Diocese of Monreale
HISTORY
Le origini dell’arcidiocesi di Monreale sono intimamente collegate con la penetrazione dei normanni nell’Italia meridionale, avvenuta nell’XI sec., da prima per opera di piccoli gruppi di pellegrini o di soldati di ventura, privi di un piano politico di conquista, poi di gruppi più numerosi con chiari intenti d’occupazione.Nel 1059, in un concilio convocato a Melfi, in Basilicata, capitale dei domini normanni nell’Italia meridionale sottratta all’impero bizantino d’Oriente, il loro capo Roberto il Guiscardo (=l’astuto), fu dichiarato da papa Niccolò II vassallo della Chiesa con il titolo di duca di Puglia e di Calabria e, in caso di conquista, della Sicilia, considerata dai papi come appartenente al Patrimonio di San Pietro.
La conquista della Sicilia, allora dominata dagli arabi, avvenne per opera di Ruggiero, fratello di Roberto.
Il figlio, Ruggero II, unificò i possessi dell’Italia meridionale con la Sicilia e, nel 1130, fu coronato a Palermo come primo re di Sicilia.
Iniziò così la riscossa dell’Occidente cristiano contro il mondo islamico.
Lo Stato normanno assurse al rango di grande potenza e si confrontò con l’impero d’Oriente.
In politica interna i normanni, portatori della civiltà latino-occidentale, seguirono una linea di pacificazione e di tolleranza nei confronti di quella bizantina e di quella islamica.
L’organizzazione dello Stato fu tra le più perfette ed efficienti del tempo ed è paragonabile a una monarchia assoluta con accanto un «parlamento», ritenuto uno dei più antichi d’Europa.
Palermo fu la brillante capitale di questo Stato.
I sovrani normanni si prefissero la restaurazione dell’organizzazione ecclesiastica della Sicilia, smantellata dagli arabi e, in ciò, favorirono la componente latino-occidentale, concedendo benefici e privilegi.
Ruggero I predilesse Patti, Ruggero II Cefalù, Guglielmo II (1166- 1189) accordò le sue preferenze a Monreale e ne fece una delle più estese e ricche signorie ecclesiastiche del regno.
Ma mentre le altre due località furono dai sovrani normanni potenziate e popolate quasi allo scopo di giustificare l’istituzione del vescovato, a Monreale il sorgere dell’arcivescovato precedette la formazione di un agglomerato urbano, anzi è l’istituzione che, con le sue prerogative, diede origine al centro abitato.
Infatti, proprio allo scopo di favorire sempre più la penetrazione cristiana, Guglielmo II istituì un’abbazia benedettina, popolata da ben cento monaci chiamati da Cava de’ Tirreni, costruendo per loro un ampio monastero con un meraviglioso chiostro e con annessa una chiesa fortificata d’eccezionale valore e bellezza, attigua e collegata al palazzo reale.
Il sito scelto, alle falde del monte Caputo, dominava la città e la piana di Palermo, che sarà detta «conca d’oro», ed era in posizione strategica per il facile collegamento con il resto della Sicilia occidentale, popolata in prevalenza da musulmani, e soprattutto con Jato che ne era una roccaforte.
La chiesa, destinata a emulare tutte le più grandi e le più belle fondazioni imperiali, come Santa Sofia di Costantinopoli, doveva anche diventare il mausoleo per la dinastia, mentre la fondazione di un arcivescovato ricco e potente doveva apparire come l’espressione dell’equilibrio delle due potenze, quella spirituale e quella temporale, unica in tutto l’Occidente, in quel momento storico di particolare delicatezza, dopo l’epilogo della lotta per le investiture.
Affinché nulla mancasse ai monaci per dedicarsi interamente alla preghiera, Guglielmo II accordò all’abbazia una serie di concessioni e di privilegi, la cui prima ampia elencazione troviamo nella famosa bolla d’oro, una pergamena recante un sigillo d’oro con l’effigie del re, da lui deposta sull’altare maggiore del nuovo tempio il 15 agosto 1176, festa di Maria Santissima Assunta, a cui il tempio venne dedicato.
L’abate è costituito signore temporale su un esteso territorio della Sicilia occidentale, formato da ben settantadue feudi, sottratti alle diocesi di Palermo, Agrigento e Mazara.
Vi erano compresi tre importanti centri abitati, detti castelli: Jato, Corleone e Calatrasi, popolati in prevalenza da saraceni.
Il castello di Jato, abitato da circa duemila famiglie, sorgeva su un monte ed era fortificato.
Lì si ebbero gli ultimi moti della popolazione musulmana, deportata da Federico II a Lucera nel 1246.
Corleone era ancora più grande.
Calatrasi era pure un castello fortificato abitato in prevalenza da musulmani.
Il territorio di questi tre castelli comprendeva molti borghi e casali.
