Nel 1094, in forza della donazione fatta da Goffredo Burrel, la chiesa di Santa Lucia, con le sue terre e sette villani, passò all’abbazia benedettina di San Bartolomeo di Lipari. Lo stesso anno, per decisione del conte Ruggero, al cenobio liparese fu unito il nuovo monastero del San Salvatore di Patti (nella diocesi di Messina), con Ambrogio alla guida di ambedue le abbazie. Con l’istituzione della diocesi di Lipari- Patti (14 settembre 1131), a opera dell’antipapa Anacleto II, anche il casale di Santa Lucia entrò a far parte del territorio della nuova circoscrizione ecclesiastica, rimanendovi fino agli inizi del XIII . Nel 1206, infatti, alla morte del vescovo Stefano, Federico II di Svevia, re di Sicilia, concesse al proprio cappellano maggiore, Gregorio Mostaccio, Santa Lucia e il suo territorio, sottraendoli alla giurisdizione vescovile. Le proteste dei presuli di Lipari- Patti non tardarono a manifestarsi. Nel 1228, il vescovo Giacomo rivendicò l’esercizio dei propri poteri su Santa Lucia, per poi rinunciarvi definitivamente in cambio del versamento della somma di 2000 tarì da parte del Mostaccio. Venti anni più tardi il successore di Giacomo, Filippo, mosse nuovamente lite al Mostaccio, ma il tribunale regio respinse ancora una volta le rivendicazioni del vescovo, il quale, tuttavia, ottenne in risarcimento il casale di Sinagra e il bosco di Ficarra. Separata dal vescovato di Lipari-Patti, la Chiesa di Santa Lucia progressivamente si strutturò come circoscrizione ecclesiastica autonoma. Agli inizi del XV sec., re Martino stabilì che i «presbiteri di S. Luchia su ... subjetti a la nostra Regia Capella ... et per consequens non subjetti a diocia alcuna». Dal 1458, poi, il cappellano maggiore del regno aggiunse il titolo di abate di Santa Lucia, mentre, dall’anno 1583, in ossequio alle disposizioni del regio visitatore Francesco Del Pozzo, fu tenuto all’obbligo di residenza. Nel 1611, Simone Rao e Grimaldi fu indicato per la prima volta come parochus et prelatus ordinarius, anche se la giurisdizione in spiritualibus et temporalibus sul clero del territorio era stata riconosciuta al cappellano maggiore sin dalla prima metà del Cinquecento. Spettò al successore di questi, il napoletano Antonio Franco, del quale è in corso la causa di beatificazione, adoperarsi per la ricostruzione della chiesa e del palazzo prelatizi e la celebrazione del primo sinodo diocesano (1618). Si deve, invece, all’opera del prelato Simone Impellizzeri la celebrazione del secondo sinodo (1679), la trasformazione della comunia dei preti di Santa Lucia in vero e proprio collegio canonicale, con tre dignità e quindici canonici (1699) e l’erezione del seminario (1700). Negli stessi decenni, una lunga lite oppose i prelati luciesi agli arcivescovi di Messina, i quali avevano occupato alcuni casali limitrofi a Santa Lucia. A metà Settecento, dopo più di un secolo, la prelatura fu reintegrata definitivamente nel possesso dei centri abitati di Gualtieri e Soccorso, grazie all’intervento del regio visitatore De Ciocchis. Durante il pontificato di Pio IX, la circoscrizione luciese fu definitivamente configurata come prelatura territoriale immediatamente soggetta alla Sede apostolica e con a capo prelati con carattere vescovile. Si trattava di un territorio di 119 km2, con otto parrocchie e circa 20.000 abitanti. Tale è rimasto fino al 30 settembre 1986.
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SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.