, attive in parrocchie, scuole e case di riposo; le Fedeli apostole di Gesù Sacerdote, impegnate nell’istruzione e nelle case di riposo.
Infine, nell’arcidocesi nacquero due frati laici cappuccini, uno, Ignazio da Laconi (1701-1781), canonizzato nel 1951, e l’altro, Nicola da Gesturi (1882- 1958), dichiarato beato nel 1999.
Per impulso dell’arcivescovo Giuseppe Cogoni (1938-1947), nel 1947 nacque a Oristano il primo quotidiano cattolico a livello regionale, «Il quotidiano sardo», che cessò di esistere nel 1959.
Oggi l’organo ufficiale dell’arcidiocesi è il settimanale «Vita Nostra », fondato nel 1960; inoltre sul sito www.diocesioristano.it è possibile reperire altre notizie sull’arcidiocesi.
Bibliography
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Diocese of Oristano
Chiesa Santa Maria Assunta
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SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.