A queste donazioni e ad altre ancora il re aggiunse privilegi e concessioni di carattere commerciale e giuridico, che costituiranno le basi della grandezza e della potenza economica dell’arcivescovato, le cui entrate erano di gran lunga superiori a quelle di tutte le altre diocesi siciliane.
Il papa Alessandro III, esprimendo ammirazione nei confronti del sovrano normanno, ne confermò l’operato e, poco dopo, nel 1182, papa Lucio III elevò l’abbazia ad arcivescovato metropolitano, sottomettendogli come suffraganea l’importante diocesi di Catania.
Nel 1188, papa Clemente III aggiunse anche come suffraganea l’antica e veneranda diocesi di Siracusa.
Le concessioni temporali vanno inquadrate nell’ambito del diritto feudale del tempo e furono interpretate nel corso dei secoli secondo l’evoluzione del diritto feudale stesso.
Nella sostanza però rimasero pressoché integre dalle origini sino alla costituzione siciliana del 1812, con la quale furono formalmente aboliti i privilegi feudali in Sicilia.
Occorre poi tenere presente che i sovrani di Sicilia si consideravano titolari di un privilegio pontificio particolare detto «legazia apostolica», molto contestato nel corso dei secoli perché comportava l’esercizio di poteri giurisdizionali sulle Chiese della Sicilia.
Inoltre, su molte Chiese, come su quella di Monreale, essi esercitavano anche il diritto di «patronato», un privilegio riconosciuto dalla legislazione ecclesiastica ai fondatori di istituzioni ecclesiastiche e che conferiva loro, tra l’altro, il diritto di presentare per la nomina il titolare di quell’istituzione.
Con la morte prematura all’età di 36 anni di Guglielmo II, avvenuta nel 1189, il suo sogno svanì e per l’arcivescovato ebbe inizio un lungo periodo di disgregazione, causata dalle burrascose vicende politiche e militari attraversate dal Regno di Sicilia, che fu declassato a viceregno spagnolo per opera degli aragonesi, nel 1412, vicende nelle quali gli arcivescovi di Monreale si trovarono pesantemente e costantemente coinvolti.
Infatti, la ricchezza e la potenza dell’arcivescovato facevano sì che la sede fosse affidata a personaggi di grande prestigio nobiliare e politico, spesso insigniti anche della dignità cardinalizia, e che essa fosse considerata più un appannaggio economico che un impegno pastorale.
Bisognerà attendere i venti della riforma cattolica della prima metà del Cinquecento per assistere a una vera e propria rinascita dell’arcidiocesi di Monreale.
L’avvio fu dato dall’arcivescovo cardinale Alessandro Farnese (1536-1573), nipote di Paolo III, cui si deve l’apertura del concilio di Trento.
Alessandro Farnese fece arrivare i gesuiti che, nel 1553, vivente ancora sant’Ignazio, aprirono una scuola pubblica, frequentata da numerosi alunni, tra cui si distinse il famoso poeta Antonio Veneziano (1543-1593), il più grande poeta siciliano del Cinquecento.
Inoltre, tenne un sinodo nel 1554 e, nel 1560, introdusse a Monreale i carmelitani.
Da allora la diocesi di Monreale fu governata da una serie di arcivescovi di alto profilo morale e culturale e di grande fermezza nell’attuazione delle decisioni del concilio di Trento.
Basti ricordare Ludovico I Torres (1573-1584) che fissò la sua residenza a Monreale, fece venire i cappuccini e tenne un sinodo nel 1575.
Ludovico II Torres (1588-1609) celebrò ben otto sinodi dal 1590 al 1606 e nel 1590 fondò il seminario.
Girolamo Venero (1620-1628) fondò una collegiata di sacerdoti secolari nella chiesa dedicata al Crocifisso, istituzione che ha polarizzato fino a oggi verso il mistero centrale della fede cristiana la devozione popolare sottratta così a deviazioni e superstizioni.
Francesco Testa (1754-1773) rese il seminario un luminoso centro culturale a indirizzo letterario e filosofico, rinomato in tutta la Sicilia.
Dopo la morte di questi si aprì una parentesi nella storia della diocesi, che dal 1775 al 1802 venne unita aeque principaliter a quella di Palermo.
Nel 1802 fu nominato arcivescovo un valente missionario, Mercurio Maria Teresi (1802-1805) del quale è in corso il processo di beatificazione.
Egli fu l’ultimo degli arcivescovi a detenere anche i poteri temporali.
Infatti, nel 1812, come sopra detto, i privilegi feudali in Sicilia vennero aboliti e la giurisdizione temporale sui territori della diocesi passò in massima parte al comune di Monreale, che divenne per questo uno dei più estesi della Sicilia.
Il nuovo arcivescovo, Benedetto Balsamo (1816-1844) fu impegnato soprattutto nel restauro del duomo devastato da un furioso incendio avvenuto nel 1811.
Poco dopo la sua morte, per effetto dell’applicazione del concordato stipulato nel 1818 tra la Santa Sede e il Regno di Napoli, che prevedeva una rettifica dei confini delle diocesi siciliane, la diocesi di Monreale ottenne un ampliamento: ai centri di Monreale, Altofonte, Bisacquino, Campofiorito, Camporeale, Corleone, Giardinello Isola delle Femmine, Montelepre, Piana degli Albanesi, Roccamena, San Cipirello e San Giuseppe Jato, si aggiunsero Capaci, Torretta, Cinisi, Carini, Balestrate, Borgetto, Partinico, Valguarnera Ràgali e Terrasini, smembrati dalla diocesi di Mazara, e Prizzi, Chiusa Sclafani, Palazzo Adriano, Giuliana, Contessa Entellina e San Carlo dalla diocesi d’Agrigento.
Il numero di abitanti passò da 80.000 a 105.000.
Con lo stesso provvedimento, la diocesi di Siracusa fu elevata a sede metropolitana e a Monreale venne assegnata in cambio come suffraganea Agrigento.
Nel 1859 fu sottratta anche la diocesi di Catania e in cambio fu assegnata la nuova diocesi di Caltanissetta.
Non si ebbero altre modifiche, salvo poche effettuate in tempi più vicini a noi, quando passarono alla diocesi di Palermo la zona detta Mezzomonreale, nella piana di Palermo, e le borgate palermitane di Boccadifalco e Sferracavallo.
Nel 1937 Piana degli Albanesi fu elevata a eparchia per i fedeli di rito greco, che avevano conservato rito, lingua e tradizioni dal loro arrivo in Sicilia.
Questi mutamenti diedero alla diocesi l’attuale fisionomia: essa è costituita da una zona montuosa, da una zona collinare e da una zona marina, con effetti sull’attività pastorale e sull’organizzazione dei vicariati foranei.
L’abolizione dei privilegi feudali e la nuova fisionomia territoriale spinsero gli arcivescovi verso un maggiore impegno nella loro missione pastorale.
Si distinsero Benedetto D’Acquisto (1858-1867), filosofo e teologo, sotto il cui governo, nel 1866, i benedettini, che costituivano il capitolo della cattedrale, furono costretti a lasciare definitivamente Monreale; Domenico Gaspare Lancia dei duchi di Brolo (1884-1919), che affrontò i problemi sociali più scottanti alla luce degli insegnamenti pontifici; Antonio Augusto Intreccialagli (1919-1924), del quale è in corso il processo di beatificazione, che portò a conclusione la composizione della secolare controversia che aveva opposto benedettini e clero secolare, con l’istituzione, resa formale nel 1925 dopo la sua morte, del capitolo metropolitano della cattedrale formato da sacerdoti secolari; Ernesto Eugenio Filippi (1925-1951), che nel 1926 ottenne il titolo di «basilica minore» per la cattedrale, celebrò il XV e ultimo sinodo diocesano nel 1931, istituì numerose parrocchie per la capillarizzazione del servizio pastorale; Francesco Carpino (1951- 1961) che, con instancabile attività, preparò la diocesi allo spirito del concilio Vaticano II.
Molto importante fu il fiorire di confraternite, istituzioni e associazioni in tutta la diocesi, e il sorgere di chiese e di conventi che costellano tutti i centri abitati.
Architetti, progettisti marmorari, pittori, scultori sono mobilitati e spesso contesi perché ogni gruppo vuole l’artista più famoso, non lesina mezzi per superare l’altro, per dimostrare sfarzo e rafforzare il proprio prestigio.
In tale contesto s’iscrive la personalità di Pietro Novelli (1603-1647), il più grande pittore siciliano del Seicento.
E appena un cenno fuggevole possiamo fare ai numerosi santuari mariani, come quello di Tagliavia, della Madonna del Balzo, della Madonna del Ponte, del Romitello.
Lo stesso per le numerose personalità distintesi per la santità di vita, come il cappuccino fra Bernardo da Corleone (1605-1667), canonizzato il 10 giugno 2001, fra Isidoro Zuccarà (1661-1733), e per quelle di cui è in corso il processo di beatificazione, come Maria Rosa Zangàra (1844-1914); Carolina Maria di Gesù Santocanale, (1852-1923), fondatrice delle suore cappuccine dell’Immacolata di Lourdes; Teresa Cortimiglia (1867- 1934), fondatrice delle suore di santa Chiara; Margherita Diomira Crispi (1879- 1974) fondatrice delle suore oblate al Divino Amore; Giovanni Bacile (1880-1941) arciprete di Bisacquino; fra Pietro Privitera (1881-1939); Pina Suriano, proclamata beata il 5 settembre 2004.
È da ricordare che con la costituzione apostolica del 2 dicembre 2000, relativa alla ridistribuzione delle arcidiocesi metropolitane in Sicilia, la sede di Monreale viene privata della qualifica di metropolia e aggregata, come suffraganea, all’arcidiocesi metropolitana di Palermo, pur conservando la dignità arcivescovile.
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Diocese of Monreale
Chiesa di Santa Maria Nuova
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SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.